CAPITOLO
I
Amor
con l'età fervida
convien che si dilegue;
ma l'amistà ne segue
fino a l'estremo dì.
(Giuseppe
Parini, Il
brindisi, 1761)
28
dicembre 2016
Quella
notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di
voler ricordare ai
mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il
nome inverno. La temperatura aveva
raggiunto i -10°, quattro gradi
più sotto delle minime medie invernali per la
città di Seoul. Il cielo notturno
era se possibile ancora più nero del solito e la presenza
della luna si
percepiva solo grazie alla pallida luce irraggiata dietro ai nuvoloni
scuri che
cercavano di coprirla, e che rendeva i loro contorni più
evidenti e minacciosi.
I fiocchi di neve cadevano gonfi precipitandosi e quando si posavano
sul viso
dei passanti esplodevano trasformandosi in fastidiose grosse gocce
umide e
fredde. Il vento soffiava agitato, rendendo del tutto impossibile
servirsi di un
ombrello. I pochi passanti che cercavano di aprirlo dovevano desistere
subito,
il turbinio d’aria troppo forte perché potesse
aprirsi propriamente. Fino alla
settimana prima un tempo del genere forse non avrebbe fermato le folle,
smaniose di terminare gli ultimi acquisti di Natale per parenti e
amici. Oggi
però, quando già le carte delle confezioni regalo
erano state stracciate e i
fiocchi dei nastri sciolti, solo chi doveva necessariamente uscire si
sarebbe
avventurato per le strade.
Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che stava avvenendo all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503. La grande ghirlanda appesa fuori dalla porta d’ingresso era la perfetta anteprima di ciò che si sarebbe potuto trovare all’interno. Calore, accoglienza, allegria. Le decorazioni e i ninnoli natalizi che abbellivano pareti e mobili della stanza principale della casa segnalavano una grande cura e attenzione da parte di coloro che li avevano disposti. Il pavimento di parquet marrone chiaro era pulito e lucido, tranne alcuni graffi attorno alle gambe dei due divani e altri curiosamente al centro della sala, come se qualcuno ci avesse sistematicamente strisciato con delle scarpette. Il lampadario emetteva una luce calda leggermente fioca, tipica delle lampadine a risparmio energetico, che avvolgeva l’ambiente amalgamando i colori e creando giochi di sfumature e ombre tra i rami del piccolo abete decorato a festa. L’alberello era stato posto vicino al televisore e spinto bene verso il muro, in quella che forse era l’unica posizione che non desse intralcio, come aveva sostenuto uno dei tre inquilini della casa, ma che vista la lontananza dalla finestra all’altro lato della stanza era anche la meno indicata per la povera pianta, come aveva ribadito più volte un altro. Il terzo aveva semplicemente scrollato le spalle e l’alberello era così rimasto nel suo angolo, gonfio di ghirlande oro e argento e pesante di palline rosse. Nell’altra metà della stanza, un grande tavolo rotondo ospitava sette piatti, sette bicchieri, sette coppie di bacchette e tre bottiglie di birra Hite.
Un
ragazzo sulla ventina si affacciò sulla
soglia della cucina, che si trovava di fronte al tavolo.
Andò in direzione di
altri due ragazzi, più o meno anche loro della sua
età, che si trovavano seduti
con le spalle vicine presso la tavola. Il loro chiacchiericcio animato
si
spense all’improvviso appena videro l’altro che si
avvicinava. O meglio, videro
cosa indossava. Sopra al suo maglioncino di lana bouclè
grigia il ragazzo aveva
messo quello che doveva chiaramente essere un grembiule da cucina
femminile,
rosa a pois bianchi, con merletto ai bordi e taschina in alto al centro
all’altezza del petto e con tanto di cuore rosso stampato
sulla tasca a
concludere l’opera. Le risate che seguirono il primo secondo
di frastornamento
non sorpresero Jimin. Quando uno dei due, più piccolo
dell’altro per età, ma
decisamente non per altezza, si era gettato in avanti sulla sedia e si
era
messo a ridere fragorosamente applaudendo ripetutamente, non aveva
potuto far altro
che mettersi le mani sui fianchi, alzare gli occhi al cielo e poi
sorridere
anche lui. Sapeva di essere abbastanza ridicolo. L’altro
ragazzo seduto aveva
avuto una reazione più contenuta, ma la sua espressione
tradiva comunque
divertimento anche se misto a un po’ di
perplessità. Quando aveva visto Jimin
uscire così dalla cucina sulle prime era rimasto incredulo,
ma quando poi
Hoseok si era piegato in due per il ridere lui aveva cercato di
smorzare la
risata che già gli era in parte uscita con una mano. Non
riuscendo però a
trattenersi del tutto, soprattutto per colpa del comportamento
dell’amico lì
vicino, si arrese ad una piccola risata e drizzandosi su con le spalle
cercò di
dire nella maniera più composta possibile:
–
Oi, Jimin-ah.. – pausa per soffocare risatina – che
cosa… – altra pausa per
altra risatina – quali sevizie ti stanno
infliggendo in quella cucina? Non so
se voglio metterci piede. – e si mise a ridere di
più, visto che Hoseok a
questo commento aveva praticamente iniziato ad ululare.
