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Autore: Mary P_Stark    16/08/2017    3 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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12.

 
 
 
Il cuore gli balzò in gola subitaneo, mentre gli occhi si aprivano di colpo e il terrore più genuino lo afferrava per le braccia, destandolo di colpo.

“Violet è qui?! Dimmi che è qui, ti prego!” sbraitò Randolf, entrando come un toro infuriato nella stanza di Andrew.

Il giovane lo fissò con occhi confusi e assonnati, comprendendo sì e no metà di quello che il cugino gli stava urlando come un ossesso.

Quando, però, lo vide fiondarsi verso di lui a passo di carica, Andrew si svegliò del tutto e ruzzolò fuori dalla parte opposta del letto, preferendo evitare di essere pestato una seconda volta.

Randolf aveva pugni che facevano davvero male.

Lui, però, non lo degnò neppure di mezzo sguardo e, quando non parve soddisfatto di ciò che vide, sospirò affranto e si appoggiò al letto, deprivato di ogni forza.

A quel punto, Andrew si avvicinò cauto alla sua vestaglia, la indossò senza perderlo di vista e domandò: “Ma che succede? Cosa stavi cercando, qui?”

Chi, piuttosto. Speravo di trovare Violet” ammise con tono roco Randolf, sgomentando non poco il cugino.

“Come, scusa? Chi pensavi di trovare?!” gracchiò Andrew, ora del tutto confuso e sì, anche un tantino infuriato.

Ma se, la sera precedente, gli aveva quasi staccato la testa a morsi? Era forse impazzito? O si era sognato tutto?

Lo zigomo gridò per protesta, ricordandogli che no, non se l’era sognato, e sì, Randolf lo aveva picchiato di brutto.

Perciò, che razza di affermazione era questa?

Passandosi le mani sul viso contratto dall’ansia, Randolf ansò: “Ho combinato un autentico disastro.”

Andrew rimase a qualche passo di distanza dal cugino e domandò torvo: “Chiarisciti, perché ti stai comportando come un folle.”

“Violet è sparita” asserì a quel punto il giovane Barnes, lasciando senza parole Andrew. “L’abbiamo cercata in tutta casa finché, Dio perdonami, non ho pensato di venire da te, sperando nonostante tutto che avesse passato la notte qui con te, così da rendere la cosa un fatto compiuto, e perciò irrisolvibile.”

A quel punto, Andrew non ci vide più.

Tutto quel livore trattenuto, quella rabbia repressa, quel dolore nascosto per anni… per poi sentirsi etichettare come un defloratore di vergini?!

Senza più pensarsi, scaricò addosso a Randolf un pugno tale da coglierlo di sorpresa, e mandarlo lungo riverso sul letto.

Ciò fatto, sbraitò: “Ma per chi mi hai preso?! E dire che dovresti conoscermi, cugino! Pensi davvero che disonorerei me stesso, la mia famiglia e Violet, comportandomi a questo modo?!”

Randolf si rimise diritto, assentì lentamente e, in un borbottio sommesso, ammise: “Hai ragione. E il pugno me lo meritavo tutto. Diamo pure la colpa al fatto che ieri ero stanco per il lungo viaggio, e ansioso per le condizioni di Lizzie e dei neonati. Vederti baciare mia sorella mi ha azzerato qualsiasi capacità cognitiva, ma… beh, non dovevo pensare questo, di te.”

“Bene” sbuffò Andrew, intrecciando le braccia sul petto. “E ora, spiegami tutto. Perché dici che Violet è sparita?”

“Mamma è andata da lei, stamattina, per vedere come stava. Io, tra l’altro, ho passato una notte d’inferno, visto che Savannah mi ha sgridato per gran parte del tempo, accusandomi di essere un uomo delle caverne” ammise contrariato Randolf, scatenando un mezzo sorriso sul viso di Andrew.

“Avete provato a vedere se è nella serra? Le piace molto passeggiarvi dentro” domandò a quel punto il giovane, iniziando a vestirsi.

