Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |      
Autore: A r o h a    20/08/2017    2 recensioni
(Ho dovuto ripubblicarla perché mi si era cancellata uff)
_
Quando i scrivere è come respirare, quando hai l'esigenza di farlo sempre e ovunque.
Quando incontri delle persone troppo speciali per lasciartele scappare.
Quando ti accorgi che il confine tra realtà e fantasia si può controllare reggendo in mano una penna.
_
"Hai in mano il destino di tutte noi."
"Questo quaderno?!"
"Esatto."
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
I.

​Girls meet _ _ 
 



Il sole splendeva alto nel cielo azzurro e privo di nuvole. Con i suoi raggi dorati andava a illuminare quel luogo abbandonato dal mondo, che per molto tempo era rimasto nell’ombra fredda di ricordi lontani, dimenticato. Le foglie verdi degli alberi si muovevano appena, a ritmo del vento leggero ed erano come una colonna sonora che si andava a creare intorno a lei.
La stoffa del vecchio divano era ruvida sotto la sua schiena, in certi punti lacerata; un tempo quel divano doveva essere di un rosa brillante, ora invece anche gli ultimi residui di quel colore erano stati quasi del tutto cancellati dal grigiore della polvere e dalle grosse macchie di muffa.
Nonostante tutto però, era forse la cosa più comoda che Dami avesse mai provato.
Era stesa lì da quello che sembrava un’infinità di tempo, a guardare con gli occhi dischiusi e la mano a coprire la fronte, il cielo immobile. I capelli corti e neri arrivavano a sfiorare appena le spalle; faceva caldo e la maglietta a righe che indossava aveva chiazze di sudore.
Dami voleva muoversi, alzarsi e prendere il quaderno dalle sue ginocchia per continuare a scrivere, ma non ci riusciva. Era troppo stanca e i suoi pensieri e le sue idee erano all’improvviso scomparse. Il quaderno era diventato improvvisamente pesante, con la copertina nera e sgualcita e le pagine completamente coperte di frasi incise con l’inchiostro nero.
Dami sospirò, beandosi per un istante del vento che le accarezzò le guance. Mancava qualcosa, mancava quel qualcosa di speciale che poteva riempire il vuoto che sentiva. Girò appena la testa e concentrò la sua visuale: passò dal cielo pulito al luogo sporco e diroccato in cui si trovava, il suo preferito.
Un lungo muro si perdeva all’orizzonte, completamente macchiato da graffiti colorati che contrastavano con la naturale bellezza dei grandi alberi che erano lì intorno.
Un’altalena abbandonata oscillava appena provocando un rumore stridulo per i cardini arrugginiti.
Un vecchio scivolo di un rosso sbiadito giaceva in un angolo freddo, all’ombra di una grossa quercia; a fianco stava anche una casetta di legno con un grosso buco sul tetto. E poi una piccola giostra si trovava al termine di una piccola stradina di cemento, anche questa segnata da graffiti. L’erba dominava incolta come in un campo e i deboli suoni degli insetti facevano sembrare quel luogo ancora più isolato dal mondo, e abbandonato.
Dami sospirò di nuovo, fin quando da lontano non sentì quel suono a lei anche troppo famigliare.
Un fischio talmente debole e fugace, che per un istante credette di averlo immaginato. Poi però sentì dei passi soffici sull’erba e un’ombra le passò davanti, proprio sopra la testa, andando per istante a oscurare il sole.
-Facciamo le depresse? – scherzò una voce.
Dami si tirò su di scatto, sfoggiò un debole sorriso e guardò la ragazza che era appena saltata dal muro, superando il divano con grande agilità e senza esitazione. Aveva un fisico allenato, capelli biondo scuro legati in una stretta coda alta che terminava con delle ciocche castane che le sfioravano appena la schiena.
-Tyra – gli occhi castani della ragazza furono attraversati da un lampo, con un cenno del capo indicò davanti a lei. Dami si girò e vide controluce cinque figure che si tagliavano sopra di lei; non poté fare a meno di sorridere. Una dopo l’altra le figure saltarono dal muro e lei fece appena in tempo ad afferrare il suo quaderno e a scendere dal divano.