–
Jungkookie
ha trovato questo grembiule in un cassetto della cucina e ha voluto che
lo
indossassi, io ho detto di no, ma non mi ha dato scelta. –
rispose Jimin con
tono di sconfitta, fingendosi triste, ma con gli occhi che tradivano il
suo
divertimento. Un viso sorridente, contornato di lisci e morbidi capelli
marrone
scuro fece capolino dalla porta della cucina. –
Allora? Che ve ne pare
del nostro Jiminie-hyung? – Entrò in sala
allegramente, guardando Hoseok e
Yoongi con sguardo furbo e vivace. Indossava un maglione nero, la cui
stoffa
morbida era sottile per essere un maglione invernale, ma sufficiente a
mantenerlo al caldo. Gli scendeva fino a poco sotto la cintura dei
jeans, lento
lungo i fianchi e rimanendo più aderente sul petto
così che, grazie anche al
colore scuro, riusciva a mettere in evidenza tutta la gloria del suo
fisico
allenato e della sua giovane età. Aveva 19 anni, ma vestito
così avrebbe potuto
sembrare un coetaneo di Jimin.
–
Junkookie! Lo odi così tanto? – Disse Hoseok non
riuscendo a smettere di
ridere.
–
Era nel cassetto di Jin!! – rispose Jungkook.
–
Cosa sta succedendo dentro quella cucina? Jin! –
chiamò Yoongi alzandosi
lentamente. Si portò di fianco a Jimin, il quale nel
frattempo arrendendosi
agli eventi presenti aveva ora semplicemente incrociato le braccia sul
petto,
abbassato la testa e si stava portando una mano sugli occhi con fare
sconsolato. Yoongi strinse con la mano sinistra la spalla destra del
ragazzo e
continuò a chiamare guardando in direzione della cucina
quello che a questo
punto era il principale indiziato per le nefandezze che stavano
avvenendo
davanti ai fornelli.
–
Jin-huyng! Sei il più grande! Cosa stai facendo a questi due
bimbi?
I
quattro ragazzi presero a ridere ancora di più, ormai
l’uno contagiato
dall’altro, e quando Jimin tra le risate si
avvicinò di più a Yoongi,
posandogli di istinto la testa sulla spalla, l’altro gli mise
una mano sul
fianco, quasi ad abbracciarlo. Durò un momento,
poiché dalla cucina si levò uno
sbuffo esasperato e Jimin si staccò da lui per guardare il
ragazzo che
rispondeva al nome di Jin arrivare come una scheggia.
–
Jungkookie lo ha tirato fuori, perché state incolpando me??
– esclamò cercando
di essere serio all’inizio, ma scoppiando a ridere appena
finita la frase.
–
Perché è il tuo! Mio no, e Namjoon non cucina,
sei tu quindi il proprietario. –
spiegò Yoongi.
Con
le larghe spalle che sussultavano per il ridere e leggermente rosso in
viso,
Jin chiuse gli occhi per un momento, e dopo aver tirato un profondo
sospiro
rispose di averlo vinto ad una pesca di beneficienza e visto che il
grembiule
era assolutamente funzionale non aveva visto il senso di buttarlo solo
per la
discutibile fantasia.
–
Forse piace a Namjoon-hyung. – disse Jungkook maliziosamente
appoggiandosi con
le mani al tavolo e piegandosi a ridere. A questo punto Hoseok si
buttò
letteralmente per terra, ormai con le lacrime agli occhi e lo stomaco
che
faceva male. Jimin prese a ridere ancora di più anche lui,
lievemente rosso in
viso per via dell’allusione di Jungkook, mentre Yoongi fece
una smorfia
schifata mormorando – Vivo qui, vi prego, cosa fate in quella
cucina?
Jin
si fece color porpora:
–
Come siamo arrivati a me, il più innocente qui dentro,
accusato di sevizie e
atti di dubbio gusto quando è Kookie che ha fatto tutto??
Hoseok
si rialzò da terra e con le poche forze che gli rimanevano
chiese ansimando a
Jungkook perché avesse voluto far indossare a Jimin quel
grembiule tremendo.
–
Ho
pensato gli si addicesse. – rispose semplicemente.
Sembrava una presa in giro,
ma l’affetto che c’era in quelle parole era
evidente. Avvicinandosi a Jimin
aggiunse poi tranquillo, sorridendo: – E poi fai sempre tutto
quello che ti
dico di fare, quindi è divertente.
Mentre
Jimin prendeva a ridere di nuovo e dava dei piccoli colpetti veloci
sulle
braccia a Jungkook, Jin, fremente dall’inizio,
richiamò i più giovani
all’ordine, ricordando che c’era una cena da
preparare e che sia il ramyeon che
gli spiedini non si sarebbero messi sul fuoco da soli.
Yoongi
non aveva apprezzato il modo in cui Jungkook aveva guardato Jimin
mentre
rispondeva alla domanda di Hoseok. Non era il solito sguardo furbo e
sicuro
tipico di Jungkook, il ragazzo che eccelleva in tutto ciò
che decideva di fare.
C’era qualcosa di più, non necessariamente
negativo, ma che per qualche ragione
faceva scaturire in Yoongi un sentimento simile alla preoccupazione.
