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Autore: IndianaJones25    21/08/2017    2 recensioni
Di ritorno da un’avventura a Ceylon, Indiana Jones può finalmente iniziare un nuovo anno accademico. Ma, proprio quando pensa che per qualche tempo le lezioni universitarie saranno la sua quotidianità, il celebre archeologo riceve un nuovo incarico: quello di ricostruire lo Specchio dei Sogni, l’unico oggetto in grado di condurre al Cuore del Drago, un antico artefatto che non deve cadere nelle mani sbagliate. Così, affiancato dal suo vecchio amico Wu Han e da un’affascinante e misteriosa ragazza, Jones si vedrà costretto a intraprendere un nuovo e rocambolesco viaggio attorno al mondo, in una corsa a ostacoli tra mille difficoltà e nemici senza scrupoli…
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold Oxley, Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Wu Han
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13 - LA TOMBA DEL PRIMO IMPERATORE

   Xi’an, Cina

   Il sole nascente ad oriente donava al cielo una tinta di un violetto purpureo, tendente a trasmutarsi lentamente in un pallido celeste verso l’alto, quasi come se le tenebre notturne non volessero lasciare campo al chiarore e cercassero, vanamente, di mantenersi ancora saldamente aggrappate con i loro lunghi artigli al nuovo giorno oramai incombente.
   La campagna circostante, tinteggiata di colori smaglianti dalla luce radiosa del sole albeggiante, appariva ondulata laddove i contadini, le cui piccole casupole, in lontananza, spuntavano come indistinti punti scuri, avevano terrazzato le colline per riuscire a sfruttare ogni singolo centimetro di terra e brillava di piccole stelle quando l’acqua delle risaie veniva leggermente agitata da una debole bava di vento che ne increspava la superficie altrimenti immobile. Qua e là, rari alberi verdi, il cui fogliame andava punteggiandosi di tonalità rosse nell’imminenza dell’autunno venturo, agitavano le proprie chiome in quei momenti in cui il venticello soffiava appena un po’ più intensamente, interrompendo la monotona bellezza dei campi tutti uguali, che si perdevano all’infinito su quell’immensa vastità che è la Cina. Qualche bufalo pascolava paciosamente mentre stormi di anatre si levavano sovente in volo con alte strida da una risaia per andare a posarsi, subito dopo avere percorsi pochi metri, in un altro punto, forse più ricco di nutrimento per quegli uccelli acquatici dal piumaggio variegato di mille colori oppure candido come la neve intatta degli alti monti distanti.
   In lontananza, quasi al confine dell’orizzonte visibile, però, era possibile scorgere anche macchie di un color verde maggiormente marcato, senza dubbio foreste vergini di bambù, cipressi ed abeti, spesso riflesse dalle cristalline e fredde acque di laghetti che parevano appartenere ad incantate visioni oniriche, di quelle che popolano la fantasia e le leggende di quell’antichissima e misteriosa terra.
   Sembrava che gli orrori della guerra civile che sconvolgeva la Cina da ormai molti e durissimi anni non avessero ancora intaccato quei luoghi fino a quel momento rimasti incontaminati ed ameni; pareva quasi che essi fossero stati risparmiati dalle atrocità per la loro bellezza estrema e per la loro sacralità, essendo dimore millenarie delle salme dei sovrani che, un tempo, resero il paese uno dei più vasti e potenti imperi mai affacciatasi sulla storia dell’umanità. Ma, presto o tardi, purtroppo, anche lì sarebbero certamente giunti guerriglieri e soldati, a battersi tra loro ed a scaricare la propria ira e la propria frustrazione contro la popolazione inerme, da sempre vittima inconsapevole ed innocente della tirannia di pochi uomini sanguinari; gli alberi sarebbero avvizziti, i campi avrebbero smesso di produrre ed il bufalo non avrebbe mai più potuto ruminare in pace ed in silenzio, attorniato dalle anatre e dalla natura. La malvagità avrebbe toccato anche quelle regioni, come già accaduto anni prima, all’epoca della grande rivolta dei Boxer; il sangue sarebbe tornato a scorrere ed a macchiare le erbe profumate.
   Adesso, però, era pace, la guerra era ancora lontana e lo sarebbe rimasta ancora per qualche anno.
   Ed il tumulo, coperto di alti alberi, che si ergeva maestoso e solitario tra i campi coltivati, non sembrava davvero essere una piramide, come pure era; appariva, invece, in tutto e per tutto come una delle tante altre colline che punteggiavano la valle in lontananza, ma sicuramente non era naturale, lo si sapeva da sempre tra le genti dell’antico Celeste Impero, anche se mai nessuno aveva voluto sfidarne i segreti, per timore e per rispetto, poiché esso celava la tomba di Qin Shi Huang, il grande unificatore e primo imperatore della Cina, inviolata dal momento della sua chiusura, oltre duemilacento anni addietro.
   Era giunto, tuttavia, il momento che qualcuno entrasse a sincerarsi delle condizioni di salute del vecchio monarca, ironicamente defunto nel momento in cui credeva, finalmente, di aver coronato il proprio sogno, ossia quello di trovare la vita eterna e di reggere per sempre le sorti dell’intero mondo. L’imperatore, infatti, dopo la scomparsa del medico Xu Fu, mai ritornato dalla sua ricerca della montagna di Penglai, aveva incaricato i maghi del regno di preparargli un rimedio che potesse conferirgli una vita imperitura; se avessero fallito, li avrebbe condannati a subire un atroce supplizio. E quegli uomini, disperati, mischiarono tra loro diversi ingredienti, sperando che potessero avere un qualche tipo di effetto benefico, o perlomeno che funzionassero come un placebo, e presentarono i loro risultati al grande sovrano. Inconsapevole del rischio a cui stava andando incontro, Qin Shi Huang ingurgitò quella mistura, certo che ciò lo avrebbe finalmente reso immortale; sfortunatamente per lui, però, tra i vari elementi utilizzati per la preparazione del suo elisir era stato scelto anche il mercurio, il quale lo avvelenò irreparabilmente, uccidendolo nel momento stesso in cui si era convinto di aver segnato il proprio massimo trionfo.
