Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    28/08/2017    6 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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COLORA I MIEI GIORNI
 
Pete mise Obi-wan al passo, mentre si dirigeva a una piccola cala, protetta dagli scogli sui lati e, sul fondo, dal terrapieno lungo il quale scendeva un pietroso e ripido sentierino per raggiungere la spiaggetta. Veniva spesso lì, quando aveva voglia di pensare o farsi una nuotata in solitaria, proprio come in quel momento.
Briz era stata chiara, nel suo lapidario messaggio di quella mattina: era palese che non avesse nessuna voglia di vederlo o parlargli da sola. Quel po’ di avvicinamento che era riuscito a guadagnarsi andando a dormire da lei la sera precedente, se lo era giocato con la sua fuga mattutina. 
Quando era arrivato alle scuderie nel pomeriggio, aveva notato che Indy non c’era: probabilmente lei era andata a sbollire la rabbia, in attesa della serata di festa con gli amici, con una cavalcata, come faceva di solito quando era nervosa, e non poteva nemmeno darle tutti i torti, per questo.
Ma lui aveva davvero avuto delle cose da fare da solo.
Passò al piccolo galoppo, raggiungendo una macchia di alberi ricca di erba dove era solito lasciare il cavallo legato a brucare prima di scendere a nuotare.
Si bloccò di colpo, fermando bruscamente Obi-wan: all’ombra degli alberi, legato per le briglie a un ramo basso, Indy oziava pigramente, uno zoccolo posteriore appena sollevato, poggiato solo in punta, gli occhi sonnacchiosi e il muso chino e rilassato.
Pete si avvicinò e gli sfuggì un sorriso, all’evidenza che la ragazza avesse avuto la sua stessa idea di fare una nuotata, oltre che una galoppata.
Questo era davvero un segno del destino: Briz aveva finito di scappare… e anche lui.
Dopo averlo legato a un altro ramo, Pete allentò la sella al cavallo nero e, da una delle borse poste ai lati di essa, recuperò una piccola sacca, prima di dirigersi verso il mare scendendo per lo stretto sentiero sassoso. Aveva appena raggiunto la spiaggetta quando Atlas gli corse incontro, abbaiando festoso; Pete gli accarezzò la testa, guardandosi di nuovo intorno alla ricerca della sua padrona.
A pochi metri dalla riva era disteso un telo da spiaggia, con sopra stampata l'immagine di una foresta tropicale popolata di uccelli dai colori tanto violenti da far male alla vista, esattamente come lo zainetto della ragazza, che sfoggiava tasche e scomparti di tre diversi colori fluorescenti: rosa, azzurro e giallo! Buttati accanto ad esso, un paio di stivali da cowboy, una camicetta scozzese a maniche corte e i jeans con gli strappi sulle ginocchia. Pete cercò di non pensare all'emozione che gli stava procurando il solo pensiero di vederla in costume da bagno.
Fermò la sua mente, che era corsa per un attimo a quel giorno del temporale, sul divano delle scuderie, alla sua camicetta slacciata e al reggiseno di microfibra arancione che, solo per miracolo, era riuscito a non strapparle via: l’unica volta in cui aveva visto di lei un capo di abbigliamento intimo che la scoprisse più di una canottiera. L’aveva vista persino in pigiama, ma quello non faceva testo… un pigiamino da dodicenne, pensò ridacchiando fra sé, faceva perfettamente il paio con l’intimo di microfibra dai colori fluo. Probabilmente, conoscendola, indossava un costume intero castigatissimo… magari color verde evidenziatore.
Fece vagare lo sguardo lungo le rocce scure che si allungavano nell'acqua, e finalmente la scorse: era distesa a pancia in giù su uno scoglio piatto e solitario, non molto alto, che si ergeva a una cinquantina di metri dalla riva. La vide sollevarsi appena sui gomiti e guardare nella sua direzione.
Briz lo aveva visto arrivare già da lontano e fermarsi al riparo degli alberi, per sistemare Obi-wan, e aveva cominciato ad agitarsi. E adesso lui era là, in riva al mare, con un braccio sollevato, che la salutava, il delinquente! Con tutti i posti che c’erano, proprio quello aveva scelto! Alla fine, si lasciò sfuggire un sorriso rassegnato e, scuotendo il capo, tornò ad abbassarlo per nascondere il volto tra le braccia, pensando che fosse davvero un segno del destino, se avevano finito per incontrarsi proprio lì.
Pete aveva finito di scappare… e anche lei.
Lo guardò, come ipnotizzata, sfilarsi la vecchia camicia di stoffa leggera, e si sentì venire i sudori freddi quando lo vide, dopo aver gettato gli stivali sulla sabbia, liberarsi dei jeans e rimanere con un paio di calzoncini da mare di un azzurro intenso. Le venne anche da ridere però: si era aspettata qualcosa di nero, o grigio, o comunque poco appariscente, invece quel celeste carico contrastava una meraviglia con tutta quella pelle abbronzata scoperta, tesa su un fisico dalla muscolatura scolpita e armoniosa. Non che non se ne fosse mai resa conto, ma constatarlo a livello visivo valeva la pena: il Capitano Richardson in versione svestita, era una cosa da farsi cadere gli occhi.
Pete entrò nell'acqua, che divenne subito profonda, e si tuffò, mentre Atlas si accucciava come per fare la guardia alle loro cose. Con rapide e potenti bracciate il giovane coprì buona parte della distanza, poi riemerse, scrollando l'acqua dai capelli, a una decina di metri dallo scoglio, e si fermò a guardarla.
Briz, completamente incantata a osservarlo, si sollevò di nuovo su entrambi i gomiti e avvampò di colpo, realizzando solo in quel momento di essere anche lei seminuda.
– Allora? Scendi, bella sirena? – fece lui, spavaldo, non mancando di notare la curva della spina dorsale della ragazza che, dalla base del collo, scendeva tra le scapole per poi proseguire sinuosa, fino a risalire dolcemente sul pendio arrotondato di un fondoschiena che rasentava la perfezione.
Senza staccare lo sguardo da quello di Pete, Fabrizia si sollevò lentamente in piedi. Rimase lì per parecchi istanti, alta ed eretta, lasciando che gli occhi del giovane indugiassero lungo il suo corpo, coperto solo da un bikini di un rosa accecante con qualche ghirigoro nero, che faceva risaltare la pelle dorata dal sole. Le coppe del reggiseno col ferretto aderivano perfettamente alle sue curve, esattamente come lo slip dai fiocchetti sui fianchi, senza rivelare troppo, ma nemmeno troppo poco.
