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Autore: julierebel17    19/08/2017    0 recensioni
"Dunque lei è la contessina Emily Spencer?" le chiese un baldo giovane dai lineamenti angelici dopo averle baciato la mano.
La fanciulla sorrise appena, intimidita dal suo gesto:"Si, in persona, lei è?" fece per chiedergli il nome.
"Stephan" rispose.
"Stephan cosa?". "Solo Stephan, mi concede questo ballo?". Il ragazzo non proferì altre parole e la convinse a danzare con lui...
Genere: Erotico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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ANGOLO AUTRICE:
Hey! Sono sempre io, la vostra Julie. So che non aggiorno da tempo e mi dispiace molto per questo, ma la mancanza di tempo e ispirazione hanno fatto sì che scrivessi poco e nulla in questo lungo periodo. Vi lascio un capitolo veloce, scritto di getto. Sarò lieta di accogliere eventuali critiche e positive e negative. Ho sul serio bisogno di sapere cosa ne pensate nella storia per capire quali punti modificare/migliorare.
Mi scuso per eventuali errori grammaticali e vi auguro una serena lettura!
Baci baci, Ju


Corse nella stalla e senza che Jack, lo stalliere, potesse fermarlo montò la sua giumenta bianca, Charlène, per raggiungere la radura che aveva visitato il giorno precedente.

 

“Samantha! Samantha!” gridò a squarciagola sceso da cavallo, notò un cespuglio muoversi, ma fece finta di niente.

“Sammy, per favore, esci!”

 

Nulla, sembrava il posto fosse desolato, ma non demorse; si avvicinò ai cespugli e ci si gettò all’interno.

Batté contro qualcosa, o meglio, qualcuno e fu felice di vedere seduta sul pavimento la ragazza dagli occhi color miele che si carezzava la schiena dolente per la caduta.

 

“Perché mi scappi?” chiese a bruciapelo; “Non mi sembra di averti fatto qualcosa”.

Samantha abbassò lo sguardo con aria colpevole, giocherellando con le dita affusolate.

“Mi dispiace signor…”

“Stephan, ti ho detto che quando siamo soli puoi chiamarmi per nome” l’ammonì, ma quella fu forse l’ultima delle sue preoccupazioni.

 

“Stephan, io…guardami” gli disse con un sibilo mentre si stringeva nel suo abito sgualcito e malconcio, l’orlo della gonna era logoro ed il grembiule sporco.

 

“Guardami e dimmi cosa vuoi perché non riesco a comprendere il motivo della tua vicinanza. Ieri notte…”

“E’ stato un errore, Sammy, tutto quello che hai vissuto, anzi, subito…è stato solo un grosso, maledettissimo errore. Non credevo Grace si sarebbe spinta fino a quel punto, non con te” ammise con tono serioso.

 

Samantha lo fissò perplessa.

 

“Non parlo di Grace, voglio dire, lei è solo parte di questa storia. Comprendimi, abbiamo dormito insieme, sono rimasta con la testa sul tuo petto per l’intera notte, credo che…”

“Qual è il problema? Perché mi fai questo?” le chiese in modo sincero, ma Sammy gli rispose con un’ulteriore domanda.

 

“Cosa vuoi da me, Stephan?”

“Sono una sporca serva. So leggere a stento, di scrivere quasi non se ne parla e non ho buone maniere. E’ il mio corpo che vuoi? Queste gambe? Questa vita?” disse sfilando la maglia consumata e alzando appena la gonna.

 

“Ci sono tante donne, Stephan. Perché devi prenderti gioco proprio di me?”

 

Il marchese, interdetto, la cinse in un abbraccio, muto come un pesce.

La strinse forte sentendola singhiozzare; si staccò appena da lei, la guardò negli occhi, asciugando qualche lacrima con le dita. Infine le diede un leggero bacio sulle labbra.

 

“Hai risposto tu stessa alla domanda. Ci sono tante donne, perché dovrei prendermi gioco proprio di te?”

 

Rimasero in silenzio per pochi istanti durante i quali Stephan non poté fare a meno di ricordare l’unico amore della sua vita, Samantha somigliava terribilmente alla donna che tanto aveva adorato.

Anni prima, infatti, all’età di diciassette anni si era innamorato, ma non sapeva quanto crudele potesse essere la mente umana.

 

La serva si tranquillizzò, sedendosi su un tronco, vicino all’acqua; il silenzio la faceva da padrone quel pomeriggio e la situazione parve piuttosto imbarazzante.

Fu Stephan a infrangerlo:

 

“Come hai potuto pensare quelle cose? Mi credi così vile?” chiese in tranquillità carezzandole il capo.

“I-io…non lo so. E’ che non ho nulla di buono da offrirti che un corpo” ammise.

“Sei una stupida.”

“Ma è la verità” indugiò.

“Sammy, credimi quando ti dico che non sei come le altre”

“E tu credimi quando ti dico che sono una delle tante e una serva, per giunta.”

 

Il marchese non poté non notare lo sguardo triste di Samantha; i suoi grandi occhi color miele sempre vispi erano velati da un leggero strato di lacrime.

 

La sua parte razionale venne meno e la baciò intensamente, mentre la sua mano vagava in cerca dell’orlo della gonna logora, ove giunse dopo pochi istanti.

 

“N-no” accennò la serva timidamente.

“Per favore…no”.

 

Per la prima volta dalla sua “trasformazione” una donna osava rifiutarlo, ma non riuscì ad infuriarsi, anzi, provò tenerezza perché si trattava di Sammy.

 

“Scusami” disse e le sfiorò i capelli mentre gli cingeva il petto con fare infantile.

 

“Mi può…ehm…puoi portare alla tenuta?” chiese ancora scossa e il marchese, quasi fosse un ordine, si diresse verso Charlène prendendola per le briglie ed adagiandovi sopra la ragazza.

 

“Vorrei che stasera venissi nella mia stanza, Samantha” le disse con tono serioso mentre cavalcava.

“Devo assolutamente parlarti”

“Sarà fatto, Stephan.”

 

 

 

 

  
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