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Autore: AlsoSprachVelociraptor    21/08/2017    0 recensioni
“Beric era morto, e quello che tremava nel suo letto era qualcun altro di nuovo. Un ragazzetto pallido e magro, dal volto scavato e sfigurato, tremante in un angolo del letto, a singhiozzare ad alta voce nel pieno della notte dopo un incubo di sangue e gelo. Un incubo in cui i suoi sogni si infrangevano di nuovo, ed era ancora solo e sperduto al mondo.”
Thoros/Beric, Modern AU, possibili spoiler per la s7e06 e per ASOS.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Beric Dondarrion, Thoros di Myr
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Un altro incubo. Ormai Beric agli incubi dovrebbe esserci abituato, dopo quasi un anno di notti insonni e sogni tremendi. Si svegliava fradicio, tremante e terrorizzato, quasi ogni notte, da quando ebbe quel tremendo incidente che gli costò la vita. A Beric piaceva pensare di essere morto, quel giorno di quasi un anno prima. Quel Beric Dondarrion della sperduta cittadina di Blackhaven nelle Terre della Tempesta, il bellissimo Beric dai capelli biondo-ramati e gli occhi verde smeraldo, dai genitori ricchi che l’hanno mantenuto per ventuno anni, con tutte le ragazze più carine che gli ronzavano attorno, con una grande carriera nell’atletica, con un futuro promettente. Quel Beric che a scuola si impegnava poco, col papà che gli pagava gli studi universitari ad Approdo del Re di un’università che frequentava poco e di cui si interessava anche meno. Beric era morto quando incontrò Gregor Clegane e la sua banda di carcerati e fuorilegge fuori dal campus, mentre tornava stremato da una gara di corsa. Non ricordava nemmeno il pestaggio. Venne solo il buio, le grida, e poi il silenzio.
Era morto davvero, e lo scoprì solo quando riaprì l’occhio sinistro, l’unico che gli era rimasto. Trauma cranico, sgozzato, accoltellato diverse volte, metà delle costole rotte, polmoni perforati. Il suo cuore aveva smesso di battere per ben sei volte, e quando arrivò all’ospedale, portato da qualcuno che aveva fermato il pestaggio, ci era arrivato senza battito cardiaco. Morto. Non potrai più fare sport, gli dissero i dottori. Hai riportato dei danni cerebrali, non ricorderai nemmeno il nome dei tuoi amici, della ragazza con cui ti sei visto un paio di volte di Dorne, dei tuoi genitori. Sei sfigurato, orribile, nessuno vorrà più vederti in faccia. Sei solo, il tuo castello di carte su cui si basava la tua vita è crollato. I tuoi sogni si sono infranti. Nulla era vero nella tua vita, Beric. Nemmeno tu.
Beric era morto, e quello che tremava nel suo letto era qualcun altro di nuovo. Un ragazzetto pallido e magro, dal volto scavato e sfigurato, tremante in un angolo del letto, a singhiozzare ad alta voce nel pieno della notte dopo un incubo di sangue e gelo. Un incubo in cui i suoi sogni si infrangevano di nuovo, ed era ancora solo e sperduto al mondo.
I suoi singhiozzi svegliarono chi gli dormiva a fianco. Si alzò a fatica sugli avambracci, tirandosi indietro i lunghi capelli rossi dal viso. –Bebe?- sussurrò, con la voce ancora roca dal sonno interrotto.
Beric si voltò verso l’uomo, la testa stretta tra le mani.