 
bikini
Pete pensò che fosse incredibilmente sexy… Briz, non il bikini; ma era fermamente convinto da un pezzo che lei sarebbe stata seducente anche con indosso un sacco di tela grezza. La fissò affascinato per alcuni lunghi istanti; le sorrise, e venne prontamente ricambiato, mentre si rendeva conto che l'appellativo sirena fosse quanto di più sbagliato potesse esserci per descrivere questa ragazza. Briz possedeva qualcosa che nessuna sirena avrebbe mai potuto avere: un paio di lunghissime gambe, assolutamente da sballo. E lo sfregio leggermente più scuro sulla coscia sinistra – la cicatrice della ferita procurata dal pugnale di Zhora – non sminuiva affatto la sua bellezza, proprio come quello sull'avambraccio.
Briz si vietò categoricamente di arrossire ancora, anche perché la carezza di quello sguardo azzurro sulla pelle non aveva nulla di irrispettoso o insolente, e lei non solo non provò imbarazzo, ma si sentì bellissima. Avanzò di un passo, raggiungendo il bordo dello scoglio, e si tuffò, agile ed elegante, entrando in acqua quasi senza sollevare spruzzi. Nuotò sott’acqua e riemerse davanti a lui, che notò le sue mani mentre si scostava i capelli bagnati dagli occhi. La ragazza aveva rimesso lo smalto alle unghie dopo almeno un anno, ovviamente dello stesso accecante colore del costume e, attraverso l'acqua trasparente, intravide che le unghie dei piedi non erano da meno; inutile, quella era Briz, e lui l'adorava anche per queste cose.
– Allora? Che dovevi fare stamane di così importante? – gli chiese la ragazza, quasi arrogante.
– Non si vede? – ribatté Pete, scrollando i capelli sgocciolanti.
– Ti sei fatto tagliare i capelli? – osservò Briz, non riuscendo a notare un gran cambiamento – E di quanto? Un paio di centimetri?
– Avevo detto che alla fine della guerra li avrei tagliati, non di quanto.
– Seh, vabbè! – rise lei, schizzandolo scherzosamente – Comunque va bene così, non ti ci vedrei, con un taglio alla tedesca. E poi? Tutto qui? Una mattina intera e mezzo pomeriggio, per farti accorciare i capelli di due dita scarse?
– Ho anche contattato Tom.
– Ho parlato anch'io con lui e Jessie, nel primo pomeriggio, me l’hanno detto. E poi? Dimmi qualcosa che non so, Richardson!
– Dopo ho sentito George. E ho pensato… e fatto… altre cose.
– Uhmmm, hai voglia di prenderla alla larga, eh? E hai pensato, pure? Ciò mi preoccupa! – lo prese in giro, muovendosi nell'acqua attorno a lui – Ehi, aspetta un attimo, che hai qui? – gli chiese all'improvviso, notando un'ombra scura sulla sua schiena, che lui tentò di nascondere girandosi di nuovo verso di lei.
– Niente, perché?
– Ma niente un tubo, voltati! – gli ordinò perentoria.
Pete alzò fugacemente gli occhi al cielo e obbedì.
Briz si avvicinò e si lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto, mentre allungava una mano a sfiorare, con la punta delle dita, l'immagine tatuata sulla scapola sinistra del ragazzo: un drago nero in stile tribale, che stringeva tra gli artigli un cuore rosso. Il tatuaggio era ormai guarito e consolidato, altrimenti Pete non lo avrebbe esposto al sole con tanta leggerezza, ma doveva essere comunque piuttosto recente, visto che, alla fine di aprile, lui aveva ammesso di non averne.
– Questo non lo hai fatto stamattina, è ovvio – gli disse infatti.
– Certo che no: l'ho fatto un paio di mesi fa, appena mi sono ristabilito dopo la massacrata con Zhora.
– Te l'ho già detto che sei un copione, vero? – lo accusò Briz, mentre lui girava appena la testa, guardandola da sopra la spalla con la coda dell'occhio.
– Sì, più di una volta. Ma mi hai convinto tu, di essere Dragonheart.
– È bello un bel po’, va detto.
Si allontanò, dirigendosi a nuoto verso la riva, per non cedere alla tentazione di posare le labbra su quel bel dragone, tatuato sulla pelle del giovane.
– Che ti succede, te la squagli? – la provocò Pete, affiancandosi a lei in due bracciate.
– Che detto da te… – fece lei, sarcastica.
Fabrizia non aggiunse altro: era lui quello che doveva parlare, non aveva molta voglia di dargli lei l'imbeccata, anche se aveva il vago sospetto che nel giro di poco, conoscendolo, si sarebbe dovuta rassegnare a farlo. Raggiunsero la spiaggia e Briz si avvolse nel suo telo colorato, non potendo fare a meno di ammirarlo ancora. Lo spettacolo era assolutamente degno di attenzione: Pete si strofinava i capelli con l'asciugamano e il ciondolo a forma di drago, che lei e gli altri gli avevano regalato per il suo compleanno, gli luccicava nell'incavo tra le clavicole; le gocce d'acqua gli scivolavano sulla pelle, disegnando le linee e le curve dei muscoli guizzanti, dal torace fino all'ombelico, per poi scomparire, assorbite dal bordo dei calzoncini. Briz immaginò per un attimo di seguire lo stesso percorso di quelle gocce con i polpastrelli…
Bruscamente gli voltò le spalle, si tolse il telo di dosso e si asciugò alla buona i capelli, poi, facendo la disinvolta, lo stese a terra e si sedette, cominciando a pettinarsi sommariamente con le dita.
Atlas li osservò, quasi perplesso, girando loro intorno: ma come, non si giocava? Alla fine si rassegnò ad accucciarsi accanto a Fabrizia.
– Credevo di conoscerlo solo io, questo anfratto. Perché mi stai sempre due passi avanti? – esordì fingendosi scocciata.
– Sei tu che stai due passi avanti a me: è più di un anno questo è il mio posto e vengo qui, quando ho voglia di stare solo. Sarà stato per caso o per destino, che non ci siamo mai incontrati qui, prima d’ora?
Briz fece spallucce chiedendosi se fosse un bene o un male, che in quei quindici mesi trascorsi da quando si erano conosciuti, non fosse mai accaduto. Pete si sedette sul suo telo, di un insulso beige chiaro, accanto a lei; era ridiventato serio, tutto a un tratto.
– Bri… – cominciò, indeciso.
Lei lo guardò, con aria interrogativa.
– Dunque? Hai qualcosa da dirmi? – lo esortò, vedendo che sembrava in difficoltà.
– Ma come diavolo hai fatto? – sbottò Pete improvvisamente, come dando per scontato l'argomento.
– Fatto cosa, Richardson? Non cominciare a parlare per enigmi, che non è proprio giornata!
– Come hai fatto a innamorarti di un bastardo come me?
– Piantala, non sei un bastardo e lo sai.
Briz guardò davanti a sé, decidendo che tenersi tutto dentro non avrebbe aiutato né in un senso, né nell'altro. Probabilmente poco prima aveva visto giusto: se non si fosse aperta lei per prima, da lui non avrebbe tirato fuori una parola neanche con le pinze!