Dubitava che Violet si fosse cacciata in qualche guaio – era troppo assennata, per farlo – ma, se veramente non era in casa, dove poteva essere?

“Ci stanno andando tua madre e la mia. Mio padre e il tuo, invece, stanno controllando fuori, nel giardino” lo mise al corrente Randolf, passeggiando nervosamente in lungo e in largo. “Io mi dovevo occupare dei piani delle camere da letto e del pian terreno. Lizzie, Savannah e Alex, invece, si stanno occupando dei bambini.”

“Toglimi una curiosità? Ma che ore sono?” si domandò a quel punto Andrew.

Randolf gli sorrise a mezzo, chiosando: “Hai dormito parecchio, a quanto pare. E’ quasi mezzogiorno.”

Andrew si passò una mano tra i capelli, disgustato. Doveva essere stato più stremato del previsto, se aveva dormito così tanto.

Infilatosi gli stivali, il giovane diede una pacca sulla spalla a Randolf e, uscendo dalla stanza, disse risoluto: “Coraggio, andiamo a dare un’occhiata alle stalle. A questo punto, potrebbe aver fatto qualsiasi cosa.”

“Ehi, Andrew…” lo richiamò il cugino, facendolo bloccare a metà di un passo.

“Che c’è?”

“Scusa, se ho dubitato di te. Ho solo pensato a te che ti approfittavi del suo buon cuore, quando avrei dovuto sapere che mai nella vita l’avresti fatto.”

“Sono due anni che penso a come risolvere la cosa, proprio per evitare che voi tutti pensaste questo. L’amo, Randolf. Ne sono sicuro. Non è il fatto di essere cresciuti assieme. Amo ogni cosa, di lei… come donna, non come sorella” ammise con lui Andrew, cominciando a discendere le scale.

Randolf si limitò ad assentire ma, quando vide rientrare in villa sia il padre che Christofer, trafelati e pallidi in viso, il momentaneo sollievo si trasformò in panico.

Affrettandosi, i due giovani corsero dabbasso e Andrew, rivolgendosi al padre, domandò roco: “L’avete trovata?”

“Ha preso la sua giumenta. Manca dal box, assieme alla sua sella e ai finimenti” gli spiegò Christofer, poggiandogli una mano sulla spalla.

Il giovane trattenne il fiato per l’ansia, domandandosi freneticamente dove mai avrebbe potuto andare quando, dal piano superiore, comparvero Kathleen e Myriam.

Raggiuntili, domandarono spiegazioni e, nel sentire le ultime notizie, le due donne impallidirono similmente.

Torcendosi le mani per l’ansia, Myriam ansò: “Violet non sarebbe mai fuggita a questo modo, se le aveste lasciato la possibilità di parlare!”

“Madre, lo so benissimo, ma…” iniziò col dire Randolf, venendo però azzittito da una sua occhiata ferale.

“Oh, tranquillo, ne ho anche per tuo padre, mio caro. Credi che non lo abbia sentito lamentarsi tutta la notte, dicendo che era stato un errore crescere i nostri figli in maniera così promiscua? Come se non ricordasse affatto cosa faceva lui, da giovane, o io!”

Randolf sgranò leggermente gli occhi per la sorpresa e Myriam, senza pietà, aggiunse: “Non fare tanto il santarellino, Randolf. Tua madre galoppava per i boschi assieme a questi due signori, quando aveva dodici anni, ed è capitato spesso che facessimo il bagno nei torrenti tutti assieme.”

Sia Anthony che Christofer non dissero nulla, ma il sorriso divertito sul volto di quest’ultimo, confermò a Randolf che la madre stava dicendo la verità.

“Oh, d’accordo, d’accordo, Myriam. Ho esagerato nel pensare il peggio e basta, di questa situazione, ma dammi tregua” sospirò a quel punto Anthony. “Non mi sembra che tu sia corsa ad abbracciare Andrew, o sbaglio?”

Arrossendo leggermente, Myriam assentì e borbottò: “Ero sconvolta, oltre che stanca morta e ben poco lucida. Chi se lo aspettava che si fossero innamorati?”

