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Autore: adoresehun    16/08/2017    0 recensioni
E' davvero reale tutto ciò che vediamo?
; MARKJIN!AU
Goditi il presente, questo presente. Con me.
ㅡ Dove Mark incontra un misterioso ragazzo, solo quando ha con se una collana. ㅡ
˚✧⁎⁺˳✧༚
La luce intorno a lui era chiara, di un chiaro abbagliante, ma così rilassante, per gli occhi del corvino.
«Cosa desideri di più al mondo?»
Non ci volle molto per rispondere a quella domanda.
«Amare.»
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jr. / Park Jinyoung, Mark Tuan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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˚⁎⁺˳✧༚

La luce intorno a lui era chiara, di un chiaro abbagliante, ma così rilassante, per gli occhi del corvino. 
«Cosa desideri di più al mondo?» 
Non ci volle molto per rispondere a quella domanda. 
«Amare.»

» ¹ 運氣 «

» ¹ 運氣 «

«Fidati di me ragazzo, porta con te questa collana ogni giorno e vedrai. Accadranno solo cose bellissime che ti renderanno felice
Questo era stato detto a Mark quando era indeciso sul comprare una collana in un negozio di articoli vintage. Se la rigirò varie volte in mano e poi se la mise finalmente al collo, convincendosi. Il ragazzo era molto scettico riguardo ai porta fortuna e alla così detta 'sfortuna', ma quel giorno si fece convincere in poco tempo. In più, il ciondolo che era legato a quel filo di bamboo nero gli piaceva un sacco. Il ciondolo, invece, rappresentava un fiore appassito: i petali erano colorati con della vernice rossa, che però dato che era un oggetto vecchio, si era scolorita. Mark tornò nella sua casa e posate le sue cose, si fermò a guardarsi nello specchio all'ingresso: aveva i capelli tinti con del biondo scuro, i ciuffi ricadevano sulla sua fronte coprendo leggermente l'occhio sinistro; il suo viso era senza imperfezioni, le sue labbra erano leggermente screpolate e arrossate, il fisico era magro, davvero magro, forse anche troppo agli occhi delle altre persone, ma quella era la sua corporatura. Portava una felpa almeno di tre volte la sua taglia, le maniche coprivano completamente le sue piccole mani esili e anche le sue gambe magre. I pantaloni invece erano stretti, con uno strappo sul ginocchio; lui era solito a vestirsi in quel modo, amava le felpe oversize, le trovava comodissime e anche molto calde. Si guardò la collana appena acquistata e se la tolse, posandola sul tavolino alla sua destra, avanzò per il corridoio fino ad arrivare alla vasca per farsi un lungo bagno. 
Mark, quando il giorno seguente si svegliò, fece tutto con calma, con monotonia. Era così stufo di fare sempre le stesse cose, alzarsi, lavarsi, mangiare qualcosa, uscire, tornare a casa, dormire. Sempre la solita noiosa routine. In ogni caso, anche se annoiato, fece le cose che doveva fare, poi prese le chiavi di casa per uscire ed andare a lavorare. Quando stava per chiudere la porta, però, si ricordo della collana, così rientrò e la afferrò in mano; se la allacciò al collo mentre camminava per la stradina di casa sua, infilando poi il pendolo sotto una delle sue solite felpe enormi. Mark lavorava come commesso in un piccolo chiosco, infatti non aveva chissà quale stipendio, ma si arrangiava comunque. Si mise il suo grembiule bianco e aprì il piccolo chiosco, esponendo alla clientela il cibo che vendeva. Quella mattina il biondo era da solo, dato che era il giorno in cui c'era meno affluenza di clienti. E mentre era seduto sul suo sgabello dietro il bancone con il telefono, la sua attenzione venne richiamata da un ragazzo che chiedeva se c'era qualcuno.
«Eccomi, dimmi pure» disse il biondo alzandosi e guardando la persona davanti ai suoi occhi. Che meraviglia. 
«Oh, scusami, posso chiederti un'informazione? Non conosco bene il posto».
Egli aveva dei capelli nero corvino, degli occhi del medesimo colore, o almeno così sembrava a primo impatto, e delle labbra mediamente carnose e lucide. Aveva indosso una maglietta a righe spesse blu e bianche, un berretto in testa anch'esso blu e dei semplici jeans. «Per caso sai se qui vicino ci sono dei negozi che vendono oggetti di antiquariato? Sai, quelle cose antiche». Mark pensò immediatamente al piccolo negozio dove aveva acquistato la collana il giorno precedente, quindi replicò: 
«Se ho capito bene quello che intendi, ne trovi uno a dieci minuti da qui, basta che vai dritto lungo questa strada e poi giri a destra alla prima curva».
«Oh, credo di aver capito» esclamò l'altro, annuendo, «grazie per il tuo aiuto». Fece un piccolo inchino e Mark sorrise, «Figurati».
Lo guardò andare via, non facendo caso al fatto che aveva amato il suo volto per quel piccolissimo arco di tempo; avrebbe voluto poterlo ammirare più a lungo. Inoltre, non aveva mai visto quel ragazzo passare di lì: forse è nuovo in città.

» ² 天使 «

Il collega di Mark, un certo Jaebum, arrivò al chiosco, segno che il turno del biondo terminato, e che poteva tornare a casa. Quindi si tolse il grembiule e lo ripose con cura al suo posto, afferrò le sue cose e prese la stradina che lo avrebbe portato a casa. Quella mattina, al contrario di quella precedente, non aveva visto il ragazzo dagli occhi più dolci dell'intero universo. Si, in effetti era un po' lungo come nome, lo avrebbe ammesso anche lui, ma le alternative non erano molto diverse. Chissà se è merito della collana, si chiese, mentre prendeva le chiavi di casa dalla tasca posteriore. Quel giorno, appunto, il ciondolo lo aveva dimenticato a casa, perciò era andato a lavoro senza di esso. Una volta entrato in casa, prese l'oggetto fra le mani, guardandolo attentamente. Subito dopo se lo allacciò al collo, proprio come il mattino precedente; faccio solo una prova. Uscì una seconda volta, ad essere sinceri si sentiva un po' stupido, ma forse era solamente curioso. Questa volta, però, andò in un parco non molto distante da casa sua, voleva stare in tranquillità, e non in mezzo alla folla che si creava in centro. Si sedette su una vecchia panchina di legno ーche pareva poter rompersi da un momento all'altroー ed aspettò. Ma cosa, esattamente, stava aspettando? Che quel ragazzo comparisse magicamente davanti ai suoi occhi? Esattamente. E Mark non dovette neanche attendere due minuti. Il ragazzo dagli occhi più dolci dell'intero universo stava varcando il piccolo cancello di metallo nero, che cigolava qual volta qualcuno lo spostava. Non lo realizzò immediatamente, Mark, ma rimase incantato a guardare quel viso per la seconda volta. Il ragazzo dagli occhi più dolci dell'intero universo parlava al cellulare con qualcuno, forse con la madre, dato la risata pura e cristallina sul suo volto, e il continuo ripetersi di un: "Si, si. Stai tranquilla". E in quel momento, quel preciso momento, Mark decise di affibbiare a quel ragazzo un diverso nomignolo.
L'angelo più puro di tutto il paradiso. 
Mark non era un ragazzo molto socievole, questo tutti avrebbero potuto confermarlo. Era timido, insicuro, e molte volte aveva anche timore di uscire di casa. Magari perché quel giorno si sentiva particolarmente poco attraente, magari perché aveva qualche imperfezione sul suo viso ーagli occhi degli altri, tranne che ai suoiー angelico. Mark aveva ventiquattro anni, eppure era ancora un bambino che aveva timore di dire quello che pensava per paura che qualcuno si prendesse gioco di lui. Sarà stato un trauma infantile a farlo diventare così, starete pensando voi. Invece no, da piccolo era solare, socievole, se c'era qualcuno in difficoltà era sempre lì pronto a tendergli una mano. Mark stesso non sapeva cosa gli fosse successo. Improvvisamente nella sua testa venne catapultata la figura dell' angelo più puro di tutto il paradiso, e un calore familiare si espanse in tutto suo petto, arrivando persino alle guance, facendole arrossire delicatamente. Si portò una mano al collo, e con le sue dita sottili afferrò il ciondolo della collana, mentre i suoi occhi scuri erano fermi sul muro color cioccolato della sua piccola stanza. Voleva rivederlo, voleva sentire la sua voce ancora una volta. Senza pensarci una seconda volta, si lavò velocemente e si infilò uno dei suoi soliti capi d'abbigliamento; prese le chiavi, il cellulare, e varcò la porta di casa. Decise di dirigersi nuovamente a quel parco: lì, avrebbe avuto almeno una piccolissima possibilità di incontrarlo. Avanzò verso le altalene e si sedette su una delle due, facendo dondolare le gambe proprio come quando era un bambino. Le mani erano strette alle catene di ferro, che avrebbero lasciato nei suoi palmi quel odore metallico che Mark proprio non sopportava. E solo quando spostò lo sguardo dalle sue scarpe, riuscì a notare qualcuno accanto a lui. Con un balzo al cuore si girò alla sua sinistra, e si ritrovò davanti agli occhi l'angelo più puro di tutto il paradiso, che lo guardava con un piccolo sorriso steso sulle labbra. Aveva visto Mark tutto solo mentre passava davanti a quel parco, così decise di andare ad occupare il sedile blu del altalena al suo fianco. Il biondo lo guardò in silenzio, non sapeva cosa dire, o molto più probabilmente, non riusciva a parlare. Gli occhi neri di quel angelo lo stavano fissando da troppo tempo, e le sue forze erano state risucchiate via. L'altro, invece, decise di schiudere le labbra e far beare nuovamente Mark con la sua voce; 
«Ciao, ragazzo del chiosco»

