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Autore: BlackInkVelvet    16/08/2017    1 recensioni
“Sono convinto che la motivazione più autentica, quella però che meno traspariva dai discorsi ufficiali, fosse la formidabile potenza conseguita da Atene e l’apprensione che ne derivava per Sparta: e la guerra fu inevitabile.”
[Tucidide, Sulla Guerra del Peloponneso]
Una nuova minaccia si profila all'orizzonte: un esercito di cavalieri neri promette di marciare sul Santurio, capeggiati da una misteriosa Profetessa di Ares.
L'equilibrio appena conquistato dopo la sconfitta di Poseidone sembra spezzarsi di nuovo, facendo scivolare il mondo nel caos.
Riusciranno i nostri eroi ad opporsi al Dio della Guerra e ai suoi fedeli, o soccomberanno sotto la sua ascia?
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Phoenix Ikki, Saori Kido, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo 2

Prologo

“Sono convinto che la motivazione più autentica, quella però che meno traspariva dai discorsi ufficiali, fosse la formidabile potenza conseguita da Atene e l’apprensione che ne derivava per Sparta: e la guerra fu inevitabile.”
 

[Tucidide, Sulla Guerra del Peloponneso]



Al centro della sala vi era un enorme tavolo da strategia. Non si trattava di un semplice tavolo con una mappa inchiodata sopra, ma di una superficie su cui mani esperte avevano modellato una vera e propria mappa topografica in rilievo. Vi erano monti appuntiti, alti un palmo, e valli talmente profonde da quasi trapassare la superficie lignea. I fiumi erano veri e propri solchi in cui turbinava acqua cristallina, messa in moto da un silenzioso meccanismo nascosto, tracciando solchi fra delle volte spessi come un dito, altre volte sottili come un capello. La mano attenta di un pittore aveva applicato tinte vivaci ove vi erano campi coltivati, stuccato con minuzia di bianco i templi e le case, applicato un marrone intenso sulle montagne e tinto di verde e giallo le scogliere ricoperte di macchia mediterranea.
La Grecia stessa sembrava aver preso vita grazie ad un fine lavoro di altissima qualità artistica, mai corroso dal tempo o dalle termiti. Una pedina di rozzo legno quadrato, la cui lavorazione era grossolana, venne  trascinata sul tavolo in direzione di una bianca città, che sorgeva su un promontorio. La parte inferiore del tavolo fungeva quasi esclusivamente da conca per il mare, che s'increspava ad ogni minima vibrazione, costellato da innumerevoli isole, anch'esse decorate attentamente. L’acqua faceva risplendere le case bianche, ma ancora di più, rendeva fulgidi come il sole dodici edifici dorati, posti sulla sommità della città. Un altro quadrato, della stessa rozza fattura, venne posto dietro i dodici edifici d’oro, mentre un triangolo ligneo venne posizionato a pochi centimetri dal candido tempio che sovrastava la cittadina.

