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Autore: Thewritingpenguins_    21/08/2017    0 recensioni
Brighton, East Sussex, 1823
Accanto ai campi traboccanti di coltivazioni sorge una rustica abitazione.
Qui crescono a vista d'occhio sei ragazzini, ognuno con la propria storia, passioni e desideri.
Margaret ed Heyden, due giovani incontratasi per caso e abitanti della stessa lugubre dimora, si godono la loro tenera infanzia, costellata di baci struggenti e frasi sussurrate.
Un giorno però, nel biancore del cielo invernale, l'avvento delle prime responsabilità e il senso del dovere, segnerà le vite di entrambi.
Ma ciò che il destino decide di unire non si separa così facilmente.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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prologo 2/2


Prologo (2/2)


La timida luce dell'alba fu il primo segnale di un giorno nuovo che nasceva, un giorno che le avrebbe sottratto qualcuno per lei insostituibile, un qualcuno che l'aveva stretta per tutta la notte in un abbraccio fedele e che ora sonnecchiava accanto a lei in attesa di un risveglio imminente.

Il caldo tepore emanato dalla coperta di lana e quello emanato dal corpo maschio di Hayden, impediva a Margaret di alzarsi propriamente e iniziare la giornata. Voleva rimanere lì, distesa su un fianco, le gambe al petto in quella che poteva sembrare una reminiscenza della posa fetale. Con la testa nascosta tra le braccia e il fine cuscino sgualcito, Margaret udiva ogni rumore, come il più piccolo degli scricchiolii, magari proveniente da un asse di legno erosa dalle termiti oppure dallo scalpiccio degli animali nell’aia, ovattato e inconsistente. Poteva udire quasi distintamente il russare del Signor Durk dall’altra parte del corridoio, il soave respirare di Lilith che, accoccolata nel proprio letto, supina e con i capelli sciolti e scompigliati sul cuscino, sembrava godersi quell'ultimo barlume di concesso riposo.

Il gallo avrebbe cantato, presto, e la vita nella piccola e angusta dimora di campagna sarebbe ricominciata con i suoi soliti ritmi. Lilith sarebbe scesa dal letto, agile e scaltra come una formica laboriosa, avrebbe attraversato svelta la stanza, calpestando appena il pavimento freddo. Prima di uscire, le avrebbe dato un morbido bacio sulla fronte, uno di quelli che profumano di chiodi di garofano e vaniglia,uno di quelli materni; le avrebbe rimboccato le coperte e le avrebbe sussurrato un dolce “è ora di alzarsi". Silenziosamente, avrebbe fatto scattare la maniglia della porta, ruotandola in senso antiorario, poi, richiudendosela alle spalle, sarebbe corsa a svegliare il sign. Durk dai postumi della solita sbornia che, con l’arrivo della vecchiaia, era diventata un “must". Nel letto accanto a quello vuoto di Hayden, Mark stava sicuramente russando,perso nella fase più profonda del sonno,una gamba a penzoloni giù dal letto.

La sera prima tutti i ragazzi si erano riuniti per passare le ultime ore prima del ritorno del signor Durk insieme. Mark dopo aver udito la notizia era rimasto senza parole e per cinque buoni minuti aveva fissato il viso dell'amico senza esprimere emozioni. Elizabeth e Lilith erano scoppiate a piangere ed erano corse ad abbracciare Hayden che con il viso distrutto scrutava Margaret, seduta in un angolo accanto a Caroline, ammutolita anche lei dall'annuncio, piangeva in silenzio.

Era stata una cena silenziosa, malinconica e permeata da un'atmosfera lugubre. Durk era rientrato tardi, come succedeva spesso quando si perdeva nelle locande di Brighton in compagnia di donne troppo costose per le sue misere tasche, e Caroline gli aveva lasciato una scodella di zuppa al solito posto. Zuppa che quella sera, dopo essere rientrato Durk non aveva nemmeno sfiorato, era salito al piano superiore per poi sbattere furiosamente il pugno sulla porta della stanza dei ragazzi da cui provenivano voci smorzate e basse. Questi si erano alzati dal pavimento e dopo aver abbracciato e stretto forte il ragazzo, si erano avviati ciascuno nelle proprie stanze.

Stretta nel caldo abbraccio delle coperte, ammucchiate una sopra l'altra per fare spessore, poichè trapunte e coltroni erano troppo costosi per il Signor Durk, Margaretpensò che avrebbe ricordato quella notteper tutti gli anni a venire. Perchè quella notte credeva di aver sognato quando un paio di lunghe e pelose gambe le avevano sfiorato le caviglie indolenzite per il troppo camminare: Margaret aveva avuto come l’impressione che qualcuno la stesse osservando. Si sentiva affogare dall’insistenza di quella sensazione.