   Indiana Jones guidò il piccolo drappello, composto, oltre che da lui, Wu Han e Mei Ying, anche dai tre fratelli del contrabbandiere e da altri due uomini molto fidati che, da anni, lavoravano con loro sulla giunca, lungo uno dei versanti della collina artificiale, inerpicandosi in mezzo agli abeti ed ai rampicanti che, in certi punti, erano cresciuti tanto fitti da rendere assai complesso il già difficoltoso cammino verso l’alto. Tutti quanti, tranne la ragazza, portavano a tracolla grosse carabine, provenienti dalla stiva dell’imbarcazione di Wu Han, pezzi di un vecchio carico d’armi da contrabbandare che nessuno, poi, s’era mai preso la briga di ritirare. Quando Wu Han era emerso dalla stiva trasportando quella pesante cassa ed aveva distribuito a tutti fucili e munizioni, però, Mei Ying aveva rifiutato di prenderne uno per sé, dicendo che preferiva di gran lunga ricorrere alla propria sconfinata conoscenza delle arti marziali che a volgari armi da fuoco.
   Dopo essere salpati a bordo della giunca di Wu Han, tornata a prenderli a Penglai appena dopo il tramonto, come stabilito, senza che nessuno li disturbasse, Jones e compagni avevano fatto rotta, attraverso il Mar Giallo, per Shanghai, nel cui porto erano approdati dopo tre giorni di tranquilla e rapida navigazione.
   Da lì, il gruppetto aveva proseguito sulla terraferma, percorrendo la strada per un tratto in treno, per un altro a cavallo, verso l’interno della Cina, in direzione di Xi’an, l’antica città nei cui dintorni sorgeva la tomba dell’imperatore; si trattava di un percorso lungo oltre milleduecento chilometri che, proseguendo a tappe forzate, il gruppo era riuscito a percorrere in solamente due giorni, giungendo al tramonto del secondo in vista del tumulo. Stanchissimi, sfiniti per la dura e veloce marcia che avevano compiuto, si erano accampati in un luogo sicuro, al riparo da occhi indiscreti, e si erano concessi qualche ora di sonno. Svegliatisi prima del nuovo apparire del sole, avevano consumato una rapida colazione fredda per recuperare le energie. E, adesso che l’astro diurno aveva compiuto il suo nuovo apparire, erano intenti ad arrampicarsi lungo le pareti del gigantesco tumulo, attraversandone la fitta foresta che ne ricopriva i fianchi.
   Camminavano in silenzio, prestando attenzione ad ogni minimo rumore che potesse suggerire un pericolo imminente, sebbene le loro orecchie non percepissero null’altro all’infuori del cinguettio degli uccelli nascosti tra i fitti rami degli alberi e lo scricchiolio degli aghi secchi degli abeti che ricoprivano interamente il terreno lungo cui si stavano muovendo.
   A quanto pareva, Mei Ying era già stata lì, tempo prima, a fare un sopralluogo per conto di Kai, quindi conosceva già il passaggio attraverso cui sarebbero potuti accedere all’interno della tomba; aveva indicato la strada a Jones, al cui fianco adesso stava camminando, seguiti da vicino da Wu Han. Gli altri cinque, invece, erano sparpagliati tutt’attorno, con i fucili imbracciati, pronti a colpire eventuali nemici spuntati dal nulla: erano coscienti, infatti, che i tedeschi ed i guerrieri del Drago Nero potevano essere giunti lì prima di loro e non era escluso che avessero predisposto un’imboscata.
   Jones, in cuor suo, sperava che non fosse affatto così, dato che era lui stesso a desiderare di poter prendere in trappola Von Beck o qualunque altro suo inviato si trovasse adesso in quel luogo: d’altra parte, Kai, facendoli precipitare nelle viscere della montagna, doveva essersi ormai convinto di averli tolti di mezzo per sempre, quindi non si sarebbe certo aspettato di vederseli riapparire di fronte da un momento all’altro. Ciò non di meno, però, non era nemmeno da escludere che tedeschi e cinesi, nel caso fossero già giunti alla tomba, avessero comunque posto qua e là delle sentinelle per fermare eventuali curiosi, fossero essi Jones e compagnia o qualsiasi altra persona arrivata per pura coincidenza nei paraggi. Dovevano fare attenzione.
   «È ancora lontano, l’ingresso?» domandò Jones ad un certo punto, rivolto alla ragazza.
   «Non molto, dottor Jones. Dovremo camminare ancora una decina di minuti, poi ci saremo.»
   «Sarà meglio avanzare con prudenza, allora» constatò Jones. «Wu Han, raduna gli altri e fermatevi qui. Io e Mei Ying andremo avanti da soli, per farci un’idea della situazione. Non vorrei che, proseguendo tutti insieme, potessimo arrivare in bocca a Von Beck senza rendercene conto.»
   «Il tedesco potrebbe essere ancora lontano mille miglia da qui» gli rammentò l’amico.
   «Lo so, ma la prudenza non è mai troppa, in questi casi» replicò l’archeologo. «Faremo come dico io: meglio perdere un po’ più di tempo e fare le cose per bene, conservando la pelle intatta, piuttosto che correre avanti senza riflettere e rischiare di prendersi una pallottola in corpo. Appena io e Mei Ying ci saremo accertati delle condizioni dell’ingresso, torneremo indietro a chiamarvi.»
   «D’accordo, Indy, hai ragione» rispose Wu Han, facendo dei cenni agli altri cinque perché li raggiungessero.
   Non appena si furono radunati tutti quanti, Jones indicò loro un grosso pietrone attorniato da alcuni fitti cespugli.
   «Nascondetevi lì dietro» consigliò. «Così potrete agevolmente osservare in ogni direzione senza essere visti da loschi figuri inopportuni.»
   Wu Han guardò negli occhi prima Jones e poi Mei Ying.
   «Siate prudenti» disse.
   «Non temere, andrà tutto bene» lo rassicurò la ragazza, stringendogli una mano.
   «Ci vediamo tra poco» aggiunse l’archeologo.
   Poi, egli e la compagna ripresero la strada, tenendosi bassi tra i cespugli, in maniera da sfuggire ad eventuali osservatori.
   «Forse tutta questa prudenza è eccessiva, dolcezza» puntualizzò Jones, dopo qualche istante. «Ma ho imparato da parecchio tempo a non fidarmi più di nulla e di nessuno.»
   «E fa molto bene, dottor Jones» rispose Mei Ying, ormai rassegnata ad essere sempre apostrofata in quella maniera dall’archeologo. «Soprattutto, non sottovaluti la Triade del Drago Nero. Essa è in una profonda crisi economica, certo, ma rimane comunque una tra le più potenti e pericolose organizzazioni criminali di tutta la Cina, forse, addirittura, di tutto l’Estremo Oriente. Mi stupirei se non fossero già arrivati qui. La verità, se proprio vuole conoscerla, è che siamo stati davvero fortunati a riuscire a lasciare vivi ed incolumi la montagna di Penglai. Non l’ho detto prima per non scoraggiare né lei né Wu Han, ma adesso che siamo qui penso di poterlo fare.»