Andrew le sorrise comprensivo e la donna, carezzandogli gentilmente lo zigomo tumefatto, mormorò contrita: “Abbiamo tutti reagito male, dando per scontato solo le cose peggiori, senza pensare minimamente che stavamo parlando di voi due.”

“Va detto che ieri è stato un giorno caotico per tutti. Forse, in circostanze diverse, e avendovi parlato prima di ciò che sentivo per Violet, niente di tutto questo sarebbe successo” asserì Andrew, scrollando le spalle. “La amo davvero, Myriam. Non è solo l’affetto che potrei provare per un’amica che conosco da una vita.”

“Beh, credo che il colpo di testa di Violet dimostri ampiamente che anche lei tiene moltissimo a te, al punto da lanciare alle ortiche ogni prudenza…” intervenne a sorpresa Elizabeth, scendendo le scale piuttosto celermente, seguita da Alex. “… per andare da Shemain a combinare non so cosa.”

“Che cosa?” esalarono in coro tutti i presenti.

“Lo scoprirete tra poco” li mise al corrente lei, avviandosi verso la porta. “Li ho scorti dal balcone del secondo piano. Un’intera comitiva di cavalieri – più un’amazzone – seguiti dalla carrozza dei Donington.”

Il gruppo si mosse lesto per raggiungere la giovane che, aperta la porta per portarsi sulla terrazza d’ingresso, poggiò le mani sui fianchi e dichiarò: “Et voilà. Ecco a voi il comitato in difesa dell’accusato.”

“Che intendi dire?” le domandò Andrew, confuso.

Fissandolo con aria esasperata, come se stesse rivolgendosi a uno sciocco, Lizzie sottolineò: “Per quale altro motivo Violet sarebbe andata da Shemain, sapendo che i tuoi amici erano lì, se non per farsi aiutare a convincere i più recalcitranti tra noi che non sei poi tanto male, come partito?”

“Le hai dato un pessimo esempio, in gioventù” borbottò Anthony, guadagnandosi un ghigno beffardo dalla diretta interessata.

“Io ero accompagnata dal mio futuro marito” sottolineò Lizzie, sorridendo ad Alexander, che ammiccò in risposta.

“Lei non ha sparato a nessuno, e non si è infilata in un covo di malfattori” replicò per contro Anthony, abbozzando a quel punto un sorrisino.

“Che tu sappia” ironizzò Elizabeth, tornando a scrutare i cavalieri in arrivo. “Immagino che il giovane che non riconosco sia Eli. E’ giusto?”

“Esattamente” assentì Andrew, sollevando un braccio per salutarli.

“Carino” ammiccò Lizzie.

Andrew le sorrise complice e la sorella, dandogli di gomito, asserì: “Sono sicura che Violet lo ha già conquistato.”

“Probabile” ammise il giovane, scendendo poi lungo le scale per aiutare Lettie a scendere dalla cavalcatura.

Lei lo accolse a braccia aperte, stringendosi poi a lui quando i piedi toccarono terra e, trafelata, esalò: “Oh, dio, scusami! Non volevo che ti preoccupassi per me, ma abbiamo fatto tardi, e così…”

Lui le sorrise, sistemandole una ciocca dei biondi capelli e, nello scostarsi appena, mormorò: “Non temere. Vederti qui, sana e salva, appiana qualsiasi ansia. Ma perché sei uscita in piena notte per andare da Shemain?”

“Per perorare la nostra causa” lo mise al corrente lei e Lizzie, dalle scale, trillò tutta soddisfatta.

Andrew non poté che omaggiarla con un cenno del capo e Keath, nel raggiungerli assieme al resto del gruppo, disse determinato: “Ci pensiamo noi, amico, non temere.”

“Dopo averci ascoltato, non potranno che darvi il benestare” rincarò la dose Leonard, sorridendo lieto.

Eli assentì e, nel dare la mano alla sorella, dichiarò: “Parleremo fino a sgolarci, ma li convinceremo.”

“Poco ma sicuro” assentì a sua volta Shemain.

