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Autore: LazySoul    22/08/2017    2 recensioni
Trama:
Diana ha 17 anni, è la secondogenita dell'Alpha ed è trattata da tutti come una bambina.
Nel tentativo di dimostrare di essere grande abbastanza per combattere e difendersi da sola, chiederà aiuto alla persona che più la confonde, suscitando in lei sentimenti contrastanti, Xavier O'Bryen.
Tra uno spasimante indesiderato, una migliore amica adorabilmente pazza e un assassino in circolazione, riuscirà Diana ad accettare i sentimenti che prova per Xavier?
Estratto:
«Sei giovane, ancora non hai imparato che spesso gli odori celano delle emozioni», spiegò, appoggiandosi al materasso con le mani e avvicinando il viso pericolosamente al mio: «E sai cosa mi sta urlando il tuo odore in questo preciso istante?», mi chiese, anche se era palese che non si aspettasse una risposta.
«Prendimi», sussurrò ad un soffio dalle mie labbra.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II: Incontri notturni

 

Ticchettai con le dita contro la portafinestra della stanza di Isabel un paio di volte, mentre mi sedevo sulla sdraio che occupava il suo piccolo balcone e aspettavo che mi aprisse.

Mi ero detta che avrei dovuto tenere tutte le vicende della serata dentro di me e non dire nulla alla mia migliore amica per non farla soffrire, ma alla fine mi ero resa conto che avrebbe sofferto ancora di più se non le avessi detto niente e fosse venuta a conoscenza dell'accaduto da altri.

Così, dopo una lunga corsa in mezzo al bosco, mi ero ritrovata sotto casa sua e mi ero resa conto che avevo proprio bisogno di sfogarmi con lei.

La tenda bianca fatta all'uncinetto della porta finestra si spostò appena, mettendo in mostra lo zigomo e l'occhio sinistro di Isabel, prima che mi aprisse la porta con il suo migliore sorriso stampato sulle labbra.

«Ciao, predatrice, mentre ti aspettavo ho fatto ordine in camera mia, infatti, come puoi notare non ci sono vestiti sparsi in giro o pacchetti di patatine nascosti sotto i cuscini», disse, accogliendomi dentro con un veloce abbraccio stritolatore.

Affondai per un breve istante il volto nell'incavo del suo collo ed espirai a fondo il suo odore di tè verde e limone, sentendomi a casa.

Isabel mi allontanò con una smorfia: «Hai il muso ghiacciato! E poi cos'è 'sto strano odore che hai addosso?», chiese, annusando nella mia direzione con aria disgustata.

«Lunga storia», dissi, togliendomi il cappello e la giacca, prima di sedermi sul pouf ai piedi del suo letto e di passarmi una mano tra i capelli, cercando di sistemare le ciocche che avevo davanti agli occhi dietro alle orecchie, ma fallendo miseramente, dato che erano ancora troppo corte.

«Te l'ho mai detto che sento la mancanza dei tuoi capelli lunghi?», chiese Sab, chiudendo la portafinestra e lanciando uno sguardo pieno di rimpianti ai miei capelli corti.

«Ogni santo giorno», dissi, alzando gli occhi al cielo.

«Eri così carina coi tuoi capelli lisci e perfetti anche con l'umidità, che nemmeno Francine riusciva ad eguagliare stando due ore a piastrarsi...», mormorò con occhi sognanti, prima di puntarmi contro il cellulare a mo' di arma: «Ma stiamo divagando, tu sei venuta qua per un motivo ben preciso: raccontarmi cosa o chi ti ha fatto arrabbiare», mi ricordò, prendendo la sedia a rotelle dalla sua scrivania, posizionandola davanti a me. Accese la torcia del cellulare e me la puntò contro: «Che la confessione abbia inizio».

Risi, nervosa e insicura su cosa dovessi confidarle prima, poi, dopo un profondo respiro, decisi di iniziare semplicemente dall'inizio.

«Mio fratello ha catturato un cervo oggi», dissi per avviare il discorso e lei alzò una mano, bloccandomi: «Hai di nuovo litigato coi tuoi a proposito del tuo desiderio di andare a caccia?»

«No», dissi, guardandola male per la sua interruzione e per la luce che continuava a puntarmi addosso: «Posso andare avanti?»

«Certo, spara».

