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Autore: Fatelfay    16/08/2017    1 recensioni
Ci sono alcuni giorni, interi mesi in cui non ricordi cosa sia successo: è una benedizione e al contempo la prova più concreta del tuo lutto.
Ma le notti... non hai mai dimenticato le notti.
Storia legata alla vecchissima "A volte... tu... ancora". Prende spunto da essa ma non è necessaria leggere la prima per capire questa.
Post-Reichenbach.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'John: Il Vuoto'
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Note: Come già detto nel primo capitolo, ricordo che i vari capitoli possono essere letti in qualsiasi ordine, ma credo sia meglio sempre alternare un "Salvataggio" a uno degli altri. 
Se a qualcuno interessa seguire il testo della canzone dei LP, allora l'ordine dei capitoli è 3, 2/4, 1.
Ed ora, ecco l'ultimo capitolo. Spero non sia una delusione.










Salvataggio
 
 
Clutching my cure
I tightly lock the door
I try to catch my breath again

~ Linking Park,
Breaking the Habit

 
Hope is your best friend and worst enemy.
As soon as you let it help you with moving on with your life,
you can always achieve something good and see the good side of the story.
As soon as you let it deceive you because you cannot face the reality,
it drowns you in your bitter-sweet poisonous fantasy.
 

La cena da Angelo finisce con calma, per una volta non interrotta da un caso o da altro. Lui mangia facendoti compagnia e sorride mentre commenta gli altri ospiti del locale e alcuni passanti in strada. Ridi ad alcune sue deduzioni, i commenti sarcastici che fa ogni tanto sulle assurdità scritte sulle persone intono a voi e che tu non puoi leggere. È una delle rare volte in cui uscite a cena, così senza motivo e senza secondi fini, ma solo perché non c’è niente in cucina di commestibile e il tavolo è impraticabile. Ridi, lui pure e non sai nemmeno tu perché sei così felice di mangiare una buona cena calda condita degli insulti rivolti per una volta ad altri. Non ti senti nemmeno in colpa o a provare un po’ di pena per i malcapitati che subiscono il rilevatore di verità nascoste del tuo coinquilino.
Ridi, completamente felice per quella serata, e se anche lui non deducesse il mondo, rideresti comunque da quanto sei felice. Lui ti fa segno di abbassare la voce, ma non ti interessa se sei troppo rumoroso o della candela bianca in mezzo al tavolo. Non ti interessa se gli altri si voltano a guardarvi e dei loro commenti. Ridi e basta, facendolo ridere ancora di più e ciò aumenta le tue risa. Lui prova a smettere o almeno ad abbassare il tono, ma i suoi tentativi sono ancora più ilari e non ti aiutano a riprendere il minimo di serietà.
Ridete, il tuo bicchiere si rovescia e l’acqua bagna tutta la tavola, cola sui tuoi pantaloni e non te ne importa. Piangi dal ridere anche se non hai i crampi e lui ti indica come se fossi la cosa più ridicola e divertente che abbia mai visto. La cesta del pane è ancora in tavola e prendi un pezzo ancora non toccato. Glielo tiri in faccia, lasciandolo stupito e perplesso. È il tuo turno di ridere di lui mentre gli dipingi in volto un’espressione che non gli hai mai visto.
Inizia così una mini lotta di tiri di mollica di pane e risa, incuranti del resto del mondo. Fa quasi male essere così felici.

Il cuscino è bagnato contro la tua guancia e non ricordi come ci sei arrivato. Non ti sembra di aver bevuto così tanto da avere problemi di memoria e non hai i tipici sintomi da postumi di sbronza. Non ti sembra nemmeno di aver toccato alcol in generale, ma non ne hai la certezza assoluta. Cerchi di ricordare come sei uscito dal ristorante di Angelo, sei arrivato a casa e ti sei cambiato per metterti a letto. Non lo ricordi, anche se sei più che certo di aver preso un taxi. Molto probabilmente ha pagato… Ti fermi ricordando improvvisamente perché non sai come sei arrivato nel tuo letto e perché non ricordi di essere uscito dal ristorante. Sai anche che nessun taxi ti ha accompagnato a casa e che lui non ha pagato nessuno.
Affondi il viso nel cuscino bagnato, cercando di fingere di star piangendo ancora dal ridere anziché sentire il vuoto che ti scava dentro e porta via qualsiasi cosa ti sia ancora rimasta. Non guardi la sveglia, non vuoi sapere che ore siano e quanto tempo manca prima di dover ricominciare la tua giornata. Non vuoi sapere se hai ancora abbastanza tempo per essere vittima di un incubo che compete con la realtà.
Piangi in silenzio mentre il tempo passa solo sull’orologio.









Note del Delirio:
E di nuovo, anche se credo proprio che tu non stia leggendo, mi dispiace.
  
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