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Autore: Gelatin    21/08/2017    2 recensioni
[Snow King!AU] [Sebastian/Ciel]
Nell'immenso castello del Sovrano dei Ghiacci, il giovane Ciel tenta di sopraffare la crescente attrazione che l'ha spinto a seguire il demone, lasciandosi il suo passato e i suoi cari alle spalle.
Sebastian lo istruisce alle arti magiche, è un insegnante paziente, affascinante e spaventosamente potente, che non si esime dal tentare il ragazzo coi suoi modi carezzevoli.
Sullo sfondo di un luogo perennemente immerso nella neve, inconsapevole di tutto, Elizabeth si mette in cammino, alla ricerca della persona che ha già voltato le spalle al sole.
Dal testo:
''Tu tremi'' sentenziò l'uomo, abbandonando l'enorme, candida slitta. Lo prese per i fianchi e lo adagiò accanto a sé, avvolgendolo nella voluminosa pelliccia.
Il ragazzino rabbrividì.
L'individuo lo fissò lungamente, poi si chinò su di lui, sfiorando la sua bocca in un bacio delicato, e Ciel non sentì più freddo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: onde a evitare confusione, la parte iniziale, in corsivo, è un flashback. Buona lettura ^^
 

Crows In Snow


Il ricordo confuso di quella notte non l'aveva più abbandonato: segretamente, nella parte più recondita del suo animo, Ciel custodiva ancora la reminiscenza della singolare creatura apparsa davanti alla sua finestra, imponente e bellissima, per certi versi insidiosa in un modo che non sapeva spiegarsi.

Aveva avvertito il pericolo, tuttavia l'immagine dell'essere continuava a presentarsi insistente nella sua mente e nei suoi sogni, e neppure Elizabeth era riuscita a distrarlo con la sua spensieratezza. Giorno dopo giorno l'innaturale necessità di rivedere quel volto etereo si era fatta pressante, impellente, e il ragazzo non era più riuscito a concentrarsi su altro.

Poi, in un battito di ciglia e un fiotto di dolore, tutto era cambiato.

Ogni cosa si era mostruosamente distorta e la felicità era scomparsa, come volata via.

Adesso, pure le persone a lui più care gli parevano fantocci insignificanti; le loro frasi, lontane e ovattate, non arrivavano neppure a sfiorare il suo udito e la città che aveva tanto amato gli mostrava ora tutte le sue imperfezioni.

Non c'era più nulla di bello nella sua vita, nulla che valesse la pena di essere considerato.

La sola cosa a dargli ancora un minimo di forza, uno sprazzo di sentimento, era il ricordo della creatura che ricercava ovunque: nel freddo, nel pallido bianco della neve, nei suoi fiocchi simmetrici e incantevoli, le uniche cose a non essere state contaminate dal suo crescente avvilimento.

Contrariamente agli anni passati, Ciel si era ritrovato a sperare l'inverno non finisse mai. Non voleva vedere l'ultimo ricordo dell'essere sparire in quel modo.

''Ciel, mi stai ascoltando?''

Il ragazzo volse la sua attenzione a Elizabeth, che lo scrutava arcuando il labbro inferiore con aria capricciosa. Si era sporta pericolosamente dalla sua finestra, proiettando la propria, tenue, ombra sulle rose sottostanti.

''Cosa c'è?'' rispose svogliatamente.

''Mi annoio, giochiamo insieme.''

Il ragazzino scrollò il capo.

''Non ne ho voglia, adesso. La zia mi ha dato il permesso di scendere fino in piazza, penso andrò lì.''

La neve stava iniziando a sciogliersi a causa del clima più mite, e tra poche settimane sarebbe giunta la primavera: voleva godersi appieno gli ultimi momenti a contatto col suo unico lenimento prima di attendere un intero altro anno.

Elizabeth si era adombrata e non aveva aggiunto alto; la vide chiudere la finestra e rientrare nella sua camera, mortificata, eppure non se ne dispiacque tanto quanto avrebbe voluto.