» ³  «

Mark camminava con un sorriso stampato in viso. Accanto a lui c'era Jinyoung, l'angelo più puro di tutto il paradiso, che gli faceva strada verso il fast food dove erano diretti per mangiare. Dopo quella presentazione al parco, decisero di rincontrarsi la sera stessa per andare a mettere qualcosa sotto i denti. Mark ovviamente accettò immediatamente, e appena tornato a casa cominciò a scegliere i vestiti da mettersi. Finalmente arrivarono e si sedettero a un tavolo, ordinando la cena. I due non avevano parlato molto, ma qualcosa spingeva il corvino a essere amico di quel Mark.
«Allora, dimmi qualcosa di te» cominciò Jinyoung, mentre una ragazza portava il vassoio al loro tavolo, posizionandolo davanti a Mark.
«Mh vediamo.. Mi sono trasferito qui dall'America quando avevo sedici anni, adesso ne ho ventiquattro».
«Quindi sei americano?» 
Mark annuì, prendendo un sorso dalla sua coca cola, «Sì, ma ho origini taiwanesi» spiegò, posando il bicchiere di cartone sotto gli occhi attenti dell'altro. 
«Tu? Sei sempre vissuto in corea?» 
«Diciamo di si» Jinyoung rispose, addentando qualche patatina; Mark rimase leggermente confuso da quella risposta, ma decise di andare avanti con le sue domande: era molto curioso. La serata terminò troppo velocemente per Mark, che desiderava passare altro tempo con il suo angelo. Aveva potuto dedurre che era un tipo molto riservato, dato che non aveva risposto a nessuna domanda sul proprio passato fatta dal biondo. Jinyoung fu così gentile di accompagnare Mark fino sotto casa, «Buonanotte», gli disse davanti alla porta di casa sua, dove sarebbe entrato poco dopo. Il moro sorrise, inclinando leggermente la testa verso destra, «Buonanotte» rispose, prima che si voltasse per riprendere a camminare. Mark rientrò in casa, e appena chiusa la porta, rilasciò un grande sospiro, accompagnato da un sorriso altrettanto grande. Stava davvero cominciando a credere al potere di quella collana che portava ancora al collo, infatti la prese e la guardò, mentre camminava verso la sua camera da letto; però si bloccò, quando notò che il colore di quella rosa appassita era leggermente più brillante. «Forse è la luce» pensò quindi, togliendosela e riponendola sul comodino con cura. Ma nonostante questo, mentre era nel letto fissava e quel ciondolo, continuando a ripetersi che no, non era la luce, e che fino al giorno precedente, la rosa era più sbiadita. 
Mark fece una prova. Lasciò la collana a casa, per ben quattro giorni. E per quei quattro giorni, Jinyoung era letteralmente sparito; questo spaventò il biondo, così nella sua testa si porse ーforseー troppe domande. Rientrò nella sua abitazione di corsa, afferrò la sua collana e se la legò velocemente al collo. Poi prese in mano il ciondolo ーadesso agli occhi di Mark, il colore dei petali sembrava di nuovo spento. In uno stato di confusione, non si accorse che il campanello stava suonando; Mark si passò nervoso una mano tra i capelli e andò ad aprire, trovandosi di fronte a lui l'angelo più puro del paradiso. Rimase a fissarlo, schiuse le labbra, voleva dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola. 
«Sembra che hai visto un fantasma» ridacchiò l'altro, portandosi una mano davanti alla bocca, coprendosi. Mark, sentendo la risata di Jinyoung, uscì da quello stato di apnea, tornando in se stesso. «Ti va di fare un giro?» Mark annuì, ancora in silenzio, prese le chiavi di casa e uscì da essa, prendendo posto al fianco di Jinyoung. 
«Perché sei scomparso per quattro giorni? Perché non mi hai scritto? Perché sei riapparso oggi? Perché ti stai comportando come se ci fossimo visti ieri?» queste erano le domande che vagavano nella testa di Mark, provocando un gran frastuono. I due si sedettero su una panchina, nel parco quasi del tutto isolato, ma per Mark era un luogo molto rilassante, così non disse nulla. Piuttosto si mise a guardare gli alberi intorno a loro, i piccoli fiorellini che sbucavano dal bordo delle sue scarpe, e delle farfalle colorate posate un po' dappertutto. Quando girò il volto verso Jinyoung, arrossì, perché si rese conto che lo stava guardando chissà da quanto.
«Posso dirti una cosa?» domandò il minore, Mark annuì.  «Mi sembra di conoscerti da mesi». E a quella affermazione, il biondo non sapeva cosa rispondere; così rimase in silenzio, in attesa che Jinyoung disse qualcos'altro. Ma diversamente da come sperava, rimase in silenzio. Mark, di solito, prima di aprire bocca per dire qualsiasi cosa, ci pensava mille volte; questa volta, però, non se ne rese neanche conto.  
«Cosa hai fatto in questi giorni? Non ti sei fatto vedere più». E vedendo che non gli stava rispondendo, aggiunse velocemente: «Non sei costretto a dirmelo, non so perché te l'ho chiesto, non sono affari miei. Ti chiedo scusa.»
«Ho passato del tempo con i miei genitori. Non li vedevo da tanto, e visto che erano tornati da un viaggio, sono andato a trovarli. E non devi scusarti, piuttosto io dovrei chiederti scusa, sono scomparso dalla tua vista». Disse, guardando il biondo, e una volta terminato le spiegazioni, fece un piccolo sorriso che fece sciogliere il cuore di Mark. Sorrise a sua volta, annuendo, e spostando lo sguardo su degli alberi di pesco davanti a loro. Avrebbe potuto guardarlo più a lungo, ma non sarebbe stato in grado di sostenere i suoi occhi. E inoltre, era convinto che, se avesse guardato il suo viso troppo tempo, lo avrebbe consumato. Il sole si stava preparando per andare a dormire, così Jinyoung si alzò da quella panchina e rivolse uno sguardo veloce a Mark. 
«Andiamo a mettere qualcosa sotto i denti? Mi sta venendo fame». 
Poco dopo erano entrambi seduti su un muretto di pietra, davanti a un camioncino che vendeva panini di tutti i tipi; stavano in silenzio, mentre le persone passavano velocemente davanti ai loro corpi. Mark, a volte, si fermava ad osservare quelle persone, e questo attirò l'attenzione del corvino al suo fianco. 
«Stai cercando qualcuno?» 
«Mh?» 
«Ho visto che ti guardavi intorno,» disse, deglutendo quel pezzo di pane leggermente stopposo, per poi riprendere a parlare. «Pensavo stessi cercando qualcuno». 
«Affatto» un sorriso divertito si dipinse sul suo volto. «Semplicemente mi piace guardare le persone. Sai, immaginare il loro nome, la loro vita. Se sono sposate, fidanzate, o magari divorziate. Mi piace immaginare dove stiano andando, o dove siano state. Faccio questo 'giochino' da quando sono piccolo. Lo trovo divertente, mi tiene la mente occupata». 
«Lo hai fatto anche adesso» osservò, «da che pensieri vuoi sfuggire?» Mark, automaticamente, lo guardò; non rispose, non poteva dirgli che aveva paura che lui fosse lì, per merito di quel ciondolo che portava al collo. E non poteva neanche dirgli che, sotto quella luce fioca dei lampioni, era davvero meraviglioso. 
«Guarda quella ragazza, ad esempio,» cercò di sviare il discorso, «adesso dimmi cosa ti viene in mente guardandola». Jinyoung lo fece, seguì con lo sguardo quella ragazza dai capelli biondi che stava attraversando la strada. «Che è mezza nuda». Questo fece scoppiare a ridere Mark, creando un suono acuto ma anche bellissimo, per le orecchie del corvino. Rise anche lui, e ai suoi occhi apparirono delle piccole rughe. 
«A parte quello. Quanti anni credi abbia? O come credi che si chiami?» 
«Diciassette anni. Ha la faccia da Seoyun.. Molto probabilmente sta andando dalle sue amiche, magari è anche uscita di nascosto dai suoi genitori».
«Interessante. E che mi dici della sua vita sentimentale?» 
«Non è fidanzata. Io non permetterei mai alla mia ragazza di uscire vestita in quel modo. Forse vuole far colpo su qualcuno». 
Il biondo applaudì, ridendo di gusto, mentre accartocciava la carta unta del suo panino ormai terminato. «Ho pensato le stessa cose. Sei bravo.» 
Una volta che anche Jinyoung finì il suo pasto, decisero fare un'altra piccola passeggiata. «Questa volta ti accompagno io a casa. Dove abiti?»
«Sei sicuro? Non devi sentirti in dovere, posso benissimo andare da solo.» 
«Non mi sento in dovere, voglio semplicemente farlo. Ti crea fastidio?» «No, no. Assolutamente. Va bene, allora andiamo.» 
E senza alcun tipo di preavviso, il minore afferrò la piccola mano di Mark, cogliendolo di sorpresa. Dei leggeri toni del rosa colorirono le sue guance, contraccambiando poi quella tenera stretta. Jinyoung sorrise, e cominciò a camminare, sapendo che l'altro lo avesse seguito. 
E se fosse stato per Mark, lo avrebbe seguito fino in capo al mondo.