– Non lo so come ho fatto, va bene? Mi è successo! Io sono venuta qua per combattere una guerra, non sapevo nemmeno se ne sarei uscita viva; e se devo dirla tutta, considerato come mi sentivo in quel periodo, non me ne importava un emerito fischio di vivere o morire. Immagina un po' se innamorarmi potesse essere nei miei pensieri o nei miei programmi; di te, poi, ancora meno, che eri tutto l’opposto di quello che avrebbe mai potuto attrarmi in un uomo: un figaccione biondo, odioso e problematico ai limiti del paranoico! Se avessi potuto scegliere, ti garantisco che avrei evitato alla grande. Ci ho combattuto più che contro i Mostri Neri, solo che, a un certo punto, mi sono dovuta arrendere alla realtà: questa guerra personale l'avevo persa su tutti i fronti. E guardami un po'… sono qui, stracotta da far compassione! E di uno che, per i miei gusti, sta temporeggiando un po' troppo, per sentirmi di coltivare qualche speranza. Quindi se, per te, quelle cose che sono successe tra noi sono state solo un gioco, dimmelo e chiudiamola qui. In fondo il tuo biglietto di stamattina diceva il giusto: non è accaduto niente di compromettente. Sarà l'ennesima illusione della mia vita, ma pazienza; sono sopravvissuta a cose peggiori… – tacque qualche istante, poi lo guardò un po' di traverso e annunciò: – Io ho finito, Pete: quello che dovevo dire l'ho detto, adesso è il tuo turno e piantiamola di trastullarci e prenderci in giro – concluse.
Benché apparisse lievemente imbarazzata, a Pete la ragazza sembrò anche estremamente ferma, decisa e fiera: aveva davvero imparato bene a non cedere più di tanto alle emozioni e ad essere pratica e determinata, quando la situazione lo richiedeva.
– Bene, basta giocare, quindi – concordò, passandosi le dita tra i capelli umidi – Guardami – aggiunse poi.
Briz girò lentamente la testa verso di lui, e per poco non annegò nel suo sguardo. Pete allungò una mano e le sfiorò appena una guancia col dorso delle dita, portandole la ciocca bianca dietro l'orecchio, e parlò a voce bassa, ma guardandola negli occhi.
– Bri, io morirei per te… e non una, ma mille volte; ti adoro, sono pazzo di te! Non te ne accorgi? 
Il cuore di Briz perse un colpo, e si ritrovò a deglutire a vuoto, ma sostenne il suo sguardo; un senso di sollievo le allargò il cuore, ma gli rispose in tono semiserio.
– Per quel che riguarda il morire ci sei già andato vicino pure troppo: io ti voglio vivo e sano come un pesce! E non so che farmene dell'adorazione, non sono mica una dea! E se c'è una cosa di cui non ho proprio bisogno, è la pazzia, ne ho già abbastanza io anche per te. Io voglio semplicemente amore! Se vogliamo, anche di quello ne ho un bel po', ma purtroppo non funziona come per la follia: non posso farlo bastare per tutti e due – si interruppe, poi lanciò la domanda che era il centro di tutto – Allora? Tu mi ami?
Pete annuì con lentezza, l'immagine della serietà e della convinzione.
– Non puoi nemmeno immaginare quanto. Sei la mia vita, Bri: la cosa più bella che potesse capitarmi.
La reazione di Briz non fu esattamente quella che si era aspettato.
– Allora dimmelo! – sbottò la ragazza, quasi gridando.
Atlas drizzò la testa e le orecchie, incuriosito da quello scatto, ma rimase accucciato al suo posto.
– Ma se te l'ho appena detto! E credo di avertelo anche dimostrato più di una volta! – replicò Pete, sullo stesso tono.
– Lo so! – gridò lei, frustrata.
– E allora che altro vuoi?
– VoglioQuelle dueStramaledetteParole! Ne ho bisogno, Pete, lo capisci? Ho… bisogno di sentire la tua voce che me le dice!
Lui sospirò, come esasperato; si alzò in piedi e fece un paio di passi, fino in riva al mare. Ma era mai possibile che si ritrovassero ad urlarsi addosso anche in un momento come quello? Sentì che Briz lo raggiungeva e si fermava dietro di lui; girò appena la testa, per osservarla fuggevolmente di sottecchi.
– Perché una frasetta così facile e breve, ti costa così tanto? – gli chiese lei, in tono rassegnato.
– E perché, tutto a un tratto, per te è diventata così importante? Non sono già stato sdolcinato a sufficienza? Mi pareva avessi superato da un po' la fase bambina romantica e zuccherosa! Mi hai già detto che anche tu lo sai! E poi… non hai mai fatto mistero, di considerare quelle due parole solo una bugia che a noi uomini riesce bene! – esclamò lui, alzando la voce suo malgrado e tornando a guardare il mare.
Briz esitò… era questo, dunque? Si avvicinò e lo abbracciò da dietro, posandogli una guancia sulla schiena. Il contatto delle sue mani fresche sull'addome e sul petto, lo fece rabbrividire, ma non di freddo. Di nuovo allungò lo sguardo all’indietro.
 
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– È tutto qui? – disse Briz, lasciandogli una scia di piccoli baci sulla spalla, assaporando il gusto del sale sulla sua pelle – Un semplice Ti amo, per te è melenso e sdolcinato? Va bene, prendo atto… ma sai anche che io sono una fanciullina romantica e sdolcinata! E se invece è davvero per quella baggianata assurda che pensavo degli uomini… allora sappi che tu… non sei gli uomini. Tu sei Peter Jonathan Richardson, e io ormai ti conosco: tra i tuoi circa cinquemila difetti, non c'è quello di essere un bugiardo; per questo, il fatto che tu non voglia dirmi quelle due parole, mi preoccupa! E, sempre per lo stesso motivo, se me le dicessi… non solo non suonerebbero melense ma, proprio perché saresti tu a dirmele, io ti crederei!
Tacque per diversi secondi, poi glielo domandò di nuovo: – Una volta, Pete; una soltanto, e me la farò bastare: mi ami?
Lui restò in silenzio. Briz sciolse a malincuore il suo abbraccio e si allontanò da lui di alcuni passi, entrando coi piedi nell’acqua, dandogli le spalle; si portò le mani ai fianchi e sospirò.
Niente da fare… non era ancora pronto: Ti amo non gli usciva, proprio. Ma non riusciva a dirle nemmeno il contrario, se era per questo! In fondo si era già dichiarato, e anche alla grande, Briz doveva riconoscerlo; allora, forte di questo, decise che… andava bene così. Si passò le mani tra i capelli e voltò appena il viso, rivolgendogli un sorriso fugace ed incerto prima di tornare a guardare l'orizzonte. E, alla faccia del dirigere i giochi, come si era ripromessa di fare quella mattina… si arrese.