Non era la
prima volta che si sentiva così nei confronti del ragazzo
più piccolo, c’erano
stati altri episodi in cui il suo stomaco si era sentito strano di
fronte alle
interazioni tra Jimin e Jungkook. Come se fossero presagi di qualche
pericolo
incombente. Era una cosa piuttosto sciocca da pensare. Ma Min Yoongi,
23 anni,
laureato in Music Production, praticante in un’etichetta
discografica da un
anno, pensava spesso cose sciocche. Questa era ovviamente la sua
personale
opinione, la quale non era l’unica che contasse, ma
certamente l’unica che
avrebbe mai sentito visto che non era solito condividere ciò
che passava ore a
rimurginare. Per questo motivo, giusti o sbagliati che fossero, i
giudizi sulle
idee di Min Yoongi erano dati solo da Min Yoongi e Min Yoongi aveva
decretato
che tutta questa cosa, letteralmente non
sapeva come altro definirla
se non cosa, che sentiva per Jungkook era
un’altra delle
tante cose sconclusionate che si
muovevano nella sua mente
sovraffollata. Non aveva nulla contro Jungkook. Davvero. Era un ragazzo
in
gamba e Yoongi non aveva avuto problemi ad accettarlo quando aveva
iniziato a
diventare prima un ospite fisso delle loro cene di gruppo e poi di
conseguenza
un membro della loro compagnia. Queste cene a casa di Yoongi, Jin e il
suo
ragazzo Namjoon erano iniziate un paio di anni prima che Jungkook si
trasferisse
a Seul, quando ancora Namjoon non era ufficialmente fidanzato con Jin,
Jimin e
Tae erano al loro primo anno di università, ed era Hoseok a
vivere in questa
casa. Seppure amico con quest’ultimo da sempre, i primi due
anni di università
Yoongi li aveva passati in appartamento da solo. Hoseok, o Hobi, come a
volte
si divertiva a chiamarlo, era il suo unico vero amico e dato che
durante il suo
primo anno di università il ragazzo frequentava ancora
l’ultimo anno della
scuola superiore, Yoongi aveva deciso di affittare un piccolo studio
per conto
suo. Non era un granché, ma gli permetteva di concentrarsi
sulla musica e i
suoi studi. Neppure in seguito, durante il secondo anno di
università, i due
avevano potuto convivere, poiché nell’Accademia di
ballo a cui Hoseok era stato
ammesso vigeva la regola per le matricole di vivere il primo anno in
campus.
Dal terzo anno però le cose cambiarono. Hoseok era
finalmente libero di
scegliersi una casa ed ovviamente sapeva che sarebbe andato a vivere
con
Yoongi. Una coincidenza fortunata volle che durante il corso di
rappresentazione teatrale a cui si era iscritto e che frequentava due
volte a
settimana facesse amicizia con l’all’epoca ventenne
Kim Seokjin. Jin veniva da
una famiglia piuttosto agiata, che possedeva un
bell’appartamento spazioso con
tre camere in una buona zona di Seoul. I suoi genitori gli avevano
lasciato
l’appartamento a disposizione, ma lui non si era ancora mai
deciso a
trasferirvisi. Quando aveva saputo che Hoseok stava cercando casa con
un amico
per l'anno scolastico successivo non aveva esitato due volte a
proporgli di
andare a vivere insieme a partire dall'estate. I due ragazzi si
trovavano bene
l’uno con l’altro, erano entrambi socievoli e
pronti allo scherzo e dunque
avevano legato più o meno sin da subito.
Yoongi
aveva fatto la conoscenza di Jin una sera davanti a un ricco barbeque.
Avrebbe
detto di sì alla convivenza anche a scatola chiusa:
innanzitutto il suo
interesse principale era vivere con Hoseok ed era questo ciò
che lo
interessava; in secondo luogo, sembrava che all’amico
piacesse davvero questo
ragazzo e dunque Yoongi si fidava del suo giudizio. In ogni caso Hoseok
ci
teneva che i due facessero conoscenza prima del trasferimento e dunque
accettò
la proposta. Non se ne pentì perché
passò una bella serata, durante la quale
tra l’altro apprese che Jin era molto bravo a cucinare, un
bonus assolutamente
da non sottovalutare. Quella sera il ragazzo più grande
pagò la cena, la prima
di una lunga serie di volte in cui il suo portafogli sarebbe venuto in
soccorso
dei due, nettamente più squattrinati. Il bello di Jin
però è che faceva cose
del genere senza la minima traccia di presunzione o vanità.
Non metteva mano al
borsellino con aria di chi può concedersi tutto e regala in
modo magnanimo il
suo aiuto ai bisognosi. Yoongi aveva capito fin da subito che lo faceva
per
sincera generosità e con totale disinteresse. Questa
impressione gli era stata
confermata sempre di più durante il periodo di convivenza e
si era dunque
trattata di una delle poche volte in cui una sua idea non si era
rivelata
sciocca. Yoongi era grato a Jin anche di questo.
Jin
non faceva mai nulla per apparire “figo”. Non era
un qualcosa che ricercava
perché onestamente non ci si sentiva. Aveva senza dubbio una
bella presenza.
Soprattutto quando indossava maglie a collo alto, come aveva fatto la
sera del
loro primo incontro in quel ristorante elegante dalle sedie con cuscini
rossi,
Jin aveva un portamento incredibile. Il suo volto era regolare e
piacevole, i
capelli castani e le labbra piene dalla forma insolita
rendevano particolarmente bello
un viso che sarebbe altrimenti stato semplicemente bello. Le grandi
spalle e il
torace ampio e ben sviluppato, oltreché l’altezza,
completavano il quadro di
una persona obiettivamente di bell’aspetto. Jin se ne rendeva
conto, come però
si rendeva anche conto di essere obiettivamente goffo.
Dalla
goffaggine però nasceva anche la spontaneità, e
per questo Yoongi era più che
contento di star ancora condividendo, tre anni dopo, lo stesso tetto
con lui.
Vivere invece con Hoseok un po’ gli mancava, anche adesso
dopo più di un anno.