»  咖啡 «

Mark, quella sera, accompagnò Jinyoung a casa. Poi, tornato alla propria, si cambiò velocemente: era molto assonnato. Si stava togliendo i pantaloni, quando dalla tasca di essi volò fuori un piccolo foglietto di carta, ripiegato su se stesso con cura. 
E aprendolo, scoprì che era da parte di quell'angelo, e c'era scritto il suo numero di telefono. Il mattino seguente si alzò, e subito si chiese se avrebbe dovuto dare il buongiorno a Jinyoung. Sarebbe stata una cosa carina, sicuramente a Mark sarebbe piaciuto ricevere un messaggio del genere. Per far passare un po' di tempo, si fece una doccia e si vestì per andare a lavoro. Si mise la collana, un bracciale che indossava quasi sempre, e si sistemò i capelli ancora leggermente umidi. 
Avendo deciso, prese il suo cellulare e, dopo vari minuti di esitazione, inviò quel piccolo messaggio a Jinyoung. 
Il turno di lavoro, per fortuna, passò velocemente: i clienti erano stati molti, così per Mark, il tempo non sembrava rallentare ogni volta che era seduto senza fare nulla. Mentre tornava a casa, il telefono nella sua tasca vibrò. Mark sorrise. Jinyoung gli aveva risposto, e subito dopo, chiesto se quel giorno potevano incontrarsi. Il biondo, ovviamente, accettò, così una manciata di minuti dopo i due si incontrarono davanti a un piccolo bar. 
«Ti fermerai mai?» 
Mark ridacchiò alla domanda di Jinyoung: avevano entrambi ordinato un caffè, ma era già la seconda bustina di zucchero che il biondo faceva scogliere in quel liquido scuro. 
«Mi piace dolce». Ammise, sbattendo le mani per rimuovere i granelli trasparenti dalle dita. 
«Il caffè è fatto per essere amaro. Non sarebbe più tale mettendoci tutto quello zucchero». Al maggiore fece ridere il modo serio in cui lo stava rimproverando, poi portò la tazzina alle labbra, bevendo un sorso del contenuto. 
«Mi piace così. Lo hai mai provato almeno?»
«No, e non lo farò. Non mi piace il dolce». Imitò il gesto dell'altro, poi posò la tazza sul piattino, provocando un tintinnio. 
«Non puoi dire che una cosa non è buona se non l'hai mai provata». Allungò il braccio verso il corvino, segno che poteva assaggiare il suo caffè. Jinyoung esitò, ma poi afferrò la tazzina di Mark e fece un piccolo sorso. Lui lo guardò, attendendo una reazione. Fece un espressione disgustata, arricciando il naso e incurvando le sopracciglia. Mark non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata. 
«Non ridere! È disgustoso. Come diavolo fai a berlo?» 
«È buono!» 
«Per niente.»
Il maggiore alzò gli occhi al cielo, ancora divertito, «Dovevi vedere la tua faccia.» mormorò dopo qualche secondo di silenzio. Rise di nuovo, contagiando anche Jinyoung; come al suo solito, si portò una mano davanti alla bocca, tentando di calmare la sua risata. 
«Non nasconderlo.» Jinyoung si interruppe, e guardò Mark, non capendo a cosa si riferisse. L'altro lo notò, così spiegò subito. «Il tuo sorriso. Quando ridi ti copri con una mano. Ma non farlo, il tuo sorriso è bellissimo, non c'è bisogno di nasconderlo.»
E quando vide Jinyoung arrossire e sorridere timidamente, Mark ne ebbe la certezza. 
Si era innamorato di lui. 
Per Mark non era la prima volta che provava attrazione per un ragazzo. Gli era successo alle medie: c'era un ragazzo, ーandava nella classe accanto alla suaー che guardava con piacere, senza neanche rendersene conto. Ovviamente, Mark non si fece mai avanti, e quindi quella infatuazione terminò con il passare degli anni. Poi c'erano stati altri ragazzi, visti anche semplicemente per strada, dove l'occhio di Mark cadeva sempre. Però, non aveva mai avuto un ragazzo; almeno, non una relazione seria. La maggior parte delle volte, era lui stesso a stancarsi. Ed è brutto dirlo, ma per Mark era così. Jinyoung era il ragazzo di più bello di cui i suoi occhi potevano godere. E non stava affatto esagerando. Quando diceva che Jinyoung pareva un angelo, era serissimo. 
«Sei in ritardo.» Esclamò Jinyoung, una volta che Mark arrivò davanti alla sua porta. Quest'ultimo guardò velocemente l'orologio, aggrottando le sopracciglia. 
«Davvero? Avevo capito di vederci alle nove e mezza». 
«Sto scherzando.» Rise, scuotendo la testa. «Dai, entra.» Mark tirò un sospiro di sollievo, poi entrò in casa di Jinyoung, mentre si sfregava velocemente le mani. Quella sera faceva davvero freddo fuori. Si guardò intorno, ispezionando il soggiorno di quella abitazione. C'erano pochi mobili, e le pareti erano di un bianco candido. Raggiunse poi Jinyoung che era andato in cucina; anche questa era con pochi mobili, le pareri erano spoglie, ma nonostante questo, era molto ordinata. Vide il corvino sistemare dei piatti nella credenza, e solo in quel momento Mark notò come era vestito. Era scalzo, ma ai piedi portava dei calzini bianchi, aveva dei pantaloncini che coprivano fino a metà coscia, e una felpa davvero grande, che per poco non si allineava con la lunghezza dei pantaloncini. Era di un rosa pastello, leggermente rovinata. Molto probabilmente ci dormiva, pensò Mark. Così lui si immaginò quell'angelo dormire nel letto, come un tenero bambino. Sorrise senza accorgersene.
«Perché sorridi?» Jinyoung lo aveva notato con la coda dell'occhio, mentre sistemava le ultime cose. «Ti diverte vedermi fare la casalinga?» 
Il biondo soffocò una risata. «Anche, si. Ma sei carino.» Lui sbuffò, nascondendo il lieve rossore sulle sue guance. «Ho finito, comunque.» Chiuse le ante. «Film?» 
«Certo.»
«Perfetto. Vai a sederti, io prendo qualcosa da bere.» 
Mark raggiunse il divano nel salotto, sedendosi su di esso. Subito dopo Arrivò Jinyoung, che posò degli snack e della sprite sul tavolino dinanzi a loro. Poi si sedette accanto al biondo. Mark aveva pregato che non si sedette troppo lontano da lui, gli piaceva stargli vicino. E come se lo avesse letto nel pensiero, le loro gambe si sfioravano per quanto erano ravvicinati. Finirono per vedere un film demenziale, ma che fece risuonare nella casa le risate cristalline dei due ragazzi. 
«Accipicchia, mi fanno male le guance.» Esclamò Jinyoung terminato il film, aveva riso troppo e ora i muscoli del suo viso erano tutti intorpiditi. 
«Accipicchia?» Ripeté divertito Mark, «Chi usa più accipicchia?» 
«Io.» Replicò lui, serio. Si guardarono in silenzio, ma poi risero di nuovo insieme. Sembravano entrambi tornati dei bambini, che quando cominciano a ridere non riescono più a smetterla. E inoltre, Mark si rese conto che erano anni che non rideva così tanto, e spontaneamente. Non che non volesse, ma non si era mai presentata l'occasione per farlo. Ma in quel momento si chiese come aveva fatto gli ultimi anni a vivere senza ridere, ma soprattuto, a vivere senza Jinyoung.