   «Tranquilla, ne ero più che consapevole già da un bel po’» borbottò Jones. «Cristo santo, nessuno ti scarica in un pozzo senza fondo senza essere intenzionato ad ucciderti!»
   «Sono contenta che la prenda con filosofia, dottor Jones» disse la ragazza, con un sorrisetto.
   Intanto, sempre mantenendosi nascosti all’ombra di alcuni cespugli, erano giunti in vista di una cavità che si apriva come una grotta in un fianco del tumulo, fiancheggiata e sormontata da lastre di pietra che sembravano formare una porta. La zona appariva deserta, ma a Jones l’istinto suggeriva di mantenersi in guardia.
   «Ci siamo, quello è l’ingresso alla tomba» spiegò la giovane.
   «Lo so e non mi piace» rispose l’archeologo. «L’interno è così buio che non si vede assolutamente nulla. Potrebbe esserci qualcuno appostato.»
   «Non lo scopriremo mai, rimanendo qui.»
   «Giusto, ma ho un’idea. Tu non muoverti.»
   «Che cosa intende fare…? Dottor Jones!»
   Ma Indiana Jones non le prestò orecchio e si allontanò da lei prima che cercasse di fermarlo e prima ancora che avesse terminato di parlare. Strisciando lentamente, cercando di fare il minor rumore possibile e senza mai muoversi dal riparo dei bassi arbusti, Jones aggirò l’ingresso della tomba e, dopo essersi inerpicato per alcuni metri lungo il fianco della montagna, si portò proprio al di sopra della porta di pietra. Da qui, poteva respirare l’aria fresca ed umida che proveniva dalla cavità.
   Guardandosi attorno, individuò un grosso ramo e, presolo in mano, lo gettò in basso, facendolo cadere proprio davanti all’ingresso. Non accadde assolutamente nulla. Subito dopo, senza scoraggiarsi, afferrata una pietra piuttosto pesante, ripeté l’operazione. Anche in questo caso, però, non ottenne nessun risultato.
   Al terzo tentativo, invece, quando come amo migliore decise di buttare il proprio cappello, gli parve di udire dei passi e, dopo qualche esitazione, un uomo emerse dalla tomba, osservando con aria indagatrice quegli oggetti piovuti dall’alto.
   L’uomo, un cinese dall’aria truce e che portava un lungo coltello infilato nella cintura, raccolse il cappello di Jones, facendoselo scorrere tra le mani con incertezza; poi, come ricordando all’improvviso qualche cosa, si volse all’indietro e puntò lo sguardo verso l’alto, cercando di scoprire da dove fosse piovuto quel copricapo. L’archeologo, però, lo aveva anticipato. Balzato in piedi, si slanciò nell’aria e, così, piombò dritto contro il cinese, atterrandogli con i pesanti stivali proprio sopra le spalle, facendogliele scricchiolare lugubremente. Il poveretto, non reggendo a quell’urto improvviso, si accasciò a terra con un gemito, il volto contratto dal dolore e dallo spavento per quell’apparizione repentina. Jones, chinatosi, lo mise definitivamente fuori gioco con un pugno sulla testa, anche se, forse, non ce ne sarebbe più stato bisogno, essendo già di per sé l’ometto ormai del tutto inoffensivo.
   Agendo in questo modo, tuttavia, l’archeologo non si rese conto del secondo cinese, fino a quel momento mantenutosi celato nella grotta, che gli arrivò alle spalle silenziosamente, brandendo un affilatissimo coltello. Jones, che si stava infilando nuovamente il cappello sul cranio, sarebbe stato certamente colpito alle spalle da quella lama pericolosa se Mei Ying, sbucata rapida come il fulmine dal riparo del cespuglio, non si fosse lanciata in avanti con un balzo prodigioso, degno di una tigre, colpendo l’aggressore alla mascella con un calcio volante. L’uomo, colto di sorpresa, andò a sbattere con violenza contro uno dei lati della porta, picchiando la nuca ed accasciandosi poi sul terreno, privo di conoscenza.
   Quando Jones velocemente si volse all’indietro, per affrontare quella nuova minaccia che era appena riuscito a percepire, era già tutto finito.
   Osservò prima l’uomo disteso a terra, poi la ragazza ed annuì.
   «Ti devo la vita» brontolò. «Sei stata più veloce del fulmine.»
   «Tutta questione di allenamento» rispose lei, con un mezzo sorriso. «Adesso, torni subito indietro e vada a chiamare Wu Han. Io resterò qui di guardia, in attesa.»
   «Ma… potrebbe essere pericoloso… se ne arrivassero altri?» tentennò Jones.
   «Proprio per questo, dottor Jones, è molto meglio che ci rimanga io, qui» rispose sarcasticamente Mei Ying. «Lei corra a chiamare gli altri. Entreremo nella tomba tutti insieme. La presenza di questi due uomini significa una cosa solamente: il Drago Nero è già qui. Dovremo sorprenderli perché, non lo dimentichi, il solo modo per accedere alla cripta di Qin è ricorrere allo Specchio dei Sogni.»
   Jones non era molto d’accordo sul lasciare Mei Ying da sola in quel luogo, dove avrebbe potuto essere sorpresa improvvisamente da nuovi avversari, ma non aveva voglia di perdersi in inutili discussioni con una donna ostinata come quella, in quel frangente in cui ogni momento avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte. Inoltre, avendola già vista all’opera diverse volte, l’ultima pochi minuti addietro, era sicuro che la ragazza fosse in grado di badare a se stessa più di chiunque altro.
   Prima di tornare indietro con rassegnazione, però, aggiunse: «Questi due potrebbero tornare in sé da un momento all’altro. Strappa la camicia ad uno dei due, falla a brandelli ed usala per immobilizzare i polsi e le caviglie ad entrambi. Imbavagliali anche, così non ci daranno più alcun fastidio.»