“Non ce ne sarà bisogno” dichiarò a quel punto Anthony, sorprendendoli tutti. “Davvero. Sappiamo di avere sbagliato. Su ogni cosa.”

Keath lo fissò ai limiti del pianto e, portandosi le mani ai biondi capelli, esalò sgomentò: “Non è possibile! Abbiamo passato ore a provare i nostri discorsi. Non potete liquidarci con un ‘non ce ne sarà bisogno’. Voi DOVETE ascoltarci!”

Quell’affermazione così accorata quanto disperata fece scoppiare a ridere tutti, tranne il povero Keath che, ancora accigliato, continuò a brontolare come una pentola di fagioli.

Randolf, raggiungendoli nel cortile, sorrise spiacente alla sorella e le domandò: “Potrai perdonarmi per essermi comportato come un idiota presuntuoso?”

Notando il livido sul suo viso, Violet assentì e replicò: “Visto che, in parte, hai già pagato, direi di sì. Ma ascolterai le loro dissertazioni assieme a papà. Sarebbe davvero scortese non farlo, dopo averli scomodati di prima mattina per avere il loro aiuto.”

“Ah, Violet… siete una santa donna” mormorò ammirato Keath, tributandole un’occhiata da cagnolone fedele.

Lei gli sorrise grata e Anthony, nel raggiungerli a sua volta, assentì alla figlia e disse: “Ce lo meritiamo, perciò io e Randolf ascolteremo ogni parola. Ma spero vorrete farlo all’interno, nella comodità di un salotto riscaldato. L’aria è fin troppo frizzante, per i miei gusti.”

Tutti si dichiararono d’accordo e Violet, ancora al fianco di Andrew, risalì le scale con un sorriso radioso sul volto.

Nel porsi al suo fianco, Lizzie le fece l’occhiolino e, a bassa voce, sussurrò: “Davvero impressionante, Lettie. Da inserire negli annali della nostra famiglia.”

“Ero terrorizzata dal primo all’ultimo minuto. Non lo rifarò mai più” ammise lei, facendo sorridere indulgenti i due gemelli.

“Credo che Andrew ti renderà le cose talmente facili da non far più nascere una simile necessità” sentenziò Lizzie, già pronta a raggiungere Savannah, e i ragazzi, al piano superiore.

Proprio in quel momento, intento a risalire le scale per entrare in casa Chadwick, Eli si batté una mano sulla fronte ed esalò: “Ho dimenticato una cosa!”

Tutti lo guardarono dubbiosi, Lizzie compresa – la mano ferma sulla maniglia della porta – e il giovane, grattandosi colpevole la nuca, asserì: “Temo che non dovrete ascoltare soltanto noi, ma anche altri.”

Andrew scoppiò a ridere di gusto, a quelle parole e, asciugandosi una lacrima d’ilarità, gli domandò: “Hai mandato a chiamare anche Patrick e Solomon?”

“Temo proprio di sì. Visto che miss Violet era così in ansia per le sorti della nostra missione, mi è parso il caso di scomodare anche loro, perciò, sul fare del mattino, ho inviato una missiva a entrambi a Ellon, visto che si trovano entrambi dal fratello maggiore di Sol.”

Violet gli sorrise con autentica ilarità, prima di lanciare un’occhiata al fratello maggiore e chiosare: “Questo ti insegnerà a pensare, prima di accusarmi di essere un’ingenua.”

“Ingenua? No, tu sei peggio di Lizzie…” brontolò Randolf, guadagnandosi una gomitata al fianco dalla diretta interessata.

Nello stringersi lo scialle sulle spalle, la padrona di casa borbottò: “Questa non te la perdono, Randolf. Parlare così di tua cugina!”

Randolf scosse il capo, si massaggiò il fianco dolente e mugugnò: “Donne…”
 
***

Accoccolata accanto al fuoco, le gambe raccolte sopra un cuscino color malva e lo sguardo perso in un libro scritto in greco antico, Violet levò il capo, quando udì la porta della biblioteca aprirsi.

