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Autore: Emmastory    25/08/2017    3 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XXVII
 
L' importanza di decidere 
Il mattino era di nuovo arrivato, e con lui il sole. Splendeva come sempre, nonostante fosse coperto dalle bianche nuvole dietro cui sembrava giocare, quasi beffandosi di ogni abitante qui ad Ascantha. Per una volta non sono l'unica ad essere in piedi, in quanto Chance è con me, e a modo suo, mi da una mano con le faccende di casa. L'età avanza, e si fa sentire, ma non per questo lui si arrende, continuando ad essere per ognuno in questa famiglia un compagno e un grande amico. Proprio l'altra notte, gli ho chiesto di tenere d'occhio Ava, e obbedendo lui l'ha fatto, svegliandomi stamattina alle prime luci dell'alba. A quanto vedo, si è finalmente ripresa, e per qualche strana ragione, il suo morale è ancora metri e metri sotto terra. È riuscita a fuggire, e ora sa di essere al sicuro in casa nostra, ma nonostante tutto, non riesce a gioirne nè ad essere felice. "Rain?" mi chiama, con voce flebile e forse ancora derivante dal dolore delle ferite. "Sì?" rispondo, voltandomi verso di lei e facendomi più vicina. "Posso avere dell'acqua?" mi chiede, guardandomi negli occhi e quasi supplicandomi. Annuendo, sparisco per un attimo in cucina, per poi passarle un bicchiere e lasciare che beva. Non appena finisce, lo poso sul tavolo di fronte a lei, e solo allora, mi accorgo che qualcosa non va. È davvero triste, e come se non bastasse, sembra anche tremare di freddo. "Non posso crederci, guarda come mi hanno ridotto. Ora sono sola, stanca e... e bloccata, accidenti." Si lamenta, non riuscendo a tenere a freno nè la lingua nè i sentimenti, che ora sono cupi tanto quanto il suo umore. "Ava, no. Non è vero. Tu non sei sola. Ci siamo noi qui per te." Replico, prendendo la parola al solo scopo di far cessare quel brontolio insensato. Era arrabbiata, delusa da sè stessa e amareggiata per quello che le era appena accaduto, e potevo capirlo, ma una cosa era certa. Non sarei rimasta lì ferma a guardare mentre un nuovo membro del mio gruppo rimaneva seduto ad autocommiserarsi e crogiolarsi nel dolore. A quelle parole, lei non rispose, ma stringendo forte i pugni, si decise a reagire. Non curandosi delle ferite, nè della febbre che ero certa stesse per prendere possesso del suo corpo indebolendola ancora di più, scattò in piedi come una molla, e guardando dritta davanti a sè, sorrise. "Sai una cosa? Hai ragione. Ho un mio gruppo, una mia famiglia, e fortunatamente, anche degli amici. Grazie Rain, sei grande." Mi disse poi, stringendomi in un abbraccio nel quale la lasciai abitare per un pò. Sorpreso da tutto quel trambusto, Aaron uscì dalla sua stanza, e alla sua vista, divenne bianco come un fantasma. "Ava?" la chiamò, pronunciando il suo nome quasi a fatica. "Che... Che cosa ci fai qui?" le chiese, sempre incapace di credere a quello che stava vedendo. "Sono scappata, e tua madre ha ragione. Almeno ora non sono più sola." Spiegò lei, per poi sorridere e avvicinarsi a lui. "E non sai quanto sia felice." Gli disse, cedendo solo allora alla tentazione di baciarlo. Mugolando leggermente, Chance si coprì il muso con la zampa, e a quella scena, io risi di gusto. "Non te ne andrai ora, non è vero?" Fu l'ovvia domanda di mio figlio, ora più che mai preoccupato per quella fuggiasca della sua fidanzata. "No, certo che no. Non ora che ti ho ritrovato." Questa fu la semplice risposta della ragazza, che terminando la frase lo baciò ancora. A quella vista, quasi versai una lacrima, e continuando a guardarli, non provai che gioia e orgoglio per entrambi. Dati i trascorsi della ragazza e il modo in cui era stata costretta a vivere, la loro relazione poteva essere malvista, ma non certo da noi. In fin dei conti, eravamo diventati la sua famiglia proprio come aveva detto, e non l'avremo certo abbandonata, non ora che aveva raccolto le sue forze e il suo coraggio per agire e scoprire l'importanza di decidere.
   
 
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