Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: iamnotgoodwithnames    20/08/2017    2 recensioni
"Al cuore non si comanda, non c’ha mai creduto ai modi di dire, non li ha mai voluti prendere neppure in considerazione, assurde frasi dette, ripetute così tante volte, da così tante bocche diverse, da perdere significato; da diventare banali cliché.
Eppure, alla fine, c’è rimasto incastrato anche lui in uno stupido cliché.
Al cuore non si comanda, si ripete, cercando di perdersi nel buglio di sogni che non sono mai piacevoli, cercando di dimenticare che, suo malgrado, la sua intera vita, per colpa di due iridi d’un pungente azzurro cielo, è diventata un banalissimo, insopportabile, cliché."
[Theo x Liam][Introspettiva][Slow Build][Spoiler!6A][Slice Of Life][Missing Moments][OC][OFC x Greenberg / Mason x Corey]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Corey, Liam, Liam Dunbar, Mason, Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Moonbeams Bonds'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
~ Chapter Tree : Something Different ~

 
Ogni tanto, non lo nega, ha avuto l’istinto di scostare le sottili tendine girasole della piccola finestrella, che da sul cortile, e controllare che la sua auto sia ancora lì, che abbia ancora tutte e quattro le ruote, che abbia ancora tutti i pezzi al posto giusto; non è mancanza di fiducia, forse solo un po’, ma è più necessità.
Quell’auto è la sua casa, unico rifugio che conosce e possiede, senza non gli resterebbe più nulla.

Nel furtivo controllare ha notato l’agitarsi frenetico di braccia, l’udito sviluppato gli ha permesso di captare le parole, pur non comprendendole è certo che la discussione verta su di lui.
Un altro posto da aggiungere alla lista di luoghi da non poter mai più visitare, si convince Theo aggiungendolo alla lista personale, già sin troppo lunga, che continua inaspettatamente ad aumentare.
Sospira lasciando scivolare le tendine al vetro, guardandosi attorno.

C’è così tanto colore in questa roulotte da ferire quasi la vista, fiori variopinti abbelliscono ogni centimetro dei mobili, le lenzuola dell’unico letto presente sono tempestate di ghirigori pastello dalle forme geometriche, un divano d’un intenso arancio zucca accerchia un piccolo tavolino concentrico ed una porta, adiacente a quella d’ingresso, è rivestita di fotografie di animali, tramonti, albe e danze.
Ogni centimetro di questo posto sembra sprigionare vitalità e gioia, è come trovarsi inglobati in un raggio di sole e forse, per occhi abituati al buio come quelli di Theo è persino eccessivo, persino doloroso tutto quel colore, quella vitalità.

Un simbolo, un cerchio, dal cui centro si diradano raggi, si erge al centro della porta principale, rosso come il fuoco; gli ricorda la ruota di un carro.
Si avvicina Theo, cercando di studiarne le lettere che ne contornano la forma e sobbalza appena, ritraendosi rapido, quando la figura raggiante di Esmeralda fa capolino; richiudendosi la porta alle spalle.


“puoi restare”


Annuncia, sorridendo solare, oltrepassando la sagoma immobile della chimera che ne segue i passi, osservandola cercare bicchieri da quella che, ora lo sa, è una piccola credenza


“vuoi un po’ d’acqua – chiede, armeggiando tra le vettovaglie – o qualcos’altro, non ho molto, ma dovrei avere anche qualcosa di diverso, forse”


Theo deglutisce, si sente a disagio in una casa non sua, non è affatto abituato ad essere un ospite, né tanto meno ad essere trattato come tale, è passato del tempo dall’ultima volta che qualcuno ha cercato di essere ospitale con lui


“mi sbagliavo – ridacchia nervosa Esme, afferrando un bottiglia in vetro trasparente – ho solo acqua, spero possa andare bene comunque”


La chimera annuisce soltanto, accettando quel bicchiere ricolmo, colorato anch’esso, il braccio teso della giovane gli suggerisce di sedersi al divano


“puoi anche sederti – sorride gentile – se vuoi”


E magari è perché di posti comodi Theo non ne conosce più che, alla fine, decide di cedere e poggiare la schiena al sorprendentemente comodo tessuto del divano, decisamente più comodo dei sedili dell’auto.
La giovane lo guarda, occhi di cerbiatto sembrano studiarlo nell’innocenza della curiosità, cercando una storia, una traccia, qualcosa da associare al nome che, ora, Esme conosce


“e così – spezza il silenzio la castana, volgendo il busto alla chimera – non ti chiami Mike”


Dice soltanto e Theo annuisce, ancora, trattenendo domande nell’incertezza di una socializzazione che non sa più neppure come funzioni e pensare che si riteneva piuttosto abile con le parole, un tempo


“avevi una faccia da Mike – scrolla le spalle Esme, sorseggiando l’acqua – il tuo nome è un diminutivo di Theodore?”