   La giovane annuì mentre Jones, rapidamente, fece dietrofront. Allontanandosi, si volse a gettarle un’ultima fugace occhiata; era davvero bellissima, anche vestita tutta di nero, com’era adesso, e con i capelli scarmigliati e pieni di aghi di pino. Sapeva che Wu Han era perdutamente innamorato di lei e non poteva dargliene torto; sperò che non le capitasse nulla di male in quei pochi minuti in cui l’avrebbe lasciata sola, altrimenti l’amico non gliel’avrebbe mai più perdonato. D’altronde, era abbastanza in gamba per badare a se stessa; e pure agli altri.
   «Se non fosse stato per lei, a quest’ora sarei steso sulle foglie secche a concimare il terreno col mio sangue» pensò l’archeologo.
   No, di sicuro Mei Ying non sarebbe mai stata colta di sorpresa come, invece, era capitato a lui.
   Jones era abile, nessuno lo avrebbe potuto mettere in dubbio, ma anche molto fortunato; se non lo fosse stato, già da tempo uno dei suoi innumerevoli errori gli sarebbe risultato fatale e, da qualche parte, ci sarebbe stata una lapide con il suo nome inciso sopra. Quella ragazza, invece, era molto diversa: doveva aver ricevuto un addestramento davvero speciale e perfetto, che le permetteva di agire più velocemente di un fulmine e che, quasi, le faceva presagire in anticipo le mosse e le intenzioni dei nemici, per poterli cogliere di sorpresa ed abbatterli prima ancora che avessero compreso che cosa stesse succedendo. Formidabile. E, oltre tutto, molto confortante il sapere di essere suoi alleati e non nella lista dei suoi nemici. Indiana Jones, invece, non pianificava, ma agiva; e, agendo, qualche cosa accadeva sempre, a volte per il meglio, a volte decisamente per l’esatto contrario.
   Senza perdersi in ulteriori indugi, l’archeologo ripercorse al contrario la strada fatta in precedenza, sempre mantenendosi basso, seppure fosse ormai convinto che la via fino all’ingresso del tumulo fosse libera; ma le precauzioni non erano mai troppe.
   In breve tempo, raggiunse Wu Han e gli altri.
   «Dov’è Mei Ying?» domandò immediatamente il contrabbandiere, notando l’assenza della ragazza.
   «È rimasta ad aspettarci. Abbiamo tolto di mezzo le due guardie che c’erano alla porta, poi però non ha lasciato che fossi io a rimanere a sorvegliare l’ingresso. Mi ha rispedito qui a chiamarvi. Sbrighiamoci, torniamo subito da lei.»
   «L’hai lasciata sola?» chiese con apprensione Wu Han.
   «Sa badare a se stessa meglio di chiunque altro tra noi» replicò l’archeologo, pur con una certa inquietudine, che non riusciva a capire da dove gli derivasse.
   «Con i tedeschi e con la Triade del Drago Nero in giro…» bofonchiò Wu Han.
   «Non mi ha lasciato scelta. Sai benissimo che è più testarda di un mulo e non c’era certo il tempo di mettersi a litigare» fece Jones, secco. «Muoviamoci. Prima la raggiungiamo e meglio sarà per tutti. Seguitemi!»
   Mandando all’aria ogni tentativo di dissimulare la propria presenza, Jones, Wu Han e gli altri cinque compagni iniziarono a correre rapidamente verso il punto in cui la ragazza era rimasta da sola ad aspettarli; pur non sapendo da che cosa ciò potesse dipendere, l’archeologo era stato improvvisamente invaso da una cupa trepidazione e preoccupazione, anche se sapeva che quei sentimenti erano fuori luogo, in quanto Mei Ying, già catturata una volta dagli uomini della Triade, non si sarebbe fatta sorprendere tanto facilmente. Eppure c’era qualcosa che lo spaventava, qualcosa che gli dava da pensare, sebbene non riuscisse a spiegarsi che cosa potesse essere. Man mano che avanzava, una voce interiore lo avvertiva che il pericolo era imminente, perché aveva sottovalutato un dettaglio importantissimo e fondamentale, non aveva tenuto conto di una cosa di estrema importanza. Ma cosa? Questo era un quesito a cui, proprio, non riusciva a trovare una risposta valida.
   Improvvisa, la piccola radura in cui si trovava l’ingresso della tomba si aprì di fronte ai loro occhi; e, in quel momento, i loro peggiori incubi sembrarono concretizzarsi e prendere forma.
   Una pozza di sangue scuro ed ancora fresco ricopriva gli aghi dei pini, fino a poco prima immacolati. Sangue che era scorso in abbondanza dalle gole tagliate dei due uomini che, solamente alcuni istanti primi, erano stati messi al tappeto con qualche botta ma lasciati perfettamente vivi. Adesso, invece, erano morti, l’anima era fuggita dalla loro carne lacerata, tagliata da uno degli affilati coltelli che portavano alla cintura. Barbaramente uccisi senza neppure potersi difendere.
   Jones, a quella visione, si impietrì, rimanendo come di sasso; non era certo ciò che si aspettava.
   Immediatamente, però, tornò padrone di sé ed imbracciò il fucile, che fino a quel momento aveva sempre tenuto in spalla, gettando tutt’attorno occhiate sospettose. Lo stesso fecero i fratelli e gli uomini del contrabbandiere, pronti a battersi per non cadere in trappola e fare la medesima fine di quei due poveretti. Wu Han, invece, ne fu sconvolto e, gettata alle ortiche ogni cautela, cominciò a girovagare all’intorno, gridando: «Mei Ying! Mei Ying!»
   Stava per slanciarsi verso l’ingresso della cripta, quando Jones, afferratolo per le spalle, lo sollevò di peso inchiodandolo contro il tronco di un albero e gli tappò la bocca, sibilando: «Zitto! Vuoi forse farci scoprire?»
   Ansante, Wu Han sembrò calmarsi; tuttavia, quando l’archeologo gli liberò la bocca, riprese a gridare: «Mei Ying! Me l’hanno uccisa! Perché diavolo l’hai lasciata sola? L’hai condannata a morte!»
   «Taci!» urlò di rimando l’archeologo, scrollandolo come se fosse stato un sacco. «Qui c’è qualcosa che non va! Guarda!»
   Spostatosi all’indietro di alcuni passi, costrinse l’amico a voltarsi verso i due corpi distesi a terra, ormai esamini e sbiancati dalla morte e con gli abiti completamente imbrattati del loro sangue.
   «Guarda!» ripeté. «Che cosa vedi?»
   «Due cadaveri» sbottò Wu Han. «Due uomini sgozzati!»
