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Autore: FairyCleo    23/08/2017    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 36

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Il trambusto che aveva caratterizzato quell’evento così improvviso non aveva permesso a nessuno dei presenti di agire in maniera razionale, logica, men che meno tempestiva.
Mai avrebbero potuto pensare a un gesto così avventato, così sciocco, così inspiegabile. Così come non avrebbero potuto spiegarsi il perché Goku fosse stato incapace di controllare la propria forza e, ancor meno, fosse stato incapace di fermare il nemico, di arrestare quella sorta di suicidio programmato messo in atto da Vickas. Il Son era sempre stato il loro punto di riferimento. Goku era colui che risolveva ogni genere di problema, che sconfiggeva i nemici dopo essersi divertito un po’, era colui che non aveva mai fallito. Invece… Invece, quella volta, era toccato a Vegeta giocare questo ruolo. Perché Goku non era più riuscito a muoversi, ritrovandosi sfinito improvvisamente. Perché si era dovuto fermare, cercando di espandere il più possibile la propria cassa toracica e permettere all’aria di tornare a circolare. Perché si era sentito venir meno. E perché, i presenti ne erano sempre più convinti: Vickas aveva voluto che le cose andassero così.
Questo non era un demerito nei riguardi di Vegeta. Tutti erano consapevoli della sua forza, del suo valore. Ma, allo stesso tempo, sapevano perfettamente che il re dei saiyan fosse in qualche modo l’eterno secondo, colui che era sempre un passo indietro rispetto a chi aveva sempre definito un’inutile terza classe.
Bene, in quel frangente, il passo indietro sembrava essere stato non solo colmato, ma sembrava essere diventato tale a sfavore di Goku.
Neanche il diretto interessato era riuscito a spiegarsi questo suo nuovo potere, questa energia che, improvvisamente, aveva sentito scorrere nelle vene. Era stata come un’ondata che, nonostante si fosse propagata da lui, lo aveva allo stesso tempo investito, sconvolgendolo.
Aveva capito sin da subito che qualcosa non quadrava. D’accordo, era stato ferito gravemente dalle fiamme magiche prodotte dall’intervento di quello che avevano sempre definito quel verme di Vickas, ma era quasi certo che il verme, stavolta, non avesse messo in pratica un intervento così verminoso come poteva sembrare.
Non era certo che gli altri lo avessero visto. Così come non era certo di averlo visto egli stesso. La concitazione del momento, la furia che lo aveva investito, la voglia di fermare quella creatura di cui aveva ammesso di fidarsi ma che continuava a compiere atti che andavano al di là dell’umana comprensione, potevano averlo confuso. Eppure, a giudicare dall’espressione che aveva visto sul volto di Gohan, qualcosa di giusto doveva averlo pur visto.
“Io non… Non… Io non capisco… Non capisco…”.
Gohan stava tremando. Quel fremito incontrollabile era partito dalle mani per poi propagarsi per tutto il corpo, travolgendolo, sconvolgendolo allo stesso modo o forse anche di più di quello che si era palesato davanti ai suoi occhi, davanti agli occhi di tutti.
“Vegeta… Vegeta… Ti prego… Dimmi che lo hai visto… Dimmi che-che…” – non aveva finito la frase, perché era caduto al suolo, sbattendo con forza il coccige. In un’altra circostanza, sarebbe stato un evento quasi comico. Ma, in quel frangente, non vi era nulla di tale.
Questo perché Vickas non era semplicemente passato a miglior vita. Questo perché Vickas, prima di spirare e sparire letteralmente nel nulla, di dissolversi come neve al sole, aveva assunto quello che era il suo aspetto originario, dando la possibilità a Gohan di capire cosa realmente volessero dire le sue parole. Questo perché Gohan, sembrava l’esatta copia, il gemello, il clone di Vickas.
Il re dei saiyan non aveva risposto immediatamente. Aveva lasciato che i presenti riacquistassero sicurezza, che decidessero di avvicinarsi perché si sentivano nuovamente al sicuro, per quanto questo potesse sembrare impossibile. Chichi aveva soccorso Goku, aiutandolo a rimettersi in piedi. Il Son aveva ancora qualche difficoltà, ma aveva cercato di dissipare la paura che aveva assalito la moglie e il figlioletto. Stava bene veramente, del resto. Certo, aveva un bel capogiro, ma la situazione sarebbe rientrata al più presto. Doveva rientrare. E non poteva più permettersi distrazioni o cedimenti.