Chiede poi, deglutendo, poggiando l’avambraccio al cornicione superiore del divano, inclinando appena il capo, in attesa di parole che non giungo.
Sembra quasi essere in grado di annuire soltanto la chimera, se non lo avesse sentito parlare Esmeralda sospetterebbe che sia muto, ma forse è normale, ci riflette la giovane, le persone sono restie a fidarsi; solitamente.
Elabora frasi con la stessa velocità con cui soffia il vento invernale, cercando tra le innumerevole parole che le attraversano la mente quelle giuste da dire ed infine decide che, forse, l’unico modo per ottenere fiducia è concederla


 “questa è casa mia”


Inizia, scegliendo di parlare di sé nel tentativo di riuscire a conoscere quel ragazzo che, continua ad esserne sempre più convinta, non ha nessuno disposto ad ascoltarlo


“da qualche anno, quando ci siamo traferiti qui mio padre me l'ha regalata – rotea il bicchiere vuoto tra le dita, poggiandolo al tavolo rotondo – e tutti gli altri sono la mia famiglia, viviamo qui, insieme, ci siamo stabiliti qui quando avevo quattordici anni, prima abbiamo girato vari luoghi, ma sono nata in Romania”


Theo la osserva parlare rapida, muovere le mani a seguirne le parole, come a voler disegnare la storia in aria, in una tela invisibile che le dita sfiorano lievi e tintinnano ad ogni movimento i bracciali dorati che le adornano il sottile polso, giocherella con ciocche castane di tanto in tanto, continuando a sorridere gentile


“Beacon Hills non è male, mi piace  – dice, lasciandosi sfuggire una risata leggera – è piena di persone interessanti e particolari”


E per un’istante, un attimo fugace, si domanda Theo se quelle parole si riferiscano a lui, a ciò che è, al branco di McCall, a tutte le catastrofi che, suo malgrado, la cittadina ha subito, si domanda se lei sappia, se conosca qualcosa in più degli altri abitanti; se sia a conoscenza dei segreti che si nascondo tra le strade di Beacon Hills.


“se vuoi – inspira Esme, indicando poi il letto alle sue spalle – puoi dormire qui, questa sera, probabilmente è un po’ più comodo della tua auto, ma se non vuoi posso capirlo, solo…vorrei esserti d’aiuto”


Se lo chiede, nuovamente, la chimera per quale motivo quella giovane sconosciuta desideri, con una tale insistenza, concedergli una gentilezza che dovrebbe venire da chi, invece, si è preso a suo tempo la responsabilità di sorvegliarlo ma che a quanto pare ha dimenticato di farlo.
Ed ancora una volta si domanda se, infondo, non dovrebbe approfittarne; considerando la scomoda fattura dei sedili e la fastidiosa polizia che continua ad impedirgli di riposare adeguatamente.
Delinea rapido una lista di pro e contro che non ha molti aggettivi, colma di spazi vuoti, che vede in netto vantaggio, non che ci voglia molto, i lati positivi della roulotte e dell’accampamento di quelli che gli sembrano zingari.
Inspira, annuendo debolmente, decidendo che un letto è comunque più comodo dei sedili posteriori di un auto ed Esmeralda sorride raggiante, una felicità quasi innaturale


“potrai sfruttarla per tutto il tempo che vorrai – aggiunge, balzando in piedi – io dormirò con mia sorella”


E si sente un po’ colpevole Theo, infondo è come se gli stesse rubando la casa, ma si dice che sarà solo per una notta; nulla di più.
 