Accigliandosi leggermente quando vide la madre, la giovane poggiò il libro – dono di Andrew – sulle ginocchia e, preso un bel respiro, mormorò: “Ebbene?”

“Tuo padre sta decidendo se fingersi morto o buttarsi direttamente dalla finestra, mentre Randolf è quasi ai limiti del pianto per l’esasperazione. E sta ancora parlando Keath. Leonard ed Eli devono ancora prendere parola” sorrise benevola Myriam, accomodandosi su un divanetto.

Violet si lasciò sfuggire un sorriso ma, quando vide lo sguardo addolorato della madre, tornò subito seria.

“Cosa succede?”

“Perché non ce l’hai detto?” domandò soltanto la donna, intrecciando le mani in grembo.

“Mi pare evidente dalle reazioni di Randolf e papà” sottolineò Violet. “Inoltre, quando iniziai a provare qualcosa per Andrew, ero molto insicura, e pensavo in prima istanza di non essere adatta a lui e, secondariamente, che i miei sentimenti avrebbero minato gli equilibri di casa. E, in qualche modo, è successo.”

Myriam assentì silenziosa, permettendo alla figlia di proseguire.

“Vi amo dal profondo del cuore, e so che voi me ne volete altrettanto, ma la vostra sollecitudine, nel corso degli anni, mi ha indebolita” mormorò spiacente la ragazza. “Io me ne prendo in parte la colpa, perché era più facile affrontare ogni cosa, sapendo che sareste intervenuti prima che io soffrissi, però…”

“… però, ti abbiamo sempre impedito di farti commettere errori, così non hai potuto imparare da essi. E non hai potuto acquisire quel coraggio che si ottiene dal gestire le situazioni di propria mano” terminò per lei Myriam, vedendo la figlia assentire.

“Sarah e Lorainne non hanno avuto bisogno di tante sollecitudini, perché sono sempre state iperattive… più energiche di me. Io, invece…”

“…eri, sei dolce, sei talmente generosa che viene spontaneo proteggerti, lo so” mormorò ancora Myriam, reclinando il capo.

“Lucius non ha conosciuto quella parte di me, mi ha vista solo come la ragazza adulta, come la fanciulla a cui piacciono le navi al pari suo, e mi ha fatto capire che, dopotutto, non avevo bisogno degli altri per avere una mia opinione e, magari, di sbagliare a giudicare gli eventi, se volevo” sorrise a quel punto Violet. “E’ davvero un buon amico, per me.”

“E Andrew?”

Violet, a quel punto, arrossì di puro piacere e asserì: “Lui è stato il mio cavaliere fin da quando è stato abbastanza grande per portare i calzoni, mi ha protetta in tutti i modi possibili, sbagliando nel credermi debole perché io gliel’ho lasciato credere. Ha combattuto contro i suoi sentimenti per non ferire voi, perché tiene alla mia famiglia come se fosse la sua.”

“Siamo sempre stati troppo fusi in un’unica entità” mormorò Myriam, scuotendo il capo.

“Non è stato un difetto, credimi. Mi ha permesso di crescere insieme all’uomo migliore al mondo, che ho imparato ad amare con i suoi pregi e i suoi difetti. Quali altre donne possono vantare questo privilegio? Forse, solo tu, mamma.”

Myriam, a quel punto, sorrise e rammentò la sua infanzia, quando galoppava libera per i prati assieme a Christofer, Anthony e Andrew, in barba alle convenzioni del Ton.

Sì, lei era stata una privilegiata, e aveva voluto per i figli gli stessi privilegi.

Perché stupirsi se, alla fine, una delle sue figlie si era innamorata di uno dei figli dei suoi migliori amici?

Lei si era innamorata di due uomini stupendi, ed era cresciuta con entrambi loro.

“Ora, so come si sentirono mia madre e mio padre, quando dissi loro che avrei sposato Andrew a qualsiasi costo” ironizzò suo malgrado Myriam, facendo ridere la figlia. “E’ difficile trovarsi da questa parte della barricata.”

“Fu dura?”