D'un tratto la porta della camera da letto si era spalancata, un paio di passi sulle assi cedenti e Margaret aveva capito che qualcuno era appena entrato nella stanza, ma non era in grado di percepirne la presenza, poichè in balia del buio. Una sagoma oscura si era affrettata a raggiungere il suo letto che si era piegato in un gesto innaturale sotto un peso ingente che non era abituato a sopportare. Il contatto con gli indumenti stranamente freddi e umidi aveva fatto sobbalzare Margaret, che si era stretta ancora più in sé stessa, facendo attenzione a non far scivolare la coperta giù dal volto. Tentando di regolarizzare la respirazione, aveva finto di essere caduta vittima di un tremendo incantesimo, ma il sudore freddo cominciava a farsi sentire, appiccicato come un collante tra il tessuto sporco del cuscino e la guancia striata di Margaret.

Il respiro caldo e umido, le labbra schiuse e un alito di piacevole calore le rubò il respiro, mentre si avvicina al suo orecchio scoperto. “Stai dormendo?” Allora, riconoscendone la voce, Margaret si era svegliata tutta, di soprassalto, e si era voltata incredula. Al suo fianco, dietro un ammasso di capelli e vestiti, Hayden teneva gli occhi socchiusi, su di una bocca ispida e carnosa. La folta chioma sembrava incatenata al tessuto morbido del cuscino. La camicia da notte, legata e infilata dentro la cintola dei calzoni, si alzava e si abbassava al seguito del respiro del suo petto.

“Dove sei stato?” Il profumo caldo e la fresca rigidezza della stanza s’infiltrarono sotto le coperte.

“Per favore, non dire nulla.” aveva detto, in un roco sussulto scuotendo una mano da sotto la coperta. Hayden le aveva posato una mano a coppa sotto il mento, sfiorandole uno zigomo con i polpastrelli. Poi l’avevabaciata amichevolmente con la levità di una piuma, assaggiando la sua fronte liscia. Margaret profumava di sole, d'estate, e aveva labbra dolci come fragole. Lei l’aveva abbracciato stretto, godendo della morbidezza del suo corpo. Ogni volta che lei si muoveva, o si contorceva nell'abbraccio, provocava una deliziosa tortura che portava Hayden al limite dell'autocontrollo. Abbracciati l'uno all'altra si erano addormentati tardi, dopo essersi sussurrati promesse e confessioni.

Quel mattino, i suoi capelli color terra bruciata sparsi a raggiera sul cuscino, sapevano di fiori selvatici, acqua salata e carbone; le palpebre socchiuse di Hayden in quel momento le ricordavano il candido riposo innocente di un neonato ignaro di ciò che la vita gli avrebbe riservato, il suo viso rilassato così in contrasto con l'espressione cupa e preoccupata che le aveva riservato il giorno prima. Per certi versi comprendeva il suo comportamento, iniziava a dare un senso alle parole del giovane, il suo volerle nascondere la partenza fino all'ultimo giorno per non essere costretti ad avvertire il peso schiacciante dei minuti che passavano. Le ore, i minuti e i secondi trascorsi dal momento del funesto addio erano stati per entrambi carichi di un peso insostenibile che aveva macchiato quegli ultimi momenti di beata condivisione.

Ed ora, mentre lo guardava risvegliarsi,Margaret desiderò ardentemente di poter ripetere tutto, dalla sera prima fino a quel momento, di poter sentire ancora Hayden sussurrarle parole dolci e rassicuranti invece di essere costretta a forzare un sorriso vuoto, perchè non aveva la forza di dire nulla.


°°°°°


Gli accarezzò i capelli con lo sguardo coperto dalle lacrime, il vento freddo soffiava inperterrito facendo svolazzare la veste di Marge che stretta ad Hayden si lasciava cullare dalla sua presa e dalle raffiche mattutine.

I ragazzi erano sulla porta di casa e dopo aver salutato uno per uno il castano erano rimasti lì accanto guardandoli con gli occhi solcati dalle lacrime.

“Devo andare Marge.” Hayden aveva sussurrato queste parole in tono grave con la voce rotta dall'amarezza, il viso piegato nell'incavo del suo collo per annusare ancora per gli ultimi istanti il suo profumo inebriante che sapeva di casa, una casa che non avrebbe rivisto tanto presto.

“No, ti prego.” Lei premette le mani sul suo petto marcato in cerca di altro conforto ma il tempo scorreva inesorabile e non c'era nulla che potesse rimandare quel momento.

“Tornerò, te lo prometto, aspettami.”

Hayden le afferrò le mani e come il giorno prima se le portò alla bocca, le baciò e sussurrò questa frase a ripetizione quasi come se fosse un circolo disperato senza fine.

Indietreggiò di qualche passo e lasciò la presa di Marge non prima di averle baciato un ulima volta le mani poi si avvicinò al suo viso e le diede un leggero quasi impercettibile bacio sulle labbra, per Marge quello fu come soffio delicato di un istante troppo veloce per poterlo cogliere fino in fondo.

Dopo di ciò il ragazzo afferrò la valigia di cartone ammaccata appoggiata a terra, salutò i ragazzi in lacrime sulla porta con un gesto caloroso e disse:

“Tornerò ragazzi.”

L'ultima immagine che lui regalò a Marge fu quella della sua schiena ricoperta dal tessuto blu del maglione usurato che curvata come dopo una giornata di duro lavoro si allontanava sull'arido sentiero che conduceva a Brighton.

   
 
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