Rimanemmo per qualche secondo in silenzio, lei che mi guardava con aspettativa e io che cercavo di farle capire che doveva spegnere la torcia del suo maledetto cellulare nuovo, altrimenti sarebbe andata incontro a morte certa. Lei inizialmente sembrò non capire, ma quando collegò il mio sguardo furioso alla luce bianca puntata nei miei poveri occhi, si riscosse e con un sommesso: «Scusa» spense la torcia e posò il cellulare sulla scrivania.

Presi un profondo respiro e tornai al mio racconto: «Con mio fratello c'era anche la famiglia Picard».

«Oh, hai detto al mio futuro marito che io sto ancora aspettando che lui si accorga della mia esistenza?», chiese infastidita Sab, guardandosi le unghie per fingere indifferenza: «Capisco che rispetto a te; la figlia dell'Alpha dallo sguardo misterioso, io sono solo una ragazza lupo mediocre e senza attrattive, ma mi sto stancando di aspettare che...»

Alzai una mano, attirando la sua attenzione e facendola zittire: «Posso continuare? Ti prometto che parlerò anche di Michel e di cosa ha detto e di come ho rovesciato la pasta al sugo addosso a Francine, una cosa per volta, ok?»

«Hai rovesciato la pasta... Diana, te l'ho mai detto che ti amo?!», chiese lei, iniziando a ridere con gusto.

Ridemmo insieme per qualche secondo, poi Isabel, portandosi una mano al cuore, mi disse di andare avanti.

«Beh, per sfuggire a Michel e le sue mani lunghe sono andata a cercare mia nonna, che era andata nel bosco a cercare funghi. L'avevo quasi raggiunta quando ho sentito all'improvviso un odore di lupo sconosciuto. L'odore poi è scomparso allo stesso modo in cui era comparso, quindi quando sono tornata a casa con nonna ho deciso di non dire nulla a nessuno, per paura che fosse tutto frutto della mia immaginazione...»

«Intenti l'odore di uno straniero? Un lupo solitario?», chiese Sab con gli occhi fuori dalle orbite: «L'ultima volta che un lupo si è avvicinato al nostro territorio e ha sfidato tuo padre è stato... quanto? Sette anni fa?», si portò una mano sulla bocca: «E se fossero più di uno? A meno che non siano pacifici, dubito che la situazione nei boschi sarà tranquilla nei prossimi giorni».

Annuii, abbassando lo sguardo.

Anche io ero preoccupata; mio padre, anche se portava molto bene i suoi ottant'anni, non era più forte come un tempo e Kyle, anche se cercava di mostrarsi forte, in realtà non era ancora pronto a diventare il nuovo Alpha.

«Mentre venivo da te ho sentito di nuovo quell'odore, così l'ho seguito e ho scoperto che quel qualcuno ha marcato con l'urina un albero. Appena papà lo verrà a sapere sarà guerra, Sab», mormorai, stravaccandomi ulteriormente sul pouf rosso, mentre la mia amica sembrava letteralmente sotto shock.

«Merda», sussurrò, scuotendo con forza la testa: «Questo sì che è un problema, altro che la verifica di inglese, non c'è proprio confronto».

Sorrisi alle sue parole, prima di ricordarmi che non le avevo ancora detto tutto e che dovevo farlo, prima di perdere l'occasione: «E non ho ancora finito».

Isabel mi guardò con un mezzo sorriso sulle labbra: «Penso che qualsiasi cosa mi dirai passerà in secondo piano rispetto alla bomba che hai appena sganciato».

Scossi piano la testa e iniziai a mordermi il labbro inferiore, sentendomi terribilmente in colpa per qualcosa che non potevo controllare; quanto avrei voluto poter ordinare a Michel di amare Sab, sarebbero stati la coppia perfetta: lei formosa, mora, con gli occhi scuri; lui alto, castano, con gli occhi azzurri...

«Durante la cena, a cui i Picard sono stati invitati mentre ero andata a recuperare la nonna, Michel si comportava nel suo solito modo viscido e quando gli ho ringhiato contro per fargli capire che non gradivo le sue attenzioni, lui mi ha ringhiato contro a sua volta. Ero furiosa, così senza pensarci sono fuggita in camera e dopo aver chattato con te ed esser fuggita dalla finestra, ho sentito che Michel chiedeva a mio padre il permesso per potermi corteggiare», le ultime parole mi uscirono di bocca talmente piano che io stessa faticai ad udire la mia voce.

