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Autore: heliodor    23/08/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Occhi languidi

Prima di andarsene doveva liberare Oren. Non sarebbe andata via senza di lui. Fuggire e lasciarlo in quella prigione significava condannarlo a morte.
Le serviva un modo per uscire di lì. Non poteva andarsene dalla porta con gli stregoni che la sorvegliavano. La finestra era la via più breve, ma non la più sicura. Avrebbe atteso le tenebre per levitare fino all'ingresso del castello e da lì rientrare in tutta sicurezza.
Aveva ancora mezza giornata di tempo, perciò iniziò a mettere nella borsa a tracolla le sue cose. Prese il compendio e lo infilò in fondo, avvolto in una camicia da notte. Prese lo stemma che Vyncent le aveva regalato. Stavolta la fitta fu meno dolorosa ma comunque spiacevole.
Si stava abituando all'idea di non rivederlo mai più?
Forse il tempo aiutava a lenire le ferite. Lui non c'era più e doveva farsene una ragione. Pensare di vendicarne la morte sposando Tharry e favorendo l'alleanza con Taloras era pura follia. Suo padre e gli stregoni del circolo avrebbero trovato il modo di abbattere quel nemico mortale anche senza il loro aiuto.
Non serviva che si sacrificasse.
Inoltre era decisa a fare la sua parte in ogni modo possibile. Avrebbe imparato tutti gli incantesimi del libro e sarebbe andata lei stessa al fronte. Poteva diventare Sibyl e unirsi a quelli che stavano combattendo.
Forse l'avrebbero ferita o forse sarebbe morta, ma non le importava. Era sempre meglio che starsene rinchiusa nella stanza più alta di una torre ad aspettare che fossero gli altri a fare tutto il lavoro.
Quello che lady Gladia non sapeva era che il destino le aveva dato il compendio per un motivo. Forse ora non lo capiva, ma era certa che col tempo l'avrebbe scoperto.
Doveva solo avere pazienza e attendere il momento giusto.
Qualcuno bussò alla porta facendola sobbalzare. Non attendeva visite quel pomeriggio.
"Sì?" chiese avvicinandosi alla porta.
"Joyce, sono Tharry."
Aprì la porta. Il principe aveva il viso stravolto.
"Sono venuto non appena ho potuto liberarmi" disse entrando.
Joyce richiuse la porta, ma prima gettò un'occhiata ai tre stregoni che montavano di guardia.
"Sono proprio necessari?" chiese a Tharry.
Il principe sembrava affranto. "Mi spiace, ma è solo temporaneo."
"Perché?"
"È meglio che tu non lo sappia. Non c'è bisogno che ti preoccupi."
Perché sono solo una stupida ragazzina viziata? O forse c'entrava la lettera che Rancey aveva dato a lady Gladia? Che cosa conteneva che li aveva spaventati a tal punto da metterle tre stregoni di scorta e anticipare le nozze?
"Lady Gladia mi ha detto..."
"Lo so" la interruppe Tharry. "E mi dispiace. Avrei voluto dirtelo io di persona, ma non ne ho avuto il tempo. Non appena il consiglio ha deciso, la zia è venuta subito a palazzo per metterti sotto protezione."
"Sta succedendo tutto così in fretta..."
"Anche io avrei voluto più tempo per conoscerci meglio, Joyce. Ma le cose stanno precipitando." Fece una pausa. "Se ci hai ripensato... Se vuoi tirarti indietro..."
Lo vorrei, ma mi lascereste andare via? Pensò Joyce. O mi consegnereste a Malag per evitare un attacco da parte sua? "È la cosa giusta da fare" disse Joyce.
Tharry sorrise. "È tutto così strano, soprattutto il pensiero che domani..."
"Tharry, caro, non vuoi sapere perché ti ho mandato quel messaggio?" lo interruppe Joyce.
"Dicevi che era una cosa urgente."
"E lo è." Joyce cercò di assumere il tono più supplice di cui era capace. "Sai che sono sola a Taloras e non ho praticamente amici..."
