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Autore: Alison92    25/08/2017    1 recensioni
Fra le tante attrattive della scuola privata Thomas Dreier, i cinque giorni di vacanza offerti ai migliori quindici studenti della scuola sono certamente un richiamo per tutti i giovani allievi.
Lyvia Sommers fa parte di quei quindici eletti scelti per partire verso la splendida isola di Everdove, dalle acque limpide e dal cielo cristallino.
Un'antica leggenda però si nasconde fra quelle coste, insidiandosi nelle vite serene e felici dei giovani.
La storia oscura della famiglia Rosenburg, seminata di odio e terrore, conduce Lyvia e gli altri studenti verso differenti orizzonti, verso una casa maledetta che cela un passato grondante di sangue e vendetta.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le mani inumane di Jonathan serravano la mia gola e i miei polsi, ero stretta dalla sua morsa e liberarmene sembrava impossibile. Fiammelle luminose scintillavano nei suoi occhi scuri senza fine e posi la mia mano sopra la sua, come per respingerlo. Potevo sentire la voce di Lyvia Rosenburg che sussurrava al mio orecchio, mi pregava di resistere e di avere la meglio. Ero immobile, sentivo i miei polmoni svuotarsi e il mio corpo reclamare ossigeno, ma ero incapace di combattere contro quel mostro. Il pugnale era caduto a terra e giaceva troppo lontano da me. Che cosa mai avrei potuto fare contro di lui? La risposta fu semplice, con le poche forze che mi erano rimaste, mi piegai in avanti, finché non sentii l’irregolare respiro di Jonathan sul mio collo, poi premetti il palmo della mia mano contro il suo, affidandomi alla consapevolezza che noi eravamo innocenti, che non meritavamo quella vendetta. Jonathan si ritrasse come scottato, mi guardò sconvolto e poi fissò la sua mano, annerita dove io l’avevo toccata.
-Che cosa hai fatto?
-Dovresti riflettere su ciò che hai fatto tu.
Sibilò Amy venendo accanto a me. Il mio respiro era affannato, la pelle sul mio collo gridava di dolore ed io tentai di alzarmi dal pavimento in roccia della grotta. Jonathan scoccò un’ultima occhiata a tutti noi, poi scomparve nel buio della grotta. Francis riaccese il suo accendino e venne verso di me, stringendomi la vita con il braccio.
-È finita?
Sussurrò fra i miei capelli e io osservai i volti di tutti noi sedici.
-Non è finita finché non usciamo da qui.
Nessuno fiatò. Ci stringemmo, cercando d’infonderci forza avvicenda, continuando il nostro cammino. Il silenzio era calato, un silenzio assordante. Solo il rumore del fuoco che divampa poteva scacciare via quello stato di presunta salvezza. Alte fiamme ci circondarono, formando un anello di fuoco che ci teneva prigionieri. Jonathan emerse dalle fiamme, che lambirono il suo viso senza produrre il minimo danno. Il calore insopportabile ci attanagliava e la mia gola secca bruciava.
-Non avresti dovuto farlo Lyvia, potevi lasciarmi compiere la mia vendetta. Dovreste imparare a lasciar andare, a cedere.
Fece un passo verso di noi e l’anello di fuoco avanzò, sfrigolando. La mia pelle soffriva, sentendo le lingue di fuoco pronte a sciogliere la nostra carne.
-Non imparate mai, cari nipoti.
Il fuoco avanzava e sentii Mary piangere. Francis si strinse a me, facendo aderire il suo corpo al mio e tutti ci legammo, afferrandoci le mani e pregando all’unisono. La fine. Era quella la fine?
-Oh Deborah, perché ti sei congiunta con il mio assassino?
Mormorò Jonathan e fissò il mio volto, come se fossi io l’amante che lo aveva tradito dopo la morte. Sentivo la mano immortale di Lyvia S. premere sulla mia spalla, guidare la mia mano verso il petto di Jonathan. Le mie dita si strinsero accanto al suo cuore, immobile. Artigliai le dita e le mie falangi affondarono nella carne morta di Jonathan. Un sibilo di dolore uscì dalle sue labbra e circondò il mio polso sottile con le sue dita pallide. Strinsi e afferrai il suo muscolo immobile, finché non estrassi quello che un tempo era stato il suo cuore. Il suo organo annerito e morto era intriso di sangue scuro e giaceva macabro nel mio palmo. Jonathan fissava i miei occhi, improvvisamente privato di agire, di ribellarsi. Le fiamme strinsero ancora, pronte a mangiare i nostri corpi.
-Perché sei divenuto tu un assassino?
La mia domanda trovò risposta nelle sue iridi: odio. Gettai il suo cuore alle stesse fiamme che lui aveva prodotto e un ultimo urlo disumano riempì l’aria. Le fiamme si arrestarono e ci ritrovammo con i vestiti bruciacchiati, l’animo stravolto e le lacrime agli occhi. Mi voltai verso i miei compagni, con le mani impregnate di sangue viscido. Eravamo vivi.
-È finita. 
  
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