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Autore: FunnyYoungMe    18/08/2017    1 recensioni
Kyuhyun vive una vita come quella di molti ragazzi della sua età: va a scuola, ha una famiglia che lo ama e degli amici che gli sono sempre vicini. Ma è proprio così? A cosa è dovuta la lontananza del suo migliore amico? Jongwoon è chi dice di essere, o solo finzione? Perché lo guardano tutti con sguardi preoccupati?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Kyuhyun, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yesung
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi ero illuso che la vita fosse una storia a lieto fine, mentre era soltanto un palloncino gonfiato dai miei sogni e destinato a esplodermi sempre fra le mani.

- MASSIMO GRAMELLINI -


 

“Kyuhyun, devi fare colazione”, mormora Ahra dal corridoio.

Guardo impassibile la porta della mia stanza, sperando sia che riesca ad aprirla che non ce la faccia, lasciandomi solo con i miei pensieri.

Mentre mia sorella continua a pregarmi che vada a mangiare qualcosa tiro fuori il mio cellulare, lo sblocco e apro la mia chat con Jongwoon. Se voglio capirci qualcosa in tutto questo… macello, devo cominciare dall'inizio. Risalirò al primo messaggio al quale arriva la conversazione.

C'è qualcosa che non quadra. La nostra conversazione comincia dal mese scorso, quindi il periodo precedente è come se non esistesse. Possono esserci due opzioni: ho cancellato la nostra conversazione dopo che è morto; ho cambiato cellulare, senza fare alcun backup per mantenere le mie chat. Ma il punto è che… me ne sono completamente dimenticato. Non ricordo nulla.

 


 

“Tu lo sai cosa sta succedendo”, una voce mormora nel silenzio della mia stanza.

Apro gli occhi di scatto e mi guardo ai lati, in cerca di una presenza che so già non troverò. Mi passo una mano sul viso, esausto per tutto questo pensare e dormire poco. Non ce la faccio più, voglio farla finita con tutto.

Guardo la sveglia e noto che sono le cinque e mezza del mattino; è inutile che torni a dormire, tanto non ce la farei e inoltre, dopo devo andare a scuola.

Prendo il cellulare per giocare, ma vedo l'icona di un nuovo messaggio. Apro e leggo.

 

Da: Jongwoon-hyung

A: Kyuhyun

 

Allora, scoperto niente? Sempre convinto io sia morto? Dammi una piccola soddisfazione e dimmi che credi a me, la persona che non ti ha mai mentito.

 

Okay, su questo ha ragione: mi ha sempre detto la verità, anche quando questa faceva male.

 

Da: Kyuhyun

A: Jongwoon-hyung

 

L'unica cosa di cui sono certo è che non posso fidarmi di nessuno e non mi piace. Sì, hai ragione a dire che non mi hai mai mentito, ma è anche vero che ti noto diverso. Se quell’incidente c'è stato e tu non sei morto, allora ti ha fatto qualcosa. Dimmi la tua versione della storia.

 

Devo raccogliere qualche informazione e poi vedere se ce n'è qualcuna che combacia.

 

Da: Jongwoon-hyung

A: Kyuhyun

 

Passo a prenderti tra mezz'ora.

 

Mi alzo dal letto e comincio a prepararmi, sia vestendomi sia pensando a cosa succederà dopo questa conversazione. Quella con Minha mi ha lasciato qualche dubbio, nuove incognite che ho evitato di porle perché non mi fido.

Quando passano i trenta minuti, puntuale come un orologio, Jongwoon mi fa uno squillo, il segnale che avevamo concordato anni prima per indicare che ci trovavamo sotto la casa dell'altro per farci sbrigare ad uscire. Scendo le scale senza fare il minimo rumore, timoroso di svegliare qualcuno e dover rispondere alle loro domande. Esco di casa e mi avvio verso la macchina di Jongwoon, ferma davanti al marciapiede.

“Ciao…” Mormoro entrando in auto e allacciandomi la cintura.

“Ehi”, risponde prima di mettere in marcia. “Andiamo al nostro solito bar, d'accordo?” Annuncia mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

“Va bene.”

Il silenzio cala in macchina e l'unico rumore che si sente è quello sommesso che proviene dalla radio. Di altre auto, in giro, neanche l'ombra, rendendo l'atmosfera quasi irreale.

Non parliamo fino a quando arriviamo davanti al locale dove ogni tanto io e lui facevamo colazione prima di andare a scuola o, nel suo caso, in università.