<< … e così facendo, il Santuario sarebbe accerchiato. Non sarà difficile marciare su Atene. >>
Otto persone, sette uomini e una donna, erano in piedi attorno al tavolo. Uno di loro era chino sulla mappa, intento a muovere le pedine, alzando lo sguardo per soffermarsi sui volti dei presenti, girandosi poi verso un foglio di pergamena, afferrare un pennino di legno ed intingenrlo in un barattolino d'inchiostro. A lungo nella sala, tranne che per il crepitare di candele ormai consumate, il grattare della superficie acuminata del pennino sulla pergamena fu l'unico suono udibile.
Gli uomini indossavano enormi mantelli rossi, drappeggiati sulle spalle e fermati da pesantissimi spallacci corazzati, tradendo le armature che portavano nascoste dai mantelli. Bastava un movimento ampio del braccio per rivelarle con un fruscio ovattato. Erano armature nere come la notte, con elegantissimi dettagli di bronzo argentato. Non avevano elmi, ma soltanto una spessa corona metallica a protezione della fronte. Quasi tutti avevano i capelli scuri, e la pelle bruciata dal sole. Due di loro, tuttavia, avevano un aspetto estremamente peculiare, e spiccavano nella scura sala.
Uno di loro si distingueva per la statura, che lo faceva troneggiare di alcune spanne sopra gli altri, con lunghi capelli biondi intrecciati sulle tempie e vibranti occhi verdi, le guance coperte da una folta barba. Il volto severo era segnato da una cicatrice che gli attraversava quasi orizzontalmente il naso, dando al volto un'aspetto ancora più provato.
L’altro era decisamente più basso ed esile, il capo sormontato da una rossa zazzera incolta, il cui colore sembrava riprendere lo stesso dei mantelli sanguigni. La parte sinistra del suo volto era orribilmente sfigurata a causa di diverse, enormi cicatrici, e il suo occhio sinistro era totalmente cieco e bianco. Il lato destro del viso, invece, era miracolosamente integro, reso vivace da un occhio ceruleo che tradiva la giovane età del guerriero e la sua passata bellezza. Questi due, a differenza degli altri uomini, tradivano un leggero nervosismo, gli occhi fissi sul tavolo da strategia. Il rosso alzò lo sguardo sull'unica donna in sala, avvolta da una pomposa veste nera, che guardava con vivace interesse le pedine.
Lunghissimi capelli canuti le ricadevano sulla schiena come un manto di luce,lisci come seta, donando luminosità ad un volto pallido, dai tratti delicati e splendidi, decorato da una bocca rossa come il sangue e occhi dello stesso colore, coronati da folte ciglia bianche. Una bellezza fredda e divina, capace di incatenare il cuore di qualunque uomo con un battito di ciglia. Le mani bianche, che spuntavano da ampie maniche ornate di pizzo, erano serrate sul bordo del tavolo, il volto concentrato. Il silenzio regnava sovrano nella stanza, illuminata soltanto da gruppi di candele appoggiati su nicchie scavate nei muri.
<< Mia signora… >> azzardò il ragazzo sfigurato, mentre un sudore freddo gli percorreva la schiena. Ella, dopo un attimo di assoluta immobilità, si girò verso di lui con un movimento lento e calcolato.