   «Esatto, due uomini» ripeté Jones. «Per di più abbandonati nella medesima posizione in cui io stesso li ho lasciati, salvo che adesso hanno il collo tagliato e prima non lo avevano. Non vedo traccia, invece, di Mei Ying. Quindi perché dire che è morta? Non si sarebbero certo portati via un cadavere, gli assassini che hanno fatto questo macello, no?»
   «E tu che ne sai di come pensano questi animali?» gridò Wu Han, cercando di liberarsi; ma la stretta di Jones era troppo forte per lui e non poté fare altro che agitarsi inutilmente. Cercò con lo sguardo i propri fratelli, forse per chiedergli di aiutarlo, ma l’archeologo glielo impedì.
   «E chi mai credi che possa avere fatto tutto questo?» disse con risolutezza Jones. «Gli uomini di Kai, forse? O i tedeschi?»
   «Chi altri vuoi che sia stato?» piagnucolò Wu Han, ormai incapace di muoversi.
   La stretta dell’amico gli stava facendo addormentare gli arti.
   Con una spinta, Jones lo allontanò da sé, agitando il capo in segno di diniego. Sapeva bene che i guerrieri della Triade o gli scagnozzi di Von Beck non avrebbero mai assassinato i propri alleati, perché sarebbe stato un controsenso. Un pensiero non aveva mai abbandonato l’archeologo in tutti quei giorni, un pensiero tremendo che aveva sempre cercato di allontanare, anche perché non era mai riuscito a focalizzarlo correttamente; per tutto il tempo, il suo era stato un semplice presentimento difficile da afferrare. Ma, adesso, quella stessa idea sembrava gridargli la verità, che era sempre stata lì, di fronte ai suoi occhi, sebbene non avesse voluto ammetterla. Aveva sempre saputo che, quella donna, nascondeva qualcosa, non se ne era mai fidato troppo, anche se, alla fine, aveva finito col convincersi di essersi sbagliato.
   Wu Han parve leggergli nel pensiero.
   «Mei Ying?» esclamò. «Vuoi forse dire che è stata Mei Ying a compiere questo scempio? Non puoi pensarlo! Non lo farebbe mai!»
   «Cerca di ragionare!» gli disse Jones.
   Non era facile neppure per lui riuscirci. Era talmente subordinato al fascino femminile, uno dei suoi peggiori punti deboli, che gli riusciva difficile pensare in quei termini. Ma non c’era nulla da fare: le cose dovevano stare proprio così.
   «L’abbiamo vista uccidere a sangue freddo due donne, nel palazzo di Kai» aggiunse. «Due donne, una delle quali ormai inerme e l’altra che avrebbe potuto benissimo fermare con una semplice botta sulla testa. Non capisci? Quella donna è pericolosa, è pronta a tutto pur di ottenere il proprio scopo, qualunque esso sia.»
   Wu Han parve confuso. Poi, però, replicò: «Ebbene, Mei Ying è stata addestrata a non farsi fermare da niente e nessuno. E allora? Che male c’è? Lavora per i servizi segreti, no? Se la sua missione ha la massima priorità, vuol dire che non può permettersi il lusso di commettere sbagli.»
   Il contrabbandiere sembrò calmarsi un poco, prima di riprendere con concitazione: «Ecco, perché non ci ha aspettato. Sente che deve fare questo lavoro da sola, nel nome della repubblica cinese. Averci al suo fianco avrebbe potuto ostacolarla.»
   «Forse, invece, è così pazza da pensare di sbarazzarsi di chiunque cerchi di fermarla» sbottò Jones. «Sarebbe capace di ammazzarci anche uno per uno, pur di mantenere segreta la sua missione per il governo.»
   «O forse» aggiunse una voce debole, proveniente dall’oscurità dell’ingresso della tomba, «il suo scopo non è affatto quello di salvare la repubblica…»
   Tutti, sbalorditi, si volsero in quella direzione, puntando le armi. Dalla grotta, videro avanzare lentamente un uomo, visibilmente ferito e sofferente, con il volto contratto per la sofferenza, che arrancava tenendosi aggrappato alla parete di pietra per non crollare. Era Kai. Ma, prima ancora che Jones e gli altri potessero fare qualche cosa, perse l’equilibrio e, cercando invano di mantenersi attaccato alla roccia, cadde a terra con un mugugno di dolore.
   I sette uomini lo attorniarono immediatamente e Jones, presolo per le braccia, lo fece sedere contro un freddo masso, rendendosi immediatamente conto che gli restava davvero poco da vivere; la ferita procuratagli giorni prima da Wu Han sembrava essere stata perfettamente guarita, certamente per merito dei validi medici di Penglai di cui aveva parlato Mei Ying, ma adesso l’uomo presentava un profondissimo squarcio nel ventre, da dove usciva abbondante il sangue.
   Kai aprì gli occhi e li fissò su Jones che cercava in qualche modo di tenergli chiusa la ferita con un fazzoletto che uno degli altri compagni gli aveva prontamente passato.
   «Ah, dottor Jones, ci rivediamo…» mormorò l’uomo. Sorrise debolmente.
   «Non parli, Kai, non si affatichi» rispose l’archeologo.
   «Oh, per questo…» borbottò l’uomo, passando una mano sulla ferita. «Non si preoccupi per me. Vedo bene che non c’è proprio più nulla da fare. Sono già sfuggito alla morte troppe volte per non sapere che la mia ora è infine arrivata…»
   «Ma cosa diceva, a proposito di Mei Ying?» domandò a bassa voce Wu Han, che sembrava imbarazzato nel rivolgere la parola al medesimo uomo a cui, pochi giorni addietro, aveva piantato una lama affilata nella schiena.
   Kai alzò su di lui uno sguardo che non tradiva alcun risentimento; d’altra parte, si era ritrovato ferito dopo aver dato lui stesso l’ordine che i due uomini venissero uccisi, nonché poco prima di farli precipitare in un abisso pauroso. In un modo o nell’altro, erano pari.
   Il capo della Triade del Drago Nero fu preso da un attacco di tosse, sputando parecchio sangue dalla bocca; impallidì notevolmente, tanto che gli uomini che lo guardavano temettero che stesse ormai per morire, invece si riebbe e cominciò a parlare, pur con la voce sempre più sommessa e stanca.
   «È tempo che io vi narri ogni cosa. Ormai mi rimane solo questo da fare. Non pretendo che mi vendichiate, ovviamente. Ma spero, almeno, che farete il possibile per evitare che mali ben peggiori si compiano, e che possiate comprendere il perché delle mie azioni…»
   Kai dovette interrompersi, per trarre un profondo sospiro che lo scosse da capo a piedi. Si udì chiaramente il sangue gorgogliargli nei polmoni. Gli altri continuarono a fissarlo con occhi inquieti.
