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Autore: Hippiespirit    17/08/2017    2 recensioni
Anni 3000.
Con il nuovo millennio inizia anche una nuova guerra mondiale. Alcuni ribelli di varie parti del mondo sono stati catturati
e messi sotto sorveglianza nelle prigioni di massima sicurezza Canadesi. Da questa prigionia nasceranno veri sentimenti, e piani per sconfiggere i Canadesi e tornare in pace.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Scott, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Madrid, 14 aprile 3007
Sono passati già ben due anni dalla fine della guerra. Ben settecentotrenta giorni. Mi sembra che siano passati solo due giorni. L’intensità di emozioni che c’è stata esattamente questo giorno, due anni fa, è stata una cosa indimenticabile ed impossibile da descrivere. Che dire? Partiamo dall’inizio.
Ero stanca, sfinita, distrutta fisicamente, ma psicologicamente ero più forte di un esercito intero. Anche se avevo il cuore spezzato e fitte lancinanti che provenivano dallo stomaco, mi stavo arrampicando su quell’edificio dove mi ero risvegliata poco prima ed avevo ucciso il temutissimo McLean, l’uomo più malvagio dell’universo. Avevo tra le mani la sa testa, che tenevo per i capelli corvini, e non osavo guardarla. Dopo essermi arrampicata, e con tutta la voce che possedevo in corpo urlai che il dittatore era morto. Dopo ciò lanciai la sua testa contro un gruppo di soldati, che si schiantò contro uno di loro e si spiaccicò contro di esso, riducendosi ad una poltiglia rossa e facendo cadere a terra privo di sensi il mal capitato. Tre secondi dopo circa successe il finimondo. La povera gente, i più deboli e indifesi, che fino ad un secondo fa sembravano anime in pena senza nemmeno più un’emozione, improvvisamente si trasformarono in rivoluzionari, correndo addosso ai soldati per pestarli di santa ragione, anche a mani nude, o con oggetti presi per strada, alcuni dopo aver massacrato i seguaci di McLean rubavano loro le armi, decisi a far riportare la pace, anche se non con mezzi proprio pacifici, ma si sa…. Del resto, ormai, di questi tempi, la pace può essere ottenuta solo con la violenza, incredibile paradosso.
Convinta che nessuno mi calcolasse più, ero decisa ad andarmene per sempre da lì, scesi agilmente dal tetto e scivolai giù per le grondaie. Incredibile ma vero, mi nascondevo perfettamente nel caos totale, anche se non avevo idea di dove andare, correvo per le strade a caso cercando di non farmi ammazzare. Fortunatamente avvistai poi in lontananza un negozietto, con la vetrina rotta e completamente saccheggiato, ma almeno vuoto. Mi nascosi lì dentro, mentre fuori c’era forse più sangue di prima. Ma non ero in ansia, perché sapevo, ne ero certa, che dopo la morte di McLean il Canada sarebbe caduto, e quindi sarebbe tornata la pace. Presto, molto presto.
Mi voltai velocemente e con mia grande gioia mi accorsi che quel negozio era un alimentari. Mi fiondai su quello che era rimasto e divorai pane, frutta, verdure, acqua e latte. Anche se sapevo che non dovevo abbuffarmi per non essere meno attiva ad un possibile attacco, non riuscì a trattenermi. Era troppo, troppo tempo che non mangiavo cibo vero. Ma ritornai presto sulla terra. Dovevo andarmene. Chissà, probabilmente qualcuno mi aveva riconosciuto, e magari mi stavano cercando, nulla era certo o da escludere. Notai poi, sul pavimento rotto del negozio, alcuni vestiti, evidentemente dopo mesi di agonia la fortuna si era accorta di me. Levai quegli abiti ormai logori che avevo addosso e misi una felpa lunga e larga nera col cappuccio, con sopra un cappotto verde. Mi alzai il cappuccio e sguisciai fuori, correndo verso una metà ancora non precisa, ma correndo, poiché la situazione stava peggiorando. Stavano arrivando altri carri armati, soldati che incutevano timore con armi d’ultima tecnologia, ma il popolo aveva dalla sua parte la rabbia, l’odio, la vendetta. E spesso sono più potenti delle armi.