“Mai avrei pensato di poter assistere a una scena simile” – aveva ammesso, candido, Mr. Satan – “E dire che ne ho viste tante. Con Cell, con Bu… Ma questo… Questo è troppo anche per uno come me”.
Forse, per una volta, non si stava dando le solite arie. Forse, per una volta, aveva veramente ragione. Quello era un evento straordinario, un evento inspiegabile che non avrebbero potuto elaborare in fretta. Ma, quello che avevano visto, cosa significava?
Perché i due si somigliavano così tanto? Perché Vickas li aveva attaccati? E, soprattutto, cosa voleva dire che aveva finalmente capito che potevano battere Oozaru?
Le domande che avevano da fare erano tante, tantissime, e forse, non avrebbero mai avuto una risposta. Stava di fatto che Vickas, chiunque egli fosse realmente e qualunque fosse il suo vero aspetto, non si trovava più con loro e, forse, non sarebbe tornato mai più.
“Non possiamo rimanere qui” – aveva detto Videl, seria, apparentemente imperturbabile, ma in verità timorosa per la sorte toccata al suo Gohan – “Cambiamo posto. C’erano delle caverne più spaziose, a qualche chilometro da qui. Potremo accendere un fuoco più grande e potremo mangiare. Dopo, a stomaco pieno, forse riusciremo a capire qualcosa in più di quello che è successo”.
E, senza aspettare di ricevere smentite o conferme, aveva aiutato Gohan ad alzarsi ed entrambi si erano diretti presso l’uscita, seguiti, poco dopo, da suo padre, da Yamcha e da tutti gli altri.
Solo tre di loro si erano attardati, e non era difficile immaginare di chi si trattasse.
“Vegeta… Tu puoi spiegarci qualcosa?” – Chichi glielo aveva chiesto con una gentilezza che non le apparteneva, solitamente. Il suo tono era stato pacato, timoroso, ma estremamente dolce. Era quasi come se temesse di infastidirlo, di urtare la sua sensibilità, resa ancora più fragile e più preziosa dal semplice fatto che lei era stata in grado di scoprirla, di vederla, solo da pochissimo tempo.
“Non lo so, Chichi… Non so se ne sono realmente in grado. Non so neanche se ho veramente capito che cosa stia succedendo. Ma dobbiamo fermare Oozaru”.
E, così dicendo, aveva seguito il resto del gruppo, ma prima aveva posato per un lungo istante gli occhi sul suo unico figlio, sospirando in maniera impercettibile. Era impossibile che solo Bulma non fosse in grado di rendersi conto di aver ferito suo marito molto più di quanto avessero mai fatto i colpi ricevuti in battaglia.

 
*

Avevano cenato, alla fine dei conti.
Nessuno di loro sapeva bene come avesse fatto a mandare giù il cibo, ma stava di fatto che ciò era successo.
Era come se tutti loro stessero andando avanti per inerzia, come se stessero vivendo una realtà che tale non era, come se fossero i protagonisti di un sogno che sarebbe potuto terminare da un momento all’altro, appena la sveglia, o il gallo, avessero deciso di entrare in scena.
Chichi, aiutata da Videl e – stranamente – anche da C 18, aveva cucinato il pezzo di carne di dubbia provenienza che Goku aveva portato con sé. Quest’ultimo, dopo un po’ di incoraggiamento, aveva cominciato a mangiare di gusto, fermandosi per decenza e solo per evitare che gli altri patissero ancora la fame a causa della sua ingordigia. C’era da dire, però, che quello era veramente uno strano pezzo di carne. Sembrava che, a ogni morso, a ogni strappo, a ogni taglio, si rigenerasse la porzione che era appena stata portata via. Ciò aveva causato non poco turbamento nei presenti, soprattutto in Chichi, che continuava a chiedere al marito da quale animale avesse prelevato quel trancio così succulento e invitante. La reticenza di Goku, la vaghezza delle sue risposte, l’aveva irritata e non poco, ma come avrebbe fatto a tenergli il muso dopo che lui l’aveva guardata negli occhi, le aveva sorriso e le aveva chiesto di fidarsi di lui? Suo marito era l’uomo più buono che avesse mai avuto l’opportunità di conoscere. Si era innamorata di lui anche e soprattutto per questo motivo, e si era fidata ciecamente sin dal primo istante. Che importava se il cibo era incantato? Goku doveva avere i suoi motivi per essere così misterioso, e lei non avrebbe più fatto domande inopportune. Anche perché, a onor del vero, colui che doveva essere tempestato di domande, era un certo re che se ne stava seduto da solo, in disparte, con la schiena poggiata alla parete del loro rifugio, le ginocchia piegate, gli avambracci poggiati su di essi, le mani penzolanti, e lo sguardo fisso verso il nulla.