   «Forse crederete che io sia un mostro… il malvagio capo della Triade del Drago Nero… e forse è davvero così… Ma ho sempre cercato di mantenermi lontano dal crimine, ho provato a dare alla Triade un nuovo corso, anche se posso ormai ammettere di avere completamente fallito… I miei antenati furono sempre affiliati alla Triade, fedelissimi alla stirpe dei capi sorta negli ultimi due secoli. Ognuno di essi, era anche un membro dell’esercito imperiale, dove esercitava una specie di doppiogioco. Ufficiali fedeli all’imperatore e, allo stesso tempo, suoi mortali nemici, membri dell’antico sindacato di criminali, i discendenti di coloro che giunsero a Penglai sfuggendo alle ire del primo imperatore cinese. Anche per me sarebbe dovuto essere così… ma così non fu. Mi sentivo davvero legato all’imperatore Pu Yi ed all’imperatrice madre Cixi… non volevo certo la loro rovina, bensì il loro bene, il bene eterno della Cina. Quando Xin Ying, il mio predecessore al comando della Triade, mi chiamò a sé per associarmi al proprio potere come suo erede, accettai di buon grado, perché finalmente vidi la mia occasione di riscattare me stesso, la mia famiglia e l’intera Triade del Drago Nero, ponendo questa forza al servizio dell’imperatore, per salvarlo dalla caduta. Xin Ying mi diede in moglie tutte e tre le sue figlie: Cha Ying, Zao Ying e Mei Ying…»
   «Non può essere!» sbottò Wu Han, con irritazione, prima che Jones potesse fargli segno di tacere e di lasciar continuare Kai. «Mei Ying non è la figlia né la moglie di un criminale… è un membro dei servizi segreti al servizio della repubblica!»
   Ma l’altro scosse la testa, riprendendo il proprio discorso, come se non avesse subito interruzioni.
   «Accettai volentieri come mie spose Cha e Zao, ma non toccai Mei Ying, che era solamente una bambina, a quell’epoca. Quando Xin Ying spirò ed io gli succedetti come nuovo capo della Triade del Drago Nero, mi diedi subito da fare per attuare i miei piani. Avevo il consenso di Cha e Zao e la loro approvazione, ma Mei Ying era ancora troppo legata alla figura paterna per riuscire a comprendere le nostre idee. Inoltre, pur bambina, voleva essere trattata come una sposa legittima, e non passava notte senza che cercasse di intrufolarsi nella stanza che condividevo con le sue sorelle. Alla fine, scelsi di spedirla a studiare a Pechino... Fu un gravissimo errore, di cui mi pento specialmente in questo momento. In quanto a me, mi resi conto che era ormai troppo tardi per poter agire: l’impero cinese era crollato, l’imperatore deposto; le milizie di cui disponevo, ormai, avrebbero potuto fare molto poco per aiutare il monarca. Da quel momento, allora, scelsi di organizzare le cose per poter restaurare il potere imperiale, restituendolo al legittimo sovrano della Cina, Pu Yi. Interruppi le attività criminali della Triade, ovviamente, poiché questa era sempre stata la mia intenzione; ma, per sopravvivere, ci vedemmo di conseguenza costretti a saccheggiare le catacombe dei nostri stessi antenati… un duro colpo, ma che fu necessario… anche se so che, per questo motivo, i miei predecessori non mi accoglieranno mai tra loro, dopo la mia morte… non mi perdoneranno mai… Cercai, nel frattempo, un sistema per riuscire nel mio scopo… e, alla fine, lo trovai: il Cuore del Drago… il simbolo del primo imperatore cinese, sepolto con lui all’interno della sua cripta inviolata, sarebbe divenuto il segno legittimo della rinata identità imperiale… anche se questo avrebbe significato dover saccheggiare l’ennesima tomba. Ma, per riuscire a trovare il Cuore, dovevo prima ricostruire lo Specchio dei Sogni, i cui pezzi si trovavano nascosti chissà dove. Compii nuove… ricerche e pensai di averli individuati, finalmente, a Ceylon, in Turchia e nell’Europa centrale. Ma, adesso, un nuovo problema si poneva dinnanzi al mio cammino: la Triade del Drago Nero non possedeva le capacità per effettuare questi importanti recuperi…»
   Kai s’interruppe nuovamente, tirando il fiato e respirando a fatica; il suo volto era sempre più pallido, ma l’uomo sembrava essere mosso da una grande forza di volontà, quasi come se si stesse aggrappando ad ogni più piccola speranza di sopravvivere sufficientemente a lungo da poter concludere il proprio discorso.
   Jones, osservandolo ed ascoltandolo, s’impietosì, poiché comprese di aver giudicato troppo frettolosamente quell’uomo, che non era un vero e proprio criminale, bensì un nostalgico idealista. Decise di venirgli in aiuto, suggerendo: «Fu allora, quindi, che si alleò con i tedeschi?»