“Tua nonna pianse per giorni, pensando che sarebbe stato un autentico disastro, visto che sapevo di Andrew cose che mai avrei dovuto sapere di un uomo. Tuo nonno, invece, mi accusò di aver fatto cose inenarrabili proprio a causa del mio comportamento disinibito – che lui aveva caldeggiato, tengo a precisare – e che quella fosse la mia risposta a una gravidanza inattesa.”

Violet arrossì leggermente, a quelle parole, e Myriam rise. “Insomma, non andò esattamente benissimo, e Andrew dovette discutere con mio padre per settimane, perché accettasse il fidanzamento.”

“Insomma, è un’usanza di famiglia, quella di sbraitare contro i futuri mariti delle proprie figlie” celiò Violet.

“Pare di sì. Va detto che Randolf, se fosse stato meno stanco e preoccupato per Lizzie e i gemelli, non avrebbe reagito così. Forse” replicò bonaria Myriam.

“Perché Randolf, però? Papà mi è parso più propenso ad ascoltarmi, rispetto a lui, anche se non è stato brillantissimo neppure lui, quanto a pensiero cognitivo” sottolineò a quel punto Violet, curiosa.

“Oh, tesoro, perché non ricordi il tuo primo mese di vita, ecco perché” le sorrise Myriam, comprensiva.

Violet la fissò confusa e la donna, levandosi dal divano, si accoccolò al suo fianco, vicino al camino, e mormorò: “Non è un caso se tutti noi, fin dall’inizio, siamo sempre stati così solerti verso di te.”

“Cosa vuoi dire, mamma?”

Carezzando la chioma bionda della figlia, Myriam sospirò leggermente e disse: “Il dottore non era sicuro che saresti sopravvissuta, perché eri molto piccola e non prendevi il latte. Cercammo in ogni modo di farti mangiare, chiamammo anche una balia, per provare con un latte diverso dal mio, ma niente funzionò. Randolf era terrorizzato, poverino.”

Violet sgranò gli occhi sgomenta, non avendo mai saputo nulla di quella storia.

“Dormiva con te per sentirti respirare, la notte, e ti faceva succhiare il latte di capra dalle sue dita” le raccontò Myriam, giocherellando con le dita della figlia. “Ha sempre voluto far parte di coloro che si prendevano cura di te. Non ha mai voluto essere tagliato fuori, nonostante fosse ancora così piccolo. Anthony gliel’ha permesso, finendo con il vegliare su entrambi ed è anche grazie a questo se, tra loro due, c’è questo affiatamento. Aveva perso il suo papà senza poterlo aiutare… non voleva perdere anche la sua sorellina quando, forse, avrebbe potuto fare la differenza.”

Una lacrima solitaria scivolò lungo la gota pallida di Violet, ma Myriam scosse il capo, replicando: “No, non piangere, tesoro. Hai fatto bene a dargli quello schiaffo. Non è vero che sei ingenua solo perché, i soli uomini che conosci, appartengono alla tua famiglia… o quasi.”

“Però lui…”

“Gli concedo l’attenuante della stanchezza, perché il viaggio che abbiamo intrapreso per giungere qui è stato veramente snervante… altrimenti, lo avrei schiaffeggiato io, per averti parlato in quel modo” la rassicurò Myriam, dandole una pacca sul dorso della mano destra.

“Perché non mi avete mai raccontato nulla, di questa storia?”

“Tutto era finito bene e, onestamente, non pensavamo di starti assillando come invece abbiamo fatto tutti, creando così dei problemi differenti” sorrise contrita Myriam. “Ma sono contenta che sia Andrew, davvero, anche se i fatti ci hanno in parte smentiti.”

“Anch’io sono contenta che sia Andrew” sorrise a quel punto Violet.

“E’ un suo regalo?” le domandò Myriam, lanciando un’occhiata al libro che riposava accanto a loro, sul pavimento.

“Sì, viene dalla Grecia” sorrise la ragazza, prendendolo tra le mani. “Mi ha detto che lo ha letto tutto, prima, per essere sicuro che il linguaggio fosse adatto… e sai bene quanto lui odi il greco antico.”