Nel frattempo era calata la notte, ma il caos non diminuiva, anzi. La notizia della morte di McLean era già arrivata in tutto il Canada, e anche se ero certa che le potenze avrebbero fatto di tutto per non farla uscire da esso, non ce l’avrebbero fatta. Per un volta sarebbe stato il popolo a parlare, ad urlare la verità per le strade. Parlando di strade, girovagavo per esse, ormai senza più fiato, dove uomini e donne urlavano brandendo torce accese, coltelli e armi decisamente poco adatte alla nostra tecnologia. Ma si sa, dopo la fine di ogni guerra, anche se c’è la pace, c’è sempre un periodo di retrogressione. Anche se ero più o meno contenta della situazione, non mi sentivo al sicuro, chiunque avrebbe potuto sparami credendomi chissà chi, o mi sarebbe potuta tranquillamente arrivare una pallottola destinata ad un altro. Ero stanca, ma non ci pensavo minimamente a fermarmi per riposare o dormire. Dovevo sperare di essere vicino al mare, e fuggire. Per sempre. Dovevo tornare in Spagna. Così, presa da quel forte desiderio, iniziai di nuovo a correre, corsi per non so quanto tempo, forse tutta la notte, non avevo più fiato, ma il pensiero che presto sarebbe finita mi diede tutta la forza.
Tutto nero. Quando poi, bagliori di luce si insinuarono nella mia vista, finchè non aprì del tutto gli occhi. Ero distesa su una stradina, in mezzo a delle siepi piuttosto instabili. Cazzo, devo essermi addormentata, evidentemente il mio fisico non ha retto a tutta quella fatica. Mi alzai, ma sentì altri dolori. Li sentivo nella zona dello stomaco, circa. Non pensai fosse fame, ormai ero abituata a mangiare poco. Ma non ci feci più troppo caso, e ripresi a camminare. Dovevo trovarmi in un luogo decisamente dimenticato da tutti, dato che non c’era quasi nessuno per strada. Giravo ancora incappucciata, ma già potevo notare graffiti e scritte sui muri sulla morte del dittatore e su quanto la gente abbia bisogno di pace. Tutto ciò mi mise un senso di tranquillità addosso.
Decisamente quello era il mio periodo fortunato: si, mi trovavo vicino al mare, e si, riuscì ad imbattermi in un porto. Beh no okay, chiamarlo porto era un’esagerazione, diciamo quello che ne era rimasto: deserto, le barche e le navi sparite, erano rimaste legate solo delle zattere e bagnarole decisamente poco stabili. Decisamente meglio di niente. E così, ormai dimenticato il mio senso dell’organizzazione, della prudenza, e della strategia, in maniera del tutto impulsiva, non da me normalmente, saltai su una scarsa barchetta a motore, dopo varie imprecazioni si accese e con una sgommata d’acqua, partì.
Mi resi conto di cosa stava accadendo: stavo lasciando per sempre il Canada, non potevo crederci, alla fine tutte le mie fatiche e le mie pene erano state ripagate. Mi sarei allontanata per sempre da quel luogo dove c’erano stati solo problemi, ansie, paura di morire… e Scott. Scossi subito la testa a quel pensiero, quel bastardo non mi riguardava più. Appena dopo aver realizzato quel pensiero, sentì un’altra fitta e mi dovetti chinare a vomitare. Mi ripresi poco dopo, ma Dio santo, cosa cazzo mi stava succedendo? Mal di mare, senza dubbio, pensai. Cercai di distrarre i miei pensieri frugando un po’ in quella sottospecie di barca e con mia grande gioia trovai un navigatore. Perfetto, così avrei evitato di girovagare per gli oceani e magari morirci, e non ne avevo nessuna intenzione. Vi trovai sempre con mia grane gioia anche delle bottiglie d’acqua, ma non del cibo. Deglutì, sperando che sarei riuscita a resistere.

Non so di preciso quanto tempo passò. Giorni di sicuro, una settimana forse. Ero sfinita, distrutta dalla fame, lo stomaco pieno d’acqua, ormai non ero più lucida, avevo nausee continue e sempre mal di stomaco, se non avessi mantenuto un minimo di lucidità mi sarei già gettata in mare. Ero convinta che fossero allucinazioni e quasi le ignorai, ma poi le riconobbi: le spiagge spagnole, che sognavo da mesi. Non ci credevo, iniziai ad urlare, a piangere, a strillare, mi lanciai da quella bagnarola che si dirigeva verso non so dove, e cominciai a nuotare, con una forza incredibile, anche se vista normalmente probabilmente ero più lenta di una lumaca ma decisamente notevole per la forza praticamente assente nel mio corpo. Raggiunsi la riva e mi accasciai sulla sabbia, e mi addormentai di colpo, dopo stenti incredibili.

