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Autore: BabaYagaIsBack    19/08/2017    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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20. Ti strapperò il cuore


 

Aralyn per qualche istante rimase confusa di fronte a Josh, domandandosi cosa, esattamente, non funzionasse in tutto quell'istante. Le era chiaro, nella mente, che un pezzo di tutto quel puzzle fosse sbagliato, anche se non avrebbe saputo specificare quale. Lui era più stupito del solito nel vederla, ma non era questo il problema, o quantomeno non del tutto. Con lo sguardo lo aveva scrutato da cima a fondo nel giro di pochissimi istanti, cercando qualcosa che non era riuscita a trovare e, se i suoi occhi non fossero andati a posarsi oltre la spalla di lui, avrebbe lasciato perdere quei dettagli così ambigui. Purtroppo però, con gli occhi persi al di là della figura del ragazzo, qualcosa catturò la sua attenzione, totalmente; fu quello a fermarla, impietrirla e spiegare ogni singola cosa. L'odore nell'aria era diverso. L'elettricità che il Solitario emanava era assai più intensa del normale e, l'uomo che dalla fine del vicolo li stava osservando, aveva un viso fin troppo familiare.
Menalcan.

Il suo cervello fece il collegamento alla stessa velocità con cui un fulmine si scagliava al suolo e, in egual misura, lei si scagliò verso quel tipo in completo scuro e con il sangue di un nobile. Bastarono poche falcate fulminee per farle raggiungere il Purosangue.
Il licantropo le ringhiò addosso, senza però impaurirla. Cosa credeva di fare? Una come lei era abituata a scontrarsi con feccia come loro, non sarebbero bastati un paio di denti acuminati per farla scappare. Così, al posto di arretrare, fece leva su una gamba e si diede la spinta necessaria per sbattere il nemico contro il muro.
Lui però fu altrettanto svelto da prepararsi all'impatto e, retrocedendo di pochi passi, bloccò il colpo, costringendole le braccia in una presa salda. Aralyn avvertì le sue mani addosso come tenaglie; le dita premute nella pelle come i dentini di ferro di quelle trappole e non riuscì ad impedirsi un grugnito. Non poteva dargliela vinta, non lei che era stata l'artefice del furto del Pugnale. Era stata addestrata per scontrarsi con quelle bestie, era stata istruita sul nemico, perdere sarebbe stato il più grande smacco che avrebbe potuto portare al clan e al Duca stesso.
Senza preavviso, allora, chinò il viso verso una delle mani del nemico, allargando le fauci con l'intenzione evidente di mordergli il dorso e liberarsi prima che lui potesse contrattaccare in una qualsiasi maniera. Fino all'ultimo fu convinta di riuscire in quella manovra, ma poi lui mollò, allontanandosi e cercando di sfruttare la presa ancora stretta su di lei per torcerle il braccio e bloccarla a terra in un qualche contorto modo. La ragazza avvertì il vuoto premergli sullo stomaco, mentre il terreno le mancò sotto ai piedi. Se non voleva farsi realmente male, essere catturata e morire, doveva muoversi ancora più velocemente di quanto non facesse quel dannato Menalcan. A quel punto, smettendo di ragionare come un soldato e più come un animale in trappola, tentò una manovra tutt'altro che sicura e, alzando una delle gambe, colpì di sbieco la giuntura del ginocchio del suo avversario, portandogli via a sua volta l'equilibrio.
L'impatto fu doloroso, così come venir schiacciata tra l'asfalto ed il corpo rigido del nemico. Aralyn sentì la mandibola sbattere, il seno comprimersi sotto il torace e i gomiti del maschio sopra di lei premersi sui reni. Grugnì dolorosamente, ma avvertì anche la presa di lui allentarsi e, a quel punto, agì. Se voleva avere la meglio su di lui, salvarsi ed eliminare l'ennesimo Purosangue, doveva essere veloce e scaltra, compiere tutte le scorrettezze del caso; così, senza rifletterci molto, piegò d'un colpo il collo, tirando sulle labbra di lui una testata tanto forte da sentire lei stessa dolore. Strinse i denti, in modo che il guaito sommesso dell'avversario potesse bene imprimersi nella sua mente e darle la forza per rialzarsi e ricominciare.