»  愛撫 «

Quando Mark si svegliò, si rese conto di essere ancora a casa di Jinyoung. Con gli occhi leggermente gonfi, prese il suo cellulare nella tasca della felpa per vedere l'orario: erano le due del mattino. Ancora frastornato, si passò una mano sul viso, notando solo in quel momento in che posizione si trovava il ragazzo al suo fianco. Aveva la testa posata sulle gambe magre di Mark, e il corpo steso sul resto del divano. Era tutto rannicchiato, e con quella felpa sembrava ancora più piccolo e indifeso; i suoi capelli neri erano scompigliati sulla sua fronte, coprendogli leggermente gli occhi chiusi. Mark ebbe come un tuffo al cuore. Senza pensarci, portò una mano al suo viso, accarezzandolo con una tale dolcezza che pareva essere un petalo di fiore. Appena vide Jinyoung svegliarsi, però, ritirò la mano, in imbarazzo. 
«Mh.. Che ore sono?» Chiese con la voce impastata dal sonno, mentre si sistemava meglio sulle gambe di Mark. 
«Le due, quasi tre. Ci siamo addormentati dopo aver bevuto il latte.» Disse a bassa voce, come se potesse disturbare quella calma sovrumana che stava invadendo la stanza. «Dovrei tornare a casa.» continuò. 
«Devi per forza?» I suoi occhi scuri si andarono a incastrare in quelli del biondo. «Non ti va di.. Dormire qui?»
«Se non ti crea nessun problema..»
Jinyoung scosse la testa, e gli rivolse un sorriso. Il più bello che Mark avesse mai visto: aveva gli occhi chiusi, mentre si stiracchiava leggermente. Poi si alzò, sistemandosi i capelli distrattamente. 
«Ho un altro futon nell'armadio. Ti sembrerà strano, ma dormo in uno di quelli, li trovo più... comodi. Inoltre occupano poco spazio, e la mia camera è davvero piccola.» Ammise, mentre strusciava i piedi verso quest'ultima. Che tipo curioso, pensò Mark. «Per te è un problema?»
«No, affatto. Per me è uguale.». Basta che sto con te.
Una volta giunti nella camera di Jinyoung, lo vide rovistare nell'armadio; poco dopo tirò fuori due futon, dei cuscini e anche dei pantaloncini, simili a quelli che portava lui. 
«Tieni, cambiati. Quei pantaloni non sono ideali per dormire.» Fece riferimento al fatto che sembravano estremamente stretti, ma alla fine per Mark non lo erano poi così tanto. Come richiesto da Jinyoung, si cambiò, mentre lui era impegnato a sistemare il 'letto'. Una volta terminato, si sedette su uno di essi e invitò il maggiore a fare lo stesso. 
«Sembra che tu ti sia trasferito in questa casa da pochi giorni.» Osservò lui, prendendo il fianco di Jinyoung. «Oppure, che te ne andrai da un momento all'altro.»
«Non andrò via.» Disse, estremamente serio, ma comunque con quella voce dolce e calma. «Semplicemente, non mi piace adornare la casa con oggetti inutili.»
«E il letto è uno di questi oggetti inutili?» Chiese ironicamente, facendo ridere il corvino. Sapeva che Mark non attendeva una risposta a quella provocazione, così si infilò sotto le coperte, se così poteva chiamarle. 
«Non senti freddo solo con quello?» Domandò Mark, infilandosi nel futon.
«No, ho questa.» Proclamò, tirando fuori una coperta molto grande, che subito dopo si mise addosso. «Avvicinati.» Mark lo fece, si avvicinò con il sui futon, e così Jinyoung poté coprire anche lui. «Va meglio?» Il biondo annuì, sentendosi in un improvviso disagio, data la vicinanza dei due. Si schiarì la gola nervosamente e posò la testa sul cuscino, e l'altro lo seguì a ruota; restarono in silenzio, a guardarsi con la poca luce che una lampada posizionata vicino alle loro teste potesse offrire. Era, senza dubbio, una situazione imbarazzante, ma per Jinyoung non sembrava essere lo stesso. 
«Dovremmo farlo più spesso. Guardare un film sul divano insieme, intendo. Mi sono divertito.»
«Anche io.» Confessò Mark, facendo un piccolo sorriso. Il silenzio calò di nuovo, il biondo sentiva il suo viso diventare più rosso, così, tagliò corto. «Buonanotte.»
Il respiro di Mark si bloccò per un secondo, quando sentì le labbra di Jinyoung posarsi sulla sua guancia, lasciandogli un tenero e innocente bacio.
«Buonanotte anche a te, hyung.»

»  情懷 «

Da quella notte passarono due giorni, e in quei due giorni il loro rapporto si era intensificato ancora di più: Mark non riusciva a smettere neanche un secondo di pensarlo, e anche volendo, non ci sarebbe riuscito. In quel momento era a casa, si stava togliendo la collana, quando vide i petali del ciondolo colorati di un rosso vivo. Si chiedeva come diavolo fosse possibile, dato che fino a qualche settimana prima, erano praticamente grigi; quelli, invece, sembravano appena stati ridipinti da un esperto in manodopera. Come l'ultima volta, decise di non pensarci troppo, così la ripose sul comodino ed andò a dormire, con l'immagine di Jinyoung che lo accompagnava ormai ovunque. Si fece molte domande, prima di cadere tra le braccia di Morfeo. Si chiedeva perché il corvino non avesse mai parlato del suo passato, o di dove vivesse prima di trasferirsi a Seoul. Andava a trovare i suoi genitori, di tanto in tanto? Mark lo faceva spesso: a Natale rimaneva lì per una settimana, poi tornava per il compleanno di suo fratello, quanto sei cresciuto, esclamava ogni volta che lo rivedeva. Anche quando compievano gli anni sua madre e suo padre tornava in California. Per fortuna, la maggior parte delle volte, erano loro ad acquistare il biglietto per Mark, e di questo lui gliene era grato. Immerso nei pensieri, stava per prendere sonno, quando l'arrivo di un messaggio fece illuminare lo schermo del telefono, e di conseguenza tutta la stanza. Infastidito, lo prese; subito dopo aver letto quelle poche parole, però, scattò sul letto, mettendosi seduto. "Possiamo vederci?" e subito dopo, "Adesso". Il biondo era più che confuso, ma allo stesso tempo eccitato e preoccupato. Era ormai mezzanotte, ed era insolito che Jinyoung gli avesse scritto nel bel mezzo della notte. Gli rispose velocemente, e decisero di incontrarsi poco lontano da dove si trovava la casa di Mark. Si vestì velocemente, per fortuna non aveva tolto la collana, così non la dimenticò a casa. Poi uscì, pregando che non fosse accaduto nulla di male al suo angelo. Appena arrivato a destinazione, vide Jinyoung attenderlo con la schiena posata al muro di un negozio ormai chiuso. 
«Ciao..» Mormorò, e il corvino alzò lo sguardo; sorrise, e appena Mark se ne rese conto, si sentì sollevato. Stava bene. 
«Ciao, scusami per averti fatto uscire a quest'ora, ma volevo parlarti.» L'altro annuì, posando poi la schiena nello spazio accanto a Jinyoung. «Eri già andato a dormire?»
«Uhm, non ancora. Guardavo la televisione.» Mentì, non volendo che si sentisse in colpa; infondo però, aveva detto in parte la verità: non ancora dormiva. Aveva notato che Jinyoung non lo stava guardando, cosa che di solito faceva. Pensieri negativi invasero la mente di Mark, costringendolo ad assumere un'espressione malinconica. Doveva andarsene? Si era stufato di vedersi con Mark? O, peggio, si era accorto dei sentimenti che Mark provava nei suoi confronti, e non li ricambiava? 
«Mark-hyung.» La voce dolce di Jinyoung bloccò quel flusso di domande, richiamando l'attenzione del maggiore. Quest'ultimo spostò lo sguardo su di lui, attendendo che continuasse. «Noi siamo amici, giusto?»
Bene, questa è la fine, pensò immediatamente Mark, come immaginavo, ha intuito che provo qualcosa per lui. Cosa faccio adesso?
«Perché me lo chiedi?» Chiese con un pizzico di insicurezza nella sua voce, e pregò che Jinyoung non se ne fosse accorto. Non voleva sembrare debole, non di fronte a lui. Pensò che, molto probabilmente, quella sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti. Voleva scappare, stava seriamente pensando di farlo. Si era anche guardato intorno precedentemente, e non solo per l'imbarazzo: cercava una via di fuga. Con uno scatto repentino, Jinyoung cinse le braccia attorno alla vita stretta di Mark, facendolo sobbalzare per lo stupore. Rimase immobile, Mark, mentre il minore non accennava dallo allontanarsi. 
«Che fai?» Dalle labbra di Mark uscì solo un filo di voce, che a malapena poteva essere udito; ma Jinyoung gli era così vicino, che riusciva a sentire ogni suo respiro. «Perché improvvisamente mi abbracci in questo modo?» 
«Perché voglio farlo. Voglio abbracciarti.» Mark si sentiva così piccolo tra le sue braccia, che lo circondavano completamente. Le sue orecchie diventarono rosse, così come le sue guance. Voleva pensare che era per colpa del freddo, ma allora come mai sentiva così caldo? Rimasero in silenzio, senza muovere un muscolo. Poi, finalmente, le braccia di Mark strinsero il corpo di Jinyoung a loro volta, debolmente.
«Quando mi abbracci così...» Cominciò il più basso dei due, «Il mio cuore sembra voler uscire dal petto. Mi sento così strano, Jinyoung.» E lui, senza dire una parola, si allontanò da Mark e afferrò la sua piccola mano. Se la mise sul petto, proprio all'altezza del cuore. Mark sentì con chiarezza il battito del corvino andare veloce, davvero veloce. Rimosse la mano, lentamente, e la portò lungo i suoi fianchi. Non sapeva bene dove guardare; non voleva far vedere il suo imbarazzo a Jinyoung. Si ritrovò a pensare, quest'ultimo, quando aveva cominciato a provare qualcosa per Mark? Da quanto tempo il suo battito accelerava, alla vista del maggiore? Nessuno dei due riuscì a capire come il loro legame era diventato così prezioso in così poco tempo, ma erano entrambi molto felici. 
«Anche io mi sento strano.» Confessò Jinyoung, guardando il viso abbassato di Mark, che però si alzò non appena sentì la sua voce. «Ogni volta che siamo insieme. E' come se avessi un enorme peso nello stomaco, ma mi fa stare bene. Tu mi fai stare bene.» 
Le labbra di Mark si schiusero, incredulo di aver sentito pronunciare quelle parole da Jinyoung. Tu mi fai stare bene. Deglutì quando il minore si riavvicinò a lui, questa volta lentamente, come se volesse far vedere a Mark tutti i suoi movimenti. La sua mente stava impazzendo: non aveva mai provato emozioni così forti, devastanti, e tutto quello lo mandava in confusione. Non riusciva a pronunciare una singola parola. Si chiedeva se era reale: Jinyoung davanti a se, che gli aveva appena confessato i suoi sentimenti per lui. Sembrava così surreale, così impossibile. Sembrava uno dei tanti sogni che si erano proiettati nella testa di Mark come un film. Ma, purtroppo, quello non era uno di quei film che sarebbero terminati con un lieto fine, lasciando tutti gli spettatori con un sorriso sulle labbra.
«Sai una cosa, Mark? Ho intenzione di baciarti, proprio adesso.» Non diede neanche il tempo al biondo di assimilare quella affermazione, che le loro labbra si erano già incontrare per la prima volta, in un bacio casto e puro, come l'angelo che era Jinyoung.