   «Sì… Avevo conosciuto il maggiore Von Beck anni prima, quando ancora era un semplice tenente, congedato dall’esercito imperiale tedesco dopo la fine della Grande Guerra… Lo ricordavo come un avventuriero capace di portare a termine qualsiasi impresa… appassionato di archeologia… adesso, per di più, sarebbe stato appoggiato da una Germania che, ormai, si avvia a divenire una potenza mondiale… un’occasione troppo ghiotta per rinunciarvi, anche se ciò che mi chiese in cambio fu un’enormità. Pretese di poter violare il segreto di Penglai per costruirvi una base sottomarina segreta… un avamposto militare che sarebbe potuto servire anche in futuro… sapevo di non aver altre possibilità di ricevere un aiuto per il mio scopo, quindi mi vidi costretto ad accettare, pur soffrendone. Molti, all’interno della Triade, cominciarono a tacciarmi di tradimento… a vedermi come l’uomo che aveva condannato il Drago Nero prima al fallimento economico e, poi, alla fine della propria indipendenza… Fu solamente grazie alle mie amate Cha e Zao, che mi restarono sempre fedeli, che potei rimanere al potere, perché esse erano il legame con la Triade del passato, nessuno avrebbe messo in discussione il loro volere… Nel frattempo, anche Mei Ying fece ritorno all’isola: era ormai una donna fatta, che aveva compiuto buoni studi e, così mi disse, si era messa al servizio della repubblica solo per ricevere un addestramento speciale ed essere pronta a guidare le bande criminali della Triade nei grandi saccheggi, come in passato. Decisi di accettarla come sposa, su consiglio delle sue sorelle. Fu solamente dopo che il matrimonio fu consumato, però, che la misi al corrente del nuovo corso che avevo voluto dare al Drago Nero, del mio intento di restaurare l’impero... Non sapevo di avere al mio fianco una vipera pronta ad uccidermi. Solo in seguito scoprii che, dal momento in cui l’avevo inviata a Pechino, e durante tutti i suoi anni di lontananza da Penglai, Mei Ying aveva cominciato a covare un forte rancore nei miei confronti… ed in quelli di Cha e Zao. Credeva che io avessi tradito il volere di suo padre, sperava di sbarazzarsi di me e divenire lei stessa il nuovo capo della Triade, riportandola agli antichi fasti, riconducendola sulla via del crimine… Rivelarle le mie intenzioni, però, fu l’errore più grave che potessi compiere: quando lo seppe, infatti, decise segretamente che avrebbe sfruttato il Cuore del Drago per poter divenire lei stessa la nuova imperatrice della Cina, piegando al proprio volere l’intero Paese… Io non mi resi conto di nulla, purtroppo... fui cieco, di fronte all’amore che quella giovane fingeva di mostrarmi… E quando lei, dottor Jones, si mise di mezzo, recuperando per puro caso il primo pezzo dello Specchio al posto di Von Beck a Ceylon, fu Mei Ying stessa a suggerirmi di ingaggiarla per trovare anche gli altri due, al posto dei tedeschi. Decisi di accettare, anche se ormai non potevo rompere l’alleanza con i nazisti… avendoli praticamente in casa, a Penglai… Quindi, pensai che avreste potuto condurre le ricerche in parallelo, senza sapere nulla l’uno degli altri… Il primo di voi che avesse trovato gli altri due pezzi dello Specchio, me li avrebbe comunque consegnati. Questo, almeno, era quello che credevo io… ma le idee di Mei Ying erano molte diverse. La sua intenzione, infatti, era quella di farsi consegnare da lei tutti i pezzi dello Specchio, dottor Jones… per poi convincerla ad aiutarla a trafugare quello già in mio possesso. La mia sposa fedelissima voleva tradirmi, prendendo per sé il Cuore del Drago. Von Beck, però, non andava sottovalutato… e, infatti, la catturò, scoprendo il suo coinvolgimento. Devo ammettere, dottore, che avrei lasciato che il maggiore la uccidesse, per accomodare le cose… la perdita della sua vita, professor Jones, sarebbe stata l’ennesimo sacrificio necessario nella scalata verso il restauro del mio imperatore… Mei Ying, invece, a mia insaputa, la liberò, aiutandola a recuperare il pezzo di Specchio celato nella città sotterranea di Istanbul. Lei si convinse, però, che una volta avuto il terzo pezzo, la ragazza avrebbe tentato di ucciderla… il che non era affatto vero… lei voleva, infatti, recarsi in sua compagnia a Penglai, per sottrarre i due pezzi dello Specchio mancanti all’appello. Per questo motivo vi incontraste nuovamente, ad Hong Kong. Ma anch’io sapevo dove trovarla ed arrivai in tempo. Mei Ying imbastì una storiella e, non so come, riuscì a persuadermi che fosse vera… Mi disse che aveva sempre lavorato nel mio interesse ma che, non avendo alcuna fiducia nei tedeschi, aveva agito nell’ombra, usando lei come proprio burattino, dottor Jones, per poter arrivare prima dei tedeschi al ritrovamento dello Specchio… Adesso, aggiunse, non ci sarebbe più stato alcun bisogno di lei e fu Mei Ying stessa, davanti ai miei occhi, a dare ordine agli uomini della Triade di imprigionarvi entrambi all’interno del Loto d’Oro, lei ed il suo amico Wu Han… ed uccidervi. Per buona misura, mandai anche le altre mie due mogli a dar loro manforte… anche se servì a poco. Lei è più furbo e scatenato di quanto potessi credere, professore… Giorni più tardi, quando miracolosamente riappariste entrambi a Penglai, pensai di potervi uccidere rapidamente. Fu allora che compresi il vero e profondo tradimento di Mei Ying. Quando la vidi uccidere le mie amate mogli Cha e Zao, le sue sorelle, capii quanto fosse pericolosa quella donna... Peccato che giunsi a questa comprensione con troppo… troppo ritardo… Dopo avervi fatti precipitare nell’abisso di Kong Tien, mi feci medicare rapidamente…»
   Kai cominciò a farfugliare, la sua voce si ridusse ad un bassissimo sussurro, costringendo Jones e Wu Han a farsi più vicini per poter continuare ad ascoltarlo, ma dentro di sé quell’uomo doveva avere un fuoco ed una forza prodigiosi, poiché imperterrito continuò a raccontare.
   «…la mia ferita, infatti… non era profonda… come avreste potuto… potuto credere… poiché sotto la… veste… indossavo una corazza… che mi riparò in parte dal colpo... Poi… fatto curare anche il maggiore… Von Beck… partii alla volta… della tomba… del primo imperatore, sapendo di… essere ormai pronto… a recuperare il Cuore del Drago… per renderlo all’ultimo imperatore… non potevo, tra l’altro, perdere più tempo, perché seppi che i comunisti stavano avanzando… e che l’unità territoriale della Cina era ormai a rischio…»
   Kai smise di parlare; Jones alzò lo sguardo e lo fissò in quello sconvolto di Wu Han che, a quelle rivelazioni, era rimasto basito. Sembrava una storia assurda, eppure i tasselli coincidevano tutti; non si poteva davvero credere, inoltre, che un uomo moribondo avesse la forza di inventare così tante panzane. C’era ancora un dettaglio da capire, anche se già Jones pensava di conoscerlo.
   «E questa ferita, Kai? Chi è stato?» domandò l’archeologo.
   «Mei Ying…» mormorò l’uomo. «Mi ha colto… di sorpresa. Ero stato avvertito che due dei miei uomini avevano lasciato le posizioni… Sono tornato indietro a vedere… e mi sono trovato di fronte quella donna… come sbucata fuori dall’inferno… mi ha colpito a tradimento e stavolta non avevo armature… stringeva ancora tra le mani il pugnale con… con cui aveva sgozzato questi due miei fedeli soldati… l’ha usato anche contro di me…»
   «Ed ora dov’è?» domandò Wu Han con accento duro, un tono che Jones non gli aveva mai sentito prima.