Si liberò di lui, scivolando a terra ed allontanandosi di qualche passo. Gattonò veloce fino all'edificio più vicino e poi, con il fiato corto, si volse verso il nemico. I capelli biondi erano scompigliati, gli occhi socchiusi a causa del dolore, la mano destra imbrattata di sangue copriva le fauci da bestia ed il completo elegante era ormai sgualcito. Entrambi dovevano apparire devastati agli occhi di... Aralyn volse d'improvviso il capo, ricordandosi improvvisamente di Josh. Anche lui era lì, eppure non aveva mosso un dito né contro di lei, né in suo aiuto: perché? Lo fissò sconcertata, incapace di capire per quale motivo se ne stesse così teso e con lo sguardo grande di preoccupazione in fondo alla via, lontano da loro. Non erano alleati? O forse aveva sempre avuto ragione lei, nemici?
D'un tratto, anche lui si accorse di lei. La guardò dritta in viso, con addosso la chiara espressione di chi non sa cosa fare e, a quel punto, la lupa iniziò a ringhiare, seppur a corto di fiato.
Non l'avrebbe aiutata, questo era chiaro, così come non le si sarebbe messo contro. Aralyn si rimise dritta, barcollando appena. Il dolore al fianco, lì dove ormai c'era solo una lieve cicatrice contornata da un livido viola, aveva iniziato a farsi risentire e destabilizzarla, cosa che non sembrò affatto rassicurarla. 
Caricò l'ennesimo attacco, pronta a prendersi una piccola rivincita su quel Menalcan che era riuscito, a più riprese, a farla sentire inferiore. Sfruttando la parete esterna di un edificio, si diede la spinta necessaria per mutare e, in contemporanea, colpirlo brutalmente, peccato solo che a metà del movimento, Josh si mise in mezzo, placcandola.
A denti sguainati e connotati distorti, la lupa si ritrovò bloccata tra le sue braccia, impossibilitata a compiere la vendetta tanto attesa. 
La bocca del ragazzo si posò sul suo orecchio, invitandola a placarsi «Non fare sciocchezze Aralyn! È ancora giorno e siamo in città. Hai già rischiato tantissimo con questa rissa». Sì, seppur furibonda doveva ammettere che quel dannato Solitario aveva ragione: di quel passo avrebbe rischiato che qualche umano si accorgesse di loro e di ciò che erano in realtà; in fin dei conti non era certo cosa comune, vedere una ragazzetta scapestrata fare a botte con un uomo vestito di tutto punto. 
Per un'ultima volta strinse i denti e fissò l'uomo, ora tornato dritto in tutta la sua altezza. Odiava ogni singola cosa che poteva vedere di lui: dalla punta della scarpa all'ultima ciocca dei suoi capelli color grano, ma anche tutto ciò che non era visibile.
Con voce roca e quasi incomprensibile, gli lanciò una minaccia «La prossima volta, ti sgozzo, lurido Purosangue


 

Per tornare all'auto, Joseph costrinse Aralyn a trasformarsi in lupo e stargli al fianco, in modo che nessuno potesse notare il suo aspetto trasandato ed i vestiti pressoché fatti a brandelli. Non fu cosa semplice stare al suo passo però, men che meno evitare di fissarla mentre il rossore del tramonto si andava a fondere con il pelo autunnale che le ricopriva il corpo d'animale. Come tutti i Canis Rufus, il manto di lei variava in vari toni bruni, fondendosi alla perfezione con l'atmosfera del momento e generando un caldo spettacolo in grado di attirare le attenzioni generali, non solo le sue. Più persone si permisero di restare a fissare l'animale, così grande e dall'aspetto selvatico da passar difficilmente per una qualche sorta di specie canina; alcuni si permisero di avvicinarsi e muovere domande curiose al ragazzo, altri cercarono di allungare una mano per accarezzare la testa del lupo, ma ognuno di loro veniva respinto in modi differenti: non era certo la situazione più adatta per fingere una calma e pazienza che si sentivano già di per sé labili.