<< Hai qualcosa da aggiungere alla tattica? >> Chiese freddamente, con voce monocorde, fissando i suoi occhi inumani in quello azzurro del soldato. Lui non diede segno di cedere sotto quello sguardo, prendendo il coraggio di parlare che fino a poco prima gli mancava, aggrottando le sopracciglia e aprendo le spalle. Fece qualche passo, aggirando il tavolo, arrivando di fronte ai dodici templi dorati presso i quali erano state sistemate le pedine. Allungò un braccio fuori dal matello, l'elaborata armatura che copriva tutto l'arto risplendeva alla luce tremolante delle candele, posando le lunghe dita bianche su un particolare gruppo di pedine.
<< Profetessa, nessuno ha preso in considerazione il villaggio di Rodorio. So che le Sacerdotesse di Athena vi vivono, ma sono perlopiù civili ad abitarvi. Dovremmo permettere ai cittadini di fuggire prima di attaccare, ma con la tattica proposta gli tagliamo ogni via di fuga. Propongo di lasciare libere le vie verso la Beozia, in modo da limitare il più possibile i danni collaterali e dare modo all'esercito di mettere in salvo la popolazione. >> Disse togliendo le pedine a nord, lasciando così un corridoio libero. Lei osservò con posata sorpresa la nuova disposizione delle truppe, come se non avesse minimamente calcolato la questione giustamente sottolineata dal guerriero. Senza dire alcuna parola, si avvicinò al ragazzo, senza staccade gli occhi dal tavolo. Il suono acuto di tacchi che colpivano il pavimento scandiva con cadenza regolare il tempo che sembrava essersi fermato. Avanzava con grazia, la postura fiera e nobile di una leonessa, la postura di chi sa di stringere il mondo fra le mani, e di poterlo demolire con un singolo schiocco di dita. Il rosso prontamente si scansò, attendendo le nuove direttive del superiore. Occhi sanguigni si scontrarono con l'azzurro cielo, prima di rivolgere la loro crudele attenzione al tavolo.
<< Takis. Questa tua strategia comprometterebbe la riuscita della battaglia? Perchè mi sembra che tu stia dando tempo al nemico per organizzare una difesa.>> Chiese con voce fredda. Improvvisamente, nella stanza sembrava essere sceso un gelo mortale. L'uomo intento a scrivere sulla pergamena si fermò, osservando con sguardo severo il ragazzo. Takis si prese qualche secondo per realizzare ciò che era appena successo, allargando gli occhi. Dall'altro lato del tavolo, il biondo si stava mordendo un labbro.
<< Signora, dobbiamo permettere a donne, bambini, anziani e malati di scappare. Combattere per il sommo Ares e per te è il più alto onore a cui io possa aspirare. >> disse chinando rispettosamente il capo, portandosi una mano chiusa a pugno sul petto in segno di sottomissione, così da nascondere gli occhi spalancati e i denti stretti. << Ma fin dall'alba dei tempi ci siamo dimostrati caritatevoli verso i più deboli. La nostra missione è dominare i campi di battaglia, e il nostro esercito è potente. So che lasciar andare i civili ci porterà via del tempo prezioso, ma se agiremo velocemente e con il pugno di ferro avremo comunque un'altissima probabilità di conquistare la città in appena un giorno. >>
La Profetessa rimase ferma, facendo saettare gli occhi da Takis al tavolo da strategia. Poi, con un movimento deciso, posizionò nuovamente le pedine a sbarrare il percorso. Takis serrò la mascella, temendo ciò che sarebbe accaduto di lì a breve.