Nell’estate dell’anno precedente l’amico
era dovuto partire per uno stage di
sei mesi che si era aggiudicato tramite la sua Accademia di danza. In
quello
stesso periodo Jin e Namjoon avevano ufficializzato la loro relazione
per cui
era sembrata a tutti l’opzione più naturale che
quest’ultimo prendesse il posto
lasciato da Hoseok. Yoongi anche in quel caso non aveva avuto nulla da
ridire,
in fondo era grazie a lui se i due si erano messi insieme e Namjoon era
una
persona come si deve. Quando poi Hoseok era tornato a novembre era
andato a
vivere in un altro appartamento insieme a Jungkook,
“trovato” da Taehyung in
qualche modo – Yoongi non ricordava mai bene i particolari
dell’incontro tra i
due – e praticamente adottato dal gruppo degli altri sei che
ormai erano
diventati come una grande famiglia. Ed esattamente come una famiglia si
comportavano, senza filtri e stuzzicandosi a vicenda. Come stava
avvenendo ora.
–
Ma
Namjoonie? Dov’è?? Hey, Namjoon-ah! –
Hoseok guardò dall’altro lato della sala,
verso il divano, cercando segni di vita dall’altro ragazzo.
Nel frattempo dalla
cucina iniziarono ad arrivare suoni di pentole che sbattevano e
attività in
atto, al che Yoongi pensò che finalmente le urla di Jin
avevano avuto effetto e
ci si stava dando seriamente da fare per preparare da mangiare. Mentre
tornava
a sedere sulla sedia da cui si era alzato prima guardò il
vecchio orologio
vicino la porta della cucina. Era appeso in equilibrio precario, ma
miracolosamente ancora mai caduto. Il chiodo lo aveva messo Namjoon una
giornata di due anni prima, quando la sua presenza in quella casa era
solo di
visita e doveva ancora dimostrare a Jin di essere un uomo, come disse
esplicitamente Namjoon stesso. Guardando il risultato finale tutti i
presenti
in quel momento pensarono, ovviamente senza esprimerlo ad alta voce,
che la
decisione di Jin sul se Namjoon fosse un vero uomo o meno sarebbe
sicuramente
dipesa da altro. Nonostante tutto però, il chiodo reggeva
ostinato. E
l’orologio ora impolverato (nessuno si azzardava a toccarlo
per pulirlo,
nemmeno il super ordinato Jin) rimaneva impettito lì anche
quella sera,
segnando le otto e mezza precise. Yoongi si lasciò sfuggire
un sospiro, lo
stomaco che brontolava.
–
Ha
le cuffie, non sente! – suonò nel frattempo
un’altra voce. Senza sentirlo
parlare, nessuno avrebbe mai associato quelle parole calde e basse con
la
figurina di ragazzo che le aveva pronunciate. L’aspetto esile
e delicato di Kim
Taehyung non avrebbe infatti mai fatto pensare che potesse nascondere
una tale
tonalità di voce. Questa era però solo una delle
tante cose che lo rendevano
una persona particolare. Uscendo dal bagno ed entrando in sala aveva
sentito
l’amico chiamare Namjoon e poiché lo aveva visto
alla sua sinistra sul divano
agitare la testa a ritmo di musica con le cuffiette nelle orecchie si
era
sentito in dover di comunicarlo. Non sapeva bene cosa stesse accadendo,
ma
l’importante per Taehyung era buttarsi e partecipare, che si
trattasse di
grandi sfide della vita o conversazioni altrui senza importanza come
quella in
svolgimento ora. Mentre si avviava verso il tavolo cambiò
direzione
bruscamente, andando verso il divano, un’idea chiaramente in
testa. La felpa
rossa oversize che stava indossando lo faceva sembrare ancora
più sottile, ma
difficilmente quando si era attorno a Taehyung ci si riusciva a
ricordare di
quanto fosse gracile. L’energia che sprigionava dalle sue
piccole ossa metteva
in ombra tutto il resto e trasformava quella che all’inizio
sembrava solo
delicata fragilità in grazia. I suoi movimenti frenetici
diventavano grazie al
suo aspetto estremamente eleganti. Un’altra delle
particolarità di Kim
Taehyung, ventuno anni, specializzando al secondo anno di Arti
Figurative.
Si
avvicinò silenziosamente e a passetti piccoli al ragazzo che
stava ascoltando
la musica ad occhi chiusi, i piedi al caldo nei calzini grigi che
battevano il
ritmo. Taehyung gli si portò di lato, facendo ben attenzione
ad essere il più
silenzioso possibile, si piegò in avanti, poi
strappò all’improvviso la
cuffietta dall’orecchio della vittima e lo chiamò
col suo nome urlandogli
direttamente nel timpano.
L’urlo
e salto del malcapitato Namjoon seguirono all’istante. Si
ritrasse a un lato
del divano con le mani davanti al petto, guardando con occhi spaventati
la
fonte del suo terrore.
–
Taehyung!!! Che diamine…???
Il
ragazzo in piedi di fronte a lui si mise semplicemente a ridere e
Yoongi e
Hoseok fecero lo stesso. Spaventare Namjoon era fin troppo facile, ma
non per
questo meno divertente. Saltellando per unirsi agli altri due, Taehyung
comunicò a Namjoon che era probabilmente tempo di alzarsi da
quel divano e
sospirando Namjoon concordò. Mentre si alzava pigramente dal
soffice divano
nero e si avviava verso il tavolino, Hoseok gli disse:
–
Ci
chiedevamo cosa ne pensassi del grembiulino rosa di Jin.
