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Autore: Alessia Krum    18/08/2017    2 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 25
Un’occasione

Il campanello suonò per la milionesima volta.  Acqua, seccata, andò ad aprire. Erano le otto e mezza precise, perciò era sicuramente Max. Aveva pensato più volte a come comportarsi con lui, ed era arrivata alla conclusione che tutto doveva continuare ad essere come prima. Non aveva senso rovinare tutto. Per cui non aspettò nemmeno un saluto da parte di Max e si buttò subito:
- Scusami, Max, ho esagerato ieri… - ma si fermò subito perché il ragazzo aveva detto esattamente le stesse parole rivolgendosi a lei.
- Aspetta… di cosa dovresti scusarti tu? - chiese lei, irritata. Era lei quella che avrebbe dovuto scusarsi. Max si passò una mano tra i capelli.
- Di non poterti dire la verità. Vorrei farlo, veramente, solo che non posso. Però non vorrei che questa cosa ti facesse star male… - 
- Di questo volevo parlarti, ieri mi sono un po’ fatta prendere dalla… dall’elettricità. - evitò accuratamente di dire la parola ‘gelosia’, si sentiva ancora strana pensandoci. 
- Quindi scusami, ho esagerato. - Acqua trattenne il fiato, in attesa della risposta.
- Ok, scuse accettate, non ero nemmeno arrabbiato. Però io vorrei farmi perdonare sul serio, perché anche se tu dici che non ti dà fastidio non poter sapere il motivo del mio incontro con Celeste, so che non è completamente vero. Perciò ti andrebbe ti venire al lago oggi pomeriggio? Voglio farti una sorpresa prima che tu torni ad Atlantis, e questo non è esattamente il posto più adatto in cui parlartene. E poi, non ci andiamo dall’anno scorso. -
- Sì… direi di sì. - rispose lei, titubante, un po’ perché non se l’aspettava, un po’ perché la giornata prometteva pioggia. Ma aveva una voglia matta di passare un po’ di tempo con lui e il lago era un’idea geniale. Non c’era mai nessuno e, in un certo senso, era come un rifugio per loro.  C’erano sempre andati insieme da soli, fin da quando Acqua aveva circa nove anni, che in realtà erano poi dieci per via dell’anno che aveva trascorso sul suo pianeta natale da neonata. Partivano la mattina presto con il pranzo al sacco e tornavano dopo il tramonto.
- Bene. Allora passo a prenderti oggi dopo pranzo! - Max la salutò e fece per voltarsi.
- Max, aspetta! - disse Acqua, allungando una mano verso di lui. Il ragazzo si girò e Acqua scese velocemente gli scalini davanti alla porta, ma divenne improvvisamente timida per quello che voleva chiedergli.
- Tu ne hai… insomma, ne hai parlato a Celeste? - sussurrò, le sopracciglia aggrottate. Continuava a tormentare i lacci del cappuccio della felpa che aveva quel giorno. Ovviamente si riferiva al fatto che li aveva spiati e poi si era ingelosita.
- Oh, ehm… - Max fece spallucce e sorrise imbarazzato. - In realtà… sì. Lei ne è coinvolta più di me e mi sembrava giusto infomarla… -
- Sì, sì, è giustissimo, hai fatto bene… - Acqua rimase in silenzio, con lo sguardo fisso su un albero. Le sue dita erano talmente intrecciate ai lacci della felpa che iniziavano a pulsare per la circolazione bloccata. - Allora… allora potresti dirle che mi dispiace? Per la mia scenata e per avervi origliato. - chiuse gli occhi - Mi sono comportata come una bambina, mi sento un’idiota e ci sto malissimo, veramente. - disse, sempre più imbarazzata. 
Tenendo gli occhi chiusi, sentì Max che la abbracciava e si lasciò andare. Non si era accorta di essere diventata rigida come un blocco di marmo, per cui si rilassò non appena sentì le mani del ragazzo cingerle la vita stringendola a sè. 
- Ti ho già detto che è tutto a posto! Però vorrei chiederti un favore: non giudicare Celeste per come si comporta, è costretta a farlo, in un certo senso. - disse lui. Acqua mugugnò per far capire che ci avrebbe provato.
- Lascia davvero la scuola? - chiese poi.