Guardai Sab, seduta di fronte a me alzarsi di colpo ed iniziare a girare nella stanza senza una meta effettiva. Aveva le mani tra i capelli e cercava in tutti i modi di trattenere le lacrime.

Senza pensarci due volte mi alzai anche io e la bloccai, costringendola a guardarmi negli occhi: «Sai benissimo che io non lo voglio. Sai benissimo che non ti farei mai nulla del genere... e sai benissimo che mi opporrò con tutte le mie forze e se non dovessero bastare me ne andrò, diventerò un lupo solitario e andrò a farmi ammazzare da qualche branco a nord».

Le lacrime che aveva lottato tanto per trattenere le scivolarono lungo le guance arrossate e un triste sorriso le comparve sulle labbra: «Che amica sarei se ti lasciassi buttare nel cesso un'opportunità simile?»

Io scossi violentemente la testa: «Ne abbiamo già parlato, Sab. Io non lo amo e non penso che nei prossimi giorni cambierà quello che provo per lui», le dissi, abbracciandola stretta: «Devo ancora incontrare il lupo che mi metterà il guinzaglio e, fidati, non è Michel».

Isabel rise piano, scuotendo con forza la testa: «Sei così fortunata ad avere Michel ai tuoi piedi, D. Ma ringrazio il cielo che tu non sia minimamente attratta da lui, altrimenti avrei dovuto sfidarti e sarei stata malamente sconfitta e costretta all'esilio».

«Non permetterò mai e poi mai che accada qualcosa del gente, Sab».

Rimanemmo per qualche minuto strette l'una all'altra, perse nei nostri pensieri, prima che lei si allontanasse e mi sorridesse: «Ringrazia che il lupo solitario, barra i lupi solitari, hanno scelto questo momento per dichiarare guerra, così Michel sarà occupato a dare una mano per proteggere il branco e avrà meno tempo da dedicare al tuo corteggiamento».

«Ti adoro, riesci sempre a trovare il lato positivo di ogni cosa», le dissi, prima di allungare una mano: «Nessun rancore?»

Senza esitare un solo istante, strinse la sua mano destra alla mia: «No, D, nessun rancore».

«Com'è andato il weekend?», le chiesi, gettandomi nuovamente sul pouf, mentre lei si sdraiava sul letto.

«Niente di che, l'unica cosa entusiasmante è stata sentire i miei genitori parlare animatamente tra loro a proposito di avere un altro bambino. Non saprei spiegartene il motivo, ma è stato semplicemente agghiacciante sentirli parlare di sesso come se niente fosse mentre io ero a due metri di distanza».

Risi alle sue parole, coprendomi la bocca con la mano: «I tuoi genitori sono dei grandi», dissi, pensando al sorriso dolce e giovane della signora Drake mentre mi raccontava delle sue numerose avventure giovanili e le decine di volte che era stata in gattabuia per proteste ambientali contro l'inquinamento o a favore della protezione di specie a rischio di estinzione. Il signor Drake invece aveva un carattere più riservato e timido, tanto che era stata la moglie a raccontarmi di come, prima di incontrare lei, fosse stato un lupo solitario.

«Certo, tranne quando progettano gite romantiche nel bosco davanti alla sottoscritta», disse Sab, facendo finta di vomitare.

Lanciai un'occhiata distratta all'orologio a parete e rimasi delusa nel constatare che erano già le dieci e quaranta.

«Cavolo, devo andare. Domani c'è scuola e ho il coprifuoco alle undici», borbottai, abbracciando ancora una volta la mia amica: «Grazie per avermi ascoltata e per essere ancora mia amica dopo le pessime notizie che ti ho riferito. Ci vediamo domani sull'autobus».

Mi battè il cinque e mi sorrise: «Contaci».

«Buona notte, Sab», le augurai, prima di mettermi giacca e cappello, uscire sul balcone e buttarmi di sotto.

«'Notte, D», mi salutò, accompagnandomi con lo sguardo fino a quando non scomparvi nel bosco, diretta a casa mia.

Non avevo molta voglia di tornare dai miei, soprattutto perché sapevo che ad aspettarmi ci sarebbero stati una furiosa mamma e un furioso papà che non volevano uscissi da sola la notte fino a quando non avessi raggiunto la maggiore età. Infatti quasi tutte le volte che andavo da Isabel la sera, Kyle doveva accompagnarmi e venirmi a prendere, stessa cosa per le feste organizzate dalla scuola o i compleanni. Per fortuna la maggior parte delle volte riuscivo a sgattaiolare fuori casa senza che i miei se ne accorgessero, evitando la mia personale e fastidiosissima guardia del corpo.