Il posto non è nulla di moderno, i muri esterni sono ricoperti da listelli di legno, i marchi delle finestre sono dello stesso materiale ma di colore verde. Davanti ai vetri ci sono dei vasi con gardenie variopinte. Sembra di trovarsi in montagna e non nel bel mezzo di una città.

Entriamo nel bar e la commessa ci saluta con il sorriso sulle labbra mentre esce da dietro il bancone e ci accompagna ad un tavolino di fronte alla vetrata posteriore da dove si può ammirare il giardino del locale. Un paradiso terrestre in una giungla di cemento.

“Siete già venuti qui o vi do il menù?”

“Siamo già venuti. Io prendo un caffè lungo e una torta alla frutta”, risponde Jongwoon distogliendomi dai miei pensieri.

“Io un cappuccino e una brioche ai frutti rossi”, la informo sorridendole leggermente.

“D'accordo”, replica mentre annota sul taccuino i nostri ordini.

Appena si allontana, fisso il mio sguardo su quello di Jongwoon. I suoi occhi, solitamente espressivi, sono vacui, dandomi l'impressione che non mi trovi davanti al mio migliore amico, bensì ad un robot, privo di emozioni.

“Dobbiamo aumentare il dosaggio”, sento dire da una voce, ma quando mi guardo intorno, noto che non c'è nessun altro nel bar oltre a noi due e ai dipendenti in cucina.

Scaccio il pensiero di avere delle allucinazioni uditive e concentro la mia attenzione sul mio amico.

“Ti prego, Jongwoon, spiegami cosa sta succedendo. Io… Io ho paura”, ammetto abbassando lo sguardo, vergognandomi della mia debolezza, della mia fragilità. Non sono più Kyuhyun, il ragazzo forte e indipendente che ero fino a qualche mese fa. Sono una sua proiezione.

“Kyuhyun, non è semplice. Niente di tutto questo casino lo è. A volte, temo anche per la mia salute mentale”, confessa e nel suo tono colgo l'amarezza.

“Tu temi per la tua? Cosa dovrei dire io, che mi trovo in mezzo a due fuochi? Che devo capire se sono pazzo o se gli altri lo sono?”

“Be’, in ognuno di noi si nasconde una vena di follia.”

“Per favore, Jongwoon, risparmia il fiato per queste cazzate filosofiche”, ribatto esasperato. “Dimmi la verità o potrei finire per fare qualcosa di molto drastico.”

“Cosa intendi dire?!” Domanda preoccupato, ma quando nota che non risponderò, sospira frustrato. “Non fare stupidaggini, okay? Ti dirò quello che so… e cosa sta succedendo. Ma per favore… non lasciare prevalere la pazzia”, aggiunge, destando la mia curiosità.

Di cosa sta parlando? Mi sta dicendo che sto davvero impazzendo? Insomma, le sue parole posso solo interpretarle così.

Faccio per chiedergli delle spiegazioni, ma delle urla mi distraggono.

“Smettetela di imbottirlo di farmaci! Sta solamente peggiorando!”

Questa voce… la riconosco. È quella di Heechul. Il problema è che… non si trova qui, in questo bar. Cosa mi sta succedendo?

Jongwoon nota la mia distrazione e sorride malinconico, quasi come se sapesse che sto sentendo delle voci.

“È da tre mesi che si trova in questo stato vegetativo, e insistete a dargli pillole! Non è matto, cazzo!” Urla ancora Heechul.

Porto le mani alle orecchie, cercando di scacciare via le allucinazioni, ma non ce la faccio. Il cuore comincia a battere all’impazzata e il mio respiro si fa irregolare. In sottofondo riesco a sentire il suono intermittente di un macchinario farsi più rapido mentre dei flash bianchi mi colpiscono gli occhi.

“Kyuhyun?” Sento domandare da Jongwoon in quella cacofonia insistente.

“Jongwoon!” La voce di Heechul riecheggia nella mia testa, facendomi serrare gli occhi per la frustrazione e il dolore alla testa.

“Basta… Lasciatemi stare….” Mormoro con il fiato corto e la voce spezzata.

“Ecco a vo… Si sente bene?!” Domanda preoccupata la cameriera.

“Aiutatelo, vi prego!” La voce nella mia testa comincia a supplicare prima di scoppiare a piangere.

Porto le mani tra i miei capelli, afferrando forte la testa e lasciando scivolare lungo il mio viso lacrime di dolore. Sento la testa sul punto di scoppiare, come se si stesse spezzando in due.