– Ascolta… tutto sommato hai ragione tu, sono solo due stupide parole. E in realtà, sì, me lo hai appena detto, anche se in modi diversi; e almeno in altri cento, me lo hai dimostrato. Tu hai parlato, hai riso, hai pianto con me: ti sei aperto un po' alla volta e mi hai lasciato oltrepassare la tua corazza di ghiaccio, mostrandomi quello che sei veramente. Hai combattuto al mio fianco e mi hai protetta, rischiando la vita per me, esattamente come ho fatto anch'io per te. Quindi, non importa se non riesci a dirlo: io lo saprò lo stesso, sempre. Va bene così.
Stava per girarsi e tornare da lui, ma Pete aveva già chiuso le distanze: Briz sentì le sue braccia circondarla, la pelle calda del suo torace aderirle alla schiena, le sue labbra sfiorarle la guancia, il collo, il lobo dell'orecchio. E le sue parole, appena sussurrate, le provocarono un brivido che le corse lungo la spina dorsale, facendole tremare le gambe.
– Ti amo. Ti amo, Bri! Tiamotiamotiamo!
Per un attimo Fabrizia sentì quasi il cuore fermarsi, e fu indecisa tra scoppiare a ridere o a piangere, tanta era l'emozione che le procurò quella stupida frase, ripetuta non una o due, ma ben cinque volte di seguito.
Sollevò appena gli avambracci, stringendo i pugni e facendosi sfuggire un Sììì! soffocato, a metà tra il sollievo e il trionfo. Era davvero pazzesco: l'unico modo in cui era riuscita ad ottenere quell’ammissione, era stato… rinunciarci! Con un sospiro, gli posò le mani sulle braccia che la cingevano e si abbandonò contro di lui, mentre realizzava un'altra cosa che le fece sfuggire una risatina.
– Perché me lo hai detto in italiano? – chiese senza scomporsi, godendosi l'abbraccio.
La risposta di Pete fu prontissima: – Perché mi hai chiesto due parole: in inglese sarebbero tre.
– Sempre preciso e fiscale, eh? – lo prese in giro – E… ti è costato davvero così tanto, o c'è speranza di sentirtelo dire ancora, qualche volta?
– Mmm… Forse… – mormorò lui contro il suo collo.
– Quando fai così… – ringhiò lei, scherzosamente.
– …lo so: ti sale il crimine – concluse Pete, facendola voltare verso di lui.
Le loro labbra si incontrarono impazienti, prendendosi il loro primo bacio ufficiale.
Eppure, Briz percepì ancora qualcosa che non la convinceva: infatti Pete si staccò quasi subito, dopo un paio di baci leggeri e indecisi.
– Che ti succede ancora, Richardson? Sembra che tu abbia paura di baciarmi, proprio adesso che ti sei guadagnato il diritto di farlo. Suvvia, lo sappiamo bene che baci molto meglio di così! – gli disse, accarezzandogli una guancia.
– Sì, hai ragione, ho una paura dannata: di farti soffrire, di non riuscire ad amarti come meriti.
Ah, mio Dio, Briz non riusciva a crederci! Ancora di questo, si preoccupava!
– Senti... l'ho avuta anch'io questa paura nei tuoi confronti. Fino a poco tempo fa, credevo davvero di non essere la persona giusta per te, di non essere abbastanza. Ero anch'io convinta che tu meritassi molto di più, è per questo che nemmeno io volevo che le cose, tra noi, prendessero una piega troppo impegnativa. Ma alla fine ho cambiato idea, perché adesso so, di poterti rendere felice. Sono piuttosto sicura di essere proprio quello che ci vuole per te! E per una con un'autostima del cavolo come me, direi che è un bel traguardo, ti pare? E tu... tu puoi farmi soffrire solo in un modo: tenendomi lontana da te.
Pete se la strinse tra le braccia, dimostrandole che tenerla lontana era l'ultima cosa che volesse. Ma benché anche lui avesse ormai capitolato su tutta la linea, era ancora incerto su quello che stava accadendo. Era davvero il colmo: essere abbastanza coraggiosi per combattere gli alieni, e farsi fregare dal terrore di non amare a sufficienza qualcuno.
– Ma sei sicura? A me sembra... di non avere niente da offrirti. Io non sono uno facile, sono così diverso da te! Guardaci! Da’ un'occhiata alle nostre cose, già quelle dicono tutto: il tuo zainetto è di tre colori fluorescenti che fanno a pugni tra loro; la mia sacca è grigia. Sul tuo asciugamano c'è disegnata una foresta tropicale, con tutti i colori del caso e anche di più; il mio... è beige! Tu hai colorato i miei giorni, Briz, ma io ho paura di... annebbiare i tuoi. Una volta tu stessa l'hai detto: siamo due cose che non possono coesistere, tu sei il fuoco e io sono il ghiaccio...
– Sì, certo… – lo interruppe lei, prendendogli il viso tra le mani – …e un cane e un gatto! Tutte cazzate! Ogni tanto mi sbaglio anch'io, vedi? In Islanda, tanto per dirne una, il ghiaccio e i vulcani convivono senza troppi problemi, per non parlare di cani e gatti: basta guardare Balto quando gioca con l'altro rinnegato qui presente. E se è vero che ho colorato la tua vita... è vero anche che troppi colori, a volte, fanno venire il mal di testa. Ci vuole qualcosa che smorzi, ogni tanto, no? Ci sono molte vie di mezzo tra il troppo e il niente – concluse in un sussurro, accostando la bocca dischiusa a quella di lui, che stavolta se ne impadronì con un po' più di convinzione.
– Avanti... sciogliti, mio bel musone… stai andando decisamente meglio – lo incoraggiò, indugiandogli sulle labbra salate, che si curvarono in un sorriso prima di riprendere a baciarla.
Adesso che i loro sentimenti erano usciti allo scoperto, anche i baci, pur non essendo i primi, sembravano avere un sapore diverso. Quando riuscirono a staccarsi avevano entrambi il respiro corto e rimasero alcuni lunghi istanti abbracciati, in silenzio, ad accarezzarsi i capelli, come se la grandezza di quello che stava accadendo li intimidisse.
– Bri, non credi di essere in debito?
– Eh? E di cosa, ‘sto giro…?
– Beh… io te l’ho detto ben cinque volte…
Briz non riuscì a trattenersi dal ridere: – Oh, ma cosa sentono mai, le mie orecchie! Che succede? Hai scoperto che sentirsi dire cose carine è piacevole?
Lui si limitò ad assentire, con un Mmh appena mugugnato e le labbra appena sotto al suo orecchio. Era vero, era schifosamente sdolcinato, e anche molto poco nel suo stile, ma adesso la capiva, questa ragazza, perché anche lui aveva bisogno di sentirsi ripetere quelle due parole che a Briz, il giorno prima, erano uscite senza alcuna paura, proprio come le uscirono ora.
– Ti amo, Pete. Ti amo così tanto che a volte… mi sembra quasi di sentirmi male – ammise lei.