Non capivo il motivo per cui facevano di tutto per farmi ancora sentire una bambina indifesa in mezzo ad un mondo buio e crudele, tranne - ovviamente - quando progettavano a tavolino di farmi sposare con Michel nel giro di massimo tre mesi. Anche se non avevo sentito mio padre dare o meno il suo consenso al giovane Picard, una vocina nella mia testa continuava a ripetermi che non poteva avergli detto di no per pochi ma ovvi motivi. Primo: era un buon partito; secondo: davanti al signor Picard, amico di famiglia da quando si era unito al branco con la famiglia sedici anni prima, non poteva dire di no, altrimenti avrebbe dovuto motivare il rifiuto e non aveva nulla contro Michel; terzo: sperava nella nostra unione da quando aveva scoperto che Michel non era adatto a comandare, quindi diventare il nuovo Alpha, quindi sconfiggere mio fratello in combattimento e scacciarlo dal trono che gli spettava da quando era nato; quarto: era convinto, chissà come o perché, che io avessi un debole per lui. In poche parole era letteralmente impossibile che gli avesse detto di no.

Sentii un rumore improvviso di rami spezzarsi e, senza pensarci due volte, mi voltai accucciandomi in posizione di difesa mentre scandagliavo il bosco grazie alla mia vista notturna. Dal punto di vista olfattivo sentivo un odore sconosciuto che non corrispondeva a quello che avevo sentito precedentemente e ciò mi mandò solo in confusione: quanti cavolo di lupi solitari stavano infestando il nostro territorio?!

Inspirai a fondo, saziandomi di quell'odore nuovo e semplicemente delizioso che mi riempiva dolcemente i polmoni. Riconobbi una punta dolce di cannella e poi la nota dominante: sandalo, coriandolo e qualcos'altro di inafferrabile, mi ricordava in modo impressionate il profumo che aveva comprato mamma a papà anni fa: Égoïste.

Uno spostamento d'aria alla mia destra mi fece voltare di scatto e attaccare l'ombra scura che mi si stava avvicinando. Atterrai su un corpo umano che non tentò nemmeno di opporsi o liberarsi mentre gli bloccavo coi fianchi le gambe e le braccia con le mie mani. Mi bruciavano i muscoli dallo sforzo di tenerlo completamente immobile sotto di me. Avevo la certezza che se avesse cercato di liberarsi col fisico che si ritrovava non ci avrebbe messo molto ad invertire la situazione, per questo preferii prevenire e fare in modo che non avesse nessuna possibilità di movimento.

Per quanto la mia vista fosse sviluppata non riuscivo a scorgere perfettamente il suo aspetto, dato che il suo corpo era interamente in ombra, ma potevo sentire chiaramente il battito calmo e forte del suo cuore che pompava sangue e l'odore afrodisiaco della sua pelle e il respiro caldo che si scontrava e mescolava al mio.

«Chi sei?», ringhiai, sentendo il lupo dentro di me lottare per prendere il sopravvento e uccidere la preda appena catturata.

«Accogliete sempre così i lupi solitari che chiedono di entrare a far parte del branco? O la tua è una tattica personale per fare sentire a proprio agio le persone, tigrotta?», chiese il ragazzo con una voce profonda, tremendamente calda e carezzevole.

«Voglio il tuo nome, così potrò farlo scrivere sulla tua lapide una volta che ti avrò ucciso», dissi con un tono di voce tagliente; non si poteva permettere di chiamarmi 'tigrotta' o con qualsiasi altro appellativo simile. Solo perché ero femmina non voleva dire che poteva mancarmi di rispetto in quel modo e non essere punito.

Vidi le sua labbra aprirsi in un sorriso che mise in mostra i suoi denti bianchi e affilati: «Che ne dici di liberarmi? Non che non apprezzi il tuo grazioso corpo addosso al mio, ma temo che ci siano troppi vestiti di mezzo per potermelo godere appieno e poi , di solito quando parlo con la gente, mi piace poterla vedere in faccia».

Che sfacciato!