- Sì. Non riesce più ad avere abbastanza tempo per tutte le cose, e la scuola era l’unica sacrificabile.  -  poi, cogliendo lo scetticismo di Acqua, aggiunse: - Oh, e la signora De Orchis sa benissimo che cosa sta passando, per questo non ha problemi al riguardo. E comunque Celeste è avantissimo sul programma, sta per completare anche gli ultimi argomenti dell’anno prossimo, quindi… -  il ragazzo lasciò la frase in sospeso. Sicuramente Acqua non aveva voglia di sentirsi enumerare tutte le competenze di quell’incredibile ragazza, perciò lasciò perdere. Non voleva farla a pezzi ancora di più di quanto non avesse già fatto, comunque aveva trovato sorprendente la sua capacità di scusarsi, anche se era distrutta per quello che era successo e tormentata dalla gelosia. E per di più, voleva scusarsi anche con Celeste. Max sapeva che Acqua aveva sempre provato una profonda antipatia nei suoi confronti, soprattutto a causa del suo modo di fare. E la stessa cosa valeva per Corallina, e per tutti gli altri ragazzi della loro età. Per qualche strano motivo, Celeste faticava moltissimo a crearsi amicizie, diceva che tutti la evitavano come una malattia contagiosa. E, da un lato, questo era vero, ma anche lei faceva la sua parte. Voleva sempre essere perfetta, anche se sapeva che non ci sarebbe mai riuscita. Si chiudeva in sé stessa, come una lumachina nel suo guscio, e restava indifferente a tutto quello che la circondava. Ma, quando si trovava a non sopportare più l’isolamento e usciva dalla sua personalissima prigione, si ritrovava sola. Ogni anno, mese, giorno, secondo che passava era sempre più sola, e se ne rendeva conto. Ma non faceva nulla per cambiare.
***

- Magnifico… - sussurrò Acqua. Il sole, alto nel cielo, scaldava come in una giornata d’agosto, sebbene fosse solo maggio . Alla fine tutte le nuvole che preoccupavano Acqua quella mattina erano svanite in un paio d’ore e la giornata si era rivelata incredibilmente calda. Erano rimasti in acqua per tutto il pomeriggio, scherzando e facendo a gara da una sponda all’altra, e alla fine Acqua si era sbizzarrita con i vortici, le fontane e i geyser, trasformando il piccolo laghetto in un parco acquatico in miniatura. Dopo quasi quattro ore, avevano entrambi esaurito le energie, per cui ora si stavano rilassando sui sassi della riva, Acqua sdraiata sulla ghiaia ad occhi chiusi, che si godeva il sole, e Max seduto su una roccia, che faceva rimbalzare i sassolini sulla superficie liscia del lago. Mentre si beava della fantastica sensazione di pace che solo quel luogo sapeva regalarle, Acqua non poté fare a meno di pensare a cosa l’attendeva quel venerdì. Iniziò a fantasticare su cosa avrebbe trovato in quella foresta polare, e il suo cuore scoppiettò per la gioia. Max le aveva finalmente rivelato cos’era la sorpresa con cui contava di farsi perdonare. E, beh, c’era riuscito alla grande. Era molto più di quanto si aspettasse. Poco più di tre giorni, e l’avrebbe accompagnata a riprendere la spada di suo padre. Quando aveva finalmente accettato di rivelarle la sorpresa, Acqua era impazzita. Finalmente poteva fare qualcosa. Non voleva più rimanere a guardare mentre la gente moriva, voleva reagire, e quella era la sua occasione. La spada l’avrebbe aiutata, ne era sicura. 
Max le aveva fornito tutte le informazioni necessarie. Aveva accordato con amici dei cambi di turno per la ronda per poter andare con lei. La foresta dove era stata nascosta l’Intoccabile si trovava all’incirca al polo nord di Atlantis e, considerato che la città omonima si trovava molto vicino all’equatore, la distanza era notevole, per quanto quel pianeta avesse dimensioni microscopiche in confronto alla Terra. Comunque il ragazzo le aveva assicurato che aveva già pensato a risolvere il problema del tempo, quindi non si preoccupava. 
Le aveva raccontato che attorno alla foresta si era formata da sola una protezione, e che vi potevano passare attraverso solo lei e la madre. 
Le aveva anticipato che, una volta all’interno della protezione, avrebbe dovuto fare tutto da sola e che non poteva aiutarla in nessun modo. 
Le aveva detto del freddo pungente che regnava in quella parte del pianeta.
In un certo senso, le aveva riferito tutte le cose più sconfortanti, in un debole tentativo di dissuaderla. Probabilmente l’idea di metterla in pericolo in quel modo non gli andava particolarmente a genio. 