-Non ditemi che siete scappate? – domandò Dami, divertita.
-Un po’ di divertimento ci vuole ogni tanto! – rispose una delle figure, Aysha, una ragazza bassina dai lunghi e ricci capelli castani e gli occhi di un verde torbido. Dami vide che dietro la schiena aveva uno zaino da cui spuntavano dei lunghi oggetti di legno.
-E poi...- proseguì un’altra ragazza che se ne stava appollaiata sul divano, giocherellando con una piccola molla che era appena spuntata – Mi sembra che anche tu abbia fatto lo stesso, solo poche ore prima di noi! – le sfoggiò un sorriso enigmatico, mentre gli occhi, di uno strano miscuglio tra il nero e il marrone, si dischiudevano e si agganciava una ciocca di capelli rosso fuoco, dietro l’orecchio.
Dami arrossì leggermente, ma cercò di nasconderlo distogliendo lo sguardo, -Spiritosa Skylar...- commentò.
-Coraggio idiota, che per questa volta anche Aileen ha fatto un’eccezione! – Dami spostò la sua attenzione verso una ragazza con gli stessi capelli rossi di Skylar ma con due grandi occhi azzurri che spiccavano sul suo viso pallido. In mano reggeva uno zaino rosa semiaperto da cui si potevano intravedere alcune bottiglie.
-Direi che possiamo cominciare a divertirci prima che faccia buio, che dite? –
-Io concordo, muovetemi idiote! –
Due ragazze presero a correre verso l’altalena e vi salirono sopra, cominciando a oscillare e provocando più intensamente il rumore stridulo dei cardini. La prima aveva una capigliatura castana interrotta da bizzarre ciocche fucsia e gli occhi di un azzurro tendente al grigio; la seconda occhi scuri e profondi e un caschetto di corti capelli marrone scuro, ribelli.
-Ehi voi due! Catelyn, Juliette! Aspettateci! – gridò Aysha lanciandosi all’inseguimento.
Si mossero tutte insieme per unirsi alle due compagne, tranne Dami che rimase un’istante ferma a guardarle.
Si accorse all’improvviso che il vento aveva cambiato direzione e che il quaderno, ancora nelle sue mani, si era all’improvviso alleggerito. Ora, vedendo le sue amiche sorridere, colpirsi a vicenda con pugni amichevoli e già cominciare a ridere, sentiva nuove parole nella sua mente.
Si girò e si sedette a terra, poggiando la schiena al divano e aprendo il quaderno davanti a sé.
Sfilò la penna dalla tasca dei suoi jeans e cominciò a tracciare le prime parole su una pagina ancora bianca.
-Niente affatto! – gridò Aysha dall’altalena, era riuscita a rubare il posto a Catelyn, -Tu vieni a divertiti! –
Dami non riuscì a replicare, due mani la presero per le braccia e la sollevarono, per poi spingerla a correre verso le altre ragazze.
-Ormai è fatta! – disse Aileen mentre la spingeva per la schiena.
-Direi che possiamo non pensare a niente, qui e per sempre! – aggiunse Skylar da davanti, mentre la tirava per un braccio. Dami cominciò a ridere e si aggiunse ai giochi.
La mattinata passò veloce tra le attività più svariate.
Un duello con delle spade di legno tra Aysha e Juliette che si era conclusa con la parità dopo una lunga ora, una sfida di salti dal muro in cui per poco Skylar non si era slogata una caviglia, e poi una bella scorpacciata con bibite e panini che Aileen aveva pensato a recuperare dalle cucine. Il tutto coronato da tante, quasi troppe risate mentre si erano messe a scrivere le frasi più strane sopra i vecchi graffiti e si erano cimentate per la prima volta nel golf usando dei rami spezzati e la carta dei panini appallottolata.
Quando ormai il sole aveva cominciato a splendere più intensamente, segnando il mezzogiorno alto nel cielo, Dami si era allontanata per riprendere fiato un istante. Completamente sudata si era allungata sopra il vecchio divano e aveva cominciato a respirare forte, aveva un grosso sorriso disegnato sulle labbra.
 Girò lo sguardo e vide il quaderno che aveva dimenticato in mezzo all’erba.
Lo raccolse e, approfittando di quel piccolo momento in cui era da sola, riprese la penna e continuò a scrivere.