Arrossii involontariamente alle sue parole prima di stringere la presa sui suoi polsi, in modo da conficcare le poche unghie che avevo nella sua pelle: «Stai tirando troppo la corda, straniero. Non ti conviene continuare con questo comportamento insubordinato, a meno che tu non voglia morire».

«Mi fai male, femmina», disse, sollevando il capo di colpo e colpendomi senza preavviso sullo zigomo destro con la fronte, facendomi perdere la presa e quindi il vantaggio che avevo su di lui.

Ribaltò in due secondi le nostre posizioni, malgrado io continuassi a scalciare e tirargli pugni contro il petto.

Senza preavviso si alzò in piedi con un movimento fluido e fulmineo e mi porse una mano per aiutarmi ad alzarmi: «Nessun rancore, tigrotta, voglio solo parlare con l'Alpha del tuo branco, quindi se non ti dispiace farmi strada, ti sarei grato se mi accompagnassi da lui».

Mi misi seduta e fissai con astio la sua mano; se davvero pensava che avessi bisogno del suo aiuto per alzarmi si sbagliava di grosso. Mi portai una mano sulla guancia, sentendola ancora dolorante per la recente botta. Per fortuna il livido che si stava già formando sarebbe scomparso nel giro di un giorno al massimo, grazie alla mia natura di ragazza lupo.

«Mi dispiace di averti colpito, dolcezza. Solitamente sono dell'idea che le donne non si possano toccare nemmeno con un fiore, ma tu mi stavi facendo davvero male», disse, massaggiandosi i polsi.

Bene, avevo davanti un gentiluomo con chiare crisi d'identità. Dovevo solo sfruttare tale informazione a mio vantaggio.

Abbassai il volto, gemendo appena, fingendo un dolore che non stavo provando, nel misero tentativo di farlo sentire in colpa e fargli compiere un passo falso.

«Hey, cucciola, stai bene? Non pensavo di averti fatto così tanto male...»

All'udire l'ennesimo nomignolo odioso persi il controllo e, senza pensarci due volte, lo attaccai per la seconda volta nel giro di dieci minuti. Una volta in piedi gli tirai un pugno sul naso che lo fece barcollare all'indietro per la sorpresa, poi puntai il mio avambraccio contro la sua gola e lo spinsi verso un albero, a quel punto giocai la mia ultima carta e gli tirai una ginocchiata all'inguine che lo fece accovacciare a terra per il dolore.

Un sorriso di trionfo comparve sulle mie labbra.

'Ecco, quello è il tuo posto, straniero', pensai, battendomi mentalmente il cinque da sola.

«Così impari a non sottovalutare mai una donna», sibilai tra i denti, prima di immergere la mano tra i suoi capelli per sollevargli il volto.

Ero furiosa e ad un passo dal trasformarmi in lupo per farlo fuori, ma una parte della mia mente ebbe il tempo di constatare quanto morbida al tatto fosse la sua chioma scura tra le mie dita.

Quando tornai a scrutarlo in viso ci rimasi male nel notare che stesse sorridendo: «Sei tosta», sussurrò, prima di afferrarmi una gamba e farmi perdere l'equilibrio, facendomi cadere rovinosamente a terra. L'istante dopo era sopra di me e mi teneva ferma come avevo fatto pochi minuti prima io con lui: «Mi piace», disse, facendomi l'occhiolino.

Sbuffai, infastidita da tutta la sua virile sicurezza e tentai di muovermi per scrollarmelo di dosso: «Lasciami», ringhiai, cercando di sfruttare la mia piccola statura per sgusciare via da sotto il suo corpo.

«Forse, se prometti di fare la brava tigrotta e comportarti in modo civile», disse, scrutandomi in volto con un'espressione che al buio non riuscii a decifrare, ma che mi fece uno strano effetto.

Lo fulminai con lo sguardo, odiandolo sempre di più.

'Potrai anche avere un buon odore, una bella voce e anche un bell'aspetto magari, ma ti odio per il modo arrogante con cui mi stai trattando. Non sono una bambina e te lo dimostrerò, in un modo o nell'altro', pensai, ringhiando nella sua direzione, per fargli capire che non avevo affatto intenzione di dargliela vinta.

«Allora?», chiese, avvicinando il suo viso al mio e sollevando in modo interrogativo il sopracciglio destro, facendomi solo infuriare ancora di più. Davvero si aspettava che io deponessi l'ascia di guerra? Era così ingenuo?