–
Quale grembiulino? – Fece perplesso in coro insieme
a Taehyung, il quale
aveva perso tutto ciò che era accaduto mentre si trovava in
bagno. Rispose
Yoongi:
–
Jiminah lo sta indossando ora.
Mentre
però Taehyung si precipitò subito in cucina
curioso di capire di cosa si stesse
parlando, Namjoon scrollò semplicemente le spalle e si mise
a sedere su una
sedia, a un posto di distanza da Hoseok. Quest’ultimo
osservò per un attimo il
ragazzo che si era appena seduto.
–
Ci sono ospiti e tu li ignori.
–
Ti senti davvero nella categoria “ospite”?
–
Come sei rude Joonie. – disse Hoseok fingendo
un’espressione ferita. Si rivolse
poi a Yoongi: – Yoongi-ah, spiegami di nuovo come una persona
così cortese e
affabile come te sia finita amica di questo cafone?
–
Era bravo a scuola.
La
risposta asciutta di Yoongi arrivò mentre Namjoon si portava
una mano sugli
occhi ripetendo sottovoce – Cortese e
affabile… – e scuoteva la testa
ridendo tra sé.
Kim
Namjoon, classe 1994 come Jung Hoseok, sapeva fare tante cose. Parlare
l’inglese, comporre musica e saltare anni scolastici per via
della sua
intelligenza erano nella lista. Cucinare o rendersi utile in
casa non erano
decisamente nella lista. Era anzi molto meglio non fargli toccar nulla,
come
dimostravano i numerosi cocci che ora giacevano nei cimiteri delle
discariche
di Seoul, resti di tazze che avevano avuto la sfortuna di fare
l’incontro con
le mani di Namjoon. Consapevole di questo suo limite, il ragazzo aveva
reputato
più opportuno non dare nell’occhio, e soprattutto
non sabotare la cena di sette
persone, mettendosi semplicemente tranquillo in un angolo del divano ad
ascoltare nuova musica. Di solito in effetti pur non aiutando rimaneva
con gli
altri ragazzi per chiacchierare, ma oggi per qualche motivo si sentiva
particolarmente stanco per cui aveva scelto la soluzione più
riposante. In ogni
caso Jin se la cavava egregiamente in cucina, si sarebbe occupato lui
di tutto.
Come al solito d’altronde.
Le
risate di Taehyung che doveva aver visto Jimin nella sua tenuta rosa
riempirono
la stanza e furono seguite a breve da un nuovo urlo esasperato di Jin,
al
momento intento ad occuparsi delle verdure. Avere persone extra in
cucina lo
rendeva inquieto e la sua capacità di sopportazione quando
oltre che a star
cucinando era anche affamato diventava pari a zero. Tae stava
distraendo sia
Jimin che Jungkook, i quali avevano ripreso a ridere, e vista
l’ora tarda al
momento questo era un lusso che non ci si poteva permettere.
–
Taehyungieee, non distrarmi la manovalanza!!!
Ognuno
aveva il proprio ruolo all’interno di quella organizzata
cucina, come sempre.
Jungkook si stava occupando del ramyeon, per la cui preparazione
sembrava
provare una particolare simpatia e dunque quasi sempre si incaricava
lui del
compito di cucinarlo. Jimin era intento a preparare gli spiedini di
carne,
cavandosela piuttosto bene, mentre Jin, che si era messo un grembiule
bianco
per proteggere la maglia verde muschio e il cardigan beige che portava
sotto,
sovrintendeva e guidava come un abile capitano di nave tutte le
operazioni
culinarie, dispensando consigli e guidando i più inesperti.
Gli sarebbe
piaciuto che anche Namjoon avesse quantomeno provato ad imparare
qualche
piatto, ma ormai era un desiderio che sapeva non avrebbe visto esaudito
in
questa vita. Forse nella prossima, se le loro anime si fossero
incontrate di
nuovo, come lui sperava, avrebbe avuto più fortuna.
Come
se Jin non avesse nemmeno parlato, Taehyung per tutta risposta si mise
la mano
nella tasca dei jeans grigi, tirò fuori il cellulare e mise
della musica. Jimin
prese a cantare la canzone sottovoce, muovendo leggermente la testa e
facendo
così cadere un po’ di ciuffetti di capelli neri
davanti agli occhi, e aggiunse
un pochino di olio a quello che già sfriggeva nella pentola
con gli spiedini.
Taehyung, che nel frattempo si era avvicinato saltellando a Jungkook,
anche lui
vicino ai fornelli, gli si mise a ballare dietro e Jungkook non
esitò ad
unirsi, agitando il bacino e le braccia a ritmo di musica e ridendo
divertito.
A questa scena Jin posò rumorosamente sul bancone la pentola
su cui aveva
appena messo le verdure crude e che si stava avviando a mettere sul
fuoco e
guardò i due con sguardo glaciale. Jimin dal canto suo
semplicemente sorrise.
Di nuovo ignorando del tutto l’impazienza del più
grande, Taehyung continuò a
ridere e prese Jungkook per i fianchi, aggrappandosi al maglione nero e
sporgendosi al di là della sua spalla per osservare la
situazione del cibo in
preparazione. Il suo viso si rabbuiò. Il ramyeon non dava
segni di essere
ancora pronto e la carne degli spiedini era decisamente più
rosa di quanto si
fosse aspettato. Capendo che il momento di cenare non era poi
così vicino come
credeva sospirò deluso:
–
Aaah, perché ancora non è pronto nulla?
–
Non sarà pronto mai se non esci da questa cucina!