Gli attacchi erano frequenti in quella zona. Faceva freddo. Non sapeva cosa avrebbe trovato all’interno della foresta. 
Ma a lei non importava. Ci sarebbe andata, sebbene da sola, infreddolita ed impaurita, avrebbe fronteggiato qualsiasi cosa le avrebbe impedito di arrivare al suo obiettivo, e sarebbe tornata a casa con quella spada, che gli piacesse o no. Punto.
Mentre continuava a crogiolarsi al sole e a pensare che quel venerdì avrebbe potuto rendersi utile - quel venerdì! - Acqua mugolò, soddisfatta.
- Sei già asciutta? - le chiese Max, sorpreso. Acqua si passò una mano sulla pancia e sul costume. Nemmeno umido.
- A quanto pare. - disse. 
- È strano, siamo usciti dall’acqua neanche mezzo minuto fa. - disse Max, lanciando un altro sasso. Acqua si appoggiò sui gomiti e guardò il ragazzo socchiudendo gli occhi per la luce. In effetti lui era ancora completamente bagnato, le goccioline luccicavano al sole sul suo corpo muscoloso. Proprio in quel momento un paio di gocce scivolarono giù per il bicipite di Max e si staccarono dalla sua pelle, finendo sulla roccia su cui era seduto e vi disegnarono due palline. Acqua si mise a sedere e controllò i sassi dietro di sé, che però non mostravano neanche un minimo segno di bagnato.
- Sembra che l’acqua sia evaporata. - constatò Max, allora Acqua capì.
- Sono stata io, forse mi sono concentrata troppo sul caldo. - disse, sospirando - A volte non mi accorgo di usare i poteri e faccio tutto involontariamente. Come quando apro l’acqua dei rubinetti per lavarmi le mani. Non lo faccio apposta. - disse la ragazza, tornando a sdraiarsi sui sassi.
- Aspetta, usi i tuoi poteri senza accorgertene? - ripeté Max.
- Sì, è quello che ho detto. Sei diventato sordo, per caso? - disse lei, ridendo. Max per ripicca la schizzò con l’acqua. Acqua non fece una piega. 
- Ritieniti fortunato che non ho voglia di fare niente. Altrimenti ti avrei annegato subito. All’istante, capito? - 
- Sì, certo. - la prese in giro Max, e la spruzzò di nuovo. Acqua aprì gli occhi e gli scoccò un finto sguardo assassino. Poi ritornò in stato vegetativo e sbadigliò sonoramente.
- Ah, giusto, sei ancora così stanca? - le chiese Max, mentre si voltava a guardare il sole che si buttava a capofitto tra le pareti di due montagne. Quel tramonto era sempre stato qualcosa di unico, per lui.
- Già. - rispose Acqua, rassegnata - Ma ormai comincio a pensare che sia normale. Non so, ormai non dormo più neanche quando potrei. Sono troppo agitata per tutte le cose che succedono.  - Max lanciò un sasso, che rimbalzò quattro volte sul pelo dell’acqua prima di affondare con un plop. Acqua non ne era sicura, ma sembrava che Max avrebbe aspettato a parlare fino a quando non avesse sentito il sasso atterrare sul fondo. Il ragazzo continuò a tacere per qualche minuto, inseguendo i suoi pensieri, poi di punto in bianco, come se avesse avuto una rivelazione, le chiese:
- Da quanto tempo sei così esausta? - 
- Mah, non lo so con esattezza. Forse da quando hai portato qui Corallina. - azzardò lei - Sì, ora che ci penso, la stanchezza è partita da lì. - 

***

Ora tutto era più chiaro. La seconda battaglia. La stanchezza. Acqua che usava i poteri involontariamente. La cupola protettiva intorno alla città. Immagini diverse si susseguivano velocemente nella mente di Max. Era tutto collegato. Istintivamente, Max si maledisse per non averci pensato prima. Era Acqua il centro di tutto. Era lei che, inconsapevolmente, proteggeva la città da quando si era verificato quel forte attacco, ed era per questo che era stanca e facilmente irritabile. Ecco perché la sua bolla è diventata nera, si disse Max, l’incantesimo che la sfinisce in quel modo è il suo. Stava utilizzando tutte le sue energie per proteggerli. Senza saperlo. Max fu subito colpito dalla sua forza. Come aveva fatto a resistere per più di un mese con quel peso da sostenere? Il ragazzo la osservò, stesa sui sassi, sembrava che stesse per addormentarsi. Aveva la pelle arrossata, il sole le aveva sempre fatto quell’effetto. Non era mai riuscita ad abbronzarsi. L’acqua con cui l’aveva schizzata prima si era quasi completamente dissolta. Era quasi impercettibile, ma sopra di lei si levava una nebbiolina sottile che testimoniava come stesse facendo evaporare l’acqua in fretta. 