Stavo per tirargli a mia volta una testata così da avere la possibilità di liberarmi dalla sua presa quando sentii chiaramente la voce infuriata di mio padre chiamare il mio nome a meno di un chilometro di distanza.

Fantastico, ci mancavano solo i genitori preoccupati e quindi furiosi con la sottoscritta per concludere al meglio la giornata.

Lo straniero allentò appena la presa e voltò il capo verso destra, permettendomi di avere una bella visuale della sua gola. Ebbi la forte tentazione di azzannarlo, ma non avevo abbastanza libertà di movimento per poterlo fare, accidenti!

Dopo meno di dieci secondi comparvero dagli alberi mamma e papà, seguiti dal signor Picard e Michel. Quando li vidi riuscii a pensare solo a due cose: uno, perché mio fratello era rimasto a casa - molto probabilmente - con Francine? E due: perché i miei genitori si erano portati dietro la scorta?

Il fascio di luce della torcia che aveva in mano mamma illuminò il volto dello straniero, permettendomi di constatare con fastidio che era davvero bello, anche con il labbro spaccato a causa del mio precedente pugno, accidenti a lui!

«Diana», sbottò mio padre, prima di ringhiare contro il ragazzo che continuava a tenermi in modo equivoco sotto di sé.

Michel, quella testa vuota, ebbe la brillante idea di accorrere in mio soccorso facendo spostare lo straniero e tirandomi in piedi in modo brusco e nient'affatto gradito, in modo da potermi spingere dietro di sé per proteggermi. Per ringraziarlo del suo gesto gentile gli tirai un calcio contro lo stinco e lo scansai, volevo vedere il volto sofferente dello straniero mentre mio padre lo sgozzava, dato che io ormai non potevo più farlo.

«Stai bene, Diana?», chiese mio padre, lanciandomi una veloce occhiata.

Annuii: «Me la stavo cavando egregiamente anche da sola», dissi, fulminando con lo sguardo Michel, che si massaggiava lo stinco con una smorfia di sofferenza stampata in volto.

«Con te faremo i conti più tardi», disse papà, prima di tornare a fissare con astio lo straniero: «Chi sei?»

Il lupo solitario si alzò in piedi e si passò le mani sui pantaloni per togliere le foglie che vi erano rimaste attaccate, prima di sorridere e mettere in mostra le fossette più belle che avessi mai visto. Quanto lo odiavo, lui e il suo viso perfetto che mi faceva solo venire voglia di rovinarglielo.

«Mi chiamo Xavier, sono qui perché vorrei chiederle il permesso di entrare a far parte del branco», disse il ragazzo, facendo un breve inchino verso mio padre.

«Attaccare la figlia dell'Alpha, che bel modo di fare buona impressione», disse Michel, guardando con odio il nuovo arrivato.

Papà sorrise: «Sono stupito che tu sia ancora vivo, Xavier, mia figlia non è conosciuta per i suoi modi gentili», disse, facendo un passo avanti: «Questo può significare solo due cose: o hai fatto colpo su di lei o sei abbastanza forte da tenerle testa».

Inorridii alle sue parole e aprii la bocca per dire chiaro e tondo che non avevo affatto un debole per quello lì, ma venni preceduta da Xavier.

«Posso assicurarle che non è stato semplice sopravvivere», disse, sorridendomi in un modo che mi fece sentire una fastidiosa stretta allo stomaco: mi stava prendendo in giro? Come osava?!

«Perché dovrei accettare la tua richiesta di far parte di questo branco?», chiese mio padre, tornando serio.

Xavier mi fissò dritto negli occhi per pochi secondi, permettendomi di vederne il colore verde chiaro, prima di concentrare tutta la sua attenzione sull'Alpha: «Mio padre è stato ucciso da un lupo solitario pochi mesi fa, ho seguito le sue tracce fino a qui. Quando mi sono reso conto che qua c'era un branco ho deciso di chiedere ospitalità, anche se ancora non so per quanto tempo. Ho intenzione di vendicare mio padre prima, poi sarei onorato di entrare a far parte del vostro branco a tutti gli effetti», disse le ultime parole fissandomi in un modo che mi mise in imbarazzo, anche se sul momento non avrei saputo spiegare il perché.

Papà aggrottò le sopracciglia: «Mi dispiace per vostro padre, come si chiamava?»

«Frank O'Bryne», disse Xavier senza lasciar trapelare nessuna emozione dalle sue parole.