– sbottò Jin, serio in
teoria, ma incapace di rimbrottare il più giovane senza
accennare un sorriso
alla fine della frase.
Ridacchiando
Jungkook riprese a mescolare il brodo, mentre Taehyung a malincuore si
staccò
da lui e uscì, lasciandosi alle spalle l’ampio
bancone moderno, le tende
bianche della porta finestra e le mattonelle delle pareti umide per la
condensa
del vapore sprigionato dal cibo in cottura. Non ancora pronto ad
accettare la
sconfitta, tornò alla carica nell’altra stanza.
Posò il cellulare che aveva in
mano affianco al suo piatto, al posto che avrebbe poi occupato durante
la cena,
vicino a Namjoon, e prese ad improvvisare un nuovo balletto di fronte
ai tre
ragazzi. Come era prevedibile Hoseok si alzò
all’improvviso, entusiasmato dal
ritmo, e si unì gioioso alla danza di Taehyung, facendo
versetti acuti e
agitando vivacemente le mani in ogni direzione. La netta
disparità nelle
capacità motorie dei due non scoraggiò
all’iniziò Taehyung, il quale cercò di
star dietro agli intricati movimenti dell’altro. Non poteva
però competere con
un ballerino semi-professionista, per cui dopo un po’
semplicemente si fermò,
ridendo forte e continuando ad osservare Hoseok e la sua inesauribile
energia.
Era
davvero felice che Jimin fosse entrato nella stessa Accademia di danza
del
ragazzo e i due avessero così potuto avere
l’occasione di diventare amici.
Hoseok era al secondo anno quando aveva conosciuto Jimin, il quale
invece aveva
appena iniziato ed era quindi nuovo al mondo al di fuori della scuola
superiore, come d’altronde lo era anche lui, Taehyung. I due
ragazzi, all’epoca
entrambi di diciotto anni, si conoscevano da quando ne avevano tredici
e perciò
ovviamente si erano trasferiti in casa insieme. Sebbene a volte fosse
faticoso
vivere lontani dalla propria famiglia, per Taehyung era comunque bello
affrontare le piccole e grandi novità della vita da adulti
con il proprio
migliore amico. Rendeva tutto più semplice e più
magico, se ciò poteva avere un
senso. Erano entrambi alla scoperta dell’universo e della
vita e intraprendere
insieme questa avventura significava non solo condividere i momenti di
difficoltà, ma anche contagiarsi a vicenda, passarsi tutto
l’entusiasmo e la
curiosità che potevano avere due ragazzi ancora estremamente
giovani.
Significava trasmettersi emozioni e guardare la realtà
l’uno con gli occhi
dell’altro, come appunto per magia. Sarebbe stato difficile
dire fino a che
punto ciò che ognuno dei due era ora non fosse stato dovuto
alla presenza
dell’altro nella propria vita. Proprio come una coppia di
fratelli.
Era
stata proprio questa loro unione a portare indirettamente alla
situazione
presente. Jimin aveva preso ad un certo punto a frequentare sempre
più
assiduamente la casa di Hoseok, quindi all’epoca questo
appartamento, perché
quest’ultimo si era offerto di aiutare il più
piccolo con gli esercizi di
danza. Il grande salotto spazioso era infatti ideale per muoversi
liberamente,
decisamente il contrario di quanto sarebbe accaduto nella piccola zona
giorno
della casa di Taehyung e Jimin. Quando per la prima volta Jin gli
propose di
fermarsi a cena con loro, Jimin, sentendosi in colpa all’idea
di lasciare
Taehyung da solo tutta la sera, chiese se poteva chiamare anche lui. Si
può
dire che fu da quel giorno che le ormai tipiche cene della compagnia
ebbero
inizio.
Mentre
Hoseok continuava a far mostra delle sue doti di ballerino sotto lo
sguardo
divertito di Taehyung, impassibile di Yoongi e perplesso di Namjoon,
dalla
cucina si sentì arrivare nuovamente la voce di Jin, che
chiedeva una mano da
parte di qualcuno per occuparsi del taglio della frutta. Gli piaceva
avere
tutto già pronto e presentato in maniera appetitosa e
invitante, per cui anche
l’impiattamento della fine del pasto doveva essere preparato
con cura.
Rabbrividiva all’idea di quelle ciotole enormi dove la frutta
veniva ammassata
senza un ordine e lasciata alla mercé di ogni mano. Yoongi
decise di proporsi.
Far andare Namjoon non era in nessun caso una buona idea, neppure per
sbucciare
una mela, e Taehyung e Hoseok avrebbero rischiato di compromettere
definitivamente i nervi già provati del capo cuoco.
Entrò nella ariosa cucina
trascinando leggermente i piedi. I pantaloni neri di tuta che stava
indossando
erano troppo grandi per lui, per cui gli davano un po’ di
difficoltà quando
camminava. Non voleva decidersi a buttarli perché ci era
affezionato, ma li
aveva dovuti relegare alla funzione di vestiti per casa. Non era
inusuale per
Yoongi indossare indumenti più grandi di lui. Non era alto,
le sue spalle erano
piuttosto strette e le ossa delle gambe estremamente sottili. Non
sapeva
nemmeno se avrebbe potuto metter su una massa muscolare, qualora un
giorno ne
avesse mai sentito il desiderio per qualche assurdo motivo. Per
ciò che faceva
aveva comunque bisogno solamente del suo orecchio musicale, che era ben
allenato, e delle sue mani, anche loro della grandezza giusta e
stranamente
piuttosto maschili. Il resto di sé Yoongi non lo considerava
particolarmente
maschile, né tantomeno attraente. Questa era
un’altra di quelle verità a cui
credeva ciecamente e che non aveva mai dato
l’opportunità a nessuno di
sconfessare poiché rimanevano solo nella sua testa.