L'ultima cosa che sento è qualcuno che mi afferra una mano e che mi prega di restare con lui, di non lasciarlo più solo.
 


 

Sento una fitta alla testa e gli occhi bruciare, come se stessi guardando il sole senza una lente che funga da filtro. Con la mano tasto la superficie sulla quale sono sdraiato e capisco di essere su un materasso o comunque qualcosa di morbido e comodo. Probabilmente Jongwoon, dopo che sono svenuto, mi ha portato nella stanza da riposo dello staff del bar.

“Si sta riprendendo, però consiglio la massima cautela. Potrebbe avere una ricaduta e non svegliarsi per un po’, com'è successo in questi giorni”, sento che una voce maschile nella stanza parla, ma non capisco a chi si stia riferendo.

“Certo”, lo rassicura un'altra voce più vicina a me rispetto alla prima.

Sento che le due persone si salutano prima che la porta si apra e dei passi si allontanino da qui. Uno dei due deve essere rimasto in stanza perché sento la presenza di qualcuno alla mia destra.

“Mi senti?”

Cerco di parlare, ma la gola è secca e mi fa male, come se avessi parlato o urlato per delle ore senza sosta.

La persona prende la mia mano e la posa sulla sua.

“Se mi senti, stringi.”

Chiudo le mie dita attorno al suo polso, calmando la mia respirazione grazie alla regolarità del suo battito. La sua mano libera mi accarezza i capelli e la mia mente comincia a cercare di identificare il suo tocco, senza però riuscirci.

“Non riesci ad aprire gli occhi perché… perché la luce ti dà fastidio. Il dottore ha detto che a breve potrai tornare a vedere e che non hai subito gravi danni”, mi informa lui. A questo punto mi rendo conto che non è Jongwoon chi mi sta parlando, ma Heechul e ciò mi confonde. Dov'è finito? Era con me quando sono svenuto, no?

“Sono… ugh… Sono solo s-svenuto”, biascico con difficoltà.

“Solo svenuto? Tu… Sai dove ti trovi?” Domanda e nella sua voce riesco a cogliere preoccupazione.

“Presumo nel-nella sta-st-stanza del perso-personale.”

“Merda!” Lo sento esclamare prima di mormorare a denti stretti ogni sorta di imprecazione.

“Tutto bene, hyung?” Faccio scivolare la mano serrata sul suo polso verso il basso, stringendogli la sua mano, come a volerlo rassicurare.

“Insomma…”

Faccio per chiedergli cosa intende dire, ma vengo interrotto da un singhiozzo. Incuriosito, sollevo la mano, spostandola verso dove intuisco si trovi il suo viso, e quando tocco quella che credo sia la guancia, sento qualcosa di bagnato.

“Stai piangendo?”

In tutti i miei anni passati come amico di Heechul, non l'avevo mai visto piangere. Nemmeno quando il suo gatto preferito qualche tempo fa scappò di casa. E lui adora i felini.

“Cosa… Perché?”

“Avrei dovuto evitarlo. Tu… È tutta colpa nostra!” Mugola tra un singhiozzo e l'altro.

Mi tiro su a sedere, ma delle fitte lungo il corpo mi obbligano a tornare a sdraiarmi. Mi sento impotente, incapace di consolare il mio amico nella sua crisi.

Non so cosa volesse dire con le sue parole, però non sono così insensibile da chiederglielo quando non riesce nemmeno a smetterla di singhiozzare.

“Hyung, puoi… puoi avvicinarti a me?” Odio mostrarmi così debole, soprattutto quando qualcuno a me caro ha bisogno di essere consolato.

Lo sento mormorare qualcosa prima di captare un movimento nell'aria e una presenza accanto a me, alla mia destra. Mi prende una mano, però io gli stringo anche l'altra, volendo comunicargli che nonostante tutto, sono qui con lui.

Gli lascio il tempo di calmarsi, senza mettergli pressione per fargli spiegare perché sono in ospedale e farmi dire dove si trova Jongwoon. Ogni tanto accarezzo con i pollici i dorsi delle sue mani, sentendo affievolirsi i singhiozzi.

Quando capisco che ha smesso di piangere, porto le mani sulle sue guance e con molta cura, usando le maniche di quello che presumo sia il camice d'ospedale, gli asciugo le lacrime.

“Grazie”, mormora.

Sicuramente starà arrossendo perché non è un tipo che ringrazia facilmente, perciò sorrido, immaginandolo mentre cerca di ricomporsi.