Però sembrava una ragazza normalissima, tranquilla e senza preoccupazioni, invece non era così. Perché teneva sulle spalle la più grande responsabilità di tutte, la protezione di una città intera. 
La prima cosa che Max avrebbe fatto tornando ad Atlantis, sarebbe stata andare a parlare con Celeste. Doveva essere la prima a saperlo. 
Max prese un sassolino da terra, lo fece saltellare un paio di volte nella mano e poi lo scagliò lontano nel lago, con forza. Affondò subito. 
- Questa volta hai fatto cilecca. - lo prese in giro Acqua, senza muovere un muscolo, né aprire gli occhi.
- Un lancio a dir poco schifoso. - disse Max, per divertirla. In realtà aveva tirato il sasso con tutta quella forza per sfogarsi. Si trovava in una brutta posizione e non sapeva cosa fare. Ma poi aveva deciso di non dire niente ad Acqua. Sapeva com’era fatta, e si sarebbe spaventata moltissimo per quella novità. Era una responsabilità troppo grande, sarebbe stata in continua tensione e costantemente agitata per paura di sbagliare qualcosa. No, non le avrebbe detto nulla. Aveva già abbastanza a cui pensare.
- Ah, e non ho finito di raccontarti le novità. Ma non penso che quello che sto per dirti ti piacerà. - disse Max per distrarsi. Acqua aprì un occhio per far capire di essere in ascolto. Max prese un respiro e iniziò a spiegare.
- Il primo giorno di primavera, che ad Atlantis coincide con il primo giugno, è una festa importante per noi. In antichità venivano organizzati vari eventi, alcuni dei quali (anzi, la maggior parte) erano abbastanza stupidi e pericolosi. Gare, sfide, tornei… insomma, cose di poca importanza. Alla fine del periodo di festa si teneva un grande ballo al castello, al quale partecipavano i nobili e i membri dell’intera famiglia reale con i rispettivi figli. E, beh, l’unica cosa che è rimasta nel tempo è proprio il ballo. - 
Max lanciò un’occhiata ad Acqua. Lei lo fissava con aria interrogativa, forse chiedendosi dove voleva andare a parare. Evidentemente lo capì da sola, perché spalancò gli occhi e si mise a sedere in meno di un secondo. 
- Non mi starai chiedendo di andare ad un ballo? - si affrettò a domandargli, sconvolta.
Max abbozzò un sorrisino colpevole, facendo spallucce, ed Acqua reagì con l’espressione disgustata tipica di una persona che mangia cibo andato a male.
- Sai già che non accetterò mai, vero? - chiese di nuovo.
- Dai, Acqua, è divertente! Fidati, neanche a me piacciono tutte queste cose, ma il ballo di primavera è uno spasso! E poi, insomma, sei la principessa e si aspettano tutti di vederti. Per di più ora che sei tornata. Stai tranquilla, non ci sarà tutta la città, solo i discendenti dei nobili… non che importi molto la classe sociale, ma la tradizione dice così. - le spiegò Max - Alla fine non è nemmeno la metà degli abitanti. -
- Cosa? Tutti gli sguardi di mezza città su di me, e dovrei stare tranquilla?!? - esclamò Acqua, che già rabbrividiva immaginando la scena. - No, grazie, non ci tengo proprio. - 
- Tale madre, tale figlia. - disse Max, scoppiando a ridere. - Credimi, siete identiche in ogni minimo particolare. -
- Max, smettila di ridere, non intendo partecipare, non ci riesco! Forse la mia avversione dipende dal fatto che ai balli sono sempre stata in cucina o a servire da bere agli invitati… no, no, io non vengo! Non so nemmeno ballare… - continuò a protestare Acqua. 
- A questo posso rimediare io. - disse Max, alzandosi in piedi, poi allungò una mano verso la ragazza che, sempre più perplessa, lo guardava come uno scarafaggio morto; infine Max si inchinò e le disse, con un sorriso divertito:
- Vieni, ti insegno a ballare. - 
- No. - rispose Acqua, fermissima - Mi sembra di averti già detto che non verrò al ballo, quindi non sprecare energie inutilmente per cercare di convincermi. - Max sbuffò.