Era a disagio.
Sapeva che Vegeta stava soffrendo, e non riusciva a sopportare di vederlo in quelle condizioni. Non aveva mai nutrito particolare simpatia, per lui, lo sapevano tutti, ma le cose erano drasticamente mutate. Certo, non che lo ritenesse l’uomo migliore dell’anno, ma quello che gli aveva visto fare, il modo in cui lo aveva visto agire, era un qualcosa che pensava di non poter mai associare a colui che aveva da sempre considerato un mostro sanguinario dedito solo alla lotta e alla distruzione.
Aveva salvato Goten e la figlioletta di Crilin. Era quasi morto per trarli in salvo dalle fiamme, e continuava a portarne le conseguenze sulla pelle. Le ustioni, curate in qualche modo da lei e da quel pazzo di Vickas, dovevano dolergli in maniera inimmaginabile, ma sul suo viso non si leggeva niente se non una piccolissima, quasi impercettibile smorfia nei momenti in cui compiva qualche movimento più brusco.
Per Chichi era stato strano approcciarsi a lui in modo così intimo. Non aveva mai sfiorato la pelle di un altro uomo all’infuori di quella di suo marito, e si era per un attimo sentita in imbarazzo. Lo stomaco le si era torto fino a farle male e aveva cominciato a provare una strana sensazione sulle labbra e in bocca, quasi come se la sua salivazione avesse deciso di bloccarsi improvvisamente.
Forse, per la prima volta, cominciava a capire che cosa Bulma avesse visto in lui. Si era sempre chiesta come avesse fatto, la sua amica, ad accettare una creatura del genere al suo fianco, come avesse potuto non averne paura.
Ma ora che era lì, ora che aveva avuto modo di vederlo per ciò che era realmente, aveva capito. E non riusciva ad accettare che i loro ruoli si fossero quasi ribaltati. Se persino lei, a volte così cocciuta e intransigente, era stata in grado di andare oltre quella corazza di egoismo e cinismo che Vegeta si ostinava a voler indossare, perché Bulma si era imposta di fare l’esatto opposto? Da cosa scaturivano tutto quell’odio, tutto quel rancore, tutto quel risentimento?
Trunks non stava bene, e non avevano idea di cosa avrebbero potuto fare per salvare il piccolo. Vickas, da questo punto di vista, non era stato particolarmente incoraggiante. Ma il giovane saiyan dai capelli lilla, nei pochi momenti di lucidità che ancora lo investivano, continuava a chiedere con insistenza di suo padre, quel papà che continuava a guardarlo da lontano con occhi tristi e pieni di terrore.
E Chichi, per la prima volta in tutta la sua vita, si era ritrovata nella condizione di dover reprimere a fatica dei sentimenti nuovi. O meglio, dei sentimenti già provati ma ora indirizzati verso persone nuove. Eppure, aveva strenuamente, costantemente deciso di reprimerli. Forse, se Yamcha l’avesse per un attimo lasciata da sola, avrebbe parlato con Bulma, sgridandola, cercando di farla tornare in sé. Ma con Vegeta… Con lui era tutta un’altra storia. Non aveva il coraggio di avvicinarsi a lui. Non di nuovo. Non a cuor leggero. Quella sensazione all’altezza dello stomaco l’avrebbe uccisa, e non sarebbe stata in grado di proferire parola. Una cosa, però, l’avrebbe fatta, ed era quella che cercava di evitare più di ogni altra, perché era certa che, dopotutto, abbracciare Vegeta, stringerlo forte e dirgli che sarebbe andato tutto bene, sarebbe stato estremamente imbarazzante e sconveniente.