“Senti, io…” Comincia a dire titubante.

“Dimmi quello che vuoi; prometto di non arrabbiarmi o reagire in malo modo.”

“Non è una cosa facile da dire. Non in queste condizioni…”

“Dove sono i miei genitori, hyung?”

“Ah, loro? Sono a lavoro, ma tranquillo, gli ho avvisati che ti sei svegliato, per cui verranno dopo.”

“E mia sorella?”

Lo sento trattenere il fiato e lo interpreto come un brutto segno. Molto brutto, a dire la verità.

“Cosa le è successo?” Domando preoccupato e cominciando ad agitarmi.

“È questo il punto… Tu… Tu non hai una sorella, ma un fratello…”

No. L'ultima volta che ho controllato, chi abitava sotto lo stesso tetto insieme ai miei genitori e a me aveva il seno e di sicuro non aveva nulla di strano tra le gambe.

“Sono sicuro che Ahra sia femmina.”

Lo sento sospirare prima di stringermi forte la mano. “Ahra è la sorella di Kyuhyun. Kyuhyun… Lui è… era… nostro amico.”

“Ehm, sono io Kyuhyun”, affermo sicuro.

“Kyuhyun è… è morto tre mesi fa. Tu, Jongwoon, hai cercato di salvarlo dall'impatto, ma non ci sei riuscito, finendo per sbattere la testa contro il cemento della strada.”

Non è assolutamente possibile. Chi è morto tre mesi fa, secondo i miei stessi amici, è stato Jongwoon, non me. Jongwoon è morto cercando di salvarmi. Sono io che piange la sua morte, non il contrario.

“Non è vero. IO sono Kyuhyun. Jongwoon è morto dopo avermi spinto lontano dall'auto", esclamo portandomi una mano tra i capelli.

“Woonie… So che è tutto difficile da accettare, ma è così. Dovevate incontrarvi per dargli il suo regalo di compleanno, ma mentre attraversavi la strada, una macchina ti stava venendo incontro a gran velocità e non avrebbe avuto il tempo di frenare. Kyuhyun, che ti stava aspettando dall'altra parte, si è buttato in mezzo alla strada per spostarti ma… non ce l'ha fatta ad uscirne illeso. Tu, a causa dell'impatto, hai perso conoscenza e lui… Lui è morto poco prima che arrivasse l'ambulanza.”

Sono paralizzato. Non riesco a credere alle sue parole perché… perché sono un mostro. Io… Io l'ho lasciato morire da solo. Per colpa mia ha perso la vita. Io l'ho ucciso.

“Lasciami da solo”, sussurro.

“No, non…”

“Ti prego, ho bisogno di solitudine”, ribatto alzando leggermente la voce.

“No, non me ne vado.”

“TI VOGLIO FUORI! SUBITO!”

Riesco a sentirlo mentre si allontana da me, a passo lento e cercando di sentirmi dire di fermarsi e di farmi compagnia. Ma non lo farò. Devo davvero pensare e stare da solo. Ho vissuto tre mesi di coma come se non fosse successo nulla, anzi, credendomi Kyuhyun e pensando che io fossi morto. Mi sono creato un mondo di bugie, illusioni e speranze, desiderando che chi fosse morto fossi stato io e non lui.

“Prima di uscire voglio dirti che non è stata colpa tua. Il tizio alla guida era ubriaco e andava ad una velocità più elevata rispetto a quella consentita. E Kyuhyun… ha voluto solo che tu stessi bene”, mormora prima di aprire la porta e uscire.

Sento i suoi passi allontanarsi e mi concedo di crollare, dando libero sfogo alle lacrime che sto reprimendo da quando mi ha dato la notizia. Affondo il viso tra le mani mentre mi porto le ginocchia al petto.

Non voglio che sia vero. Non voglio essere vivo al posto di Kyuhyun. Io dovevo morire, non lui. Perché avevo così tanta fretta di dargli un cazzo di regalo, ignaro che gli sarebbe costato la vita stessa?!
 


Ciao, sono finalmente tornata! Probabilmente il prossimo capitolo lo pubblico la settimana prossima, va bene?
Ora, le cose si sono complicate un bel po' e sono sicura che gran parte dei dubbi sono stati chiariti, o almeno spero.
Non so cos'altro dire se non che spero lasciate commenti dicendomi se avete azzeccato la trama con le vostre teorie.
Alla prossima ;)

 

   
 
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