   «Voleva lo… Specchio dei Sogni da me… ma non lo avevo… ce l’ha Von Beck… è scesa nella cripta a cercarlo… ma quell’uomo non si farà… prendere alle spalle e… non aspetterà che lei gli pianti un coltello nello stomaco…»
   Il tono di Kai, adesso, era sempre più debole ed incerto. Gli occhi gli si stavano appannando, ogni parola sembrava costargli una fatica immane e, tra una frase e l’altra, era scosso dalla tosse. Il suo petto si abbassava e si alzava rapidamente, quasi che cercasse di inspirare sempre più aria. Ma, ormai, tutto era inutile e la sua voce si mutò in un rantolo di agonia.
   «È pazza… va… fermata… se s’impadronirà del Cuore… del Drago, la Cina cadrà nelle tenebre… ella userà quel suo nuovo potere per massacri e distruzioni… come era… nello spirito… dell’antica… Triade del Drago Nero…»
   Quelle furono le ultime parole pronunciate dal comandante Kai Ti Chang.
   Il potente uomo, in verità rivelatosi una sorta di rivoluzionario controcorrente, un nostalgico di un passato che nessun artefatto magico sarebbe mai stato in grado di far tornare più indietro, reclinò il capo e morì, lì alla soglia della tomba del primo imperatore cinese. Così, all’ingresso del sepolcro dell’uomo che, con le sue azioni, aveva reso necessaria la nascita della Triade del Drago Nero, venne meno l’ultimo rappresentate della potente organizzazione. Il cerchio, adesso, era completo.
   O quasi, almeno.
   Jones, che per tutto il tempo era rimasto inginocchiato dinnanzi a Kai, si alzò risolutamente in piedi e, controllato il fucile che reggeva tra le mani, disse: «Io vado a cercare Mei Ying. E, questa volta, non sarà per salvarla.»
   Wu Han gettò un’ultima occhiata al corpo esanime di Kai.
   «Lavoro per i servizi segreti della repubblica cinese» disse. «Anche se ormai da tempo non sono in servizio attivo, non sono mai stato esonerato dal mio incarico. Il mio compito è quello di salvare la repubblica. Lo farò.»
   Indicò con un cenno del capo il cadavere ai loro piedi, poi aggiunse: «Quest’uomo era mosso da un saldo ideale, anche se del tutto contrario ai miei principi. Non posso biasimarlo per questo. Era un nemico ma, adesso, so che non era un volgare criminale come invece credevamo. Mei Ying, invece, ci ha traditi tutti quanti, imbrogliandoci in ogni maniera. La sua ambizione di divenire imperatrice è folle e le sue azioni non possono restare impunite. Io non so che cosa possa fare sul serio quel Cuore del Drago, ma sono sicuro di una cosa: non permetterò che cada nella mani sbagliate. Indy, io sono con te, come sempre!»
   Jones gli pose una mano sulla spalla, sorridendo: «Sapevo di poter contare su di te anche questa volta, amico.»
   «Tu mi hai aiutato quando c’è stato bisogno di salvare Mei Ying. Io, adesso, aiuterò te nel momento di fermarla. Ma solo una cosa, ti prego…» Wu Han abbassò lo sguardo, prima di mormorare: «Non fare che debba essere io a premere il grilletto…»
   Pur avendo pochi dubbi su come le cose, alla fine, si sarebbero risolte, Jones cercò di rassicurarlo, dicendogli: «Non temere, Wu Han. Non ci sarà alcun bisogno di uccidere nessuno. Dovremo solo impedire che Mei Ying trovi il Cuore del Drago, catturarla e consegnarla alle autorità. Spetterà a loro, poi, decidere della sua sorte.»
   «E Von Beck ed i suoi uomini? E gli altri guerrieri della Triade discesi nel mausoleo?» chiese uno dei fratelli di Wu Han.
   I cinque uomini, infatti, erano più che mai risoluti a seguire l’archeologo ed il contrabbandiere fino in fondo.
   «Se li incontreremo sul nostro cammino, daremo loro ciò che meritano» replicò Jones.
   Indiana Jones staccò gli occhi dai propri compagni, senza più badare al cadavere di Kai, relitto di un’epoca ormai conclusa. Puntò gli occhi verso il sepolcro, assaporando il gusto di un’impresa nuova; respirò a pieni polmoni l’aria proveniente dalle profondità più recondite di quell’antico tumulo. Stava per farlo, stava per mettere piede all’interno della leggendaria sepoltura. Non sarebbe più stato il primo, come aveva sperato, dato che altri uomini, vivi e pericolosi, lo attendevano celati da qualche parte là sotto, ma ciò non gli dava pensiero. Lo facevano pensare, invece, i tesori che avrebbe incontrato là sotto e che non avrebbe avuto il tempo di soffermarsi a studiare, poiché ben altre preoccupazioni si affacciavano adesso alla sua mente. Mei Ying lo aveva tradito, aveva cercato di ucciderlo; ed aveva spezzato il cuore di Wu Han, l’archeologo lo sapeva benissimo, glielo aveva letto nello sguardo. E le turpe azioni della ragazza non si limitavano certo a quello: non solo aveva ucciso le proprie stesse sorelle, senza alcun rimorso, prima di assassinare l’uomo con cui era sposata, ma ora stava persino preparandosi a tradire quella repubblica che diceva di amare e di servire, per deprimerla sotto il dominio di una sola e feroce persona, lei stessa. Aveva raggirato tutti quanti con quella sua vocina soave e quell’aspetto da fanciulla dolcissima; ma aveva fatto male i propri conti. Non aveva messo in conto Indiana Jones. Adesso, quella donna avrebbe pagato per tutto il male causato.
   «Ti manderò all’inferno, a tenere compagnia a tutti i tuoi consimili assetati di sangue e di potere» pensò con vera rabbia l’archeologo.
   Raramente Indiana Jones perdeva le staffe; ma, quando ciò succedeva, era decisamente salutare non essere l’oggetto della sua ira.
   Poi, con un cenno del capo, Jones fece segno al drappello di mettersi in marcia, inoltrandosi per primo all’interno della tomba di Qin Shi Huang, il primo imperatore della Cina. Gli altri lo seguirono dappresso, pronti a tutto pur di portare a termine entro breve tempo quella storia dai risvolti drammatici.
   
 
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