Passo dopo passo, il ragazzo non poté far a meno di temere il momento in cui sarebbero rimasti soli, o peggio ancora quello in cui avrebbe dovuto affrontare Arwen e le sue ire. E, nell'essere circondato da tutti quegli umani, si sentì per brevi istanti al sicuro. Al cospetto di tutte quelle persone nessuno avrebbe tirato in ballo faide tra clan di licantropi e possibili omicidi; i "normali", nella loro inutilità, erano ottimi in occasioni come quelle.
Con il senno di poi, il nobile si rese conto che avrebbe dovuto, per mantenere intatta la sua copertura, schierarsi in difesa dell'Impura, peccato solo che nel momento in cui l'aveva vista andar contro al proprio braccio destro ed unico amico non avesse più saputo cosa fosse giusto fare: schierarsi con il suo sangue o schierarsi per il suo sangue? Era una semplice differenza, certo, eppure cambiava completamente il significato della frase. Si rese conto che non era realmente preparato a tutto ciò che un'avventura come quella aveva in serbo per lui e che, se voleva davvero portare a termine la sua missione, doveva entrare nel personaggio di Josh a tal punto da estraniarsi dalla persona che era sempre stato nei suoi venticinque anni di vita. Doveva imparare a farsi guidare dall'istinto dell'alterego che si era scelto, non dal Menalcan che albergava in lui.
Assorto in quei pensieri, si ritrovò a restare zitto per tutto il tragitto che si frapponeva tra loro e l'auto e poi, una volta arrivati al parcheggio e fatta salire Aralyn nel bagagliaio insieme agli acquisti fatti in giornata, per una buona parte di strada che li condusse fuori dal centro urbano. Il ragazzo dovette affidarsi alla memoria per riuscire a ritrovare la strada del ritorno, perché la sua accompagnatrice sembrava tutto tranne che propensa a comunicare con lui. Come se quell'atmosfera tesa non fosse abbastanza, si ritrovò a fare i conti con i pensieri ed il fatto che non avesse idea di dove andar a sbattere la testa. Si ritrovò a chiedersi se, per il Pugnale, il nome di suo padre ed il clan nel suo complesso, sarebbe stato capace di uccidere alcuni confratelli, se tutta quella storia valesse un crimine del genere. Anche se con loro non aveva alcun legame affettivo rimanevano comunque suoi alleati, non come quegli Impuri con cui avrebbe dovuto convivere di lì a chissà quando. Non era forse tradimento, sporcarsi le mani con il sangue dei propri simili? E non sarebbe stato un disonore, lasciare che il Duca si accaparrasse il Pugnale? 
Si morse il labbro, ricordandosi di non essere solo. Certi pensieri non poteva concedersi il lusso di farli in presenza di una nemica, seppur donna e meno potente di lui. Lei era arguta, non si sarebbe fatta sfuggire tutta la tensione che ora gli tendeva i nervi e lo metteva sulle spine; in più, di lì a poco, avrebbe dovuto affrontare oltre a quelle domande, anche Aralyn -quanto tempo ci sarebbe voluto, prima che lei gli desse contro? Quanto ancora lo avrebbe fatto penare? Perché certamente non lo avrebbe lasciato impunito visto quello che era successo, vista la sua riluttanza nel correre in suo soccorso ed attaccare un Menalcan.