“A cosa stai pensando?”.
Goku aveva interrotto il filo dei suoi strampalati pensieri, facendola sobbalzare. Non sapeva se suo marito si fosse accorto che aveva fissato Vegeta con insistenza, e la cosa l’aveva messa profondamente a disagio.
“Niente… A niente…”.
“Chichi… Sarò ingenuo, ma non stupido…” – ciò detto, l’aveva abbracciata. Non lo faceva molto spesso, e mai in pubblico, ragion per cui l’aveva completamente spiazzata. Era arrossita, e aveva nascosto il viso sul petto del marito, inspirando profondamente il suo odore. L’odore di casa.
“Sono preoccupata… Tanto…”.
“Sì, anche io…”.
Stavano bisbigliando. Nessuno li avrebbe sentiti, ma non volevano essere inopportuni o sembrare invadenti. Erano marito e moglie che condividevano le stesse preoccupazioni verso una coppia di amici che sembrava essersi irrimediabilmente separata, e che aveva un bambino la cui sorte sembrava ogni istante sempre più preoccupante.
Osservando la situazione dall’esterno, in maniera molto più distaccata, qualcuno avrebbe potuto considerare a dir poco assurdo un simile atteggiamento da parte loro, considerando la tragedia che stavano vivendo. Con Oozaru in circolazione, il loro principale desiderio era quello di veder tornare la pace tra Bulma e Vegeta. Il punto, però, era proprio questo: non stavano giocando al Dottor Stranamore*. Chichi e Goku erano stati più volte vittime degli eventi e, dopo mille peripezie e dopo una lunga assenza da parte del Son, avevano finalmente compreso che era solo restando uniti che avrebbero potuto risolvere ogni guaio e vincere qualsiasi battaglia. Era per questo che la loro apprensione aumentava sempre più. Se non riuscivano a collaborare, se Oozaru – o Vickas – erano riusciti a separarli, cosa sarebbe accaduto quando sarebbe giunto il momento cruciale della battaglia? Aveva già vinto in partenza, a quel punto. E questo, loro, non potevano permetterlo.
Ma cosa avrebbero potuto fare?
Sembrava che a un passo avanti, ne facessero mille indietro.
Quando Vickas li aveva attaccati, Goku aveva provato a fronteggiarlo, ottenendo scarsi risultati. Paradossalmente, Vegeta lo aveva non solo fermato: lo aveva ucciso, e Gohan – per quanto avevano potuto capire – aveva subito le dirette conseguenze della morte del sacerdote saiyan. Quali fossero queste conseguenze non gli era ancora stato concesso di capirlo, ma qualcosa suggeriva a entrambi che non ci sarebbe stato poi tanto da attendere.
Trunks stava davvero male. Nessuno, all’infuori di Vegeta, voleva ammetterlo. Men che meno sua madre. Chichi e Goku non potevano biasimarla per questo, ma non potevano accettare quell’odio gratuito che aveva mostrato nei riguardi di Vegeta. Lui era stanco, ferito, provato, incapace di darsi una risposta alle mille domande che si stava ponendo, incapace di capire perché fosse sempre tutta colpa sua. La verità era che, entrambi, lo stavano osservando mentre si spegneva lentamente. Se non aveva ancora mollato, se non aveva ancora gettato la spugna, era solo stato per amore di quel bambino che non aveva il permesso di avvicinare. Quanto doveva amare lui e Bulma per accettare una simile condizione?
Goten, poi… Temevano che non si sarebbe mai ripreso dallo shock di aver ferito mortalmente il bambino che amava come un fratello. Da quando erano rientrati dalla fortezza di Vickas, la luce nei suoi occhi si era spenta. Sembrava che non ci fosse differenza tra i suoi occhi e quelli di Vegeta: erano pozze nere di dolore e paura mal celati e che sembravano provenire direttamente dalle loro anime.
Crilin, C 18, Satan e tutti gli altri… Be’, forse era per loro che non avevano ancora smesso di lottare. Per loro, e per tutte le donne e i bambini che Oozaru aveva deciso di rendere suoi schiavi.