Tirandosi
su le maniche della felpa che aveva messo sopra una maglietta nera a
righe
bianche chiese istruzioni precise su cosa dovesse fare. Sbrigativamente
Jin gli
disse come muoversi e lo mise a tagliare frutta seduto sul piccolo
tavolo
quadrato della cucina. Mentre era intento in questa occupazione la
sedia vicino
a lui si mosse, spostata da una coppia di piccole mani tondine.
Riconobbe
subito il proprietario. Jimin. Il ragazzo
si sedette di fianco a
Yoongi e appoggiando i gomiti sul tavolo si portò un braccio
a tenere la testa
mentre con l’altra mano si mise ad usare il suo telefono. Il
suono del coltello
che sbatteva sul tagliere, lo sfrigolare dell’olio e
l’ululato del vento fuori
dalla finestra furono per qualche minuto gli unici suoni nella stanza.
Dopo un
po’ Jimin parlò:
–
Ho
fame, hyung.
–
Anche io Jimin-ah, ma in questa cucina accadono cose strane e noi
intanto fuori
moriamo di fame. – Girò la testa di lato per
guardarlo e squadrandolo
velocemente sorrise:
–
Jungkookie ha ragione, ti si addice.
–
Woaah,
basta, per favore – rispose l’altro, sorridendo a
sua volta e coprendosi il
volto con una mano. Le orecchie gli si erano fatte leggermente rosse.
–
Jimin-ah, devi imparare a farti rispettare. – disse
guardandolo con uno sguardo
misto a divertimento e tenerezza. Jimin si limitò a fare
spallucce, sempre
sorridente, dando ad intendere che quello era lo stato delle cose e
ormai se ne
era fatto una ragione.
–
Farsi rispettare?? Yoongi-hyung, non mettergli strane idee in testa!
Jungkook
aveva udito quanto i due ragazzi si erano detti e si stava dunque
precipitando
ad andare in difesa dei propri interessi. Il suo ramyeon era pronto, un
coperchio messo sopra al pentolone per tenerlo caldo. Avvicinandosi a
Jimin gli
mise le mani sulle spalle e con una salda stretta gliele scosse
leggermente.
Jimin emise un finto gemito di dolore. Jungkook lo guardò
solo per un attimo.
Era consapevole di essere molto più forte sia di Jimin sia
di chiunque altro
del gruppo, ma sapeva anche di essere bravo a regolare bene la sua
forza e
dunque era anche sicuro che Jimin non stesse provando realmente dolore.
Facendo
scorrere le mani lungo il maglioncino grigio le portò ai
lati del braccio del
ragazzo, continuando a tenerlo ben stretto e piegandosi leggermente
verso di
lui.
–
Se
non fosse arrendevole, non sarebbe Jimin-hyung. – concluse
sorridendo.
Yoongi
dette un piccolo sorriso alle parole del ragazzo, guardandolo
velocemente per
poi tornare a fissare lo sguardo sulla lama del coltello, bagnata di
piccole
goccioline di succo di mela. Prese a contarle e poi si chiese
perché. Nel
frattempo Jimin stava cercando di difendersi. La sua risata chiara e
dalla
tonalità leggermente più acuta del normale per un
ragazzo era decisamente segno
di come non si fosse offeso.
–
Io
non sono arrendevole! – disse accompagnando le parole a
piccoli colpetti sul
braccio di Jungkook. Da parte sua Jungkook semplicemente
alzò un sopracciglio e
disse:
–
I tuoi spiedini stanno per bruciarsi, devi
girarli.
Jimin
si fece quasi serio e molto incredulo: – Non puoi andare tu
visto che sei in
piedi?
–
No.
Con
un sospiro Jimin si alzò e si affrettò verso il
fornello, terrorizzato all’idea
di commettere un simile errore davanti a Jin. Eppure Jin avrebbe urlato
se
avesse visto qualcosa bruciare… Yoongi sapeva cosa stava per
accadere, e scosse
la testa come a dire non c’è
davvero speranza che impari.
–
Li
avevi girati tu gli spiedini, ma mi hai fatto alzare!! –
esclamò appena vide la
situazione della carne nella padella. La risata di Jungkook irruppe
fragorosa e
anche Jin nonostante tutto quel caos prese a ridere piano. Jimin era
davvero
senza speranza.
Avvicinatosi
con una piccola e leggera corsa al ragazzo che continuava a ridere
piegato in
due e battendo piano le mani, Jimin prese a dargli altre piccole botte
sulle
braccia, in parte divertito anche lui, in parte lamentandosi.
–
E
avevi detto che non eri arrendevole!! – questo pensiero
suscitò ancora più
ilarità in Jungkook che tra le risate sollevava le braccia
cercando di
ripararsi dagli attacchi di Jimin. Alla fine decise di porre fine alla
situazione bloccandogli entrambe le mani, girandolo e prendendolo su
per un
fianco come se fosse stato una piuma. Quando lo sollevò da
terra Jimin si mise
a ridere ancora di più e prese a scalciare piano senza
però molta convinzione, sapendo
di non avere speranze di liberarsi da quella morsa da solo senza che
Jungkook
decidesse di sua volontà di lasciarlo andare. Yoongi si
fissò ad osservarli.