 
Quello era il luogo dove i sogni incontravano la realtà, dopo potevamo ridere finché eravamo insieme.
 

 
=♥=


Quando si fermò per riprendere fiato si accorse che fuori aveva cominciato a piovere.
Il cielo era scuro, coperto da una spessa coltre di nuvoloni neri che gettavano a terra centinaia di gocce pungenti come aghi, che andavano a formare per le strade, grosse pozzanghere. Era ormai notte inoltrata, doveva addirittura essere passata la mezzanotte. La luna non riusciva a farsi vedere tra quelle nuvole, ma i piccoli raggi argentati che facevano capolino riuscivano ad illuminare a sufficienza la stanza, attraversando la grossa finestra.
Tyra preferiva che la stanza fosse immersa da quell’oscurità spettrale, quando si allenava di notte.
Si sedette sulla panchina di legno davanti alla finestra e prese dalla bottiglietta un lungo sorso d’acqua.
Guardò davanti a sé il pavimento di legno completamente rovinato dalle strisce che le sue scarpe lasciavano quando sferrava calci, si gettava a terra e subito si rialzava saltando. Lo specchio gigante che occupava tutta la parete principale erano sporco in certi punti delle sue manate. A destra, il grosso e vecchio sacco rosso era fermo, dopo ore abbondanti in cui era stato colpito ripetutamente.
Il sudore calò dalla fronte fino al collo, poi a terra. Tyra sentiva di avere ormai il respiro corto, ma non riusciva a fermarsi. Il sangue era caldo nelle sue vene e l’eccitazione era tanta: voleva ancora migliorare e potenziarsi.
Afferrò l’asciugamano bianco che aveva messo lì accanto e si asciugò per bene la faccia, quindi si strinse di più la coda di cavallo e si alzò. Fece un respiro profondo e si avvicinò al fondo della stanza, completamente immerso nella penombra. Tuttavia Tyra riusciva a distinguere perfettamente il profilo delle spade che ormai da anni aveva imparato a riconoscere e utilizzare. Ne scelse una lunga di legno che fece scorrere tra le dita, adorava usare quell’arma, era forse la sua preferita tra le tante.
Si girò già pronta a ritornare nel centro della stanza, quando un respiro alle sue spalle la fece scattare.
Immediatamente i suoi occhi castani si scontrarono con due ambrati e taglienti. Ebbe un attimo di esitazione, mentre ancora stringeva con forza l’elsa della spada, la lama di legno puntata alla gola dell’altra figura.
Poi lo riconobbe e rilassò il respiro, abbassando l’arma, sebbene a malincuore.
-Che ci fai qui, Victor? – domandò quasi con risentimento.
Il ragazzo aveva il volto affilato e pallido, che brillava fiocamente in quell’oscurità, nettamente in contrasto con la sua capigliatura blu.
-Potrei farti la stessa domanda, - rispose lui.
-No che non puoi – gli occhi di Tyra si assottigliarono – Sai benissimo che mi alleno ogni notte, ogni giorno-
Il ragazzo abbassò gli occhi con un sorriso di scherno e alzò entrambe le mani, in segno di resa.
-D’accordo, - dichiarò – In realtà era uscito a farmi un giro e passando qui davanti ti ho vista allenarti. –
-Ah,- fu il commento di Tyra – Non ti chiederò perché eri a farti un giro a quest’ora...- il ragazzo alzò un sopracciglio – ...Ma ora che mi hai visto puoi anche andare. –
Tyra si girò stringendo l’elsa della spada e in si avviò al centro della stanza, davanti allo specchio.
Cominciò a sferrare dei colpi a vuoto per riscaldarsi, sentiva l’arma calda sotto la sua presa salda; poi continuò con delle rotazioni, provando a sferrare dei colpi con la lama di piatto. Era una tecnica su cui si esercitava da tanto tempo ma che non era mai riuscita a completare in modo soddisfacente.
Nel frattempo che il sudore aveva cominciato a colare sul collo di Tyra, Victor continuava a osservarla dal fondo della stanza, le braccia incrociate e gli occhi ambrati attenti a catturare ogni minimo dettaglio.
Tyra aveva continuato a guardarlo con la coda dell’occhio e smise di esercitarsi quando lo vide avvicinarsi.
-Da qua! – esordì Victor, strappandole l’arma dalle mani – Stai sbagliando la rotazione! –
Quindi si posizionò e le mostrò il corretto movimento. Tyra si allontanò di due passi e incrociò le braccia, respirando a fondo nel tentativo di controllare i nervi.
-D’accordo! – disse con stizza quando il ragazzo si fermò dopo l’ennesima dimostrazione – Ho capito. –
Victor le passò la spada – Non che mi interessi, è solo che odio vedere la gente allenarsi male. –
-Credimi, - Tyra prese la spada con uno scatto – Dopo anni in questa palestra l’ho capito –
Victor alzò le spalle e si allontanò verso la porta. Tyra nemmeno si accorse che si era fermato a parlare con qualcuno nel fondo della stanza. Se ne accorse solo quando udì una voce a lei famigliare e il riflesso di un profilo che le conosceva troppo bene.
-Scusami potrei...-  disse la voce, piuttosto seccata – Devo...-
-Oh ma lo sai che è pericoloso per una ragazzina come te uscire a quest’ora? Gira brutta gente per strada! –
-Tipo te?!- ruggì Tyra. Eseguendo la stessa rotazione che poco prima le era stata corretta, scagliò la spada verso Victor. La lama di legno tagliò di netto l’aria e si sbatté con forza contro il muro, a pochi centimetri dall’orecchio di Victor. Il ragazzo schizzò di lato spaventato, mentre la figura che gli stava accanto non si mosse, pietrificata.
Tyra attraversò la stanza in due falcate, con gli occhi castani infuocati.
-Dami! – gridò – Cosa...- si trattenne nel dire una parolaccia, respirò - …Ci fai qui, a quest’ora?!-
La ragazza alzò una mano rivelando un foglio bianco piegato in quattro, - Questo. – bastò dire.
Svelta Tyra prese il foglio, con gli occhi sgranati lo aprì, sperando tuttavia che non fosse quello che pensava.
Purtroppo leggendo le parole stampate di nero e il timbro in fondo, il suo presentimento si confermò.
-La Signora lo aveva trovato sotto il tuo letto mentre puliva, fortunatamente passavo di lì e l’ho preso prima che avesse potuto leggerlo. – Dami sorrise, ma i suoi occhi scuri tradivano un rimprovero.
Tyra chiuse gli occhi e lasciò andare un sospiro che aveva trattenuto, - Meno male Dami, grazie cavolo! –
-E sei venuta qui per darglielo? Sei coraggiosa, bella! -commentò Victor allungando una mano verso le ciocche nere della ragazza. Tyra fu più veloce, lo spinse contro il muro e gli mise il braccio sotto la gola.
-Ti uccido, playboy...-sibilò premendogli la spalla con la mano libera, - Non ti azzardare a... –
-Sta calma! – Victor la spinse via e uscì dalla stanza sbuffando – Le tredicenni non mi interessano! –
Dami si voltò con il voltò in fiamme ma preferì non dire nulla, si limitò a stringere frustrata la tracolla della borsa che aveva appena al fianco. Capitava spesso che la scambiassero per una ragazzina, i capelli così corti e gli occhi grandi dalle lunghe ciglia le davano un aspetto infantile, anche se in realtà aveva quindici anni.
-Beh...- disse Dami – Tutto qui, torna a casa quando hai fatto, Tyra. – e anche lei uscì.
Tyra rimase immobile per un po’, dopo aver tormentato quel foglio più volte lo riaprì.
Divorò con gli occhi i punteggi che aveva raggiunto e si soffermò a guardare l’ultima riga con la casella ancora priva di un numero. Le sfuggì un’imprecazione mentre gettava il foglio a terra, riprendeva la spada e tornava al suo allenamento.
 