No, non potevano permettergli di vincere. Non potevano e basta. Sarebbe stato meglio morire, a quel punto, ma almeno essere finalmente liberi dalla paura che li stava divorando sino all’osso.
“Che cosa facciamo?”.
Chichi glielo aveva chiesto di punto e in bianco. Un altro, al suo posto, si sarebbe meravigliato, ma non Goku. Lui sapeva che sua moglie era perfettamente in grado di percepire ogni suo stato d’animo, ogni idea, ogni reazione, e anche in quel caso, era stato come se avessero fatto quel ragionamento ad alta voce, magari davanti a una buona tazza di caffè, o stesi sul letto, mentre cercavano di rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro. Erano fatti l’uno per l’altra. Così come lo erano Bulma e Vegeta. C’era solo bisogno che qualcuno lo ricordasse alla donna dai capelli color turchese.

 
*

“Ha ricominciato a nevicare” – Videl lo aveva detto quasi senza essersene accorta. La cena aveva bene o male ristorato tutti, e il fuoco attorno a cui si erano stretti aveva evitato che morissero congelati. Purtroppo, la magia della neve avrebbe potuto tramutarsi per loro in una trappola mortale. Ma dovevano rimanere nascosti. Oozaru era lì fuori, ovunque si trovasse. E Oozaru era estremamente pericoloso.
Gohan, ancora stravolto dopo quello che gli era capitato, aveva stretto a sé la fidanzata, facendola arrossire. Non erano soliti scambiarsi effusioni in pubblico, ma quella era una circostanza speciale. Paradossalmente, era Gohan quello ad avere più bisogno di attenzioni. Non riusciva ancora a capire come si sentisse, cosa provasse. Avvertiva un profondo cambiamento, ma non era in grado di percepirne la reale essenza. Certo, c’entrava sicuramente Vickas. Ma avrebbe dovuto ringraziarlo o maledirlo?
Non si era fidato di lui neanche per un istante, neanche dopo il discorso che gli aveva fatto Vegeta. Che il re dei saiyan fosse in grado di percepire qualcosa che per lui era rimasto un mistero, era l’unica cosa che aveva veramente chiara. Ma cosa poteva fare se non aspettare e vedere come sarebbero andate le cose? Se veramente lui e Vickas erano in qualche modo legati, lo avrebbe scoperto prima del previsto. Forse, alla fine, poteva anche essere che Vegeta avesse ragione. Avrebbe solo dovuto aspettare e vedere quale sarebbe stata l’evoluzione delle cose.
Videl si era appena accoccolata sul suo petto quando entrambi si erano accorti che Vegeta, di nuovo, fosse uscito fuori, al freddo, completamente solo. Continuava a non capire quel suo atteggiamento, quella forza improvvisa che aveva scatenato, il malessere accusato da suo padre e l’assurdità della situazione che stavano vivendo. Ma non poteva lasciarlo andare fuori da solo.
C’era qualcosa di diverso, in Vegeta, qualcosa che impediva loro di riconoscerlo nell’uomo burbero e cinico che avevano conosciuto. Certo, gli avvenimenti dell’ultimo periodo avevano sconvolto tutti, ma quel cambiamento era troppo radicale, troppo improvviso, troppo… doloroso. Sì, non avrebbe potuto trovare un termine diverso. Gli faceva male vedere Vegeta in quello stato, e aveva giurato a se stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse stata in suo potere per aiutarlo a stare meglio. Anche solo stargli accanto e offrigli un po’ di conforto.
“Vai pure…” – Videl non lo avrebbe mai ostacolato, ma non se la sentiva di accompagnarlo in quell’impresa. Non sapeva niente di Vegeta, e non voleva risultare inopportuna o invadente.
Così, Gohan l’aveva baciata sulla fronte e aveva seguito le orme di Vegeta, scoprendo che il re, in barba al freddo pungente e al vento gelido che si era appena levato, aveva abbandonato la maglia al suolo, cercando di trovare sollievo dal dolore grazie ai cumuli di neve che con delicatezza aveva posato sulle ustioni che lo deturpavano.