<< Non ho mai parlato di voler risparmiare i civili. >>

Dichiarò con voce decisa, i tratti del volto impassibili. Qualcosa nello stomaco dei presenti si contrasse, mentre le mani si facevano tremanti.
<< Hai idea dell'effettiva forza del nostro nemico? Se lasciassimo 
fuggire i civili, loro avrebbero modo di organizzare una difesa. La nostra vera arma è la sorpresa. Colpiamo forte, così forte da non lasciargli il tempo di tirare il fiato. Disseminiamo il panico fra le loro fila, facciamo urlare di terrore i loro figli e le loro mogli. Radiamo al suolo la città, appicchiamo fuoco ai loro monumenti, appendiamo i loro cadaveri agli archi di trionfo, rendiamo schiavi i loro più illustri cittadini. >>
Qualcosa nel volto impassibile della donna si era svegliato, una luce feroce negli occhi che contrastava con la sua bellezza eterea. L'istinto del cacciatore deciso a portare a casa la sua preda.

Il silenzio era divenuto insopportabile. I sette guerrieri potevano sentire chiaramente i battiti del cuore farsi flebili, le orecchie ronzare. L'acqua che scorreva sul tavolo rombava come la più violenta delle cascate,
<< Non ci è stato forse comandato dal nostro signore Ares? Non è stato lui stesso a chiedere questo tributo di sangue? >> rimbeccò lei. Due occhi rossi, talmente fulgidi da risplendere anche nella penombra della stanza, fulminarono da parte a parte i presenti, che a fatica non distolsero lo sguardo, mantenendo la loro fiera postura.
<< Se Egli vi comandasse di buttarvi dalla Rupe Sacra, voi lo fareste? >> Chiese alzando la voce, il tono incrinato. << Se Egli vi chiedesse di sacrificare vostra madre sull'altare, voi lo fareste? >> Esclamò la donna, già conoscendo la risposta. Un cosmo nero, sporco, talmente bruciante da costringere i presenti a fare un passo indietro, si sprigionò dalla donna. La sua capigliatura canuta risplendeva sugli abiti neri che indossava, ma mai quanto quelle terribili fontane di sangue che aveva al posto degli occhi.
<< Che il sommo Ares mi uccida con la sua lancia, che l’ultima cosa che i miei occhi vedranno sia il suo cimiero spaventoso se egli non mi assiste in questa impresa. >>  Con passi lenti, esasperati, la Profetessa prese a fare il giro del tavolo, avviandosi verso la porta. I sette uomini si scambiarono uno sguardo d'intesa, prima di dirigersi verso di lei, inginocchiarsi a terra formando una V, il mento sul petto. Lei si fermò, girandosi verso i suoi guerrieri. Essi potevano sentire il suo cosmo strisciare sulla loro pelle come un serpente, insinuandosi nelle loro menti e piegando i loro muscoli come se fossero vittime di una presa ferrea.
<< Non avremmo paura di scendere negli Inferi e gettarci fra le fauci di Cerbero se ci venisse comandato. >> esclamò il guerriero che poco prima stava scrivendo sulla pergamena, la cui posizione lo rendeva il vertice della formazione. La donna sembrò compiaciuta a sentire quelle parole, lasciando vagare il suo sguardo in alto, verso il soffitto immerso nelle tenebre.
<< Il Dio della Guerra ha già calato la sua ascia sulla nefanda città di Atene. Essa diventerà un cumulo di cenere dopo che il nostro esercito vi sarà passato sopra. Nemmeno il più misero filo d’erba riuscirà a crescere in mezzo a tale desolazione. Uccideremo gli uomini e le donne, i vecchi e i bambini. Chi si frapporrà fra noi e la vittoria sarà gettato dalla Rupe come tributo alla vittoria. Questo è quello che Ares mi ordina di fare. E questo è quello che farete, miei cavalieri. >>

Takis aveva stretto i denti in una smorfia irata, trattenendo con enorme sforzo ogni singola parola che avrebbe voluto urlarle in faccia, mentre il gigante biondo aveva un’espressione più rassegnata.

Non usciremo mai di qui. Non potremo far altro che lasciare che il sangue ci sommerga.

<< Combatterete al mio fianco, cavalieri? Mi dimostrerete la vostra fedeltà in questa impresa?! >> esclamò lei, i capelli che seguivano il movimento concitato del braccio puntato verso i sette, con la stessa energia con la quale li avrebbe condotti in battaglia.
<< Come abbiamo giurato sulle tombe dei nostri padri, noi ti saremo fedeli fino alla morte, o Elektre, Profetessa del sommo Ares, Regina di Sparta. >>



Angolo Autrice:

Ebbene.
Ci sono ricascata.
Alcuni di voi forse hanno riconosciuto questo prologo. Appartiene alla mia vecchia fic "Cronache della Seconda Guerra del Peloponneso". Dire che sono letteralmente innamorata di questa storia è un eufemismo, ma mi sono ritrovata a doverla cancellare per alcune, evidenti ragioni.
Innanzitutto, era scritta con i piedi. Credo che il mio stile sia di gran lunga migliorato rispetto a quando l'ho pubblicata, e rileggendo i capitoli mi è venuta la pelle d'oca per la poca cura che ho messo nella scrittura di quei quattro capitoli. Tralascio inoltre il modo grossolano con cui avevo strutturato la narrazione.
Ho deciso quindi di riscrivere i capitoli già pubblicati, e di impegnarmi nella riformulazione della linea narrativa per poter finalmente scrivere la lunga fiction che ho sempre sognato.
Come da copione, ogni recensione è una piccola gioia per me, sia pure per lasciare un commento da dieci parole.
Spero sinceramente che questa storia possa esservi di gradimento.

Alla prossima,
Black Ink Velvet

   
 
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