»   «

Il biondo era al chiosco, che serviva i clienti, quando vide una figura familiare tra di loro. Gli sorrise dolcemente, un po' rosso in viso. Non riusciva a togliersi dalla testa il sapore e la morbidezza delle rosee labbra di Jinyoung. Quella notte, era riuscito a dormire a sento. Ogni volta che chiudeva occhio gli tornava in mente quell'immagine, così si rigirava nel letto con il cuore a mille. Finì di servire quei pochi clienti e si pulì le mani, —che non erano sporche, ma era un'abitudine che aveva da sempre— rivolgendo un altro sorriso a Jinyoung. 
«Come mai sei qui?» Gli chiese gentilmente, mentre si toglieva quel gembriule fastidioso di dosso. Il corvino alzò le spalle. «Volevo passare un po' di tempo con te.» 
Mark, ovviamente, arrossì, e poi permise a Jinyoung di entrare nel chiosco, così da sedersi l'uno accanto all'altro. 
«Lavori da molto qui?» 
«Abbastanza. Prima cambiavo un lavoro a settimana, ma qui mi trovo bene.» Rispose brevemente il maggiore. «Hai fame per caso?» L'altro scosse la testa, ringraziandolo in ogni caso, visto che stava afferrando un panino. Dopo un paio di minuti in estremo silenzio, Mark pregò che arrivasse qualche cliente: quella situazione era troppo imbarazzante. Si mordicchiò nervosamente il labbro superiore, che si arrossì in poco tempo. Jinyoung invece sembrava assolutamente tranquillo, mentre si guardava intorno con aria noncurante. Però, Mark non sapeva che si stava guardando intorno per controllare se ci fosse qualche occhio indiscreto. Non vedendo nessuno, quindi, si sporse con viso verso quello leggermente girata del biondo e lo baciò, congiungendo le loro labbra con naturalezza, come se lo facesse da sempre. Il maggiore venne colto di sorpresa, e il suo cuore per poco non stramazzò. Si allontanarono con un piccolo schiocco, poi il corvino sorrise, vedendo l'imbarazzo negli occhi di Mark. Poi sentirono il rumore di una gola schiarirsi, e una voce per Mark conosciuta.
«Jaebum.» Balbettò nervosamente, avendo paura che il suo collega avesse visto tutto. Però il suo viso non sembrava fare una piega, così tirò un sospiro di sollievo quando lo informò che avrebbe scambiato il turno. Quindi afferrò le sue cose, e con Jinyoung prese a camminare: non sapeva neanche verso dove. 
«Era un tuo collega?» Chiese il corvino, mentre guardava Mark calciare una pigna caduta a terra da chissà quale albero. Annuì. «Sembra simpatico.» In verità, non gli sembrava affatto simpatico. Lo aveva visto per pochi secondi, e per quei pochi secondi aveva un'espressione apatica. Voleva solo approfondire la conversazione su di lui, così da sapere se c'era qualcosa tra di loro. Ma il biondi rispose semplicemente con: «Lo è,» per poi tornare a guardare davanti a se. Rispose con poche parole, avendo timore che la sua voce potesse tremare. 
«Vai a casa, adesso?» 
«Si.» Disse Mark, e dopo qualche secondo aggiunse: «Ti va di venire?» Dopo dieci minuti erano nella sua abitazione, Mark stava cercando nelle credenze qualcosa con cui poter pranzare. «Ordiniamo una pizza?» Propose infine, ricevendo un sì dal corvino. Poco dopo erano seduti a gambe incrociate sul letto, con il cartone della pizza davanti a loro. Mentre mangiava in silenzio, il biondo guardava di nascosto Jinyoung, che a sua volta guardava la camera da letto del suo hyung. 
«Mi piace la tua stanza.» Commentò nell'esatto momento il cui lo sguardo di Mark cadde sulle sue labbra. «L'hai fatto tu quello?» Chiese, indicando un dipinto posto sulla cassettiera. 
«È stata mia mamma.» Deglutì l'ultimo pezzo di cibo. «La mia vecchia camera era piena dei suoi dipinti. Le chiedevo sempre di farmene uno, è un passatempo che la rende felice, e a me piace vederla felice.» Jinyoung lo guardò e sorrise. «È una cosa dolcissima.» Mark allora arrossì, per l'ennesima volta. Chiuse la scatola che conteneva il loro pranzo e la posò sulla scrivania, stendendosi poi sul materasso morbido. Il corvino lo imitò, mettendosi comodo. «Devo ammettere che anche il tuo letto è comodo. Ma mai quanto i miei futon.» Disse facendo ridere Mark, che gli colpì scherzosamente il braccio. «Come puoi preferire dei futon a un letto?» Stava per rispondergli a tono, Jinyoung, ma poi vide una cosa. Mark seguì il suo guardo e vide che puntava sulla sua collana che era uscita fuori da sotto la felpa.
«Che bella.» Mormorò il corvino, avvicinandosi e prendendola fra le dita. «Quando ero piccolo ne avevo una simile.» Mark rimase stupito, visto che era la prima volta che sentiva Jinyoung parlare del suo passato. «Ma non era così rossa.» 
«Se ti dico una cosa, prometti di non ridere?» Jinyoung annuì. «Quando l'ho comprata la rosa era praticamente grigia. Ma è da un po' di tempo che non so come è diventata rossa. Giuro di non averla dipinta, dico davvero.» Vide il corvino aggrottare le sopracciglia e rigirarsi quel ciondolo tra le dita; poi si bloccò. 
«Quando l'hai acquistata?»
«Mh, non lo so, due settimane fa? Non molto comunque.» Jinyoung fece due calcoli. Erano nel giorno cinque ottobre, il che stava a significare che Mark aveva preso quella collana intorno al ventidue settembre. «Tutto bene?» Come Mark lo chiese, il minore sembrò risvegliarsi da un sonno profondo. «Jinyoung?» Lui lasciò la collana e gli sorrise per tranquillizzarlo. «Sto bene. Stavo solo pensando.»
«A cosa?»
«Al fatto che vorrei baciarti.» Replicò dopo un paio di secondi, facendo palpitare il cuore del maggiore. Lui, per la prima volta, si fece avanti: posò le labbra su quelle di Jinyoung, che in tutta risposta gli afferrò il viso, approfondendo quel bacio. Quando le loro lingue si incontrarono, Mark sentì una scossa lungo tutto il corpo, che lo portò ad arrossire. Il corvino, senza staccare le labbra da quelle di Mark, cercò una posizione più comoda; così finì a cavalcioni del maggiore. Lui aveva le dita intrecciate nei capelli scuri di Jinyoung, il quale morse il suo labbro inferiore con delicatezza, ma che comunque, fece ansimare il più grande. Si allontanarono per riprendere fiato, fissandosi negli occhi; Mark era abituato a portare quelle felpe pesanti, eppure, in quel momento, stava sudando. Si ritrovò a dover deglutire, le emozioni che stava provando erano troppo forti per lui, sentiva la pelle bruciare sotto il tocco di Jinyoung, nonostante i diversi strati di tessuto che aveva addosso. Il suo cuore si calmò, quando quest'ultimo lo prese tra le braccia, stringendolo teneramente. Mark, ovviamente, si ritrovò un po' spiazzato, ma strinse in ogni caso le braccia attorno al suo collo. Il corvino circondava tutto il corpo del maggiore, era davvero piccolo rispetto a lui, e questo lo fece sorridere. 
«Devo andare adesso.» Ammise. Quello che diceva, però, era in contrasto con quello che faceva, dato che continuava a stringere Mark tra le braccia, e pareva non volerlo lasciare mai. Annuì, ma anche lui non accennava di lasciare la presa. Alla fine, dopo quasi cinque minuti, Jinyoung lo lasciò, adagiandolo sul letto. Si alzarono da quel materasso uscirono dalla stanza, il biondo accompagnò l'altro alla porta di ingresso. «Ci vediamo domani.» Sorrise, dando un ultimo bacio sulle labbra del maggiore, prima di andare via.
Quella stessa sera, il suo campanello suonò. Controvoglia si alzò dal divano e andò a vedere chi fosse. La sua espressione annoiata si trasformò subito in una sorpresa e felice, vedendo Jinyoung davanti ai suoi occhi. Il minore, senza dire una parola, da dietro la schiena tirò fuori una rosa, e la porse a Mark.
«Stavo tornando a casa e c'era il fioraio.» Spiegò, mentre l'altro la afferrava stupito. «Mi ha ricordato la collana che porti, quindi l'ho presa.»
«È... Bellissima.» Mormorò Mark, sorridendo fra sé e sé. Non aveva mai ricevuto un fiore, eppure, lui ne andava matto. Aveva sempre sognato qualcuno che, senza preavviso, gliene regalasse uno. Non per un motivo specifico, ma solo perché aveva voglia di farlo, solo perché stava pensando a lui. «Grazie. Davvero.» Lo guardò e Jinyoung sorrise, aveva notato come il suo hyung era rimasto interdetto —in senso buono— e non poteva che non esserne felice.