La parte finale di quella frase riportò alla mente di Pete un'altra occasione in cui l'aveva sentita, più di un anno prima, ma non certo riferita all'amore.
– Una volta, quella del litigio tragico, hai detto che mi odiavi, tanto da sentirti male.
– Te lo ricordi ancora? In quel momento non avevi l'aria di uno a cui importasse molto, che io ti odiassi a morte.  
– E tu non avevi l'aria di una che scherzava, mentre me lo urlavi dietro.
– Ed è così: in quel momento, era vero all'ennesima potenza. Mi hai mezza ammazzata, quella sera, Pete; non mi sarei mai potuta innamorare di quello che eri allora, o che fingevi di essere. Ma poi, ci si è messo Tom, a sollevarmi qualche dubbio, e Doc, con la sua... punizione. Ho cominciato a conoscerti e... mi è bastato intravedere uno spiraglio della parte migliore di te, ed è stato un attimo, non ho avuto scampo: sbam! Innamorata da fare schifo, proprio!
– Stai a vedere che quella folle di Melissa aveva ragione – disse lui sottovoce, baciandole la guancia.
– Non è che mi piaccia un granché sentirti parlare della tua scop... cioè, la tua ex-cosa... insomma, quella là, ecco!
– Sarai mica gelosa, fanciullina?
– Sì, invece! Un mucchio. Sono italiana, dopotutto, potrei persino scoprire di avere qualche antenato siciliano! Quindi sta' attento: capito, mi hai, ah?! Che poi, parli tu, quello che era geloso di Kenji, il veterinario! E... spiegami: su cosa avrebbe avuto ragione, la Melissa? – si agitò Fabrizia, cosa alla quale lui ovviò passandole un braccio attorno alle spalle e facendo qualche passo fin fuori dall’acqua.
– Su ciò che ti disse al telefono, quel giorno: che ho davvero trovato l'altra metà di me – fu la pacata e serissima risposta.
Briz si calmò immediatamente.
– L'altra metà di te… Mi piace…  Non credevo che sarei arrivata addirittura a questo… “Amor ch'a nullo amato, amar perdona”... – recitò in italiano.
Pete la guardò incuriosito.
– Scusa, questa non mi suona nuova, ma devi tradurmela.
– È Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, canto V dell’Inferno. Il concetto è, all’incirca: “L'Amore, che costringe chi è amato, ad amare a sua volta” – spiegò Fabrizia.
– E cosa vorresti dire? Che tu mi hai amato talmente tanto che, alla fine, non ho potuto fare a meno di amarti anch'io?
– Mh… sì, non mi dispiace pensarla così.
– Beh, Cuordileone, ti rendo noto che le cose non stanno proprio in questo modo – esclamò lui sibillino, prendendola per mano e tornando dove avevano lasciato gli zainetti per poi sedersi sui teli.
– Non stanno… in questo modo...? Che significa?
– Ecco, ti stupiresti molto se ti dicessi che, probabilmente, è stato esattamente il contrario?
– Eh? Ma che cosa stai...? – fece lei, molto più che sorpresa.
– Okay, vuoto il sacco, ma sappi che io stesso ci sono venuto a patti da poco, con tutto questo, e non è stato proprio facile. Ho ammesso con me stesso di essermi innamorato di te dopo aver sconfitto Zhora , mentre eri tra le mie braccia nel letto dell'infermeria, un bel po' ammaccata, proprio come me...
– Quell'avventura è stata proprio una svolta per parecchie cose – commentò lei, pensando che quell'avvenimento coincideva anche col primo bacio vero e coinvolgente che c'era stato tra loro.
– In un certo senso sì… è stato un vero spartiacque: mi sono reso conto che spesso ragiono sugli avvenimenti recenti collocandoli prima di Zhora o dopo Zhora… Comunque sia, ci ho rimuginato sopra parecchio e ho dovuto prendere atto di molte altre cose; anche su quella sera… del litigio tragico. Dici che ti ho quasi ammazzata... perché in fondo, era quello che volevo. Volevo davvero che te ne andassi, perché... forse innamorarti non era quello che cercavi tu... Ma tu, eri sicuramente l'ultima cosa che io mi sarei mai aspettato di trovare, venendo qua in Giappone per affrontare una guerra galattica.
– Una fanciullina folle ed ingenua che ti frantumava le scatole ogni due per tre?
– Direi piuttosto la ragazza più bella, tosta e coraggiosa che il nostro pianeta abbia mai prodotto.
– Ah! E chi sarebbe 'sta specie di Angelo Guerriero? Io no di sicuro! Ogni volta che salivo a bordo di Balthazar, me la facevo sotto dalla fifa!
– E proprio per questo, il tuo coraggio ha più valore del mio. Io sono un soldato, un militare; l'avevo scelto, di combattere: era il mio lavoro. E poi, Daimonji mi avrà anche ritenuto il migliore per pilotare il Drago Spaziale, ma ero comunque sostituibile in qualunque momento, come Bunta, Fan Lee o Yamatake. Tu no; tu e Sanshiro, e forse Sakon, siete gli unici che, per le vostre particolarità, e avendo una coscienza integra, una scelta non l'avete mai avuta veramente. Ti volevo via di lì, non perché non credessi nelle tue potenzialità, ma perché mi distraevi, distoglievi i miei pensieri da ciò che erano i miei doveri. Mi sono accorto subito che averti nell'equipaggio mi avrebbe sconvolto la vita, e non volevo, non potevo permettere che accadesse!
– Cosa stai dicendo! Ti sei comportato come il più gran figlio di puttana dell'universo creato, perché in fondo io... ti piacevo? Ti piacevo già dall'inizio?
– Da impazzire, Bri. Non ci dormivo la notte, fin dal primo momento, credo. Quando ho incrociato i tuoi occhi per la prima volta, il giorno in cui ci siamo conosciuti, non riuscivo quasi più a distogliere lo sguardo: credevo fossi solo un'amica di Midori e Doc, non indossavi nemmeno la divisa. In quei pochi secondi in cui ci siamo guardati, il mio cervello si è praticamente fulminato e mi ha detto: “Richardson, questa ragazza ti smonterà in tanti di quei pezzi che nessuno sarà mai più in grado di rimetterti insieme. Tranne lei”. Pochi minuti dopo, scoprire che eri la pilota di Balthazar mi ha messo in crisi nera: riuscivo solo a pensare che una tipa incredibile come te non avrebbe dovuto essere lì, a rischiare la pelle in quel modo, eppure era altrettanto ovvio che, lì, solo una tipa incredibile ci sarebbe potuta essere! Mi ero infilato in un tale loop mentale, che avrei mandato Freud alla neuro!  Sì, ci ho provato, a sminuire le tue capacità per vedere se ti avrei convinta ad andartene, ma ero anche convinto che avresti superato abbastanza in fretta tutte le tue difficoltà iniziali, e che il contributo di Balthazar allo svolgersi della guerra sarebbe stato più che rilevante. Tu dovevi restare, lo sapevo; e io dovevo, in qualche modo, risolvere il problema che mi stavi causando senza nemmeno rendertene conto. All'inizio, ancor prima che Doc ci obbligasse a frequentarci, ho avuto persino la tentazione di... oh, al diavolo, non so come dirlo, è vergognoso...