A quel punto, con la coda dell'occhio, si mise ad osservare nello specchietto retrovisore, cercando di scorgere la figura della ragazza. Era, come lui, rimasta muta per tutto il tempo, cercando probabilmente di meditare sul da farsi e ciò non sembrava affatto calmare le sue ansie, sempre maggiori. Fortunatamente, non dovette cercare il riflesso di lei per molto; la trovò facilmente, mentre le ultime luci del sole ne colpivano la siluette ancora ferina, creando, a causa del manto folto, una sorta di aura intorno alla sua figura. Oh, quanto avrebbe voluto, Joseph, non dover prestare attenzione alla strada per potersi soffermare a fissare solo lei e lo spettacolo generato dai raggi di luce rossa contro il suo pelo sottile, peccato solo che potesse afferrarne con le ciglia piccoli frammenti incapaci di ritrarne la reale bellezza. Una vera delusione, considerato il fatto che finalmente, dopo settimane, erano soli e lontani dal clan. La tensione generata dai probabili futuri che lo stavano aspettando, allentò d'un tratto la sua presa intorno al collo del nobile, estraniandolo da contesto in cui, purtroppo, si ritrovava. 
Svoltata l'ennesima curva e sorpassato uno dei tanti benzinai, senza alcun tipo di preavviso, il corpo di Aralyn iniziò lentamente a mutare, facendole assumere dapprima una parvenza vagamente umana, grottesca nelle sue forme ancora indefinite, poi più sinuosa e comune, ma incantevole come lo era stata in tutte le fasi di quella mutazione a ritroso. Joseph colse, anche se frettolosamente, ogni sfumatura di quel cambiamento, ritrovandosi ad ignorare fino all'ultimo la strada. Ne era ammaliato perché, seppur fosse per lui cosa normale vedere un lupo tornare umano e viceversa, mai gli era capitato di assistervi in un momento delicato, anche se in due modi differenti, come quello. A quella tipa bastava davvero poco per incantarlo, per costringerlo ad ignorare ogni cosa, dalla più reale alla voce nella sua testa: uno sguardo, un movimento, un commento. Perché si sentiva così? Che diamine gli faceva? Chi era realmente? 
D'improvviso la voce grottesca e profonda di lei lo riportò alla realtà, facendolo sussultare «Guida e basta», si sentì ordinare da una Aralyn ora visibilmente più umana di quanto non fosse dieci secondi prima. Joseph, dal canto suo, non poté che obbedirle, condotto dalla volontà del corpo prima che dalla mente. Voleva compiacerla, ma al contempo desiderava altrettanto per se stesso. Voleva tranquillizzarla, ma allo stesso modo bramava la sua immagine così innocua e pura. Seppur riluttante voltò lo sguardo. 
«Sei ferita?» le domandò poi con voce roca e traballante; non era ancora certo che volesse avere una conversazione con lui. 
Attese alcuni secondi e, non ricevendo alcuna risposta, si rimise a fissare lo specchio. Da quella misera striscia riflettente la vide girare la testa e lanciargli uno sguardo severo da sopra la spalla nuda. Era arrabbiata, infastidita dal fatto che lui non avesse obbedito al suo ordine. Fu quindi una breve visione che gli strinse lo stomaco tanto da fargli male, ma Joseph non se ne sentì affatto intimorito.
«No, ma avrei potuto se fosse stato per te» grugnì, accennando per la prima volta ai fatti avvenuti poco prima. Non se li era dimenticata e, con grande probabilità, non lo avrebbe fatto per molto tempo. Come darle torto del resto? L'aveva completamente abbandonata contro un Purosangue decisamente più forte di lei, un maschio nel pieno delle sue capacità, un pezzo grosso del clan... quella sua reazione era perfettamente comprensibile; persino lui, a ruoli invertiti, si sarebbe comportato a quel modo.
Di fronte a quella consapevolezza, il ragazzo cercò di aprir bocca e dire qualcosa di sensato, ma si rese presto conto che non avrebbe potuto dir nulla di utile, al cospetto di quella verità nuda e cruda: lui non aveva fatto nulla e se Kyle si fosse minimamente impegnato, lei sarebbe stata, ora, agonizzante. Rinunciò un paio di volte al suo intento di iniziare una conversazione, ma non per questo smise di lanciare in continuazione sguardi verso il riflesso della lupa. 
Poté scorgerne la schiena incurvata sulle shoppers, presa a cercare con foga un qualche indumento con cui coprirsi il corpo nudo. Dopotutto, ciò che Joseph era riuscito a salvare degli indumenti di lei, erano stati gli stivaletti bikers, nulla più. La giacca era stata graffiata da Kyle in più punti, la maglia ed i pantaloni si erano imbrattati di sporco e, sfregando contro l'asfalto, slabbrati qua e là. 