 
​=♥=



 
Varcarono la soglia del locale accompagnate dal suono del piccolo campanello sopra la porta.
Si fermarono un istante sulla soglia e si diedero un’occhiata intorno per poter analizzare il posto; sia Aysha che Skylar non ci erano mai andate. Il locale era piccolo, una sorta di pub che poteva fungere anche da ristorantino in vecchio stile. Tavoli di legno erano disposti in modo disordinato per la stanza e un lungo bancone lucido si trovava proprio davanti a loro. L’aria era quasi soffocante per il forte di odore di alcol, a quanto pare molto richiesto in quel luogo, e subito Aysha storse il naso.
Non c’erano molte persone, perciò fu facile trovare un tavolo libero. Si accomodarono in silenzio e, poco dopo, una cameriera dagli occhi e i capelli corti verdi, arrivò per prendere le ordinazioni; cinque minuti più tardi le due ragazze stavano già cenando con due ciotole di spaghetti immersi in un succulento brodo di pollo.
Mangiarono in un silenzio accompagnato solo dal debole tintinnare delle posate e dalle chiacchiere di alcuni clienti. Erano ormai a metà del loro piatto quando a Aysha sfuggì un colpo di tosse violento per una nuvola di fumo che le era arrivata vicino. Alcuni dei clienti, incluso il fumatore accanito, si girarono a guardarla.
-Se deve fumare lo faccia fuori...- borbottò Aysha con altri colpi di tosse.
-Ragazzina! – il fumatore parlò con la voce gracchiante. Era un uomo vecchio, dal viso scavato, i capelli neri unti e striati di bianco e un’ispida barbetta tutt’altro che curata.
-Sta un po’ zitta! Disturbi con tutto questo tossire! –
Skylar si girò a guardare l’uomo e lo vide stravaccato sulla sedia, il tavolo davanti a lui aveva due grossi bicchieri da birra vuoti e il portacenere completamente pieno, segno che non era la prima sigaretta che fumava quella sere.
-Mi scusi, - rispose Aysha con stizza – Anche lei potrebbe degnarsi di fumare fuori! –
-Con questo tempaccio?! Ma non vedi che fra un po’ viene giù il cielo?! – rise puntando un dito scheletrico verso la vetrina davanti a sé. In effetti il cielo si era completamente annuvolato, donando alla notte un aspetto ancora più buoi e sinistro, dato che la luce della luna non faceva capolino da quella spessa coltre.
-Allora vada in bagno! – ribatté Aysha, sentiva il sangue cominciare a ribollire nelle vene – O si giri, non voglio di certo che la mia cena si concluda con un dessert di questo sporco fumo! –
-Come hai detto ragazzina? – l’uomo sgranò i grossi occhi liquidi – Perché semplicemente non te vai! Questo non è un locale per due bambinette come voi! –
Skylar sfoggiò un sorriso di scherno – Non è nemmeno un locale per vecchi decrepiti, per quello ci sono le case di cura, gli ospedali...- fu interrotta da una risata roca alle sue spalle, altri due uomini ubriachi si erano messi a ridere per quella risposta. Il fumatore si accigliò e si alzò dalla sedia; i suoi occhi erano folli, segno di quanto non fosse lucido mentalmente.
-Fumo e alcol...se volevi finire i tuoi giorni ci sei riuscito alla grande! – sputò Aysha con ribrezzo.
-Per me muore domani, - commentò Skylar guardando l’amica, poi si rivolse all’uomo – Spero solo tu abbia la decenza di non morire qui, la povera cameriera lì di sicuro si scoccia a raccogliere un cadavere! –
Il fumatore ruggì di rabbia e scagliò un bicchiere contro il tavolo delle due ragazze.
Aysha e Skylar non si mossero, il bicchiere si infranse ai loro piedi e le schegge volarono intorno.
La cameriera sussultò da dietro il bancone e subito fece per intervenire, ma Skylar la fermò con un cenno della mano e scuotendo appena la testa.
-Non che mi freghi della tua situazione, - Skylar alzò le spalle e scansò il suo piatto – Vita tua, scelte tue...ma non sei una persona che dovrebbe interagire con il mondo se si comporta così! Prendi quegli ubriachi lì all’angolo, sono come te, ma almeno hanno la decenza di dormire invece che disturbare e portare guai! – lo fulminò con una gelida occhiata, ma non servì a molto perché l’uomo scagliò l’altro bicchiere.
Una delle schegge volò troppo vicino al viso di Aysha e la ragazza si alzò si scatto.
-Vuoi anticipare la tua morte di qualche ora vecchiaccio?! – gridò Aysha con gli occhi infuocati.
Con le mani si era già sfiorata il fianco, quando Skylar la fermò prendendola per un braccio. Con gli occhi le disse qualcosa e Aysha colse al volo il modo per sfruttare quell’occasione.
-Raccogli i cocci – ordinò Aysha indicando i piccoli pezzi di vetro per terra, - Sbrigati. –
L’uomo rise e indicò la cameriera che già, dietro il bancone, aveva impugnate la scopa per pulire.
-Già c’è quella! Quella lì che pulisce! È il suo...- tossì - ..Il suo lavoro, altrimenti sarebbe andata a lavorare per la strada! –