– Dillo nell’unico modo possibile: spara! Non voglio segreti tra noi, sia chiaro! – lo esortò lei, perentoria.
– Ho pensato di… provarci, okay? Mi sono detto: “Se riesco a portarmela a letto, la chiudiamo lì e mi tolgo il pensiero”.
Con sua sorpresa, Briz fece una risata, sopra a quella rivelazione che lui riteneva invece offensiva.
– Ahahah! Ma quale pensiero, Pete? Ti detestavo talmente, i primi tempi, che da quel lato lì non ti avrei considerato nemmeno di striscio! Se tu avessi tentato un approccio in tal senso, prima ti avrei riso in faccia e poi, se avessi anche solo provato a toccarmi...
– ...avrei preso più botte del sacco da boxe che c’è in palestra, lo so. Se non sono giunto a nulla di tutto ciò, è stato perché, in realtà, mi ero già reso conto che non avrei potuto farlo, e per un casino di ragioni. Eri una mia compagna di equipaggio, tanto per cominciare, e già questo piantava tutti i paletti del caso, a parte che Doc mi avrebbe prima ucciso e poi destituito. Poi, mi ero reso conto quasi subito del fatto che... averti in quel senso, non sarebbe servito a toglierti dai miei pensieri, anzi… E al di là di tutto questo, Bri, avevo capito come fossi: tu non sei mai stata una Sophie o una Melissa, da spupazzarsi tra le lenzuola per togliersi uno sfizio insieme, tanti saluti e grazie. Sarai anche stata completamente folle, ma da quel lato avevi regole ferree, eri assolutamente inespugnabile e… proprio per questo mi piacevi ancora di più, accidenti! Mi destabilizzavi completamente, e sai che ce ne vuole, con me. Non avevo mai conosciuto una donna capace di farmi questo, così, nel tempo di uno sguardo, una scintilla di pochi istanti. Sei tu che mi hai quasi ammazzato, Bri, e senza che questa cosa, nemmeno ti sfiorasse il cervello; non c'erano tattiche o sotterfugi, in te: sei sempre stata solo e semplicemente te stessa. Ovvero, una specie di arma impropria, perché... tu prima mi hai tenuto testa, e poi… me l'hai fatta perdere!
La ragazza, alla fine di quella lunga confessione, rimase in silenzio diversi istanti, fissandolo con gli occhi sgranati. Non avrebbe mai immaginato di averlo scombussolato in quel modo, e di aver occupato i suoi pensieri, fin dai primi tempi; non in quel senso, per lo meno.
– Ah, questa poi... Mi chiedo come sia possibile che non siamo davvero finiti a letto insieme quando, più avanti, ci sarebbero state le... occasioni, diciamo così – ragionò Briz.
Ma Pete aveva una teoria anche per questo.
– Non è accaduto perché ormai eravamo arrivati a innamorarci oltre i limiti, e avevamo troppa paura di ferirci a vicenda. E se ci pensi bene, è un paradosso che rasenta il ridicolo.
Briz non poté fare a meno di convenirne. Scuotendo appena la testa, accennò un sorriso, gli mise una mano su una guancia e gli sfiorò le labbra col pollice, disegnandone la linea perfetta. Pete gliela coprì con la sua, chiuse gli occhi e girò appena la testa, baciandole il palmo e poi l'interno del polso; quel contatto, tenero e sensuale, fece battere a entrambi il cuore in modo alquanto disordinato. Lui fu il primo a riscuotersi.
–  Okay, facciamo le cose per bene: chiudi gli occhi, Cuordileone – le ordinò dolcemente, spostandosi per mettersi in ginocchio di fronte a lei.
Briz gli sorrise, incerta e alquanto perplessa, e obbedì, sollevandosi a sua volta sulle ginocchia. Lui ne approfittò per rubarle un bacio, che però prese loro la mano, o più propriamente le labbra, e diventarono due, o tre… forse quattro; Briz perse per un po' la tramontana. Quando lui si staccò, riaprì gli occhi: Pete le teneva una mano tra le sue, ma lei non se ne accorse finché lui non gliela sollevò, tenendola sospesa tra di loro.
– Tu non ci credi, che ho avuto da fare, stamattina... – sussurrò Pete, lasciandole la mano.
Solo in quel momento, Briz realizzò di stringere qualcosa fra le dita: lentamente, quasi senza riuscire a respirare, le aprì.
I raggi del sole colpirono la piccola stella di diamante, strappandole lame di luce bianca che scintillarono nei loro occhi. Briz scosse appena il capo, portando l’altra mano alla bocca semiaperta, incapace di staccare lo sguardo dall'anello che le luccicava sul palmo. Non era possibile! Il suo anello! Quello della vetrina in città...
Per un attimo i baluginii si confusero, deformati da un paio di lacrime inaspettate che le si formarono tra le ciglia, ma decise che mai e poi mai, avrebbe aperto i famigerati rubinetti. Oh, no, non avrebbe fatto, proprio in quel momento, la figura da Candy Candy! Strinse di nuovo le dita attorno all'anello, e allacciò di slancio le braccia al collo di Pete, andando di nuovo alla conquista delle sue labbra, cosa che le riuscì con una discreta facilità.
– Wow! Questo era un sì? – le chiese Pete quando si separarono.
– E che ne so, io? Non mi risulta che tu mi abbia chiesto qualcosa – lo provocò.
– Non ancora, ma se ci tieni te lo chiedo, non ho nessuna paura di farlo; in ginocchio già ci sono – rispose lui, assolutamente certo di quel che diceva.
Le prese l'anello dalla mano, lo sfiorò con le labbra e glielo infilò solennemente all'anulare sinistro. Lei se lo rimirò ancora per qualche momento: non riusciva a crederci; a dire il vero, aveva smesso da tempo di pensarci lei stessa, a quel gioiello. Mai, mai, si sarebbe aspettata che se lo ricordasse lui, figuriamoci comprarlo per metterglielo al dito!
– Quel giorno, davanti alla vetrina del gioielliere, dicesti che volevi comprartelo, ma che se avessi voluto regalartelo io, mi avresti risparmiato il fidanzamento. Però… lo ammetto, magari non sembra, ma sono un tipo tradizionale, Bri…
Lei lo interruppe, posandogli un dito sulle labbra.
– Shh, io un po’ meno. Non sono una bacchettona, Richardson: per me, possiamo vivere insieme già da oggi. E possiamo sposarci domani, fra un mese, un anno o cinque. Quando vorremo farlo, nessuno ti impedirà di fare di me la classica donna onesta. La risposta è , per qualunque cosa. Sarà, sempre e comunque!