-Aiutami…- piagnucolò Beric. –Falli smettere, ti prego…-
Thoros si stiracchiò e si voltò a osservare la sveglia. Quattro del mattino. Tra due ore si sarebbe dovuto svegliare per andare a lavoro, ma non sarebbe tornato a letto. Strisciò sul letto e prese il ragazzo tra le braccia, abbracciandolo con forza e stringendoselo al petto. –Bebe, non è successo niente. Sono solo incubi…-
Beric si fece piccolo piccolo contro di lui, bagnandogli la spalla della vecchia maglietta che Thoros usava come pigiama con le lacrime dell’unico occhio che gli era rimasto. –Cos’era, questa volta? Ancora i cavalieri e i maghi?-
Il ragazzo annuì. –Ero il cavaliere della Folgore, avevo una spada di fiamme… era venuto il freddo, e io- e tu-…-
Thoros rimase ad ascoltarlo in silenzio, pazientemente, passandosi le mani sugli occhi stanchi. –Poi un orso polare… io ho cercato, ci ho provato, ma tu…-
-Bebe, basta.- gli disse Thoros. –Non c’è nessun lord della Folgore, nessun mago rosso, non ci sono leoni né lupi né tantomeno orsi polari qui. Ci siamo io e te, nella nostra casa, a dormire. Tra poco io devo andare al mio turno all’ospedale, e tu all’università. Meglio concentrarsi su quello che sta per accadere di vero che quello che è accaduto nei sogni, no? Per cui dimentica orsi e zombie nei fiumi.-
Thoros gli sorrise, e Beric si aggrappò alle sue spalle, abbassando lo sguardo.  Non c’era nessuna guerra, in effetti. C’era solo quell’uomo e lui, colui che lo amava anche se non ricordava i nomi, se camminava lentamente e zoppicando, se faceva cadere sempre la confezione del latte a terra nei suoi tremori mentre cercava di preparare la colazione. Lo aspettava per strada, lo teneva per mano, lo accompagnava ovunque in auto, puliva per terra, lo abbracciava e lo amava con tutto il suo cuore. Thoros l’aveva salvato quando Clegane e i suoi scagnozzi l’avevano preso di mira, l’aveva portato all’ospedale dove lavorava come infermiere, l’aveva curato, aveva aspettato che si fosse ripreso, e si era innamorato di lui. Si erano già conosciuti a qualche lezione all’università della Fortezza Rossa ad Approdo del Re, vicina al policlinico in cui lavorava Thoros. Faceva qualche lezione di medicina giuridica, a cui Beric, studente di giurisprudenza, aveva partecipato. Avevano preso qualche caffè assieme, si conoscevano di nome, ma mai avrebbe pensato che sarebbero finiti ad abitare assieme. Thoros aveva almeno vent’anni in più di Beric, anche se non aveva voluto davvero rivelargli la sua età specifica. Vedeva comunque i sottili capelli argento tra i suoi rosso fuoco mentre glieli accarezzava, le lievi rughe ai lati dei suoi occhi azzurro chiaro ogni volta che gli sorrideva, ma a Beric non importava. L’aveva sopportato ogni volta che aveva pianto, l’aveva cullato tra le sue braccia ogni volta che si era sentito mancare, l’aveva sostenuto ogni volta che le gambe gli cedevano e il mondo sembrava crollargli addosso. L’aveva ospitato nella sua casa dopo che i suoi genitori avevano smesso di aiutarlo finanziariamente, e lo guardava in viso come se fosse il gioiello più prezioso della terra. Beric si chiedeva spesso come facesse ad essere così fortunato da aver trovato Thoros. E Thoros spesso ripeteva la stessa cosa.
-Sono un ubriacone quarantenne, vengo da una città lontana fuori da Westeros, nella mia vita non ho fatto altro che idiozie. Sono quel tipo di persona da cui tutti si vedono di star lontani: straniero, sempre con una bottiglia di whisky in mano e le magliette dei concerti metal. Guardami! Quarant’anni e ho la matita agli occhi!- ripeteva spesso, con una risata amara sulle labbra. Ma non smetteva di mettersi la matita agli occhi per sembrare più aggressivo comunque. Non che Beric volesse che smettesse di farlo. Beric amava la sua compagnia anche se era rumoroso, spesso brillo, parlava a voce alta anche a dispetto dei suoi continui mal di testa e lo trattava come un bimbetto. Come in quel momento, che, alle quattro di notte, l’aveva portato in braccio fino alla piccola saletta nella stanza vicina, l’aveva adagiato sulle sue gambe e aveva acceso la televisione.
-Vuoi vedere i cartoni animati?- gli chiese. Beric si appoggiò sul suo petto e annuì. Il Beric che era morto doveva dimostrare a tutti i costi di essere un adulto, un ventunenne col mondo sulle spalle. Quello che era ora faceva semplicemente ciò che più gli piaceva, cercava di godersi quella vita che doveva sopportare. Non avevano più importanza queste cose, dopo essere morto sei volte. Era un ragazzino sfregiato, e voleva guardare i cartoni animati col suo fidanzato, alle quattro di notte, dopo uno dei suoi soliti tremendi incubi.