"Ma hai me e Lionore e tutta la corte."
"Ma non è la stessa cosa. Sento ancora forte il legame con Valonde e ho bisogno di avere attorno a me una faccia amica che mi ricordi il luogo da cui provengo."
"C'è la tua guardia del corpo..."
"Infatti, ma è sparita e non riesco a trovarla. Tu potresti aiutarmi?"
"Hai già parlato con Jakob?"
"Sì, ma è della tua autorità che ho bisogno. Ho il sospetto che sia nei guai. Se gli dovesse accadere qualcosa... all'unica persona che per me rappresenta un legame inscindibile con la mia terra... il giorno prima del nostro matrimonio..."
Nascose il viso tra le mani singhiozzando.
Tharry le poggiò una mano sulla spalla. "Joyce, io non avevo capito... avrei dovuto immaginarlo perché sei una persona così sensibile. Hai a cuore la sorte del più umile dei tuoi sudditi." Si morse il labbro. "Farei qualsiasi cosa per vederti felice."
Joyce sollevò la testa di scatto. "Davvero?" chiese con voce rotta dal pianto. "Troverai la mia povera guardia del corpo?"
Occhi languidi, pensò.
Tharry annuì. "Lo farò cercare ovunque. Se è ancora a Taloras lo troveremo."
"Anche nei sotterranei?"
Lui si accigliò. "Che cosa ne sai tu?"
"L'altro giorno ho sentito parlare due guardie che si lamentavano di quanto fosse buio laggiù." E puzzolente. Quello era l'aspetto peggiore, pensò.
"Farò iniziare da lì le ricerche. Darò personalmente l'ordine."
Joyce gli regalò un sorriso. "Meraviglioso. Ora vorrei riposare, se non ti spiace. È stata una giornata molto intensa e questa storia mi ha sconvolta."
"Ti lascio al tuo meritato riposo. Ho alcuni impegni da assolvere." Fece per uscire.
"E non dimenticare la tua promessa" disse Joyce in tono drammatico.
"È in cima alle mia lista di cose da fare" disse Tharry uscendo.
Appena la porta si chiuse, Joyce si asciugò le lacrime e andò al guardaroba. Rovistò tra gli abiti finché non trovò quello che le serviva.
Quindi marchiò il pavimento. Quella sarebbe stata la sua via di fuga se qualcosa fosse andato storto.
Indossò l'abito che aveva scelto e sedette sul bordo del letto, in attesa.
 
***
 
L'aveva fatto sul serio.
Non riusciva a credere di avere trovato il coraggio, ma l'aveva fatto. Gli era sembrato così naturale stringerla e baciarla che non ci aveva pensato due volte. Lei era così vicina e sembrava così...
Oren si passò una mano sul viso.
Ho rovinato tutto, pensò. Il bacio non le è piaciuto o forse non le piaccio io.
Aveva fatto una figuraccia tremenda con Sibyl. Era un miracolo se non l'aveva preso a schiaffi. Ed era un miracolo ancora più grosso se gli aveva promesso di tornare per liberarlo da lì.
Ma cosa vado a fare? Pensò.
Lei è una strega impegnata in chissà quale missione segreta di vitale importanza. Forse sta combattendo contro Malag o chissà contro quale altra minaccia. Io sono solo una misera guardia del corpo. Cos'ho da offrirle?
Eppure era sicuro che in fondo lui le piacesse.
Altrimenti perché corre sempre in mio aiuto? Pensò.
No, il motivo doveva essere un altro. Erano tutte coincidenze. Si stava solo facendo delle illusioni.
Da quanto tempo era lì?
Diverse ore ormai. Il sole doveva essere già alto. Una guardia gli aveva portato un vassoio con la colazione. Latte, uova e del pane.
Era più di quanto si fosse aspettato.
Il giaciglio che gli avevano dato era scomodo, ma almeno era pulito. La cella era vuota e spoglia, ma non era umida. Quando l'avevano portato lì aveva intravisto altri prigionieri, ma nessuno di loro gli aveva rivolto la parola.
