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Autore: queenjane    19/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 “Quando si muore, si smette di provare dolore?”parlava così piano che dovetti accostare l’orecchio al viso di Alessio.
“Penso di sì, ma nessuno è mai tornato a raccontarlo. Un filosofo greco raccontava che è come dormire e poi ci si ritrova dinanzi a un fiume, dentro una grotta, e che se bevi quell’acqua dimentichi tutto e poi rinasci .. Lasciamo stare, ora mi metto a raccontarti del Lete e dei soldati. Anche Achille, sai, il leggendario guerriero venne immerso da sua madre in un fiume speciale, da renderlo invulnerabile, tranne che in un punto ..
Fece un sorrisino. Gli strinsi una mano, leggera come farfalla, quando stava male non voleva farsi toccare da nessuno, tranne sua madre, tanto forte  era il dolore, medici e infermiere dovevano, ma LUI si agitava, non voleva, le sue deboli proteste erano uno strazio come cambiargli i pannoloni .. una manovra delicata militare, da operare con scrupolo e rapidamente.
 Ed era un combattente, ora e sempre.
“Se muoio, devi dire che voglio essere sepolto all’aperto nella foresta, solo un monumento di sassi.”
“Va bene, lo dirò, te lo prometto” E lo trattavo da adulto, come si meritava, Alessio capiva sempre molto di più di quanto ritenessero gli altri, o tentavo, lo avevo viziato pure io, ne ero consapevole e tanto si finiva sempre lì.
“Achille aveva il tallone debole. Quando ho voglia le cose le imparo anche io, voglio essere forte come Achille.”una breve pausa, si sentiva un filino meglio, ma a volte, prima della fine, vi è una apparente ripresa, e poi l’agonia della morte.
Aveva 40 gradi e mezzo di febbre da  giorni, la temperatura non diminuiva e il cuore non poteva reggere all’infinito.
La sua crisi divenne un affare di stato, prevedendo il protocollo che, in caso di morte imminente dello zarevic, dovesse farsi un annuncio ufficiale per preparare la nazione alla perdita.
Il bollettino venne trasmesso e venne somministrata l’estrema unzione, nel prato davanti al palazzo venne costruita una tenda trasformata in cappella provvisoria, che Spala non disponeva di una Chiesa, tutta la Russia pregava per lo zarevic.
Caddi sulle ginocchia, imitata da molti altri, pregando per la sua salute.
I capelli mi si rizzarono sulla nuca quando scorsi una bara foderata di velluto viola e filigranata d'oro nell'anticamera; distante, volevo piangere in pace e trovai quell'apparato. Già, ogni volta si preparavano al suo decesso, il sudario, in filo d'oro, era tirato fuori e posato sul catafalco che avrebbe custodito le spoglie, ne facevano uno nuovo per anno, seguendo la sua crescita, posandolo in una lontana anticamera fuori dalla sua vista, mettendo finanche un cuscino con un alto bordo di pizzo dorato. No. Anche lì. NO.
Con un sorriso sardonico sfrangiai un angolo di prezioso tessuto, un punto segreto, usando delle forbicine che portavo sempre con me

A quel punto la zarina Alessandra spedì un telegramma a Rasputin in Siberia e la risposta giunse ore dopo, parlava di guarigione e tutti si meravigliarono, a partire dai medici che lo davano per spacciato e più ancora quando lo zarevic ebbe una impercettibile ripresa, che si rivelò costante.
Era tutto rarefatto e sospeso, le icone e le candele con il loro caldo odore, cera pregiata, un quadro vivente della desolazione. Alessio era immobile, il respiro superficiale.
La sua vocina rimbombò come un secco proiettile, il rombo di un cannone nella mistica atmosfera “Ho fame..Olga? Tata..” riconobbe sua sorella che lo prese tra le braccia, piangendo “Mi spiace..siete stanche”
“Tranquillo..come sono felice” lo raccolse contro di lei “Cat..c’è?”
“Sì ..Alessio, c’è sempre stata..ti farà mangiare lei come da tradizione, un boccone, una storia” In genere ogni boccone era una frase ma sorvoliamo, riflettè tra di sè il bambino