Lo aveva sentito mugugnare, e il cuore gli si era stretto in una morsa. Quanto dolore stava patendo? Quanta sofferenza? E questo per mano di Vickas e di Oozaru. Non era colpa di Vegeta. Non era colpa di nessuno di loro se stava capitando l’irreparabile. Ma non si sarebbero arresi. Mai. A costo di combattere sino alla morte, Oozaru non avrebbe trionfato.
“Vegeta…” – stava per dirgli qualcosa. Stava per dirgli che poteva contare su di lui, che sarebbe andato tutto bene, ma si era fermato all’improvviso. Le parole gli erano morte in gola, e la testa aveva cominciato a dolergli in maniera insopportabile. Una nausea inspiegabile lo aveva investito ed era come se avesse iniziato a levitare. Poi, senza sapere come, o perché, si era ritrovato immerso nel buio, a vagare senza una meta, in preda al panico più totale. E, senza che lui potesse comprenderne la ragione, lo aveva visto. In mezzo a quell’oscurità, colpito da un cono di luce che si allargava progressivamente verso il basso, aveva visto il piccolo Trunks, in piedi, immobile, con il braccio tinto dal rosso del suo stesso sangue che lo fissava con occhi colmi di rassegnazione e terrore.
Aveva provato a chiamarlo, ma nessun suono era uscito dalla sua bocca. Aveva provato a raggiungerlo, ma i suoi muscoli non rispondevano ai comandi.
E poi, lo aveva visto. Aveva visto due mani spuntare dal nulla e afferrare Trunks con disgustosi artigli ricurvi.
A quel punto, tutto si era dissolto nel nulla.
L’urlo spaventoso di Bulma, aveva smaterializzato quel luogo, riportandolo con i piedi per terra. Gohan stava tremando coma una foglia al vento.
Troppo sconvolto anche solo per dire qualcosa, non aveva fermato Vegeta, che, mezzo nudo, era tornato indietro, con lo sguardo colmo di terrore.
Che cos’era quella cosa che aveva visto? Cosa? Forse, per la prima volta in tutta la sua vita, Gohan, avrebbe preferito non saperlo.

 
*

“Che cosa succede?”.
Si erano riuniti tutti accanto a Bulma, facendo cerchio attorno a lei e al piccolo Trunks che, per qualche oscura ragione, aveva improvvisamente ricominciato a sanguinare dalla ferita sul braccio.
Nessuno sembrava aver udito la domanda concitata di Vegeta. Ma non aveva avuto bisogno di nessuna risposta. Trunks stava perdendo sangue, più di quanto non ne avesse mai perso in precedenza, e né Bulma, né Yamcha stavano facendo qualcosa per lui.
“Nooo… Piccolo mio… Nooo…” – Bulma sembrava impazzita. Continuava a stringere suo figlio, ad accarezzargli e baciargli i capelli con disperazione – “Fate qualcosa… Lui deve vivere… TRUNKS, NON PUOI MORIRE!”.
Lo aveva urlato disperatamente, alzandosi in piedi di scatto e afferrando un ciocco di legna ardente dal fuoco, ignorando il bruciore che aveva investito la sua piccola, delicata mano.
“NON FARLO!”.
Ma la supplica di Chichi non era stata ascoltata dalla donna, che aveva preso in mano la situazione e aveva spinto con tutta la forza che aveva quella punta ardente contro il morso sanguinante.
Trunks aveva gridato, svegliandosi di colpo. Aveva gli occhi pieni di lacrime, era sconvolto, e non riusciva a capire chi è che gli stesse procurando tutto quel dolore.
“Ma-Mamma…” – lo aveva sussurrato appena, ma era stato in grado di farsi sentire. Perché gli stava facendo una cosa del genere? Perché?
“BULMA, FERMATI!”.
“STA ZITTO, VEGETA! TUTTI VOI DOVETE STARE ZITTI, E DOVETE STARE INDIETRO!” – li aveva minacciati con quella rudimentale arma. Forse, il fuoco nei suoi occhi ardeva di più di quello che aveva appena posato sulla pelle di suo figlio – “Stammi a sentire, Trunks” – aveva incalzato – “Tu non morirai. Tu devi lottare. Devi rimanere con me, hai capito? RIMANI CON ME!”.