"Zitti o ve la vedrete con questa" li aveva ammoniti una guardia mostrando la spada.
Nessuno aveva protestato.
Oren era stato sistemato nella cella più isolata. Da lì non poteva parlare con i detenuti.
Sentiva solo il loro debole russare e ogni tanto coglieva qualche discorso che le guardie si scambiavano.
Tutte sembravano lamentarsi della paga infame e del buio. Oltre che della puzza.
In effetti l'odore non era piacevole, ma Oren ci aveva già fatto l'abitudine.
Doveva solo aspettare. Era certo che Sibyl avrebbe trovato il modo di liberarlo. Si aspettava di vederla fare capolino dietro le sbarre da un momento all'altro.
Sentì qualcosa picchiettare sul metallo.
Oren si alzò di scatto.
Nel corridoio un uomo in divisa rossa e bianca lo fissava con interesse.
Conosceva quel viso. Apparteneva al comandante Jakob. Non lo vedeva dall'altra notte, quando lo aveva portato in cella.
"Come stai ragazzo?" chiese con voce roca.
Oren soppesò le parole. "Non mi posso lamentare."
"Se hai bisogno di qualcosa fammelo sapere e vedrò di provvedere."
"Una boccata d'aria?" suggerì.
Jakob sorrise. "Quella te la puoi scordare."
"Perché sono qui, signore?" Tanto valeva provarci. Non che sperasse in una risposta sincera. O in una risposta qualsiasi.
"È per la tua sicurezza, ragazzo."
"La mia..."
Jakob annuì. "Hai visto qualcosa che non dovevi vedere e ora qualcuno potrebbe volerti morto. Stecchito. Non so se mi spiego."
"Chi?"
"Non posso dirti i nomi perché nemmeno io li conosco tutti, ma ti assicuro che si tratta di gente che non scherza."
"Criminali?"
"Peggio, stregoni. E streghe."
Streghe e stregoni non erano criminali, a meno che non fossero dei rinnegati. E in tal caso veniva data loro la caccia.
"Io non ho visto niente."
"Non mentire. Eri presente alla festa, ricordi? Ti ho visto uscire dalla sala d'arme, prima che andassi via."
Oren ricordava quell'incontro fugace. Jakob gli aveva gettato una rapida occhiata e aveva proseguito.
Era bastato quello a farlo insospettire?
"Oren. Ti chiami così, vero?"
Annuì.
"Voglio essere sincero con te" disse Jakob. "Non voglio farti del male, ma non posso permetterti di andare in giro a raccontare a qualcuno quello che hai visto l'altra sera. Finché resterai qui sarai al sicuro e non avrò bisogno di eliminarti. Ma se per caso dovessi andartene è meglio che tu sappia una cosa." Fece una pausa. "C'è uno stregone, mescolato alle guardie presenti a palazzo. Si tratta di un rinnegato che ho ingaggiato per questi frangenti. Conosce il tuo viso e ha l'ordine di ucciderti se provi a scappare. Ma ha anche l'ordine di uccidere chiunque venga a sapere ciò che hai visto. Te lo dico nel caso tu decida di parlare con qualcuno di questa faccenda. Si tratta di una persona molto determinata che ha a cuore il suo buon nome. Darà la caccia a te e a chiunque ti sia vicino finché non vi avrà eliminati. Ti è chiaro il concetto, ragazzo?"
Oren annuì. "Sì, signore."
"Molto bene. Ora andrò via e forse non mi rivedrai per qualche tempo. Voglio che tu sappia che non mi dimenticherò di te nel frattempo."
Se ne andò lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Non si era mai sentito così impotente. Nemmeno all'isola di Vanoria, col pensiero di dover fronteggiare un attacco di stregoni era stato così atterrito. Almeno aveva avuto la possibilità di difendersi e combattere.
Lì era solo un prigioniero che dipendeva in tutto e per tutto dai suoi carcerieri. E se Jakob decideva che non valeva la pena lasciarlo in vita? Magari la prossima volta avrebbe mandato quello stregone rinnegato a fare il lavoro sporco.