La cameriera si irrigidì, completamente a disagio e a quel punto Skylar non si contenne più.
Mollò il braccio di Aysha e la ragazza scattò in avanti, si alzò appena la maglia e in pochi istanti il vecchio cadde a terra tramortito.
La cameriera gridò lasciando cadere la scopa e molti dei clienti ubriachi si svegliarono di soprassalto per il gran baccano. Tutti videro Aysha chinarsi verso il vecchio, con una mano frugare nelle sue tasche dei pantaloni del vecchio.
-Tieni! – Skylar afferrò al volo le monete che l’amica le lanciò e le porse alla cameriera dietro il bancone.
-Stai tranquilla...Silvia, - disse leggendo il nome sulla targhetta che aveva appuntata alla camicia – Si riprenderà domani…si spera, nel caso fortunato che non debba svegliarsi più, puoi dire alla polizia che è morta per eccesso di alcol e fumo e...beh, la roba pratica la saprai. – poggiò sul tavolo le monete e vi aggiunse anche una banconota di tasca sua.
-Per la cena e il disturbo di questo vecchiaccio...dovresti lavorare in un posto migliore – e detto questo Skylar uscì dal locale seguita da Aysha. Prima tuttavia, che la porta si chiudesse alle loro spalle, Aysha ricordò alla cameriera che per tutti i clienti ubriachi sarebbe di sicuro stato come un sogno.
Il vento freddo della notte sbatteva contro i loro visi, mentre camminavano svelte e a testa bassa lungo la strada buia, costeggiando negozi e locali vari da poco chiusi. Skylar si era infilata le mani nel giubbetto di pelle che indossava e camminava più spedita davanti ad Aysha; quest’ultima ogni tanto lanciava occhiate al traffico delle auto che ingombravano la strada.
-Non ci sono andata pesante vero? – domandò ad un certo punto Aysha, sghignazzò rompendo il loro silenzio.
-Potevi fare di meglio, ma in ogni caso non si risveglierà...- Skylar alzò lo sguardo, una goccia le scivolò sul viso e poco dopo, altre l’accompagnarono. L’acquazzone scese giù velocemente e costrinse le due ragazze a correre.
-Accidenti! – imprecò Aysha coprendosi la testa con le mani, mentre Skylar cercava di farsi riparo con il giubbotto, invano ovviamente. Le gocce che cadeva erano pungenti e le due ragazze le sentirono colpire con forza la pelle, quasi a volerla attraversare. Dopo aver corso per un lungo tratto e aver completamente imbevuto d’acqua i loro vestiti e le loro scarpe, si arresero e si fermarono sotto la tettoia di un minimarket ancora aperto.
-Ha sbattuto la testa...- le parole di Aysha condensarono in una nuvoletta.
-Ho visto sì...era quello che meritava, troppa gente come lui ancora esiste qui...- lo sguardo di Skylar si perse involontariamente nei vicoli più sporchi e bui che si vedevano in lontananza. Già la sua mente poteva tracciare il profilo di quelle ombre che vi vivevano e di tutto il dolore che aveva percorso i malcapitati in quelle zone.
-È quasi mezzanotte...dobbiamo rientrare prima che si accorgano della nostra assenza...- disse Aysha.
-Tsk...sento che questa volta ci beccheranno! – Skylar si infilò di nuovo le mani nel giubbotto con un sorriso di scherno sulle labbra, - Pazienza...forse è pure meglio...-
-Domani voglio proprio vedere se la notizia del tizio morto sarà sul giornale! – ridacchiò Aysha – Che razza di individuo…ubriaco fradicio, con quella faccia folle che...-
-…Che è così famigliare, no? – scherzò Skylar.
-Non ricordarmelo...è stata la prima volta dopo quel giorno...che ho sentito di nuovo il bisogno di aprire la gola a qualcuno...-
-Ti sei contenuta...-
-Ci vado piano solo quando ci sono testimoni e quando sono davanti a... –  Aysha si fermò e spalancò gli occhi nell’udire quella voce ovattata dal suono della pioggia, nonostante fosse proprio lì davanti a lei la proprietaria.
-E voi due cosa ci fate qui? – chiese Dami alzando di poco l’ombrello rosso per rivelare il suo viso.
Le due ragazze rimasero qualche secondo scioccate, poi Skylar rispose – Potrei chiederti la stessa cosa. –
-Io sto tornando a casa...- Aysha abbassò lo sguardo e vide una vecchia borsa a tracolla pendere dalla spalla di Dami. La ragazza se ne accorse e si affrettò ad aggiungere – Ero in giro...solite cose. –
-Anche noi, - Skylar alzò le spalle – Stavamo tornando ma abbiamo preso il temporale...comunque non credi sia pericoloso camminare da sola a quest’ora della notte? –
Dami sorrise – Potrei chiederti la stessa cosa! – disse imitando perfettamente la voce di Skylar.
-Non venirmi a dire della nostra differenza d’età...dai, muovetevi venite qui. – Dami fece cenno alle due ragazze di mettersi sotto l’ombrello con lei. Aysha e Skylar si guardarono un secondo, la prima accennò ad un amaro sorriso e poi tutte e tre presero ad avviarsi sotto l’ombrello.
 