Briz ebbe la nettissima sensazione di vedere l'impavido Capitano tirare un rapidissimo sguardo al cielo e un sospirone di sollievo, anche se tentò di non mostrarlo troppo.
Pete le mise le mani attorno al viso, stordendosi con la sua bellezza, e avvicinò il viso al suo per baciarla di nuovo, quando il suo smartphone emise un inconfondibile fischio. Nel giro di due secondi, anche quello di Briz tintinnò brevemente dalla tasca dello zainetto. Decisero di controllare, per escludere che non fossero comunicazioni dal dottor Daimonji, ora che non portavano più gli auricolari per le emergenze.
Nulla di tutto ciò: i messaggi erano identici e venivano da Yamatake.
"Richardson e Cuordileone, (tanto lo so che siete insieme) pensate di ridurvi per cena? Così, giusto perché non ve lo dimentichiate: alle 19 vi aspettiamo per la grigliata di pesce sulla spiaggia, per festeggiare insieme e dare il benvenuto a Solange e il bentornato a Yock e Lyra. Se non ci sarete, sapete già cosa penseremo tutti, anzi, io lo sto già pensando! Non avrete intenzione di campare d'aria e d'amore, vero?"  Seguiva una faccina con gli occhi a cuore.
Briz e Pete, i cellulari in mano, si guardarono, ancora in ginocchio, uno di fronte all'altra, trattenendo a fatica una risata.
– Ca... ssiopea! Ci hanno già sgamati! Che facciamo? – chiese lei.
– E cosa vuoi fare? Mica possiamo deludere il nostro Brontosauro Domestico! E poi anch'io voglio rivedere i ragazzini zelani e conoscere la fidanzata di Bunta. Faccio io – esclamò Pete, digitando frettolosamente una risposta: "Ci saremo, tranquillo! E adesso lasciaci in pace!"
Poi spense il telefono e lo gettò con noncuranza dentro allo zainetto.
– Ma ecco, fantastico! Così glielo hai confermato, che siamo insieme! – protestò lei.
– Pensavi di tenerlo ancora segreto? E tanto lui lo sapeva già, come hai potuto vedere!
– Sì, ma... Chissà cosa penserà adesso! – concluse Briz, con una risata.
– Probabilmente che sono un uomo fortunato, fanciullina! E adesso spegni quel cellulare anche tu e vieni qui – le ordinò.
Briz ebbe appena il tempo di obbedirgli che Pete l'aveva già presa tra le braccia e la stava baciando. Questa volta fu molto convinto; e deciso; e appassionato. E lei ricambiò con un tale slancio da farlo cadere all'indietro sulla sabbia, tirandosela addosso. Si staccarono solo perché gli venne da ridere, poi le risate si spensero e ricominciarono a baciarsi, Briz sopra di lui, le dita fra i suoi capelli. Con un rapido gesto, Pete la fece rotolare sulla schiena, invertendo le posizioni.
E a quel punto intervenne Atlas che, stufo di correre dietro ai gabbiani, di tutte quelle chiacchiere e quelle strane movimentazioni dei suoi due zampe, voleva giocare anche lui, e cercò di intrufolare il muso tra di loro.
Pete sollevò la testa e lo fulminò con un'occhiataccia.
– Fatti in là e vai a cuccia, peloso! La tua padrona è mia, me la lasci per un po'?
Atlas abbassò le orecchie, andando ad accucciarsi e rimanendo a osservarli con la testa abbandonata sulle zampe, un'espressione mortificata negli occhi.
– Pure il tuo cane che fa il geloso, mi mancava...  – brontolò Pete divertito, riportando l'attenzione sulla ragazza, che gli passò le braccia intorno al collo.
– Ti rendo noto che da oggi è anche il tuo cane. Esattamente come i cavalli – rise Briz.
– E allora sarà bene che mi diano retta!
– Lo fanno, come vedi. La verità è che sono nostri già da un pezzo – fu l'ultimo commento di Briz prima di attirare di nuovo il viso di Pete verso il proprio.
Per un po' non parlarono più, amoreggiando come due stupidi adolescenti, e il fatto di essere entrambi seminudi non aiutava molto a tenere le mani a posto. Briz sentì una carezza rovente scivolarle sulla coscia: la mano di Pete si soffermò qualche secondo sulla cicatrice, percorrendone la lunghezza con il pollice, per poi risalirle lungo l'anca e il fianco, fino a fermarsi, quasi impacciata, a tormentare il bordo inferiore del reggiseno, delineato dal ferretto. Briz lo guardò negli occhi, una luce vagamente maliziosa nello sguardo verde e un sorrisetto dello stesso tipo.
– Pete… quel ferretto non è mica di filo spinato, sai? Puoi andare oltre, se vuoi – lo incoraggiò, prendendogli la mano e portandosela sul seno.
Per qualche secondo lui la accarezzò, stringendo dolcemente quella morbida rotondità, quasi trattenendo il respiro e baciandole il collo e la spalla, riappropriandosi poi delle sue labbra mentre a Briz sfuggiva un lieve mugolio incontrollato.
 
bacio-spiaggia-Morghana
Fu a quel punto che Pete sollevò di scatto la testa e spostò la mano: le si tolse di dosso quasi a forza, ma aveva appena realizzato di non poter fare diversamente. Si alzò tirandola in piedi e, passandole un braccio attorno alle spalle e l'altro sotto alle ginocchia, la sollevò e cancellò in due falcate i pochi metri che li separavano dal mare.
Briz gli si aggrappò al collo, intuendo le sue intenzioni, e cacciò un urlo.
– Ma che cos...! –  ma capì immediatamente che sarebbe stato meglio chiudere la bocca: Pete la lanciò a mollo, prima di tuffarsi anche lui nell'acqua limpida e cristallina. Ad Atlas non parve vero: si alzò di scatto e corse anche lui fra le onde, sollevando una miriade di spruzzi; finalmente si ricominciava a giocare come piaceva a lui!
Briz riemerse sputacchiando, il contatto improvviso dell'acqua fresca sulla pelle, accaldata non soltanto dal sole, le aveva quasi tolto il fiato.
– Ma che cosa diavolo ti è preso?! – ansimò, scrollandosi i capelli dagli occhi.
– Briz, perdonami, ma... dovevamo calmare i bollenti spiriti, in qualche modo. Lo capisci, no? Non è il momento, e non è nemmeno il luogo, dai, non possiamo... farlo qui! Sarà anche un posto un po' infrattato, ma può arrivare chiunque da un momento all'altro.
A conferma di quelle parole, un gruppo di adolescenti comparve sul ciglio del terrapieno, ridendo, urlando e rincorrendosi. Molto probabilmente li avevano visti, perché si fermarono e un paio dei più grandi lanciò anche qualche fischio scanzonato. Briz arrossì un po’.