“Niente fiume e niente grotta”
“Che dici?
“Una nuova storia; Anastasia.”
“Sarà per un’altra volta. Speriamo il più tardi possibile”Strinse gli occhi, un barbaglio azzurro e divertito.
“Ci conto. Sarai forte, davvero, come Achille o Piero il Grande”
“ Lo so. Quando torno a casa, manda tuo fratello a giocare da me.”
-“Certo, ti metterà a soqquadro tutto, parlerà senza posa..” Alexander poteva essere snervante, con la vivacità e il brio di tre bambini. Fu il mio turno di stringerlo tra le braccia e riempirlo di baci, come di distrarlo con nuove storie.
Ogni frase un boccone con cui lo imboccavo, era viziato e intelligente, sapeva come rigirarmi.
Io come le sue sorelle, per non tacere di sua madre.
A mia discolpa annovero di averlo viziato ma ne ero ben consapevole.
Trangugiò due cucchiate di minestra fredda con del pane con una lentezza esasperante “Ti eri preoccupata.. eh” aveva il viso pallido e contratto e tanto mi pareva un miracolo, anche se era sfinito, gli occhi erano immensi, due lampade azzurre. “Sei stato veramente male” gli pulii il mento con delicatezza, aveva un bavaglio per non sporcare le lenzuola e compagnia, il busto alto grazie alla pila di cuscini. “Vedo. Non hai detto nulla” lo avevo tenuto stretto per un pezzo, baciandolo, felice oltre ogni immaginazione, luce e calore e dolcezza, delicata come una piuma “Del per piacere e compagnia.. che mi importa..” gli sfiorai una guancia, era un miracolo. “Non ti lascio, Aleksey.. Io e Olga e Tata facciamo i turni, cerca di riposarti .. Se ti svegli, oltre a tua mamma, trovi una delle tre, Marie e Anastasia di giorno..” Una pausa “Tranquillo.. cerca di stare tranquillo, la passiamo insieme, una delle tante” “Dammi due cucchiate e taci” ruvido per nascondere la commozione, poi mi serrò il collo con le braccia, poi lo feci stendere per cambiarlo , ormai era la prassi. E come apriva le mani me lo stringevo addosso, sempre dal lato destro, attenta a tutto. Per un pezzo avrebbe dovuto portare un apparecchio ortopedico di metallo per raddrizzare la gamba e curarsi con bagni di fango caldo per non rimanere zoppo. Era il mio piccolino, la meraviglia e la fragilità Stava meglio e tanto rimaneva malato, suo padre disse che pareva fatto di cera, anche se i medici lo rimpinzavano come potevano, il pannolone perenne era ormai la norma E vedevo che si sforzava di mangiare, per farci contenti, tranne il cibo era.. da malati, poco appetitoso, rilevai assaggiando un boccone quando era fuori vista.
Chiesi al Dr Botkin se fosse una balzana idea, lui approvò, avvisandomi di non restarci male se non avesse gradito, lo zarevic aveva ben poco appetito, in generale, non era un bimbo goloso.
Quando mi riprendevo dal morbillo,il profumo del pane tostato, con burro caldo e marmellata mi aveva aperto il naso e lo stomaco, Alessio adorava i mirtilli, quell’estate a Friburgo, nel 1910 li divorava, la faccia diventava blu.
“Ti prego, Cat, ora non ho fame..”
“Mangio io ..Magari pensa a cosa vuoi giocare”
“Che è..?” guardò il piatto con dei quadratini sminuzzati, percepì il profumo “Vuoi sentire..”
“Grazie, Cat..” scrollai la testa, mi si appoggiò alla clavicola e gli carezzai i capelli, aveva spolverato tutto “Sei la sola che se ne ricorda.. dei miei gusti.”
“Macchè..”
“Mi hai giocato..”
“Qualcosa che mangi con appetito dovrà pure esistere, Alessio, e ho preferito non forzarti..”
Nevicava, dal cielo e dai sempreverdi fiocchi cadevano, l’aria sapeva di pulito e rinascita, eravamo sempre vivi, con nuova voglia di fare, mugugnò e lo cambiai, attenta,
Lo zar fece altre battute di caccia, le granduchesse giocarono a tennis, le guance colorite per il moto, perfino lo zarevic si azzardò a uscire, ben avvolto nelle pellicce, e nelle lane,per un breve giro su una carrozza trainata da un pony, un valletto portava la borsa dei suoi pannolini.
Dopo un mese la famiglia imperiale lasciò Spala, le strade spianate a mano e ricoperte di sabbia, per evitare ogni scossone, il treno procedeva lentamente. A circa 20 chilometri orari.
Quando tornai a palazzo Raulov, nella mia stanza, trovai un mazzo di rose, bianche con una squsita sfumatura color crema nei petali, legate da un semplice nastro verde pallido “Dalle serre di Crimea, i mirtilli saranno per l’estate. Baci AN”
   
 
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