 
=♥=
 



Subito afferrò il ramo e si issò con agilità su esso. Compì qualche passo, abbassò poi la testa per evitare i rami scheletrici e quelle ultime foglie secche e ingiallite che sarebbero cadute di lì a poco, spazzate dal vento.
Fece vagare lo sguardo in alto e individuò un ramo più solido, senza pensarci lo raggiunse e vi si sedette sopra.
Cominciò a far muovere le gambe, lasciando che penzolassero da quell’altezza piuttosto vertiginosa e si godette il respiro del vento freddo sul viso, che contribuì ad arrossare di molto le sue guance pallide.
Gli occhi vagavano sullo spettacolo che aveva davanti. Le dolci colline si estendevano a vista d’occhio fino all’orizzonte, dove era quasi possibile avvistare il profilo della città e quindi gli alti palazzi di mattoni, le strade trafficate e il grande via vai di persone. Aileen si stupiva ogni volta, il modo in cui il paesaggio cambiava di netto e la natura di quella piccola campagna veniva interrotta, la faceva sorridere amaramente ogni volta.
Vide il vecchio muro di mattoni, coperto di edera in più punti, e il cancello di ferro che si tagliava al confine della proprietà e la lunga siepe che cominciava alla fine del muro.  Distolse lo sguardo solo quando si accorse di una presenza sotto di lei.
Abbassò lo sguardo e vide Dami che la fissava stringendo in mano una vecchia borsa.
-Che fai lì sopra? Guardi il panorama? – domandò la ragazza. Aileen la invitò a salire con una mano.
-È troppo alto! – gridò Dami per farsi capire; di nuovo Aileen le fece cenno di raggiungerla.
-Che ti costa! Prova! –
Dami guardò prima l’albero, poi Aileen, ripetutamente per alcuni istanti; alla fine si scostò la borsa e si avvicinò al tronco, cominciando a salire. Con sua grande sorpresa, dopo un inizio incerto e scivoloso, riuscì a raggiungerla senza problemi. Si mise seduta lì affianco e anche lei si perse ad osservare quel panorama che non aveva mai avuto il piacere di vedere.
-Bello no? – domandò Aileen con un sorriso – Ci credi che la campagna è riuscita a resistere fino a oggi? –
Il vento solleticò le orecchie di Dami, muovendole appena i capelli – Sì...e per fortuna, qui è davvero bello! –
-È la prima volta che salgo su questa pianta in particolare, credo che d’ora in poi lo farò più spesso...oh! – Aileen concentrò lo sguardo e scosse la testa.
-Sta arrivando un grosso temporale – disse per lei Dami, capendo al volo che l’amica aveva visto una grossa nuvola nera avanzare minacciosa verso la città.
-Spero che le altre ritornino presto...- sussurrò Dami aprendo appena la bocca.
Aileen le accarezzò una spalla e sorrise, - Ma sì, sai come sono fatte! Anche se prenderanno la pioggia non c’è niente di cui preoccuparsi. Torneranno indietro correndo, passeranno il buco nella siepe e saliranno nelle loro camere passando per la porta segreta; dopodiché nasconderanno i vestiti bagnati, è la procedura! –
Poi Aileen notò come Dami facesse dondolare piano le gambe e, allo stesso tempo, lasciasse che le dita giocherellassero con il tessuto della borsa.
-Tu che fai? Stavi andando da qualche parte vero? – le chiese.
Dami diede qualche colpetto affettuoso alla borsa – Solite cose...come tutti i giorni...- rispose evasiva, ma sapeva benissimo che Aileen aveva afferrato il concetto. Tuttavia l’amica sembrava preoccupata e dopo averla vista più volte osservare il profilo dei nuvoloni che avanzavano sempre più velocemente, Dami si affrettò ad aggiungere, - Ho l’ombrello tranquilla. –
Aileen intravide un pezzo dell’ombrello rosso di Dami e si trattenne nel dire qualcos’altro.
Dami allora si alzò lentamente e si girò per scendere dall’albero. Un pezzo di carta le scivolò via dalla tasca dei pantaloni, ma veloce Aileen lo afferrò prima che potesse volare lontano per il vento.
-Oh! – Dami glielo prese in fretta dalle mani, con un sorriso tirato per ringraziamento; quindi cominciò la sua discesa. Poco dopo, dall’alto della sua pianta, Aileen la vide correre attraverso gli alberi, sempre all’erta guardandosi le spalle, attraversare il buco nella siepe e cominciare a correre lungo la strada, lasciandosi il vecchio muro e il cancello alle spalle.
 