Myriam assentì, rammentando bene gli anni di Eton, in cui Andrew tornava a casa sconsolato, lagnandosi dei suoi insegnanti di greco.

“E’ un modo diverso di proteggermi… più dolce e meno dispotico” scrollò le spalle Violet.

“Anche Randolf imparerà a farlo” motteggiò Myriam.

“E papà, che dice?”

“Lui? Lui piangerà in silenzio contro la mia spalla, visto che non può usare quella di Christofer – che è il padre dello sposo e, perciò, parte del problema – e, con calma, verrà a patti con la realtà dei fatti. Ma farà il bravo, lo ha promesso” chiosò la donna, facendo arrossire la figlia fino alle orecchie. “Da brava spia quale è sempre stato, sa mascherarsi molto bene,… molto meglio di Randolf, quanto meno.”

“E’ ancora così strano pensarci…” mormorò Violet, immaginandosi suo malgrado in abito bianco, camminare lungo la navata di una chiesa, per raggiungere Andrew.

“Oh, credimi, è strano per tutti!” asserì Myriam. “Sarah e Lorainne mi subissano di domande da ore, chiedendomi se adesso, loro, devono dividersi Max perché tu ti sposi con Andrew. Naturalmente, il poveretto ha già detto che non ne vuole sapere e, per bella posta, quelle due pesti lo rincorrono per casa per baciarlo.”

“Che discole!” rise Violet.

“Già” assentì Myriam, prima di tornare seria e stringere con forza la mano della figlia. “Lettie, ascoltami…”

“Sì, mamma…”

“Sono più che sicura che Andrew sarà un bravo marito, per te ma, se dovesse per qualche motivo esserci un problema, anche piccolo, tu verrai da me e me lo dirai, va bene?”

Violet le sorrise con dolcezza, si allungò verso di lei e la baciò sulla guancia, mormorando: “Ho avuto diciotto anni per capire come fosse Andrew, e lui altrettanti per capire come fossi io. Direi che, se non ci siamo capiti – e piaciuti – dopo così tanto tempo, meriteremmo tutti i disagi possibili. Ma non accadrà nulla, non temere.”

“Non ti ho mai vista così sicura di te, davvero” sorrise a quel punto Myriam, ora più tranquilla.

“Perché ho trovato il mio centro. Io e Andrew abbiamo trovato il nostro equilibrio, e ora va tutto bene. Posso condurre la nave dove voglio, adesso” sorrise sicura di sé la fanciulla.

Myriam sorrise e mormorò: “Il mio Andrew sarebbe stato orgoglioso di conoscerti, e forse sarebbe stato impossibile tenervi lontani dal mare!”

Violet rise con la madre, assentì e tutta la tensione che aveva accumulato in quei giorni, quei mesi, scivolò via con le lacrime leggere che rotolarono sulle sue guance.

Fu catartico, per lei, poter parlare apertamente con la madre di ciò che sentiva nel cuore, e ascoltare ciò che lei aveva sentito dentro di sé alla sua età, quando si era a sua volta innamorata di Andrew e di Anthony.

Quella, era una parte del passato che sua madre le aveva sempre taciuto, forse perché non la riteneva ancora in grado di comprendere ciò che le era successo.

Ora, da donna innamorata, per Violet non fu difficile comprenderne le paure, le indecisioni, i dubbi, i rimpianti e sì, gli scatti d’ira nati dalla decisione di Andrew di partire per il fronte.

Probabilmente, se il suo Andrew fosse partito per una guerra, Violet avrebbe reagito esattamente come la madre, pur se non sapeva se avrebbe avuto la forza di sopravvivere, a una sua eventuale scomparsa.

Il solo pensarci la fece rabbrividire, ma Myriam fu lesta a scansare da lei quelle paure.

Nessuna guerra sarebbe giunta, e nessuno le avrebbe strappato il suo Andrew.






Note: Direi che si è più o meno risolto tutto, anche se ho ancora qualcosina da dire, sui nostri due eroi - e poi, ricordiamoci che Sol e Patrick devono ancora 'deporre'.

 
  
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