Aralyn, nel vedere un Menalcan, aveva letteralmente perso la cognizione del luogo e della situazione in cui si trovavano -non aveva badato a nulla se non alla sua sfida personale con il nemico. Era stata sciocca a lasciarsi sopraffare dalle emozioni, eppure, agli occhi del giovane figlio di Douglas, era apparsa anche incantevole. Nel modo grezzo in cui aveva menato e schivato colpi, la lupa aveva mostrato, oltre alle sue origini, una sicurezza ed una furia invidiabili, degne di una vera figlia di Mànagarmr; pochi licantropi, specialmente della sua specie, avrebbero potuto vantare un simile dono. 
Vedendola sul punto di esplodere in una fila di imprecazioni, il Purosangue allungò una mano sul sedile accanto a sé, trovandovi la propria giacca di pelle raggomitolata malamente. Doveva averla lanciata lì senza nemmeno pensarci, assorto in altri tipi di problemi.
Chiamò Aralyn con un verso, poi, quando fu certo di avere la sua attenzione, torse il braccio verso i sedili posteriori, porgendole il chiodo «Non sarà abbastanza, ma almeno è qualcosa» le disse con un flebile sorriso stampato sulle labbra, invitandola così ad accettare quel piccolo pegno di pace. Era certo che più sarebbe riuscito a calmarla ed imbonirla, più chance avrebbe avuto di non essere buttato fuori dal clan di Arwen o, peggio ancora, ucciso. In fin dei conti ciò che aveva fatto, seppur ad occhi esterni sembrasse una banalità, nel loro mondo non lo era affatto, sarebbe potuto persino apparire come un tradimento. Tra i lupi dopotutto, c'era un codice di condotta non scritto, tramandato di generazione in generazione, tra nobili e plebe, tra Alpha e sottoposti. 
Avvertì l'indumento nella mano venir tirato e a quel punto mollò la presa, certo che lei stesse accettando la sua bandiera bianca. Forse c'era davvero una possibilità che quella tipa non lo mandasse al macello tra le fauci del suo capoclan, che non spifferasse senza ritegno ciò che era avvenuto. Forse... una presa dolorosa gli afferrò la pelle poco sopra al polso, stringendo tanto da aprirgli una piccola ferita nella carne. Il calore e la viscosità del sangue scivolarono lungo tutto l'avanbraccio, disegnando una lunga linea cremisi. Non riusciva a vederlo, certo, ma sapeva fin troppo bene cosa stesse succedendo. Joseph mugugnò per il male e compiendo una manovra del tutto fuorilegge, si ritrovò ad accostare a pochi metri da una curva. Le ruote slittarono appena sulla ghiaia accumulatasi sul ciglio della strada a causa di un colpo secco dato al freno a mano, bloccando così l'andatura della vettura ed impedendogli di finire addosso a qualche albero a lato della carreggiata. Assicuratosi di aver spento l'auto, si volse di scatto nella direzione di lei, afferrandole a sua volta il polso e ritrovandosi così ad una spanna dal suo viso. Stava cercando di bloccarla al meglio, in modo che i suoi artigli non sprofondassero ulteriormente nella carne.
Erano vicini, si stavano toccando ed erano arroccati sui sedili del suv in posizioni scomode e contorte, eppure, si rese conto il ragazzo, nulla di tutto ciò sembrava avere una qualche importanza. L'oro, delle iridi di Aralyn, aveva la disarmante capacità di inglobare ogni cosa, dal dolore al pericolo, dall'essere contorsionisti in un abitacolo sempre troppo piccolo, a ciò che era successo per le strade della città. Erano sospesi, o quantomeno lui, in una dimensione differente dalla realtà, ed il fatto che fossero soli e così vicini, amplificò ancora di più quella sensazione, rendendola disarmante. Era perso nell'aura emanata da lei, avvolto nel suo profumo, nel suo sguardo, nel calore del suo respiro.