»    «

Mark sorrise passando davanti a quel prezioso fiore riposto dentro un bicchiere pieno d'acqua; aveva trovato il gesto di Jinyoung davvero dolce, e sicuramente non lo avrebbe mai dimenticato. Prese la borsa con dei vestiti di ricambio ed uscì di casa, dirigendosi verso la palestra: il biondo si trovava leggermente ingrassato, e quella, era l'ultima cosa che doveva fare. Non voleva assolutamente che Jinyoung lo trovasse brutto. Arrivato in palestra si mise a lavoro senza perdere tempo, si scolò tre bottigliette di acqua in un'ora. Stanco di correre su quel tapis lourant, lo spense, e si andò a togliere il sudore di dosso. Odiava i bagni della palestra, erano troppo piccoli e quelle minuscole finestre non bastavano per rimuovere tutta quella umidità. Si tolse i vestiti velocemente, volendo passare meno tempo possibile in quella stanza; poi si portò una mano al collo, per togliersi la collana, ma le sue dita afferrarono il nulla. Spalancò gli occhi, e si accorse solo in quel momento di non averla. Guardò a terra, nel panico, ma non c'era nulla. Poi rovistò nella sua borsa, tirando fuori tutto quello che c'era all'interno. Di nuovo, niente. Una mano andò dietro la sua nuca, grattandola nervosamente. Doveva controllare vicino alle attrezzature, così si fece una delle docce più veloci che avesse mai fatto e lasciò i bagni. Cercò in ogni angolo della palestra, anche in quelli dove non si era neanche avvicinato. «Forse non l'ho messa questa mattina...» Pensò mentre usciva dall'edificio. Se aveva perso la sua collana, non avrebbe visto più Jinyoung? Un senso di angoscia si bloccò nel suo stomaco, così scrisse un messaggio al minore. Attendendo una risposta, per far passare il tempo tornò a casa: magari il suo ciondolo era lì. Guardò sul tavolo della cucina, su quello del salotto, tra i cuscini del sofà, in bagno, sotto il tappeto, sul suo letto, sul comodino, nell'armadio, persino nello stanzino. I suoi occhi ormai erano lucidi, aveva davvero paura di perdere Jinyoung per sempre. Tornando a quest'ultimo, non aveva ancora risposto al messaggio. Mark lasciò la sua abitazione e si diresse verso quella del corvino, suonando al campanello. Nessuna risposta; il biondo stava per scoppiare a piangere. Corse nel parco dove erano soliti incontrarsi, ma non c'era neanche lì. «Magari pensa che oggi ho il turno?» Così andò al suo luogo di lavoro, e per fortuna c'era Jaebum. 
«Jaebum! Per caso è passato quel mio amico di ieri?» 
«Chi?» Aggrottò le sopracciglia vedendo come era teso il viso del suo collega. «Stai bene?» Ma Mark non gli rispose neanche che corse altrove, senza un punto ben preciso in cui andare. Aveva cominciato a piangere senza neanche rendersene conto, era troppo preoccupato per pensare al altro. All'improvviso colpì qualcuno, o meglio, un angelo. Mark riconobbe subito il suo profumo. Alzò gli occhi rossi sul corvino, che si incupì non appena vide il viso del suo hyung rigato dalle lacrime. Lui immediatamente buttò le braccia attorno al suo collo, stringendolo il più forte che poteva. Scoppiò in un pianto da bambino, sentendo come le mani del minore lo accarezzavano con delicatezza. 
«Cosa c'è che non va?» Gli chiese dolcemente, sussurrando nel suo orecchio; Mark scosse la testa e cercò di calmare il suo pianto. 
«Non andartene.» Mormorò con la voce spezzata dai singhiozzi. «Non andartene più. Rimani con me per sempre. Ti prego.» Jinyoung non riusciva a capire il suo atteggiamento, ma annuì, lasciandogli molteplici baci nei suoi capelli soffici. Quando capì che si era calmato, lo fece allontanare e, asciugandogli le lacrime, unì le loro labbra. Quelle di Mark erano bagnate e salate, ma il corvino le trovò meravigliose in ogni caso. Il cuore del maggiore prese a battere velocemente, ma non per la paura questa volta. Si riprese mentalmente e fece una piccola risata, mentre si asciugava gli occhi. «Scusa, sono orribile quando piango.»
«Sei bellissimo, invece. Ma non farlo più, mi sono sentito morire.» Mark annuì, e con le guance ancora rosse sorrise. E mentre camminavano per andare a casa del maggiore, lui realizzò che la collana non la aveva ancora ritrovata, eppure, Jinyoung gli era accanto. Quindi erano solo coincidenze? Lui aveva davvero cominciato a credere che fosse tutto merito di quell'accessorio. Sorrise, pensando che sarebbero rimasti insieme per sempre. 
Quando arrivarono a destinazione, si era fatta ormai ora di cena. Mentre Mark preparava qualcosa ai fornelli, aspettando che il cibo fosse cotto, si mise le mani in tasca, posando la schiena sul frigorifero. Sentì qualcosa intrecciarsi fra le sue dita, poi qualcosa di freddo e metallico. Tirò fuori la mano destra: la sua collana. Era sempre stata nella sua tasca. All'inizio si sentì sollevato, non l'aveva persa. Ma poi, capì che ancora una volta, Jinyoung era lì con lui per merito di essa. Sospirò e se la mise al collo: non poteva permettersi di perderla. Portò le ciotole con la cena a Jinyoung, che lo aspettava nella sua camera. Mark amava mangiare sul letto, anche se poi doveva ricordarsi di andare a lavare le stoviglie.
Il biondo si sentiva ancora in imbarazzo per aver pianto in quel modo davanti a Jinyoung, e sperava che non facesse domande a tal proposito. Mangiarono in silenzio, come al solito, e dopo aver terminato si stesero sul materasso fresco. Mark fissava il soffitto, mentre l'altro, di tanto in tanto, gli lanciava qualche occhiata.
«Come ti senti?» 
«Bene.» Rispose subito, ma Jinyoung si mise su un fianco, per poterlo guardare meglio. Richiese la stessa domanda, ricevendo la stessa risposta. 
«So che non è così. Dimmi la verità.» Il biondo si maledì per non essere in grado di nascondere le sue emozioni. 
«Sono solo spaventato di quello che potrebbe accadere.» Gli occhi scuri di Jinyoung non abbandonarono il viso di Mark. «... A noi.» Spiegò più precisamente. Il minore sorrise teneramente, e poi incitò Mark a guardarlo; lui lo fece. 
«Non devi avere paura. Io sono con te adesso. Non devi preoccuparti del futuro, goditi il presente, questo presente. Insieme a me.» E Mark, sentendo quelle parole, per poco non pianse. Baciò Jinyoung, quasi con disperazione, e le loro lingue si incontrarono pochi secondi dopo, dando inizio a una danza piena di passione. Il corvino sovrastò il corpo magro di Mark, accarezzandolo con lentezza, mentre l'altro mordeva le sue labbra, come per assaporarle meglio. Afferrò i lembi della maglietta di Jinyoung, facendogli capire che voleva che la togliesse; neanche un secondo dopo il suo desiderio era stato avverato: ammirava con occhi pieni di eccitazione quel corpo perfetto. Non aveva gli addominali, la tartaruga o qualsiasi altra cosa. Ma era semplicemente perfetto. Poco dopo anche la felpa di Mark arrivò a terra, le labbra leggermente carnose del minore scesero lungo il suo petto magro, baciando ogni centimetro della sua pelle. Mark aveva il fiato corto, la sua pelle andava a fuoco, eppure, non voleva affatto fermarsi. Riuscì ad identificare delle macchie sulla sua pelle pallida, che erano state create dai ripetuti morsi di Jinyoung. Si baciarono di nuovo, questa volta freneticamente; le loro mani non stavano ferme un secondo, continuavano a vagare sulle loro pelli sudate, facendo crescere quel desiderio. 
Non c'era bisogno di parlare, Jinyoung capì esattamente quello che Mark voleva. Gli slacciò i pantaloni, che il biondo si tolse completamente facendoli scivolare lungo le sue gambe sottili; poi ribaltò le posizioni, sedendosi sul suo bacino. Il minore lo lasciò fare, chiudendo le palpebre quando le dita dell'altro si intrufolarono nei suoi capelli, stringendoli con forza mentre le loro lingue non trovavano sosta. Una volta che, ormai, anche i pantaloni del corvino vennero rimossi, le loro gambe si intrecciarono alla perfezione, mentre si accarezzavano e baciavano passionalmente, rendendo quella stanza umida e calda. Il maggiore si strinse forte a Jinyoung, volendo sentire le loro pelli a contatto e incollate dal loro stesso sudore. Quando Mark era steso nuovamente sul suo corpo, la mano del minore si infilò nei suoi boxer. Si morse con forza il labbro, quando due dita si fecero spazio nella sua apertura, muovendosi lentamente fino ad arrivare in fondo. La bocca del biondo rilasciò un lungo gemito, che entrò dritto nelle orecchie di Jinyoung, lasciandogli scariche di eccitazione lungo il corpo. Per Mark era troppo, doveva liberarsi il più presto possibile, così accompagnò i movimenti del minore, facendo frizione sul suo bacino. Si ritrovò improvvisamente sotto il suo corpo, e il suo ultimo capo intimo scomparve dalla sua vista. Arrossì, ma cercò di far da parte l'imbarazzo, così tolse —a sua volta— lentamente i boxer a Jinyoung: adesso erano completamente nudi, l'uno davanti agli occhi dell'altro. 
«Wow.» Sussurrò con un sospiro Mark, realizzando quanto dannatamente fosse meraviglioso il ragazzo davanti ai suoi occhi. Lui sorrise, facendo definitivamente impazzire il biondo. Afferrò il suo viso e lo baciò, per la milionesima volta. Non era mai stanco di quelle labbra. Jinyoung si posizionò tra le sue gambe e le fece allacciare attorno alla sua vita, cingendo i fianchi del biondo. Il cuore di entrambi fece un salto quando i loro corpi finalmente si unirono, sembrando essere fatti apposta per stare insieme. Mark lo abbracciava, mentre Jinyoung si spingeva dentro di lui, con spinte decise ma delicate. Essere tra le braccia della persona che amava di più al mondo, gli fece scordare completamente del dolore che stava provando. Quando si abituò a quella presenza, però, dei versi acuti continuavano ad abbandonare la sua bocca, facendo beare il minore. 
E, di nuovo, come nei film, raggiunsero l'apice del piacere insieme, con un bacio a sigillare quel giovane amore.