Thoros girò canale col vecchio telecomando mezzo rotto su uno di quei canali per bambini, con i cartoni animati ventiquattro ore su ventiquattro. Appoggiò la testa alla sua spalla e rimase a guardare lo schermo del televisore finchè non si addormentò, appoggiato al corpo del più giovane sulle sue gambe. Beric si accoccolò contro il corpo caldo di Thoros e rimase a guardare con interesse i disegni muoversi sullo schermo arrotondato della vecchia TV, fino all’alba. Ormai era autunno, le foglie arancioni vorticavano nel cielo arrossato del sole nascente, fuori dalla finestra del piccolo appartamento in cui ormai abitavano da quasi un anno, e Beric non poteva chiedere altro dalla vita.
Aveva sognato un inverno tremendo, il peso della morte sulle spalle, ma non c’era più niente, ormai. Se anche quell’inverno fosse capitato, secoli o millenni orsono, ora era sparito tutto. Non era più affar suo.
La spada di fuoco tra le sue mani ora era un telecomando pieno di adesivo e colla, con qualche tasto sbiadito dal tempo e la plastica annerita e lucidata a forza di essere usato. Non si accorse nemmeno di essersi addormentato, perso nei suoi pensieri.
Si risvegliò solo col rumore di passi e una mano sulla sua fronte, qualche ora dopo. Thoros era in piedi vicino al divano su cui era sdraiato, pronto per uscire ed andare a lavoro. La maglietta nera aderente della sua band metal preferita, i capelli stretti in un alto codino e gli occhiali da sole marroni calati sul naso. Beric gli rivolse un mezzo sorrisetto, prendendo la sua mano coperta dal guanto di pelle nera tra le proprie mani, pallide e tremanti.
-Ti ho controllato la febbre, prima, e sei un po’ caldo- continuò l’uomo, stringendo le sue mani nella propria. –Ho chiesto ai tuoi compagni di corso se potevano mandarti gli appunti, stasera. Oggi riposati.-
Beric annuì e Thoros finalmente gli rivolse un sorriso più calmo.
-Grazie- sussurrò Beric, mentre cercava di alzarsi sugli avambracci, per avvicinarsi al compagno. Thoros fu più veloce, lo premette di nuovo contro il divano e gli aggiustò le coperte sul petto, dandogli un lieve bacio sulle labbra. –Non dovresti ringraziarmi per farti fare il fannullone in casa mia, sai?- ridacchiò. Beric si lasciò scappare una mezza risata a sua volta.
-Ti amo.- sussurrò, alzando l’occhio su di lui. Thoros arrossì appena, distogliendo lo sguardo e passandosi un dito sotto l’occhio, attento a non rovinarsi la pesante riga nera sotto gli occhi. Era sempre a disagio, nel dimostrare il suo affetto. Ma in un modo o nell’altro, ce la faceva sempre.
-Anche io ti amo, Bebe. Anche se sei uno scroccone.-
Prese la giacca da motociclista appesa all’ingresso e il casco con le fiamme disegnate su e fece per uscire dalla porta principale, quando Beric lo chiamò ancora. Thoros si voltò appena.
-Stai attento agli orsi, va bene?- sussurrò Beric. Sembrava stranamente serio. Thoros gli sorrise e annuì, rivolgendogli un sorrisetto scherzoso. –Starò attento agli orsi, te lo prometto.-
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Una veloce one-shot dopo aver visto la s7e06 di Game of Thrones e mentre mi prendo una pausa dalla fanserie principale che sto scrivendo.
Premetto che AMO i Modern AU, dunque è probabile che scriverò altro di questo AU che mi sono messa ad amare! Beric è un giovane studente di giurisprudenza ad Approdo del Re, e Thoros è un infermiere all’ospedale vicino al campus universitario.
Credo sia leggermente spoiler per la 7x06 e anche per la fine di ASOS, ma nemmeno così espressamente. Si può leggere benissimo senza averla vista.
Sì, preferisco i libri alla serie tv. Ma quando si parla di Beric e Thoros, non posso che pensare a quanto io ami le loro interpretazioni nella serie, e, se già li adoravo nei libri, Richard Dormer e Paul Kaye, tra in assoluto i miei attori preferiti, me li hanno fatti amare alla follia.
Spero vi sia piaciuta, è una delle prime ff che scrivo di GoT/ASoIaF! Grazie per la lettura, e le recensioni o critiche le apprezzo sempre! Ciao a tutti, alla prossima (spero)!
   
 
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