 

~~~~~~~~~~
 

Sono ore che lo guarda, correre avanti ed indietro, girare su stesso, stringendo la mazza da lacrosse con un tale vigore che Mason comincia a sospettare si possa spezzare da un momento all’altro.
Ha provato ad intervenire, ma l’unica risposta che Liam sembra in grado di dargli suona come un disco rotto, inceppato sul medesimo suono da minuti


“sono un’idiota”


Tutto quello che dice e Mason non riesce davvero a capire quale sia il problema.
La Caccia Selvaggia è già un ricordo da archiviare, Beacon Hills è di nuovo al sicuro, Corey sta bene, Lydia, Scott, Malia e Stiles sono riusciti, comunque, a diplomarsi e la vita va avanti; prosegue come sempre.
Probabilmente, lo giustifica Mason, il motivo del pigolare lamentevole dell’amico è da ricercare nella recente rottura con Hayden e nel suo imminente trasferimento.


“sono un’idiota”


L’eco delle parole del mannaro continua a giungere dal campo di lacrosse, incessante cantilena


“cosa c’è che non va?”


Esclama, infine, Mason cedendo al piagnucolare dell’amico che si ferma, all’improvviso, voltandosi e non ha bisogno di un olfatto sovrasviluppato per comprenderle le emozioni che annebbiano la vista di Liam, le legge benissimo, impresse in quelle iridi azzurre, dubbio e timore; lo conosce troppo bene per non notarle


“me lo dici oppure devo tirare ad indovinare – sospira, facendogli segno di raggiungerlo – sai che ho un buon intuito”


Cerca di sdrammatizzare, ma i passi statici di Liam, la serietà che ne appesantisce il volto, gli suggeriscono che sorridere non è tra le attività della giornata e sospira, volgendo il busto al mannaro


“allora?”

“allora – inspira, guardando i fili d’erba schiacciati dai suoi stessi piedi – sono un’idiota”

“questa parte – prova a riderne Mason – l’avevo già capita”


Continua a guardarsi i piedi Liam, balbettando monosillabi nel tentativo di formulare parole che possano spiegare ogni cosa chiaramente ed in sintesi, possibilmente, come è certo che voglia l’amico


“avevo un compito, uno solo – pigola appena il mannaro, infossandosi nelle spalle – un solo dannatissimo compito ed ho fallito”


Mason continua a non capire, anzi adesso è, se possibile, ancora meno chiaro, pensare che era solo venuto per sosetenerlo negli allenamenti estivi e invece si ritrova a fissare l’amico calciare fili d’erba in un’evidente nervosismo trattenuto


“Liam, ma di cosa stai parlando?”


Chiede allora, nel tentativo di fare chiarezza e cercare di aiutarlo come può, ma il mannaro sospira, trattenendo ancora parole che con fatica fuoriescono dalle labbra dischiuse


“dovevo occuparmene, io – le dita strette al bordo dell’ultima panchina sugli spalti – era il mio compito, lo avevano affidato a me, si sono fidati e io”


Trattiene il respiro Liam, ripetendosi mentalmente un mantra che spera possa funzionare, ma che non sta portando grandi risultati


“io non riesco più a trovarlo – espira, infine, sollevando appena lo sguardo – l’ho perso, non so più dov’è”


A Mason ci vogliono una manciata di minuti per collegare le parole, tracciare la linea che le unisce, dargli forma in un nome pronunciato nel dubbio


“Theo? – domanda in un soffio – stai parlando di Theo?”


Lo sbuffo che seguire quel nome è quanto basta a Mason per comprendere di aver interpretato correttamente le frasi, quasi sconnesse, di Liam che nasconde nuovamente il volto al suolo, quasi come se fosse la vergogna ad impedirgli di guardare le iridi scure dell’amico.
E non saprebbe, questa volta non saprebbe davvero come interpretarla, Mason tutta la confusione che balena in flash improvvisi tra gli occhi chiari di Liam, se sia colpa della sua bontà o del peso di responsabilità che sente gravargli sulle spalle, se sia la paura di non essere all’altezza del compito implicitamente lasciatogli da Scott o se, invece, vi sia altro; qualcosa di non detto, qualcosa che forse è persino difficile ammettere.
Spera che sia Liam, in qualche modo, a dirglielo, ma questi si erge in piedi, una molla impazzita, scatta in avanti, correndo via, lasciandosi dietro solo la scia di parole urlate


“sono un’idiota”


E Mason, istintivo, si alza rapido cercando di seguirlo, ma il mannaro ne precede le mosse gridando, senza neppure voltarsi


“devo controllare una cosa – farfuglia più al vento che all’amico – ti chiamo dopo, promesso”


Agita la mano a mezz’aria, dissuadendolo dal seguirlo e Mason comprende, forse più di quanto crede, che sarebbe solo d’intralcio se cercasse, provasse, a corrergli dietro.
Questa volta, solo per questa volta, deve lasciarlo andare da solo.
 