– Hai ragione, non abbiamo addosso abbastanza stoffa, per... giocare così – fu costretta a convenire – A meno che... tu non mi stia proponendo di fare un fugone adesso, subito, in questo preciso momento, fino agli alloggi – gli disse tra il divertito e l’imbarazzato.
Lui scosse la testa e le sfiorò una guancia.
– Bri, il fatto che adesso stiamo insieme davvero, non vuol dire che sia obbligatorio farlo in questo momento. Non voglio forzare la cosa, né avere fretta. Anche se ce l'ho...  – confessò con un sospiro, posando le labbra sulla sua fronte.
– Bel discorso, mi piace, di una coerenza totale. Io però ti ho fatto una mezza promessa, prima che partissi per Marte, ricordi? Che avresti avuto molto più… – commentò cingendolo in vita.
– Mi chiedo quanto fossi in te, in quel momento… Comunque, i tempi di questa cosa, li sceglierai tu, okay? Anche perché ormai, ci siamo impantanati con la cena e la festa sulla spiaggia. Ormai manca poco, e… ti immagini, se mancassimo, cosa ci toccherebbe sopportare in seguito?
– E così devo scegliere io, eh? Visto quanto mi hai fatto penare per due paroline, potrei decidere di fartela sudare, sai?
– E io suderò, cosa vuoi che ti dica? Da un lato so che lo desideri anche tu, ne ho avuto dimostrazione più di una volta; ma dall'altro non ho dimenticato che per te è un po' come se io... fossi il primo.
– Che bello, però: l'ultimo dei gentiluomini... è il mio.
– Su quest'ultima considerazione non c'è alcun dubbio – affermò Pete, appoggiando le labbra su quelle di Briz, che si schiusero accogliendo i suoi baci.
L'acqua fresca stemperò un po' il fuoco della passione, e il calore delle loro effusioni rimase ad un livello tollerabile, anche perché Atlas si intromise nuovamente: insomma, questi senzapelo, nemmeno nell'acqua riuscivano a staccarsi!
E poi… si resero conto che si era fatta davvero ora di rientrare…
Nel giro di un minuto, Pete si ritrovò a fissare sconsolato la sua neo-fidanzata che si allacciava la camicetta e si infilava gli stivali; ed era poco ma sicuro, che anche a lei era piaciuto di più vederlo spogliarsi, che rivestirsi. Risalirono dai cavalli, che li avevano aspettati pazienti, brucando e sonnecchiando all'ombra; sistemarono le selle e misero le loro cose nelle borse.
– Ci siamo un po' persi, mon capitain – esclamò Briz, riaccendendo lo smartphone e controllando l'ora – Abbiamo poco più di un'ora per tornare, sistemare i cavalli e renderci presentabili. Perché non so tu, ma io sento la pelle che tira per la salsedine e ho sabbia fin sotto al bikini: ho urgente bisogno di una doccia, prima di raggiungere gli altri.
Pete le si avvicinò, mentre lei era proprio in mezzo ai due animali. Le passò le braccia intorno alla vita e con aria sorniona le disse: – Sono le cose che capitano alle ragazzacce, quando si rotolano sulla spiaggia con qualcuno. Io però... invidio quella sabbia.
Briz gli spalancò in faccia gli occhi con un sorriso sorpreso e lui proseguì su quel tono, affondandole il viso tra i capelli: – Ci farebbe risparmiare tempo farla insieme, la doccia?
– Ehi! – si riscosse lei, ridendo e respingendolo giocosamente – A parte che, no, non ci farebbe risparmiare tempo, anzi! E poi... dov'è andato a finire il gentiluomo, è già sparito? Hai detto che decido io, su questa cosa, no?
– Uhm... Mi sa che mi sono scavato la fossa da solo – brontolò lui.
– Eh, può darsi. E comunque, siccome io sono solo una fanciullina, e non ho la tua esperienza sull'argomento, – disse battendo le ciglia e facendogli gli occhioni – non ho nessuna voglia di cominciare col farlo strano. Andiamo per gradi, ti prego.
– Andiamo per gradi – concordò lui, sottovoce, attardandosi ancora un attimo per sbaciucchiarsela un altro po', cosa che a lei non dispiacque per nulla.
Ad Atlas invece sì, che però si sedette e aspettò paziente, sbattendo stancamente la coda sull'erba, come rassegnato al fatto che, da quel giorno, si sarebbe dovuto abituare a scenette del genere. Pete si accorse dello sguardo insofferente del cane e si staccò appena da lei; entrambi ridacchiarono divertiti poi, anche se a malincuore, sciolsero il loro abbraccio per salire a cavallo.
– Farlo strano suona interessante, però – commentò Pete.
– Pete, bastaaa! – rise Briz, lanciandogli un'occhiata pungente da sopra la spalla, con le guance a fuoco, per poi avviarsi al passo davanti a lui, seguendo uno scodinzolante Atlas.
Più avanti scesero sulla striscia di spiaggia che portava dritto al Centro e lanciarono i cavalli al galoppo. Briz fermò le briglie lente al pomo della sella e si sollevò sulle staffe, levò le braccia verso il cielo e, con i capelli al vento, si lasciò sfuggire un urlo squillante, nel quale erano amalgamati, in parti uguali, spensieratezza, felicità e trionfo.
Quando il suo sfogo si spense e si rimise seduta, rallentando il cavallo, Pete non poté fare a meno di ammirare quel sedere perfetto, appoggiato sulla sella di Indy e fasciato dai vecchi jeans lisi. Non che fosse la prima volta, che i suoi occhi indulgevano in tale piacevole attività…
Spronò Obi-Wan e le si affiancò; Briz lo osservò per alcuni istanti, bellissimo e rilassato, mentre le sorrideva, e ricambiò il sorriso, divertita dal fatto che Pete non potesse conoscere i suoi attuali pensieri.
"Puoi stare sicuro di una cosa, amore mio: te la farò sudare, ma molto meno di quanto pensi. La festa non durerà mica tutta la notte, e non ho più intenzione, da oggi, di dormirci e basta, in un letto con te! Ma se credi che te lo dirò adesso, stai fresco!"
 
> Continua…


Serve salvagente, braccioli, un materassino gonfiabile? Un'iniezione di insulina? No? Siete sopravvissuti a tutto questo mix di miele, melassa e zucchero? Bene, perché ce ne sarà dell'altro! 🍭🍬🍮🍯🍩🧁🍡🍫

Piccole note su due disegni:
L'ultimo è opera della mia amica Mirella, e io lo adoro: grazie cara! <3

Il primo invece, quello di Briz in bikini, è come al solito mio, fatto nel 2023, ed è dedicato a The Blue Devil. Devil, se ti piace, raccogli la mandibola da terra, asciugati la bavetta e sta' in occhio, che sto preparando altro per te ;) Se non ti piace... beh, va' nei frati, non so che altro dirti dirti  XD XD XD
  
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