Finché se ne stava zitto e buono aveva una possibilità di cavarsela. Era piccola, ma meglio di niente.
Zitto e buono. E solo.
A meno che Sibyl non trovasse il modo di farlo uscire di lì.
Quel pensiero lo colpì come un martello in pieno viso. Se Sibyl cercava di liberarlo e veniva scoperta... il rinnegato l'avrebbe presa di mira.
Doveva trovare il modo di avvertirla di fare attenzione o di non venire, di lasciarlo lì e andarsene lontana e mettersi al sicuro.
Se c'era una cosa che non sopportava era mettere in pericolo la vita di Sibyl.
Ma non aveva modo di comunicare con l'esterno. Era chiuso in trappola e tra poco anche Sibyl, l'unica persona sulla quale poteva davvero contare, sarebbe caduta nella stessa trappola.
Se almeno...
"Eccolo qui" disse una guardia avvicinandosi alle sbarre.
Oren sobbalzò. Jakob ci aveva già ripensato e aveva mandato il rinnegato a eliminarlo?
Si alzò pronto a combattere. Se la sarebbe dovuta sudare la sua paga.
Un viso fece capolino da dietro le sbarre.
L'aveva già visto decine di volte ma mai si sarebbe aspettato di vederlo lì sotto.
Era quello della principessa Joyce.
 
***
 
La prigione era come la ricordava. Buia e puzzolente. Anzi, la puzza sembrava aumentata ora che ci faceva caso.
La guardia che la precedeva non sembrava farci caso. Reggeva la torcia con una mano e con l'altra gesticolava. "Non ho idea di come sia finito quaggiù" stava dicendo. "Deve esserci stato un errore. A volte capita che portino qui qualcuno per sbaglio."
Joyce prestava attenzione solo ai gradini. La sera prima era quasi scivolata su uno di essi.
Accanto a lei c'era Tharry. Il principe era silenzioso e si guardava attorno.
"Sei mai venuto qui sotto?" chiese Joyce per allentare la tensione.
"Poche volte" rispose il principe con un sussurro. "È qui che teniamo i criminali in attesa di giudizio, prima di esiliarli, incarcerarli o giustiziarli."
A Joyce non interessavano i particolari. Tutto ciò che voleva era prendere Oren e tornarsene a Valonde il più in fretta possibile.
Raggiunsero il livello dove era tenuto prigioniero Oren. La guardia si avvicinò alle sbarre, fermandosi proprio nel punto dove era stata baciata.
Smettila di pensarci, si disse.
"Eccolo qui" disse la guardia facendosi da parte.
Joyce si avvicinò alle sbarre e gettò un'occhiata all'interno.
Oren era in piedi al centro della cella, i pugni serrati come se stesse per attaccare.
"Che aspettate?" chiese rivolgendosi alla guardia. "Fatelo uscire."
"Vostra altezza" disse l'uomo. "Ho un ordine del comandante in persona che..."
"Non avete sentito la principessa?" intervenne Tharry con tono imperioso. "Aprite la cella e liberate il prigioniero."
La guardia obbedì con riluttanza. "Esci" disse rivolto a Oren.
Il ragazzo non si fece pregare. "Vostra altezza" disse rivolto a Joyce.
"Siete tutto intero?" chiese la principessa con tono solenne. "Vi hanno fatto del male?"
"Sono stato trattato bene, vostra altezza."
"Io non so come sia potuto succedere" disse Tharry con tono mortificato rivolgendosi a Joyce. "Qualcuno dovrà darmi delle spiegazioni. Non si trattano in questo modo gli ospiti."
Joyce si limitò ad annuire. "L'importante è che si sia sistemato tutto."
Tornarono al castello facendo a ritroso il percorso. Joyce rimase in silenzio per tutto il tragitto.
Tharry si congedò con un leggero inchino. "Ho degli impegni che non posso rimandare oltre" disse rivolto a Joyce.
"Non ti trattengo" rispose lei.