La fissò come se la vedesse per la prima volta, accorgendosi pian piano di ogni dettaglio che fino ad allora non aveva destato il suo interesse: qualche neo sparso, le sfumature dorate anche tra le ciocche dei capelli, le ciglia corte e le labbra screpolate, piegate in una smorfia rabbiosa. Chi era davvero, Aralyn? Da quale notte di luna era stata sputata fuori? Con che coraggio, qualcuno l'aveva trasformata in licantropo? Quando?
Una miriade di quesiti innocenti, nuovi, diversi gli saltò alla mente, stupendolo di quante cose non fosse a conoscenza e di quante volesse esserne.
«Perché non hai attaccato il Menalcan?» sibilò l'Impura a denti stretti, socchiudendo appena le palpebre con fare minaccioso.
La sua domanda arrivò alla mente di lui come uno schiaffo, riportandolo brutalmente alla realtà e alla questione che aveva sperato venisse presto accantonata, lasciata nel vicolo in cui lo scontro tra lei e Kyle aveva avuto luogo. Già, con che bugia si sarebbe difeso questa volta? Come avrebbe fatto a non destare i suoi sospetti?
Una morsa ferrea, persino più di quella che gli stringeva il braccio, gli afferrò la gola, mozzando il respiro e dando l'illusione di un perenne soffocamento. Avrebbe potuto lottare con lei, ucciderla, sbarazzarsi del corpo e dare la colpa al suo clan, eppure qualcosa gli gridava di non farlo, di evitare inutili spargimenti di sangue, di mantenerla in vita perché in un qualche modo sarebbe stata lei il tramite per arrivare al Pugnale e alla sua vendetta, anche se non avrebbe saputo dire come. Joseph deglutì a stento, senza mai distogliere lo sguardo da quello ardente di Aralyn, certo che una mossa del genere avrebbe potuto scatenare le sue ire più funeste «Ho pensato che non fosse il caso di attaccare un nobile in pieno giorno e nel bel mezzo di una città umana!»
«Però hai finto di non accorgerti della sua presenza! Perché?»
«Perché non avrebbe cambiato la situazione!» senza rendersene conto aveva alzato il tono di voce, immedesimandosi meglio nella parte di Josh. Come al solito, l'adrenalina aveva preso il sopravvento, ribaltando le carte in tavola e facendogli trovare un'alternativa al silenzio.
La lupa ringhiò sommessamente, premendo poi le unghie ancor più in profondità nella carne. Fu doloroso, ma non per questo il Purosangue smise di fissarla con tutta l'intensità che aveva in corpo, provando disperatamente a sorreggere quella situazione, a non dargliela vinta e convincerla di non aver nulla da nascondere, nonostante tutto.
«Eppure non mi hai aiutata! Ero da sola contro quel viscido Menalcan, mentre tu guardavi e magari pregavi che mi ammazzasse!»
«No!» con un movimento involontario tirò a sé il braccio, allargando la ferita su di esso e facendo sbilanciare leggermente la ragazza. «No. Ho semplicemente continuato a credere che fosse una stupidata attaccarlo».
Aralyn emise l'ennesimo verso gutturale ed animalesco, lasciando che i propri connotati sfumassero ancora una volta in quelli di un animale selvaggio, pronto ad attaccare senza alcuna esitazione, e fu allora che Joseph notò il colorito differente che avevano preso gli occhi di lei. L'oro permaneva, certo, ma oltre a quello si potevano scorgere screziature più scure e calde, simili, forse troppo, a quelle di un Alpha. Fu un flash veloce e appartenente al passato, ma in quell'istante rivide Arwen anni prima, quando, in tutta la sua magnificenza e furia, si era scontrato con Gabriel. Che fosse quello, il motivo che lo attirava così prepotentemente a lei? Che fosse la sua indole da leader ad attrarlo senza logica?
«Se ti azzardi a mentirmi, stanne certo, ti strapperò il cuore dal petto a morsi» affermò con una convinzione tale da spaventare. Forse, il suo aspetto così innocente non era altro che una copertura, una maschera indossata da un licantropo tanto feroce da essere diventato il braccio destro del capoclan.