Ma, se in un primo momento sembrava che quel disperato tentativo fosse servito a qualcosa e che la ferita si fosse cauterizzata, così non era stato. Perché il sangue, quasi avesse deciso di prendersi gioco di loro, aveva cominciato a scorrere più copioso di prima.
Era stato a quel punto che era avvenuto ciò che tutti, forse, speravano sin dall’inizio. Vegeta non aveva proferito parola, ma aveva strappato il figlio, suo figlio, dalle braccia della madre, e lo aveva stretto al petto, incurante del dolore fisico e delle deboli proteste della moglie.
“Devi smetterla…” – le aveva detto, serio, severo – “Basta… Basta così” – e si era seduto come qualche ora prima, solo che le sue mani non erano più vuote, ma stringevano la cosa più preziosa della sua vita: stringevano il suo unico e solo figlio.

 
*

Non aveva idea di quanto tempo potesse essere trascorso. Forse minuti… Forse ore… Forse mesi o anni.
Era rimasto fermo, immobile, in silenzio, con Trunks tra le braccia e il dolore del corpo ormai del tutto offuscato da quello del cuore.
Tra i presenti, nessuno aveva osato dire o fare qualcosa, neppure Bulma, che si era abbandonata al pianto tra le braccia di Yamcha, prima di cadere in un sonno profondo e senza sogni.
Aveva gli occhi di tutti puntati addosso, lo sapeva bene, ma non gli importava. Non gli importava più di niente e nessuno, se non della creaturina ormai allo stremo che si era aggrappata alla vita con le poche forze che gli erano rimaste. Ed era proprio per lui se, con la voce tremante e quasi rotta dal pianto, si era accostato al suo orecchio, sussurrando le uniche parole che non avrebbe mai pensato di dirgli.
“Ehi…” – gli doleva la gola. Mio Dio com’era difficile.
Trunks aveva aperto gli occhi, a fatica, sorridendo come meglio poteva riuscirgli.
“E-ehi…” – aveva ricambiato in un sibilo impercettibile.
“Come va?” – che domanda stupida.
“Mmm…” – aveva mugugnato il piccolo, accennando un sorriso subito trasformatosi in una smorfia di dolore.
A quel punto, Vegeta non poteva più tirarsi indietro.
“Voglio che mi ascolti. Va bene, figlio mio?”.
“O-Ok…”.
Aveva chiuso gli occhi per un istante, inspirando profondamente prima di proseguire.
“Lo so che sei un guerriero… Tu sei un saiyan, proprio come me… E lotti. Lo so che sei forte e lotti… Ma…” – come poteva dirglielo? Come? Si era improvvisamente sentito venire meno. Ma non poteva tirarsi indietro. Non più, ormai – “Se sei troppo stanco… Trunks… Se sei troppo stanco, se vuoi, puoi chiudere gli occhi”.
Lo aveva fatto. Lo aveva fatto veramente. Aveva detto a suo figlio di lasciarsi andare. Aveva dato a suo figlio il permesso di morire. Perché Vegeta lo aveva capito sin da subito. Vegeta sapeva che Trunks stava stringendo i denti solo per lui e per Bulma, e sapeva che l’egoismo stava consumando il frutto del loro amore.
“Ma… La ma-mamma…”.
“La mamma capirà… Lei vuole che tu stia bene… Capito…? La mamma capirà…”.
Stava convincendo più se stesso che il suo piccolo, e lo sapeva, proprio come Trunks.
“Va bene così, figlio mio… Sono fiero di te. Mi hai reso orgoglioso come mai prima d’ora. Lo sai, vero?”.
Trunks gli aveva fatto un cenno, strofinandogli il capo sul petto, proprio all’altezza del cuore.
“Ho freddo” – aveva detto, e suo padre lo aveva stretto con più forza, facendo attenzione a non fargli del male.
Se Trunks avesse fatto attenzione, avrebbe sentito il cuore di Vegeta ridursi in milioni di piccoli frantumi. Se avesse potuto, lo avrebbe visto spegnersi insieme a lui. Ma Trunks non avrebbe potuto farlo. Perché il piccolo saiyan dai capelli lilla aveva esalato il suo ultimo respiro, spegnendosi tra le braccia di chi avrebbe dato la vita per lui.