"Mi scuso ancora per l'increscioso incidente" aggiunse il principe rivolto a Oren.
"Vostra altezza" si limitò a dire il ragazzo.
Ora veniva la parte più difficile del piano. Non solo doveva stare attenta alle parole che usava, ma anche al loro tono.
Joyce attese che Tharry si fosse allontanato prima di dire: "Come sono andata?"
Oren sussultò. "Vostra altezza..."
"Oh, smettila. Sono io." Usò la trasfigurazione per diventare Sibyl.
Oren sgranò gli occhi. "Lo sapevo che il piano avrebbe funzionato. Hai anche preso un suo vestito in prestito."
"Come mi sta?"
Oren si grattò il mento. "È un po' largo sui fianchi. Sei più magra della principessa."
Joyce arrossì. "Stai dicendo che è grassa?"
"No, volevo solo dire che a te sta meglio. Soltanto questo."
Joyce annullò la trasfigurazione.
"Perché rimetti la maschera?" le chiese Oren.
"È per sicurezza. Non devono vedermi in giro con i vestiti della principessa addosso, no? O si insospettiranno."
"Giusto, che stupido."
"Ora tornatene nella tua stanza e aspetta dieci minuti prima di andare dalla principessa e spiegarle tutto quanto. La troverai nel suo appartamento in cima alla torre."
Oren si bloccò. "Aspetta, c'è una cosa che devo dirti."
"Cosa?"
"Prima che mi liberassi è venuto Jakob, il comandante delle guardie. Mi ha fatto uno strano discorso e mi ha minacciato. Dice che ha ingaggiato uno stregone rinnegato per uccidermi, se fossi uscito dalla cella."
Perché doveva essere tutto sempre così complicato? Pensò Joyce."Ce ne occuperemo, non preoccuparti."
"Ce dell'altro" disse Oren. "Dice che ucciderà chiunque abbia parlato con me."
Joyce cercò di riflettere. "Vuoi dire che ora cercherà di uccidere anche me?"
"Tu non corri alcun rischio. Prenderà di mira la principessa Joyce."
Saperlo non la faceva sentire meno in pericolo.
La mente di Joyce lavorava a pieno ritmo. C'era un pericoloso assassino che voleva ucciderli entrambi. Lei non poteva usare i suoi poteri o l'avrebbero smascherata, Oren era disarmato e non potevano raccontare a nessuno quella storia.
C'era un luogo sicuro in quel castello dove potevano nascondersi e aspettare?
L'unico che le veniva in mente era la sua stanza. C'erano ancora gli stregoni di guardia mandati da Lady Gladia.
Rinnegato o no, erano una buona linea di difesa e le avrebbero fatto guadagnare tempo.
Ma doveva modificare il suo piano.
"Oren, vai dalla principessa e resta con lei" disse.
"E tu che cosa farai?"
"Io cerco di attirare le attenzioni del rinnegato su di me."
"È pericoloso, non posso lasciartelo fare."
"Me la caverò, lo sai."
"Grazie per avermi salvato di nuovo" disse prima di andarsene.
E grazie a te per avermi cacciato in un guaio mortale e aver rovinato i miei sogni sul primo bacio, pensò.
Attese che si fosse allontanato, quindi scelse una sala vuota del castello e attivò il richiamo.
Si ritrovò nella sua stanza.
Quanto poteva metterci Oren ad arrivare? Cinque minuti?
Si strappò il vestito da dosso e lo gettò in fondo all'armadio. Prese il vestito di riserva che aveva preparato prima di scendere nelle prigioni con Tharry e lo infilò al volo.
Era ancora impegnata a stringere dei lacci quando bussarono alla porta.
Appena in tempo, pensò mentre andava ad aprire. Stava pensando a quello che doveva dirgli quando spalancò la porta.
Si ritrovò davanti il viso minaccioso di una ragazza. Aveva un dardo magico puntato verso di lei e l'espressione di chi era pronto a usarlo.
"Come ti ho detto l'altra sera" disse spingendola dentro la stanza. "Non ci sarà nessun matrimonio."

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