Sospirò, indossò il suo pesante cappotto e uscì di casa senza salutare la zia.

La città era piccola, un agglomerato di minuscole case diroccate addossate l'un l'altra; impiegò poco, quindi, a giungere alla piazza principale, dove un gruppo di ragazzi più grandi era intento a giocare.

Si accomodò su una panchina spazzando via la neve che l'aveva ricoperta e osservò distrattamente alcuni giovani legare i propri slittini a una manciata di carri fermi nello spiazzale.

Un ragazzo biondo dall'aria gioviale gli si avvicinò.

''Heilà!'' lo salutò, mostrandogli un sorriso tutto denti.

Ciel cercò di ricordare il suo nome: in città tutti si conoscevano tra loro, e anche lui doveva aver certamente scambiato qualche parola con quel fanciullo, ma nel suo totalizzante disinteresse non ricordò quando.

''...Finnian, giusto?'' tentò, dopo interminabili secondi di riflessione.

Il biondo annuì con foga.

''È da un po' di tempo che te ne stai a passeggiare da solo senza Lizzy'' sentenziò, sedendoglisi accanto ''Avete litigato?''

Ciel trattenne una smorfia infastidita.

''No, nulla del genere.''

''Uhm... Davvero? Sai, sembri molto triste''

Il ragazzino osservò la sua espressione incupirsi, compassionevole, per poi mutare celermente in un impeto inspiegabile di gioia.

''Ho un'idea! Hai voglia di provare il mio slittino?'' sorrise, indicandogli l'oggetto in lontananza.

Ciel scosse la testa: ''Ti ringrazio, ma non ho voglia di giocare.''

Finnian si rabbuiò nuovamente, tuttavia non demorse; lo afferrò per un braccio e con una forza spaventosa lo trascinò fino al gingillo di legno, porgendogli la corda a cui era legato.

''Quello'' iniziò, facendo un cenno verso un punto alle proprie spalle ''È il carro di Bard. Assicuralo lì e lasciati trascinare fino al pendio, poi slega la fune: è divertente, te lo assicuro!''

Ciel fissò scettico la corda che aveva in mano.

''Dai, fai solo un tentativo!'' insistette Finnian.

Il ragazzino sospirò, sconfitto.

''D'accordo.''

Fu appena capace di vedere un sorrisone sbocciare sulle labbra del ragazzo che questi venne richiamato da un gruppo di amici al margine opposto della piazza, oltre la fontana di marmo.

''Ci vediamo dopo!'' sventolò la mano per aria e corse via.

Ciel rimase a fissare il punto in cui era sparito, per poi riportare l'attenzione all'oggetto accanto a sé: cercò il carro di cui parlava Finnian per individuarlo accostato ad altre due vetture simili per grandezza e fattura.

Stava per avvicinarglisi quando qualcosa colse il suo interesse.

In lontananza, su quella che sotto lo spesso strato di neve era la via principale, una slitta immacolata macerava velocemente la distanza che la separava dalla piazza; contrariamente a quanto Ciel credette, questa non si accostò ai carri, ma li aggirò, percorrendo il perimetro dello spiazzale un paio di volte prima di fermarsi in un angolo isolato.

Il ragazzino, che non aveva perso di vista neppure per un istante la vettura, gli si accostò rapito, trascinando con sé lo slittino di Finnian.

Quando fu abbastanza vicino, notò le dimensioni stupefacenti del veicolo e la candidezza del suo colore. Mai nella sua vita aveva visto una slitta tanto bella, la cui consistenza evanescente, simile al ghiaccio, la faceva somigliare a qualche magico oggetto tirato fuori da una vecchia favola.

Estasiato, cercò di guardare il viso del conducente: questi gli dava le spalle, e Ciel non poté intravedere null'altro se non una voluminosa pelliccia di lupo. Ciononostante, il forestiero si accorse della sua presenza, e con un gesto della mano lo invitò a legare la corda alla sua slitta.