 
 
=♥=
 



Mosse la bomboletta e poi spruzzò. Una lunga striscia fucsia uscì fuori e si espanse lungo tutto il muro andando ben presto a formare una grossa stella.
-Passami la nera, - disse Catelyn a Juliette, quest’ultima ubbidì e tirò fuori dal suo zaino la bomboletta.
Catelyn disegnò accanto alla stella un pallone da basket e alla fine, con la bomboletta di vernice bianca, vi aggiunse vicino la scritta “You cant shine.” 
Il graffito sembrava brillare leggermente sul muro grigio e sporco di quel vicolo infestato dall’odore dei cassonetti dell’immondizia.
-Dici che va bene, Jul? – domandò Catelyn
-Sai che se ci beccano finiamo nei guai, vero? – rispose Juliette, anche se lo scintillio nei suoi occhi rivelava l’eccitazione del momento. Catelyn rimise le bombolette nello zaino e contemplò la sua opera con soddisfazione.
-Lo so, - disse – Ma era uno scherzo che dovevo proprio fare! –  rise soddisfatta, già pregustando dentro di sé la faccia del malcapitato che avrebbe subito lo scherzo.
-Sai fare di meglio, - le disse Juliette – Questo non è uno scherzo...secondo me per quanto è stupido non capirà, oppure passerà qui davanti e non ci farà nemmeno caso!-
Catelyn strinse i pugni e assottigliò gli occhi – Mi ha chiamata tappo. –
-Appunto, merita di peggio non credi? –
Catelyn si girò e guardò il palazzo di mattoni alle sue spalle. A destra una grossa porta di metallo a due battenti li separava dalla persona che aveva cominciato ad odiare in quelle ultime ore. Se chiudeva gli occhi poteva anche sentire il suono di tanti palloni che rimbalzano sul pavimento della palestra e le grida dei vari giocatori che incitavano i compagni e li maledicevano per aver fatto perdere la squadra.
-Bene, - un ghignò si fece largo sul viso di Catelyn – Passami la bomboletta verde fluo. –
Aveva appena finito di scrivere qualcos’altro accanto al graffito, quando un fischio prolungato invase il vicolo e rimbombò per tutto l’edificio. Era il momento, Juliette afferrò lo zaino, Catelyn strinse più forte la bomboletta tra le mani e insieme si nascosero dietro un grosso cassonetto, vicino alla porta e completamente immerso nell’ombra. Attesero lì per una buona mezz’ora, vigili al minimo rumore, poi quando la porta si aprì e i giocatori cominciarono ad uscire uno a uno, cercare di cogliere il loro ragazzo.
-Eccolo...- sussurrò Catelyn quando lo vide. La capigliatura bianca inconfondibile sopra quella fascia nera e gli occhi taglienti di un rosso scuro del ragazzo che ora odiava. Il vicolo era diventato più buio, la notte stava sopraggiungendo, perciò molti dei ragazzi non riuscirono a vedere, forse neanche ci fecero caso, i graffiti.
Tuttavia Catelyn sapeva che lui avrebbe notato qualcosa, sperava che quel disegno e quelle scritte incombessero su di lui come un’ombra soffocante. Infatti accadde, il ragazzo vide il muro macchiato di rosa, la stella, il pallone, la scritta bianca e l’altra, molto più grande che citava il suo nome.
La borsa del ragazzo cadde a terra, mentre con gli occhi e la bocca spalancati dallo spavento, sillabava ciò che c’era scritto.
-Terry…tu...non puoi brillare...- rimase interdetto alcuni istanti, poi si girò e scagliò la borsa verso il cassonetto. Fu la risata di Catelyn a tradire le due ragazze, che uscirono allo scoperto con le mani alzate.
-Tappo! – gridò il ragazzo di nome Terry – E così è questa la tua idea di vendetta? Originale direi! – rise.
Catelyn serrò i pugni e si avvicinò – Mi sono trattenuta è vero, la prossima volta aspettati di peggio. –
-Hai davvero intenzione di continuare a tormentarmi? Non pensi di essere un po’ cresciuta per queste cose? Oh, aspetta…tu non sei affatto cresciuta! – Terry fece finta di misurare la sua altezza con la mano, ridacchiando.