Si era alzato all’improvviso, cercando di fare attenzione a non fare subire colpi bruschi al corpicino che aveva in braccio. Il suo sguardo era vuoto, assente, e non aveva udito la voce di chi gli chiedeva cosa fosse accaduto. Lui non era lì. Era andato via insieme a Trunks, ma nessuno se n’era ancora accorto.
“Vegeta?” – era stata Chichi la prima a chiamarlo, cercando di capire.
Ma lui niente. Lui non avrebbe mai potuto sentirla.
Si era semplicemente incamminato verso sua moglie e, stranamente, lei si era svegliata prima del suo arrivo.
Era stato allora che la mano di Trunks, inerme, era caduta verso il basso, verso quella madre che l’avrebbe accolta in qualsiasi situazione.
E Bulma, Yamcha, Chichi e tutti gli altri avevano capito: il piccolo Trunks non c’era più.
“No… No…” – aveva ripetuto, portandosi entrambe le mani alle labbra e poi accarezzando, tremante, la mano del figlio – “NO!”.
Era scoppiata in lacrime, imponendo a Vegeta di lasciare alle sue cure il figlio. Forse, avrebbe potuto fare qualcosa. Forse, era ancora in tempo!
“Trunks… Amore… Svegliati… Svegliati…” – ma lui non si sarebbe svegliato. Trunks, avrebbe riposato per sempre.
Aveva guardato Vegeta con occhi iniettati di sangue e aveva sputato su di lui tutto il suo odio, tutto il suo rancore – “Lo hai ucciso tu. Tu. È colpa tua se è morto. Io ti odio. Ti odio. E vorrei solo che fossi tu al suo posto”.
Era rimasto impassibile. Immobile. Questo, prima di darle le spalle e avviarsi verso l’uscita, sentendosi addosso gli occhi di tutti.
“Spero che tu soffra quanto ha sofferto lui” – aveva rincarato la dose lei, cinica, crudele.
Non riusciva a rendersi conto che, alla fine dei conti, Vegeta stava soffrendo molto, molto di più e che, se avesse potuto, avrebbe scambiato la sua vita con quella di suo figlio.

Continua…


Lettrici, lettori, ben trovati!
Eccomi qui, dopo una settimana di ritardo (perdonatemi, ero al mare ed ero senza connessione) con un capitolo che per me è speciale.
Vi ho già detto che siamo quasi giunti alla fine di questo mio scritto, vero? Mancano davvero pochissimi capitoli e, come avrete avuto modo di notare, l’Angst regna sovrano. Ora, io non so se ve lo avevo già accennato in precedenza in questa storia o in altre, ma quando inizio una Fanfiction, dovete sapere che parte tutto da una scena, da un momento, da un flash che, solitamente, fa capolino prima che io vada a letto. Di conseguenza – considerando che questo flash non è mai l’inizio della storia – diventa tutto un modo per arrivarci. E ci siamo. Perché il flash in questione, parte con Vegeta che prende in braccio suo figlio e lo invita a lasciarsi andare. Sì, forse ne ho avuto qualcun altro per questa storia in particolare, ma questo è quello principale. E vi dirò: non sono neanche soddisfatta pienamente di come è venuto su questo capitolo. Ma, per ora, va bene così.
Lo so. Starete pensando che sono stata un po’ OOC con alcuni personaggi: avete letto di abbracci, di baci, di effusioni e carezze, ma questa è la mia visione di una simile situazione. A volte si crolla. A volte, ci si scopre molto diversi da come si pensava di essere. Non mi sto giustificando, ma ci tenevo a spiegarvi il mio punto di vista. J
E so di essere stata ripetitiva. Ma era d’obbligo farlo per aiutarvi a calarvi nella situazione.
Ancora non ci credo che siamo quasi giunti al termine. Ancora non ci credo che Trunks non ci sia più.
Che altro posso dire?
Vi ringrazio per aver letto questo capitolo e – per chi lo ha fatto – averlo recensito.
Vi adoro.
A prestissimo!
Un bacio
Cleo

Ps: Dottor Stranamore è una citazione dal telefilm Grey's Anatomy
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