Il ragazzino annuì, per quanto l'altro non potesse vederlo.

Assicurò lo slittino meticolosamente e vi prese posto: fece giusto in tempo a sedersi che la vettura parti a una velocità spaventosa, costringendolo a trattenere un urlo terrorizzato.

Imboccarono la strada inversa da cui il forestiero era arrivato così rapidamente che Ciel non riuscì neppure a intravedere distintamente le persone nella piazza; quando, giunti al pendio, provò a slacciare la corda, non vi riuscì.

Il panico lo colse.

I fiocchi di neve si erano fatti così fitti e grossi da impedirgli di discernere l'ambiente circostante, mentre il gelo gli penetrava fin sotto il cappotto e i vestiti.

Provò a gridare senza successo.

Nel momento in cui iniziò a contemplare l'idea di gettarsi giù dallo slittino in corsa, la vettura si fermò d'improvviso e il conducente si voltò, mostrandogli finalmente il suo viso.

Ciel reprimette un gemito sorpreso.

Davanti a lui, la creatura che aveva tormentato le sue giornate, rendendole un cumulo di banali ore analoghe, lo scrutava con un ghigno mefistofelico, facendolo sentire incredibilmente vulnerabile.

''Tu tremi'' sentenziò l'uomo, abbandonando l'enorme, candida slitta. Lo prese per i fianchi e lo adagiò accanto a sé, avvolgendolo nella voluminosa pelliccia.
Il ragazzino rabbrividì.
L'individuo lo fissò lungamente, poi si chinò su di lui, sfiorando la sua bocca in un bacio delicato, e Ciel non sentì più freddo.

''Non avere paura'' gli sorrise ''Ti condurrò nel mio meraviglioso castello, lontano da questo sudicio posto.''

Il ragazzino respirava a malapena.

''Chi sei?'' riuscì a biascicare.

''Non l'hai ancora capito?'' domandò il magnifico forestiero ''Il mio nome è temuto da secoli e la mia stessa persona viene creduta una leggenda: sono il Sovrano dei Ghiacci, giunto per far di te il mio nuovo pupillo.''

Ciel non seppe cosa rispondere.

Il Sovrano dei ghiacci era un'entità a metà tra la fiaba e la storia; la zia Angelina gliene aveva narrato innumerevoli volte, ma il ragazzino l'aveva sempre smitizzato a un racconto atto a terrorizzare i bambini. Neppure nelle sue fantasie più pittoresche avrebbe mai pensato di poter imbattersi in tale creatura né, tantomeno, che questa potesse interessarsi a lui.

Strabuzzò gli occhi, fissando il volto incantevole del Sovrano.

''Perché proprio io?'' chiese, avvicinandosi inconsapevolmente al corpo accanto al suo.

''Hai del potenziale'' rispose l'altro, passandogli un braccio attorno alla schiena e facendo ripartire la slitta. Ciel si girò giusto in tempo per vedere lo slittino di Finnian scomparire alle loro spalle, inghiottito dalla neve.

''Mi sembrava uno spreco lasciarti muffire in quella cittadina di stolti. Puoi fare grandi cose, con il mio aiuto.'' ghignò, accostando nuovamente le labbra al suo viso.

Stavolta, queste si posarono sul suo occhio destro, gentili, provocandogli uno strano intorpidimento che si protese a tutto il corpo; lentamente, i suoi arti si desensibilizzarono e persero piano il proprio colore.

Ciel si fissò le mani rapito e poggiò la testa sulla spalla del demone, lasciandosi andare.

Prima che se ne potesse rendere conto, stava già dormendo.

Quando Lizzy aprì gli occhi non percepì l'acqua gelida lambirla; tutto era caldo, il suo corpo asciutto e le sue scarpine rosse stanziavano a terra, al fianco del letto su cui era sdraiata.

Si mise a sedere, osservando confusa la stanza dalle pareti scure e il mobilio tetro: l'abitacolo era angusto, eppure l'unica finestra presente non bastava a rischiararlo a dovere, forzandolo a un'opprimente penombra.