La
voce di Jin che decretava con sicurezza – Fra venti minuti
mangiamo. – lo
scosse e lo fece tornare alla sua frutta, riportando anche gli altri
obbedienti
alle loro file. Jimin, finalmente rimesso giù, si
posizionò di nuovo nella sua
postazione davanti alla carne, mentre Jungkook, che non aveva
più nulla di
particolare da fare, decise di sistemarglisi vicino, piegandosi con un
braccio
lungo il bancone e dicendo cose che portavano l’altro a
ridere in
continuazione.
In
effetti, come profetizzato dallo chef, dopo venti minuti tutto era
pronto.
Quando si misero a tavola portando il cibo fumante, Jimin prendendo
posto
vicino a Yoongi, Jungkook tra Jimin e Taehyung e Jin in mezzo a Namjoon
e
Hoseok, i tre ragazzi furono accolti dall’applauso generale
degli altri
quattro, ormai in lacrime per la gioia di poter finalmente placare i
loro
stomaci. La serata procedette tranquilla come sempre, al caldo
confortevole di
quella casa che ormai da diverso tempo aveva smesso di essere solo casa
dei
legittimi inquilini e aveva preso ad essere un po’ la casa di
tutti. Vi furono
come sempre urla, risate, le battute imbarazzanti da parte di Jin, i
salti
improvvisi sulla sedia di Hoseok, le frasi senza senso di Taehyung,
momenti di
caos e momenti di silenzio confortevole. Il piccolo universo che si
erano
creati, l’equilibrio che avevano costruito nel corso degli
anni era sempre
riuscito a mantenersi stabile. Non si era scomposto nemmeno quando
Yoongi e
Namjoon si erano laureati e avevano preso a lavorare. O quando Hobi
aveva
cambiato casa. Neppure quando si era unito al gruppo Jungkook. Le
stagioni si
erano susseguite, la natura attorno a loro aveva spesso mutato forme e
colori,
e loro stessi erano cambiati a poco a poco, in quella crescita continua
che è
tipica dell’inizio della giovinezza, senza che tutto
ciò intaccasse il loro
legame. In questo momento, chiunque tra i sette ragazzi avrebbe
risposto che
sì, di nuovo la primavera avrebbe trasformato il paesaggio e
ancora una volta
loro l’avrebbero salutata fieri della consapevolezza che se
il passare del
tempo poteva cambiare il mondo, non sarebbe riuscito ad avere effetto
sulla
loro unione. Ma la primavera era lontana e c’era ancora un
altro inverno da
passare.
Note dell’autrice: Ciao a tutti! Grazie tantissimo se avete letto questo primo capitolo e grazie ancora di più se dedicherete cinque minuti a leggere queste note. Questa è la prima volta che scrivo (o provo a scrivere) qualcosa che non sia una oneshot quindi non posso dire di essere pratica di storie lunghe. Lette tantissime, ma scritte, come ho detto, mai. Di solito sono sempre andata su storie autoconclusive e solo in un paio di casi le avevo cercate di allungare di qualche capitolo, ma poi non sapendo bene cosa fare della storia mi sono fermata (né le ho mai pubblicate). In questo caso invece per la prima volta ho progettato una trama completa per cui l’idea è quella di finirla. Scrivere mi piace tantissimo, ma non posso dire di essere una macchina sforna storie. Una volta che ho una trama scrivo anche per dieci anni, ma il mio problema è proprio creare trame. Dal momento che ora una trama ce l’ho, ho deciso di voler cimentarmi in questa impresa e dunque provare a buttarla tutta giù. L’ho preso come un esercizio per me stessa, per divertirmi a vedere come si fa a creare e realizzare una storia e dei personaggi dall’inizio alla fine. Mi scuso dunque fin da ora se a tratti nella mia storia dovessero capitare incongruenze o cose che hanno poco senso. Spero ciò non accada, ma gli errori capita di farli. Un feedback mi sarebbe dunque incredibilmente utile, per cui se avete modo di lasciare un commento mi fareste una donna davvero felice <3
Quanto
ai personaggi della storia e a come saranno
costruiti: una cosa a cui cerco sempre di stare attenta è la
caratterizzazione,
perché di solito non mi piacciono molto i personaggi OOC.
Adoro i BTS con tutta
me stessa, e vorrei davvero descriverli nella mia storia in modo tale
che siano
almeno simili alle loro vere (o comunque quelle che ci vengono
mostrate)
personalità. Non devono essere realistici al 100%, ma
quantomeno credibili.
Dato che non ho grande esperienza in fatto di creare personaggi per
storie
lunghe, se ci sono consigli (non solo qui, ma anche nel corso degli
altri
capitoli) sulla loro caratterizzazione, siete i benvenuti.
Queste
note dovevano limitarsi a due righe, ma
ecco già scritta una pagina di word. Mi fermo qui. Nelle
note del prossimo
capitolo magari entro più nel dettaglio della storia, ma per
il momento non
credo ci sia molto da dire, questo capitolo è introduttivo,
l’azione inizierà a
muoversi un pochino dal secondo. Per favore, se avete letto questo
leggete anche
quello. <3
PS:
non sono mai stata a Seul, quindi le mie
descrizioni della città sono assolutamente generiche,
così come non so in
dettaglio come funzioni il sistema scolastico coreano, per cui ho preso
a
riferimento quello europeo con scuola superiore di 4 anni e
università con 3+2.
Era più semplice fare così e poi a livello di
trama la loro istruzione non è un
punto chiave, per cui spero vada bene anche così ;)
Ci
vediamo sul capitolo due, baci
Elle