Mio padre sussultò: «O'Bryne?», ripeté con un tono di voce triste e stupito: «Temo di averlo conosciuto molto tempo fa. Le mie condoglianze, era un brav'uomo e un lupo coraggioso».

Rimanemmo tutti in silenzio per qualche secondo, prima che papà chiedesse: «Conoscete il nome del lupo che state inseguendo?»

Xavier scosse la testa: «Sfortunatamente conosco solo il suo odore», rispose.

«Sapresti indicarmi dov'è passato? Vorrei aiutarti personalmente nelle ricerche, in onore di Frank».

Xavier stava per aprire bocca quando lo precedetti: «Ha marcato il territorio poco distante da casa di Isabel, ho sentito l'odore quando sono andata a cercare prima di cena la nonna nel bosco, ma ho avuto la conferma che un lupo solitario fosse in cerca di uno scontro quando ho trovato l'albero marcato», dissi, incrociando le braccia al petto e lanciando a Xavier uno sguardo colmo di arroganza: «Stavo giusto tornando a casa per raccontarti tutto, papà, quando sono stata attaccata e trattenuta da...»

«Attaccata? Ma se sei stata tu a saltarmi addosso? Io volevo solo parlare», m'interruppe Xavier, beccandosi un'occhiata di puro odio dalla sottoscritta, che ricambiò con un sorriso divertito.

«Dettagli», sibilai tra i denti, prima di tornare a guardare mio papà: «Comunque suggerisco di controllare bene il bosco e il perimetro del territorio del branco al più presto, potrebbe essere ovunque a quest'ora», dissi con tono esperto, anche se in realtà volevo solo far vedere a Xavier che non ero una ragazzina.

Non ero stupita da questo mio desiderio di mostrarmi più grande, in fondo ero sempre vissuta all'ombra di mio fratello e la mia vita era stata caratterizzata dal vano e continuo tentativo di essere migliore di lui in tutto. Quello che mi stupì fu il moto di orgoglio che provai quando Xavier mi scrutò con uno sguardo pieno di ammirazione. Perché m'importava tanto ciò che pensava di me?

«E perché ce lo dici solo ora?», intervenne mia mamma che, piuttosto alterata, continuava ad annusare l'aria alla ricerca di odori sospetti, senza però trovare nulla.

«Volevo esserne prima sicura», dissi, omettendo quanto odiassi non essere creduta e la certezza che non l'avrebbero fatto se non avessi portato loro almeno una prova.

«Va bene, vorrà dire che questa sarà una buona occasione per metterti alla prova Xavier», disse papà, prima di voltarsi verso di me: «Diana vai a casa e dì a Francine e Kyle di raggiungerci al più presto, metti a letto Edith e poi fila anche tu a dormire che domani hai scuola», disse, facendomi sentire al pari di una bambina.

«Non posso venire con voi?», chiesi, mettendo il muso: «E poi cosa c'entra? Anche Michel, Francine e Kyle hanno scuola domani!»

Mamma alzò gli occhi al cielo, mentre papà mi appoggiava una mano sulla spalla e mi sorrideva rassicurante: «Tra due mesi sarai maggiorenne e potrai unirti alle battute di caccia, per ora sei troppo piccola».

«Cosa vuoi che cambi in due mesi che ancora non è cambiato?», chiesi io, sbuffando mentre mi allontanavo da quel posto, altrimenti avrei finito per insultare qualcuno.

«È stato un piacere conoscerti, Diana», mi urlò dietro Xavier, facendomi voltare un'ultima volta per poterlo salutare con il dito medio e la linguaccia.

Mentre correvo via sentii mio padre scusarsi per il mio comportamento, mentre Xavier rideva di gusto.

'Ah, ti diverto?', pensai, furiosa, mentre mi dirigevo con passo sostenuto verso casa: 'Ride bene chi ride ultimo, Xavier, mi sa che dovrò ricordartelo la prossima volta che c'incontreremo'.

 

 

***********
 

Ciao popolo di EFP!

Ecco a voi il secondo capitolo, dove conosciamo due personaggi molto importanti per la trama: Isabel, la migliore amica di Diana e Xavier, un misterioso lupo solitario che sembra mettere la nostra protagonista in difficoltà con la sua sfacciataggine. 

Spero che la storia vi stia piacendo, e che abbiate voglia di lasciarmi una recensione!

Un abbraccio,

LazySoul

  
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