»   «

I due, dopo quella notte piena di passione, si addormentarono immediatamente, stanchi ma innamorati. Mark il mattino seguente si svegliò, sentendo le mani leggermente fredde di Jinyoung accarezzare i suoi capelli. I loro corpi erano ancora nudi, ma a nessuno dei due sembrava creare dispiacere. Il biondo era tra le braccia dell'altro, e la mano libera di Jinyoung stringeva quella di Mark. 
«Buongiorno.» Sussurrò il minore, facendolo sorridere. Si girò verso di lui, così da averlo davanti al suo viso, in tutta la sua bellezza. Tutto quello sembrava un sogno; Mark continuava a ripeterselo nella testa, continuamente. 
«Sei così bello.» Mormorò soprappensiero, e neanche se ne accorse. Jinyoung sorrise, guardandolo con occhi pieni di amore. 
«Anche tu lo sei, Mark-hyung.» Continuarono ad accarezzarsi e guardarsi per minuti. «Oggi devi lavorare?» Mark scosse la testa, quello era uno dei suoi giorni liberi. Così, si alzarono dal letto dopo quasi un'ora passata ad abbracciarsi. Dopo essersi fatti entrambi una doccia e essersi rivestiti, decisero di uscire un po'. Mentre passeggiavano, il biondo vide un manifesto di un film uscito dal cinema, che voleva assolutamente guardare. Così richiamò l'attenzione di Jinyoung, tirandogli la mano che stringeva. 
«Jinyoung, andiamo a vedere questo film?» 
«Nunbal.» Lesse il nome ad alta voce. «D'accordo.» Sorrise annuendo, facendo felice Mark. Allora i due salirono su un autobus di fortuna che li portò al cinema. 
«Salve, che film desidera vedere?»
«Nunbal, grazie.» La ragazza del bancone annuì e diede un biglietto a Mark, sorridendo. «Oh, no no, due biglietti.» Disse guardando Jinyoung al suo fianco. Lei, un po' confusa, annuì scusandosi, e poi diede un altro biglietto al biondo. Cercarono la sala giusta e si sedettero nelle poltrone un po' più isolate, lontani dalle altre persone. 
«Siamo arrivati appena in tempo.» Fece notare Jinyoung, quando le luci attorno a loro si spensero. Il film cominciò e Mark si mise comodo, posando la testa sulla spalla del corvino. Lui gli afferrò la mano, intrecciando le loro dita. Riaccese le luci, il maggiore aveva gli occhi lucidi: quel finale era veramente triste. 
«Stai piangendo?» Domandò Jinyoung sorpreso, e anche leggermente divertito. 
«No!» Si asciugò velocemente gli occhi. «Tu piuttosto, perché non lo fai? Quella ragazza è morta!» Lui rise, scuotendo la testa mentre uscivano dal cinema. 
«Ti porto in un posto.» Cambiò argomento, Jinyoung, conducendo il suo hyung su delle scale antincendio dietro la costruzione.
«Non mi dire che dobbiamo salirle.» Chiese Mark, alzando lo sguardo verso il tetto, che non era affatto vicino. Il minore non gli rispose, semplicemente cominciò a salire quelle scale metalliche, incitando Mark a fare lo stesso. Dopo qualche secondo lo seguì, e quando arrivò sul tetto sul suo viso comparve un'espressione di puro stupore. 
«Non pensavo ci fosse un prato, quassù.» Ammise, raggiungendo Jinyoung che si era steso su di esso. 
«Ci venivo sempre.» Mise un braccio a terra, invitando Mark a poggiarci la testa sopra, e così fece. Poi lo strinse a se, posando un bacio sulla sua fronte. Il maggiore sorrise. 
«Possiamo stare qui?» L'altro risposte facendo una risata. «È un no?!» Rise con lui, dandogli uno schiaffo sul petto. 
«Nessuno ci vedrà. Hai visto come siamo in alto? A meno che non salga un'altra coppia di fidanzatini, stiamo bene qui.» 
Il biondo arrossì a quel nome: fidanzatini. Si mise seduto e si guardò intorno, staccando poi una piccola margherita dal prato. Poi, si voltò verso Jinyoung, che lo guardava curioso. Si avvicinò al suo viso e infilò il gambo di quel fiore tra i suoi capelli neri, vicino all'orecchio; diede un bacio sulle sue labbra, sorridendogli.
«Non ti muovere.» Sussurrò sulle sue labbra. Afferrò il telefono nella sua tasca e aprì la fotocamera.
Click.
«Come sono venuto?» Chiese curioso, reggendosi sui gomiti. 
«Meraviglioso.» Guardò lo schermo con occhi sognanti; era così felice. Posò il telefono sopra l'erba verde e, velocemente, si mise sul corpo dell'altro, baciandolo nuovamente. Il minore afferrò il suo viso, e dopo pochi secondi le loro lingue si incontrarono. Da lì, entrambi sapevano che non si sarebbero più fermati. Le mani di Jinyoung strinsero i fianchi di Mark, a cavalcioni su di lui; rotolarono sul prato, e il corvino si ritrovò sopra il corpo dell'altro. 
«Non possiamo farlo qui...» Disse con la voce tremante il biondo, accarezzando i capelli di Jinyoung, il quale stava baciando la sua mascella. 
«Chi dice di no?» Lo sussurrò al suo orecchio con una voce bassa, che fece venire i brividi al maggiore. E dopo pochi minuti, erano di nuovo un'unica, e bellissima, anima.