Inspira ed espira Liam, cercando di riprendere fiato, ha corso più veloce dei suoi pensieri ed ora si da dell’idiota, ancora, davvero credeva possibile trovarlo lì, magari immobile, quasi in attesa, sul ciglio di quel ponte dove lo incontrò un anno fa?
Decisamente un’idea stupida, si ripete, continuando a fissare il ponte vuoto e l’acqua sottostante scorrere lenta.
Onestamente lo aveva sperato, almeno un po’.
Trattiene il respiro, socchiudendo gli occhi, probabilmente sarà inutile, ancora, ma deve, vuole, provare comunque; scendere nei sotterranei e cercare qualcosa.

È stato così impegnato, maledettamente distratto, negli ultimi giorni tra la cerimonia dei diplomi, i complimenti e i festeggiamenti per l’inizio di un nuova vita, magari meno sovrannaturale, di buona parte dei suoi amici, del suo branco, l’allontanamento di Hayden, la rottura, la sua partenza; sono successe così tante cose, una dietro l’altra, in quel mese da avergli fatto perdere di vista l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto smarrire.
Quando la Caccia Selvaggia è svanita, quando tutto è diventato solo un incubo da dover dimenticare, è stato allora che lo ha visto, per l’ultima volta, poggiato contro lo stipite della porta durante una riunione di branco di cui, poteva sentirlo Liam, non era affatto parte.
Lo ha visto restarsene nascosto nel silenzio e svanire, dissolversi come nebbia, senza salutare, senza essere neppure notato, senza dire nulla; neppure a lui che lo ha cercato ovunque.

C’ha provato, davvero, ma dopo due settimane senza risultati comincia a sentire la pressione del fallimento crescere e sarà per questo, perché aveva promesso, a sé, a Scott, al branco, che lui era una sua responsabilità, sarà per questo che mentre cerca tracce d’odore familiare tra i corridoi semibui dei sotterranei i suoi occhi brillano di bagliori gialli, zirconi che illuminano le iridi di Liam freneticamente impegnate in una ricerca che minaccia fallimento; ancora una volta.
Eppure, si dice stringendo i pugni lungo i fianchi, non può essere andato troppo lontano; può?

È un’irrazionale paura quella che gli fa tremare le dita, è un’immotivata rabbia quella che gli fa vibrare le iridi, non può essersene andato, non così, non senza dire nulla, non senza dirlo almeno a lui.
Non se ne rende neppure conto, colpisce il muro con il pugno teso ancor prima che la mente possa impedirglielo, lascia un segno tra la parate ancor prima che i pensieri possano formarsi, è il suono, incessante, del cellulare a ridestarlo, a fargli riassumere il controllo che non credeva neppure di aver perso.
Inspira, scuotendo il capo debolmente, controllando lo schermo del telefono; una chiamata in corso da Mason.
Giusto, si ricorda improvvisamente, lo ha lasciato al campo di lacrosse senza attendere neppure l’arrivo di Corey; probabilmente sarà preoccupato, infondo lo ha visto scattare dal nulla verso gli alberi.
Inspira, ancora, cercando di immagazzinare la maggior quantità d’ossigeno possibile, lasciando scorrere l’indice tra i cristalli liquidi


“pronto? – sussurra, portandosi il cellulare all’orecchio – no, no, tutto bene sono solo…dovevo fare una cosa”


Evidentemente essere evasivo non funziona, non con Mason che insiste dall’altro capo della conversazione


“non credo che…no, non…e va bene – sbuffa, stringendo il telefono tra le dita – ci vediamo dopo”


Cede all’insistenza di Mason, concedendogli una serata pizza e videogame, che sa già dove lo condurrà, conosce troppo bene l’amico per non sapere che, non appena sarà lì, a casa sua, verrà tempestato di domande in un interrogatorio mirato nell’intento di scucirgli la verità di bocca; una verità che infondo neppure Liam può dire di conoscere davvero.
Una verità che è solo confusione, rabbia, delusione e qualcosa, qualcosa di diverso; qualcosa che non trova ancora definizione. 


 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 
Era nata come una distrazione, è diventata una storia vera e proria che si sta delineando sempre di più nella mia testa. 
Come avrete notato ho inserito altri personaggi noti e, chissà se qualcuno tra i silenziosi lettori ne sarà felice, ho finalmente deciso di portare avanti una trama Thiam; che procederà un po' a piccoli passi.
Che ci posso fare quei due insieme fanno emergere il mio lato romantico, solitamente sopito. 

Spero che i personaggi non siano troppo OOC e che il capitolo vi sia piaciuto. 
Ringrazio tutti i lettori silenziosi, tutti coloro che hanno aggiunto tra seguite/ricordate/preferite la storia.
Grazie davvero a tutti, 

alla prossima. 

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: iamnotgoodwithnames