Lentamente sentì gli artigli di lei ritrarsi, lasciando la forma acuminata per tornare ad essere unghie da umano. La discussione doveva essere quasi arrivata alla fine.
«Perché credi che stia mentendo?»
«Se invertissi i ruoli, tu ti fideresti di qualcuno che non ti ha aiutato?» No, nemmeno lui l'avrebbe fatto. Era ovvio che anche avrebbe agito nello stesso identico modo in cui aveva fatto lei, se non peggio. 
Aralyn d'improvviso si ritrasse, coprendo il proprio corpo con la giacca ed imbrattandola appena con le dita ancora sporche di sangue «Sappi che non sto scherzando. Se dovessi tradirci, ti aprirò il petto e ne tirerò fuori ogni cosa. Ora guida per altri dieci chilometri su questa strada, voglio tornare a casa e non vederti più!»

L'auto si fermò in mezzo al cortile adiacente alla Tana, annunciando il loro arrivo ai pochissimi lupi presenti all'interno. Mancava poco all'ora di cena, molti confratelli dovevano ancora rientrare dal lavoro, altri erano appena usciti con l'intento di cenare fuori o far festa; non capitava mai, quindi, che nella caffetteria vi fossero tutti, solo in occasioni particolari si poteva vantare la piena presenza del clan. Così, in quell'atmosfera solitaria e a tratti intimi, si concessero di restarono qualche secondo in più all'interno dell'abitacolo dell'auto. Fu allora che Joseph decise di spezzare il silenzio che aveva seguito le minacce di Aralyn: «E adesso?» le domandò,incapace di immaginare il futuro imminente che lo avrebbe atteso.
La lupa scivolò sul sedile davanti, stando attenta a non far trapelare troppa carne dal chiodo che lui le aveva dato per coprirsi. I capelli spettinati, la pelle pallida e segnata qua e là da lievi lividi catturarono subito l'attenzione del Purosangue, lasciandolo per qualche istante in uno stato di ammirazione. Da quando aveva mostrato il suolato più caparbio e l'animo da belva, non era più riuscito a pensare ad altro che a quello. In un'altra vita e con un altro lignaggio, Aralyn sarebbe potuta essere per lui la compagna perfetta, peccato solo che li dividesse una linea invalicabile definita dal sangue.

«Prendi le tue cose, entri e non ti fai più vedere da me» gli rispose senza vacillare nemmeno un istante, quasi stesse ripetendo un copione scritto ed imparato a memoria.
«Tutto qui?» il suo sguardo si fece grande, andando a posarsi direttamente sul profilo indifferente della persona seduta al suo fianco. Qualcosa non tornava.Voleva davvero lasciar perdere tutto ciò come se nulla fosse? Credeva davvero che la sua minaccia fosse sufficiente a persuaderlo? La vide voltare il capo nella sua direzione con insofferenza, quasi non sopportasse più l'idea di dover avere a che fare con lui «Cosa vuoi che faccia,esattamente? Devo pubblicamente dire al clan che non mi fido di te? Vuoi che vada da Arwen e spifferi tutto? Fidati, lo farei in un batter d'occhio, ma finché non ho una prova lampante della tua infedeltà mi toccherà tenerti nel mirino con tutti i mezzi necessari». Come un sibilo la voce di Aralyn riempì l'abitacolo,accarezzando minacciosamente i timpani. 
Al Menalcan sfuggì un sorriso malizioso, esattamente come il commento seguente«Dovrei sentirmi lusingato di tutte queste attenzioni?»
«Non scherzare, Solitario, non ti conviene» e detto ciò, uscì di gran fretta dall'auto, visibilmente riluttante all'idea di restare ancora lì a discutere sulle sue decisioni ed essere presa in giro a quel modo.
Quantomeno, pensò, non avrebbe dovuto affrontare il giudizio dell'Alpha e di quel lurido clan al completo. 


(aggiornato il 01/03/2018)


 

 
   
 
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