» ¹ 结束 «

«Chi era quello?» Domandò Jinyoung, visibilmente infastidito. «Ti ho fatto una domanda, Mark. Hai intenzione di rispondermi?» Ed eccola, la loro prima litigata. In ogni coppia è presente, ma Mark sperò che tra di loro, non sarebbe mai successo. 
«È un mio amico.» Rispose finalmente il biondo, tornando alla panchina su cui era precedentemente seduto. Jinyoung lo guardò con le braccia incrociate al petto. 
«A me non lo sembrava tanto. Sai, ho due orecchie, e ho sentito quello che ha detto.» Mark sbuffò, rivolgendo gli occhi al ragazzo al suo fianco. Davvero credeva che provasse qualcosa per un'altra persona? 
«Se davvero lo hai fatto, hai anche sentito che l'ho rifiutato, mandandolo via. Non basta?» 
«Perché non mi hai mai detto che uno dei tuoi amici più stretti è innamorato di te?» Non era colpa sua, se era così geloso del suo ragazzo. Stavano tranquillamente al loro parco, quando un ragazzo ーinoltre, anche di bell'aspettoー salutò Mark, abbracciandolo troppo a lungo, per i suoi gusti. 
«Perché erano mesi che non tornava in Corea. Non mi è passato neanche per la mente, dirtelo. E non pensavo fosse importante.» Il minore si alzò dalla panchina. Forse stava esagerando, ma la vista di quel ragazzo appiccicato a Mark, proprio non l'aveva sopportata. Cominciò a camminare fuori dal parco, ma il biondo lo seguì immediatamente. «Jinyoung, non puoi davvero arrabbiarti per una cosa simile.» Lo rimproverò, bloccando la sua camminata afferrando il suo braccio. «Senti, Jackson non mi piace, l'ho sempre rifiutato, anche quando non stavo con te. L'ultima cosa che devi temere è che io provi qualcosa per lui. Dico davvero, io sono innamorato di te, e nulla cambierà questo sentimento nei tuoi confronti.» Terminò, con le guance arrossate. Jinyoung non riuscì a trattenere un sorriso. Prese tra le braccia Mark e lo strinse forte. 
«Scusami, non volevo litigare. Ma promettimi che terrai Jackson lontano da te.» 
«Tutto quello che vuoi.» Sussurrò, allontanandosi poi dal corpo del minore. «Domani sono due mesi.» Gli ricordò, guardandolo con un sorriso sulle labbra. Per due mesi, intendeva quei due mesi che avevano trascorso amandosi, i due mesi più belli della vita di Mark. Nonostante non fosse un così lungo lasso di tempo, si sentiva così legato a Jinyoung, che mai, per alcun motivo sulla Terra, avrebbe lasciato andare via. 
«Hai ragione, dovremmo festeggiare.» Posò un tenero bacio sulle sue labbra. «Qualche idea?» 
«Sei mai stato in America?» Jinyoung aggrottò le sopracciglia. Mark ridacchiò. «Qualche volta mi capita di andare dalla mia famiglia a Los Angeles, quindi, se vuoi, potremmo fare un viaggio lì.» Propose, giocando con il colletto della camicia azzurra del suo ragazzo. Lui lo guardava sorpreso, ma anche felice. 
«Credo sia una splendida idea.» Affermò, baciando nuovamente il biondo, che sorrise. 
«Possiamo partire subito, basta che li avviso. Che ne dici?» 
Perciò, il mattino seguente, Mark era nella sua camera a fare la valigia, saltando su e giù per la stanza. «Vi presenterò il mio ragazzo.» Aveva detto felice alla madre, che era entusiasta a sua volta. «Si chiama Jinyoung, sono convinto al cento per cento che vi piacerà.»
Quando sentì la porta suonare, corse ad aprirla, trovandosi il soggetto dei suoi pensieri davanti a lui. Portava uno zaino blu in spalla, aveva deciso di non trascinarsi dietro troppe cose: solo le più essenziali, si era ripetuto in testa. 
«Siamo pronti?» Domandò lui, Mark annuì energicamente e andò a prendere la valigia. 
«Prediamo la mia macchina per arrivare in aeroporto, i taxi costano troppo.» Disse ridacchiando. Si diressero nel garage, misero tutto nel bagagliaio, e salirono a bordo. 
Poco dopo, erano in strada, con la musica ad un volume alto e grandi sorrisi sulle loro labbra. 
«Dio, ti amo così tanto, Mark. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata.» Disse il corvino, quando erano fermi al semaforo rosso. Mark lo guardò con un sorriso bellissimo, il più bello che avesse mai rivolto a una persona. 
«Ti amo anche io, Jinyoung. Davvero tanto.» Si baciarono dolcemente, e dopo qualche secondo, un clacson cominciò a suonare rumoroso, dietro le loro orecchie. Mark ripartì ridendo insieme a Jinyoung, chissà da quanto era scattato il verde. Il loro amore appena sbocciato, sembrava poter creare davvero qualcosa di magnifico e unico, qualcosa di mai visto prima. Il loro amore era puro, sincero, immenso. Era il tipico amore che riempie il cuore di ogni persona soltanto guardandolo, il tipico amore che, per quanto bello, fa piangere lacrime salate. Però, quell'amore appena sbocciato, non avrebbe avuto il tempo di maturare e crescere negli anni a venire. 
Accadde tutto molto velocemente, e terminò con altrettanta velocità. L'unica cosa che Mark vide, o che forse voleva vedere, fu il viso di Jinyoung, che gli sorrideva tristemente nella sua vista sfocata. Poi, solamente il buio. Mark non riuscì a capire cosa diavolo fosse successo in quegli istanti in cui era ancora cosciente. Capì soltanto in seguito, quando era in una specie di limbo: vita, o morte. E quando si svegliò in quella stanza incredibilmente luminosa, con pareti bianche e fastidiose, Mark scattò seduto; strizzò gli occhi, il suo corpo era dolorante, così decise di tornare sul cuscino. Si guardò intorno, cercando il suo angelo con gli occhi, ma non era lì con lui. Dove poteva essere? Entrò nel panico, il biondo, così cominciò a urlare il suo nome, richiamandolo. Ma l'unica persona ad entrare, fu una dottoressa. 
«È sveglio.» Disse, in una felicità contenuta. «Come si sente?» Domandò, avvicinandosi al lettino su cui era steso il ragazzo. Strinse i denti per una forte fitta alla tempia, ma lasciò da parte il dolore. 
«Dov'è Jinyoung? Sta bene? È ferito?» Si mosse nuovamente, ma la donna lo fece stendere, mettendogli poi una mano sulla fronte, per sentire la temperatura. 
«Jinyoung?» Domandò poi, guardando il viso graffiato del biondo. 
«Il ragazzo che era con me! Sta bene?!» Quasi urlava, ormai esasperato, con le lacrime agli occhi che gli offuscavano la visuale. «Per favore mi dica che sta bene.» Terminò la frase in un sussurro. La donna lo guardò stranita, poi afferrò la cartella clinica di Mark ai piedi del suo letto, sfogliando qualche foglio. 
«Torno tra un secondo.» Lo lasciò così, scomparendo dietro la porta scorrevole. Cominciò a piangere, perché non gli dicevano nulla di Jinyoung? Aveva la pura matta che lui, a quell'incidente d'auto, non fosse sopravvissuto. E come avrebbe fatto a vivere, Mark? Quello era un incubo, il più brutto che potesse mai fare. La dottoressa entrò nuovamente nella stanza, con un uomo a seguirla. Lui, si avvicinò a Mark, con una piccola pila che puntò nei suoi occhi rossi. Stava davvero per andare fuori di testa. 
«Ha già fatto la tac?» Domandò l'uomo, rivolgendosi alla donna, ma continuando a guardare il biondo. 
«Si, signore. Non ha nessun trauma cranico, solo qualche ferita sulla testa.» Lui annuì ascoltando con attenzione le sue parole. «Mark, giusto? Ti ricordi cosa è successo?»
«Dov'è Jinyoung?» Domandò ancora e ancora, con la voce stanca. «È... È morto?» Fece una pausa. Gli mancava qualcosa. «La mia collana.» Esclamò, alzando un tono di voce. «La mia collana! Dove l'avete messa?» Tentò di alzarsi nuovamente, ma il filo della flebo non gli lasciava molto margine di movimento. 
«Mark, devi riposarti. Sei confuso, è normale. Dormi un po', d'accordo?» Ma lui scosse la testa, nonostante gli facesse un male cane. 
«Rivoglio le mie cose, rivoglio Jinyoung!» Cominciò a urlare, la dottoressa intervenne immediatamente. Prese un liquido strano con l'ago di una siringa, inserendolo poi nella flebo. Dopo pochi secondi, il biondo non riusciva a tenere più gli occhi aperti, e si riaddormentò in un sonno profondo. 
Un dolce tocco fece riavviare i suoi sensi, le sue palpebre si alzarono lentamente, sentendole estremamente pesanti. Vide una figura familiare davanti a se, qualcosa di bellissimo. 
«Piccolo...» Aveva sussurrato il corvino, accarezzando il viso pallido di Mark. «Mi dispiace così tanto.» Tentò di parlare, ma dalle sue labbra non uscì alcun tipo di suono. Guardò il ragazzo con gli occhi pieni di lacrime. «Non doveva andare a finire così.» Continuava l'altro. «Scusa, Mark. Mi dispiace. Non piangere, ti prego...» Asciugò le sue lacrime, che non cessavano di scendere. «Non so quanto posso stare qui, quindi per favore, smettila di piangere. Ricordi? Mi avevi detto che non l'avresti più fatto. Mi spezza il cuore, Mark-hyung.» E il maggiore annuì, ritirando tutte le altre lacrime che minacciavano di scendere sul suo volto. Alzò una mano verso Jinyoung, e la mise sul suo viso, accarezzandolo come aveva sempre fatto. Avrebbe voluto dirgli che lo amava, lo stava urlando, ma il corvino non poteva sentirlo. «Goditi questo presente, amore.» Disse, concludendo. Poi diede un bacio a Mark, che cominciò a piangere nuovamente. «Mi mancherai.» Sussurrò sulle sue labbra screpolate. «Ricorda che sarò per sempre un pezzo del tuo cuore. Ti amo, ragazzo del chiosco

end

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NOTA DELL'AUTRICE
 

Prima di tutto, grazie a quelli che sono arrivati a leggere fin qui, lo apprezzo molto !! Ci ho messo l'anima per scrivere questa oneshot, e spero l'abbiate apprezzata. Detto ciò, volevo dare alcune spiegazioni sulla storia.
Come forse molti di voi hanno intuito, Jinyoung non esiste. O almeno, non più. Se avete prestato attenzione ad ogni parola nella fanfiction, avrete notato che tutti, al di fuori di Mark, non possono vedere Jinyoung. ( per fare degli esempi: Jaebum. Quando Mark va da lui, nell'ottava parte, chiede se avesse visto Jinyoung, ma lui non sa di chi parla. Oppure, la ragazza del cinema: da un solo biglietto a Mark, nonostante davanti a lei ci fosse anche Jinyoung. ) 
Un'altra cosa che devo spiegarvi: avete presente quando, Jinyoung, capisce che la collana è stata acquistata il 22 settembre? Questo giorno, appunto, è il compleanno di Jinyoung. Però, lo stesso giorno, lui fece un incidente, perdendo la vita. Nell'istante prima di morire, qualcuno gli chiese quale fosse il suo desiderio. ( questo spiega il pezzettino a inizio storia, in grassetto.) Quando Jinyoung risponde che il suo desiderio è amare, lui, un anno esatto dopo la sua morte, è come se tornasse in vita grazie all'acquisto di Mark in quel negozio. Il negozio, infatti, appartiene allo stesso anziano che ha posto la domanda a Jinyoung. (Mi state seguendo, vero? AHAHAH) 

La stessa collana, apparteneva a Jinyoung, Sempre quel vecchietto, la aveva presa da Jinyoung, e l'avrebbe usata come talismano, comunicatore (??) per far tornare indietro il ragazzo. Per questo motivo, Mark riesce a vedere Jinyoung solo quando ha con se la collana. ( Tutto ciò si può ben ricollegare alla leggenda del filo rosso del destino : Jinyoung era destinato a Mark, e Mark era destinato a Jinyoung. E si sa, che niente può intralciare il destino di due amanti. )

Spero di aver detto tutto, alla prossima !! 

 

chan, xx




 

   
 
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