- Ok, d’accordo, non ti obbligherò a venire, ma almeno concedimi questo ballo. - la supplicò Max - Ci tengo. - aggiunse poi.
- Max, no! per quanto mi dispiaccia deluderti, non voglio venire. Mi sentirei troppo guardata da tutti e non so quanto possa resistere. - sussurrò Acqua, le sopracciglia aggrottate. Max sospirò, scuotendo la testa. Acqua pensò che fosse dispiaciuto per il suo comportamento. Ma no… l’espressione che aveva sul viso era… disappunto?
- No, non va bene così, Acqua. Quando un ragazzo ti chiede di ballare, dovresti rispondere “sì, grazie”, oppure “mi piacerebbe”, o cose del genere. - disse il ragazzo con un sorriso sghembo dipinto sul volto. Senza dubbio si stava divertendo molto. Poi, con un gesto fulmineo, afferrò Acqua per i polsi e la costrinse ad alzarsi per stringerla a sé. Lei non capì nemmeno cosa avesse fatto, che si ritrovò abbracciata all’amico. Poi Max guidò con gesti esperti, ma delicati, le sue mani verso le posizioni corrette: una sulla sua, e l’altra sulla spalla. Le dita di Acqua si appoggiarono lievemente alla sua pelle. Il ragazzo fece scorrere la mano libera dietro la sua schiena e l’avvicinò ancora di più, poi iniziò a dondolarsi leggermente. Osservando deliziato l’espressione confusa della ragazza , pensò a quanto diamine fosse bella. 
- Ora ti insegno. - le sussurrò, dolcemente. - é un semplice valzer, lo avrai visto mille volte. Non so perché, ma ad Atlantis i balli corrispondono perfettamente a quelli che ci sono sulla Terra. Cerca di seguire i miei passi, ok? - Acqua annuì piano, e Max cominciò a muoversi lentamente, contando i tempi sottovoce in modo che potesse capire come spostarsi. All’inizio Acqua era un po’ disorientata e gli pestava i piedi in continuazione, così Max la correggeva, paziente, e ricominciavano tutto da capo. Ma poco tempo dopo Acqua aveva cominciato a padroneggiare i vari movimenti e si spostava con molta più disinvoltura. Max ora si limitava a suggerirle in che direzione andare quando si confondeva.
In quel momento, mentre volteggiava di fronte al lago insieme a Max, Acqua si sentì in pace col mondo. Era tutto così perfetto, sembrava un sogno.  In quel momento Acqua capì che il loro rapporto era rimasto intatto anche in quel periodo difficile. Che cosa poteva separarli, ormai? 
Abbandonò la testa sul petto di Max e si lasciò andare. Lui la baciò in fronte. 
Si sentiva così bene tra le sue braccia, era come un rifugio naturale. 
Chiuse gli occhi e lasciò che le sue gambe si muovessero da sole, ora che aveva imparato la coreografia. Max era così bravo a condurre che le trasmetteva una tale sicurezza… la mano su cui la ragazza aveva poggiato la sua era forte e solida come una roccia; l’altra dietro la sua schiena, era un appiglio robusto, marmo che la accarezzava e la sosteneva. I suoi movimenti erano un concentrato di eleganza, la sua presa forte, ma al tempo stesso dolce.  Quasi si dispiacque quando Max si fermò al centro della pista improvvisata. Entrambi però non mossero un passo e così rimasero lì a cullarsi.
- Allora, cosa hai deciso di fare? - le sussurrò Max all’orecchio.
- Ci penserò. - gli assicurò lei.
- Acqua, se il problema è che non vuoi essere l’attrazione della serata, possiamo inventarci qualcosa insieme. Se vuoi posso ballare con te, all’inizio della festa, se questo ti rende meno nervosa. - Propose Max.
- Aspetta. Perché dici “all’inizio”? - 
- Alla fine del primo ballo si formano due cerchi, quello esterno degli uomini e quello interno delle donne. Questi due cerchi iniziano a ruotare in senso opposto fino a quando non finisce la musica e si formano nuove coppie. La tradizione dice che devi ballare con il tuo nuovo partner per tutta la sera. E non si può in alcun modo prevedere con chi capiterai. - spiegò Max. Acqua sentì le sue ultime speranze svanire nel nulla. Ma se poteva iniziare la serata insieme a Max, il resto sarebbe sembrato meno brutto. E poi, insomma, era così terribile? In fondo era solo un ballo.
   
 
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