Juliette tentò di afferrare Catelyn prima che potesse perdere il controllo, ma fu troppo tardi, la ragazza era già scattata. Con sua grande sorpresa però, l’amica non perse il controllo. Catelyn si avvicinò al ragazzo fino ad arrivargli ad un palmo dal naso, lo guardò con gli occhi che ardevano.
-Non sprecherò le mani con te...sei solo un verme...- sussurrò – E tutto questo sudore...- gli toccò con un dito la maglietta rossa da giocatore che indossava, poi indicò la scritta bianca sul muro -…non servirà a farti brillare, perdente. –
Juliette rise sinceramente colpita dalle parole dell’amica e allora Terry perse la pazienza.
Sollevò Catelyn per il giacchetto di jeans che portava e la spinse lontano, Catelyn perse l’equilibrio e cadde a terra. Si rialzò, si tolse il giacchetto e lo porse a Juliette.
-Non puoi togliermi la soddisfazione di farlo fuori! – sbuffò questa, afferrando con stizza l’indumento.
-È una faccenda tra me e lui, mi aiuterai dopo a raccogliere i pezzi semmai...- si scagliò in avanti con il braccio alzato, pronta a colpirlo con un pugno sul naso. Il ragazzo schivò e cercò di afferrarla per la vita, ma Catelyn fu più veloce e gli rifilò un calcio nello stomaco che lo piegò. Stava già per affondargli un pugno sotto il mento, quando vide qualcuno spuntare dal vicolo, e allora si fermò con il braccio fermo a mezz’aria.
Juliette fischiò e osservò la scena quasi con divertimento. Dami era immobile all’ingresso del vicolo, gli occhi spalancati per la sorpresa di vedere Catelyn in quel luogo, intenta a fare a botte con qualcuno.
Catelyn alzò le mani e si allontanò da Terry, - Che ci fai qui? – chiese a Dami, con un tono più brusco di quanto avrebbe veramente voluto. Dami indicò la sua borsa per far capire, poi aggiunse – Sta per piovere, e si sta facendo buio…andate via da qui. –
Catelyn si girò, prese lo zaino e si allontanarono verso l’ingresso del vicolo.
Terry si rimise in piedi ridendo, mentre si spazzolava via dai vestiti la polvere, - E questa sarebbe la tua mammina? Che c’è, hai paura di lei e ora abbandoni la lotta, tappetto? –
-Non credere...- Catelyn si infilò di nuovo il giacchetto di jeans – Non ho finito con te! –
Si allontanò al fianco di Juliette senza aggiungere altro e senza rivolgere la parola a Dami.
Quest’ultima guardò Terry con la mascella contratta e gli occhi irremovibili, poi si incamminò per la sua strada.
L’immagine di quel graffito era ancora impresso nella sua mente e per un istante, un ricordo la percosse.
 

 
 
 
 






A.A

Piccolo avviso: dal 25 agosto al 15 settembre non avrò il computer, quindi il prossimo capitolo tarderà ad arrivare. 
Già sono lenta di mio, figuratevi uff
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo l'anima per scriverlo bene e alcuni parti le ho riscritte e cambiate milioni di volte.
​Spero di aver cominciato a caratterizzare bene i vostri personaggi, li sto ancora studiando bene per cercare di migliorare, quindi scusatemi se magari vi aspettavate qualcosa di diverso ;(
​Inoltre ho cercato di lasciare degli indizi...ad esempio per una ricostruzione temporale dei paragrafi...chi lo sa (?). 
​La storia nella mia testa ha preso una piega che non mi aspettavo, quindi perdonatemi se magari alla fine esce fuori qualcosa che non vi aspettavate. 
​Ah! Dimenticavo di dire che per il momento ho deciso di non includere relazioni amorose, gomen :/
​Credo di aver detto tutto, grazie per l'attenzione :)
xoxo


=♥= Eli 



NB: magari non vi interessa ma ho riletto il primo paragrafo ascoltando in sottofondo Awake di Jin dei BTS e mi era sembrata una canzone adatta a quell'atmosfera.
​Solo una piccola cosa che volevo condividere con voi eheh.






 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: A r o h a