Non so cosa successe dopo, so solo che mi svegliai in un letto d’ospedale, un panno freddo sulla fronte e qualche filo attaccato. Ma l’unica cosa che notai davvero fu il piatto appoggiato sul comodino lì vicino che conteneva pane, minestra e una bottiglia d’acqua. Avevo talmente tanta fame che mi lanciai su di esso, bevendo la minestra direttamente dal piatto. Quando finì di mangiare famelicamente, mi resi conto di non essere sola. C’era un dottore lì con me, anziano, alto e magro, che mi osservava con un mezzo sorriso:
“Finalmente si è svegliata, signorina Barlow.”
“Chi sei? E dove sono?” chiesi, avevo di nuovo il cuore che batteva dall’ansia.
“Non deve avere nessun timore.. Si trova in un ospedale, a La Coruna… è stata ritrovata sulla spiaggia, svenuta per gli stenti, dopo la sua fuga dal Canada, che a quanto pare è durata diversi giorni… Non si preoccupi, lei riceverà tutte le cure gratuitamente e potrà andarsene quando vuole lei e…”
“Scusi” dissi interrompendolo, mi stava già facendo venire il mal di testa “Lei come sa chi sono?”
A quella domanda si dimostrò quasi stupito. “Come potrei non saperlo? Lei ha salvato il mondo. Lei ha ucciso Chris McLean.”
Ebbene si, dopo la morte di McLean la guerra era finita, gli alleati si arresero e la pace e la giustizia tornarono finalmente nel mondo. Ovviamente non tutto era perfetto. La guerra distrusse gran parte dell’avanzata tecnologia, delle case, degli edifici, delle popolazioni, e anche ora a distanza di tre anni tutti lavorano sodo per cercare di riparare ai danni.
E di me, che dire? Quelle fitte allo stomaco non erano per la fame. Proprio no. Pochi mesi dopo, mentre stavo sempre alloggiando nell’ospedale, mentre stavo facendo degli esami e quindi una radiografia, il dottore notò subito qualcosa di strano. Il panico mi invase, pensando fosse una malattia, e non potevo certo accettare di morire ora dopo tutto quello che avevo passato. Ma non era nulla di tutto questo. Ero incinta.
Partorì nell’ospedale, il 15 dicembre 3005. E non serviva nessun esame del DNA per capire di chi fosse. Pelle caramellata come la mia, lentiggini, ciuffi castani, ma non nocciola come i miei, ero più un castano sul ramato, e, tocco finale, due grandi occhi grigi. Era così bella che non me ne sarei più separata. Ora mia figlia Victoria ha un anno e mezzo, è bella come il sole, ma purtroppo non passo molto tempo con lei.
Sempre mentre ero in ospedale svolgevo delle ricerche, per capire chi mi fosse rimasto a Madrid. Il risultato finale delle ricerche mi sconvolse. I miei genitori erano morti, uccisi dai Canadesi, non avevo fratelli, ma seppi che molti altri miei familiari erano morti per mano loro. Altri parenti invece erano fuggiti, e non ancora tornati in patria. L’unica persona che trovai era mia cugina Jacinta, che aveva dieci anni in più di me. La contattai e le chiesi se avessi potuto stare da lei per un po’ dato il mio forte desiderio di tornare a Madrid. Lei era felicissima, non mi lasciò nemmeno finire il discorso dicendo che anche lei mi stava cercando e sarebbe stata onorata di ospitare me e la mia bambina. Non dovetti nemmeno muovermi, venne lei a prendermi.
E ancora oggi vivo con lei, siamo in tre in un monolocale, certo potrei permettermi molto d più, ma per ora preferisco aspettare. Inoltre io non ci sono quasi mai, perché ora sono impegnata in politica e sono un personaggio pubblico famoso in tutto il mondo, riconosciuta come la salvatrice dell’umanità intera. A volte mi chiedo se esagerano, ma si, diciamo che al mio ego piace. Dicevo, essendo impegnata principalmente in politica, non ho mai tempo libero, perciò Jacinta si occupa di Victoria, e mi dispiace, perché tutto il lavoro da madre lo fa lei oramai, ma diciamo che nemmeno io sono un tipo che sta chiuso in casa a far faccende. Questo è il mio riscatto. Verso tutte le sofferenze che ho passato. Me la merito ora, questa felicità, e ne sono consapevole.
 
*ANGOLO AUTRICE*
Ciao a tutti!
Come al solito mi scuso per il notevole ritardo, ma diciamo che è stato un periodo impegnativo. Se ve lo state chiedendo no, non siamo ancora alla fine. Manca ancora un po’ ;)
Vi ringrazio tutti per le recensioni, e scusate se non sempre rispondo, ma i vostri commenti mi fanno sempre tantissimo piacere, davvero. Grazie mille a tutti ancora, a presto!
Hippiespirit 
   
 
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