Sul comodino accanto al suo giaciglio, un cumulo di barattoli contenenti qualcosa di terribilmente simile a delle ossa si disegnava sul resto degli oggetti grotteschi presenti nella camera, rendendo l'atmosfera ancor più stramba.

Ad accogliere il suo risveglio, una lunga, inquietante risatina.

Lizzy si voltò spaventata per vedere un uomo alto, abbigliato di nero, entrare da una delle due porte cigolanti.

''Ti sei svegliata'' ridacchiò, apparentemente studiandola da sotto la massa di capelli argentei ''Quando ti ho trovata sulla riva del fiume credevo fossi morta.''

La ragazzina indietreggiò nel materasso, allarmata.

''Dove mi trovo?'' riuscì a biascicare con voce tremante.

L'individuo le si avvicinò stringendo tra le dita -che facevano sfoggio di lunghe unghia nere- una tazza fumante.

Lei lo fissò sconcertata, non accennando a prenderla.

''Sta tranquilla, è solo del tè'' di nuovo quella risata agghiacciante. Accettò la bevanda senza riuscire a reprimere il tremito delle sue mani.

''Ti trovi nella mia umile dimora, adesso. Era da tempo che non ricevevo visite: vieni dalla città, non è vero?''

Lizzy annuì.

''Io... Cerco un amico.'' sentenziò, scrutando il viso dell'uomo, segnato da una profonda cicatrice che lo attraversava obliquamente.

''Un amico?'' ripeté questi ''Di qui non passa mai nessuno. Di vivo, almeno''

La fanciulla impallidì.

''Sta tranquilla, è da molto che non ho a che fare con ragazzini.''

Elizabeth tirò un sospiro di sollievo.
"Mi chiedo dove possa essere..." mugugnò tra sé e sé, dimentica dell'individuo al suo fianco. Sorseggiò piano il tè, assaporandone il sapore dolce e lasciando il suo calore la scaldasse dolcemente.
"Ma dimmi, se non è morto, dove potrà mai essere?" domandò al singolare sconosciuto.
Lui si portò una mano al mento, pensieroso; il ghigno incrinato nella sua espressione non accennava a sparire, rendendolo sinistro come tutti gli oggetti presenti nella camera.
"Oltre la mia dimora ci sono poche case e, dopo queste, le montagne. Non so dove si possa trovare il tuo amico, ragazzina"
Di nuovo, sulla sua faccia, quel sorriso storto, illeggibile. Neppure i suoi occhi erano visibili sotto la lunga frangia.

Elizabeth s'incupì, stringendo le mani attorno alla ceramica bollente.

''Non fare quella faccia: non c'è nulla che non possa essere risolto da una risata!'' continuò l'uomo, porgendole un recipiente colmo di biscotti che lei rifiutò fiaccamente.

''Una risata?'' domandò ''Una risata non riporterà Ciel da me.''

Lo sconosciuto scosse la testa:''È vero, non lo farà, ma io posso aiutarti.''

Lizzy gli gettò un'occhiata sorpresa, sporgendosi verso di lui.

''Ti prego, dimmi come! Farò qualsiasi cosa! Ho dei risparmi da parte, in città! Se mi aiuterai e verrai con me te li cederò più che volentier-'' fu zittita da un dito premuto sulle labbra.

''Non è un qualcosa di materiale, ciò che chiedo.'' asserì, stranamente serio.

''E allora cosa?'' incalzò la ragazzina.

''Ciò che voglio è...'' arcuò ulteriormente le labbra ''Una risata di prim'ordine!''




 
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Sul serio, stavolta credevo proprio non sarei riuscita a postare in tempo! Avevo deciso di prendermi un giorno di pausa e, prima che me ne accorgessi, ne erano già passati tre! Ah, la pigrizia.
Al solito, grazie infinite a chi segue la storia!
Ci si becca speriamo la prossima settimana!
Ciao!
   
 
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