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Autore: NotEvenChip    29/08/2017    3 recensioni
Mr. Gold possiede la maggior parte di Storybrooke, oscuro, tenebroso, con un passato turbolento, quasi tutta la città lo teme, tranne il figlio Neal.
Belle French è giovane, spensierata, determinata, ambiziosa ed in cerca di pace e tranquillità, grazie anche al suo nuovo lavoro.
Praticamente Rumbelle AU :)
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Belle, Jefferson/Cappellaio Matto, Neal Cassidy, Neal Cassidy/Baelfire, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Corse verso la biblioteca, lo sentì gridare il suo nome altre due volte, per poi arrendersi. Le lacrime scesero ancora più velocemente al sentirsi chiamare da Robert. Le cose tra loro erano cominciate da appena un paio di settimane, ma l’intensità che almeno lei aveva provato, non poteva essere una menzogna. Eppure le erano appena state date prove a sufficienza, sulla storia tra Gold e la Mills. Cos’era lei? Un lieto diversivo per non annoiarsi mentre Cora era distante? Eppure solamente il giorno prima si era preoccupato così tanto dopo la visita di Cora ed era sembrato così arrabbiato… Probabilmente temeva che Cora lo scoprisse avere un’avventura con la piccola bibliotecaria. A meno che Cora non lo sapesse già…

Belle chiuse a chiave la porta della biblioteca, si sarebbe dedicata solamente all’ordine della biblioteca, non era in grado di gestire una conversazione al momento.

Riordinando i libri sugli scaffali, i pensieri le correvano fin troppo veloci, fino a che prese in mano “Jane Eyre”.

 

 

 

“Jane Eyre è sicuramente uno dei miei libri preferiti… L’ho letto così tante volte”

“Ah ora capisco, un bel caratterino quella Jane…”

“E Mr Rochester… Cosa dire di Mr Rochester…”

“Di certo un bel carattere anche il suo… Certo, un po’ cupo e misterioso come uomo…”

“Ti ricorda qualcuno?”

“Nessuno che conosco, no” 

 

Belle chiuse gli occhi con forza, tanti, fin troppi ricordi andarono a quella sera, a quella prima connessione intellettuale, che le fece capire che Gold, dimostrava soltanto di avere una scorza dura. In realtà poteva essere molto acuto, intelligente, ironico, provocatorio, profondo, pensieroso, turbato, passionale. Probabilmente proprio per questo si era sentito in potere di giocare con i sentimenti di una povera ragazzina come Belle.

 

 

 

“Ma se ricordo bene, una storia d’amore molto travagliata e complicata…”

 “D’altronde, venivano da due categorie diverse… I loro mondi erano in continuo contrasto, non ci hanno creduto abbastanza, per fortuna le cose al giorno d’oggi sono cambiate…”

 

 

 

 

Nuove lacrime le rigarono il volto. Non si sarebbe fatta prendere in giro da quei due mai più. Lei gli aveva aperto il suo cuore e con esso le sue debolezze, le sue fragilità, i suoi pensieri più profondi. Scosse forte la testa e si asciugò le lacrime, non doveva dare a nessuno il potere di ferirla in quella maniera. La sua storia con Gold era all’inizio, probabilmente non si aspettava di essere scoperto così presto o che Cora tornasse in paese in questo periodo. Capì le apprensioni di Ruby, soprattutto dopo averle raccontato che le era scappato di dirgli che era la sua cotta adolescenziale. Poteva essere un appiglio in più per Gold e per ora così si era dimostrato.

Certo che sapeva fingere bene. La memoria le volò alla sera del primo appuntamento, a quando l’aveva baciato in quel parcheggio, a quando aveva appoggiato una mano sul suo petto ed ascoltato il cuore che sembrava esplodergli da un momento all’altro. Come poteva fingere anche quello?

E la passione? La passione che si era subito scatenata in entrambi i baci? L’elettricità che scorreva tra di loro ogni volta che le loro labbra si erano unite.

Improvvisamente fu distratta dal forte bussare alla porta della biblioteca. Non voleva aprire a nessuno, ma poi scorse la figura famigliare del padre e si decise di aprirgli.

“Mia dolce Belle! Come mai ti eri chiusa dentro?”

Belle abbracciò il padre e sospirò.

Moe French ricambiò l’abbraccio della figlia, per poi notare gli occhi leggermente rossi, una volta che la fissò in viso.

“Qualcosa che non va, tesoro?” Chiese indicandole gli occhi rossi e gonfi.

Belle sorrise ed abbassò la testa. “Ma no papà, no, va tutto bene! Forse un po’ troppa polvere, sai… gli scaffali, i libri…”

Moe annuì, incerto. “E’ passato di qui Gold, per caso?”

Belle trasalì. “G-Gold?”

Moe annuì nuovamente. “Sai… In città si dicono cose e…” Moe sospirò. “Se ti ha detto o fatto qualcosa di male, non devi esitare a venire da me, ti proteggerò sempre e comunque, lo sai?”

Belle sorrise ed abbracciò nuovamente il padre. “Non so cosa si dice in città, ma va tutto bene, non devi preoccuparti di nulla, sto bene!”

“La mia piccola Belle”

Belle rise. “Non sono più così tanto piccola ormai!”

Moe scosse la testa, visibilmente commosso. “No… No… Ma per me sarai sempre la mia bambina!”

“La tua bambina, all’ora di pranzo avrà molta fame… La accompagneresti alla tavola calda per uno sputino?”

“Certo tesoro! Ci vediamo in pausa pranzo!” Si abbassò per posarle un bacio sulla fronte e si avviò lentamente verso l’uscita.

Il suo rapporto con il padre non era mai stato idilliaco, da quando la madre non c’era più, ma si volevano molto bene.

Le voci su di lei e Gold avevano già iniziato a girare, solitamente il padre non era uno che ascoltava i gossip, quindi sicuramente era stato uno degli ultimi a saperlo.

Richiuse a chiave la porta una volta che il padre uscì ed, in qualche modo si sentì il cuore più pesante di prima. Non riusciva a farsi entrare in testa il comportamento di Gold. Ora lei sarebbe dovuta rimanere in questa città, sapendo di essere stata il gioco temporaneo dell’uomo più potente della città.

 

 

 

 

 

Una volta arrivati alla porta del negozio, Jefferson salutò Gold. Era arrivata sera, erano stati fuori tutto il giorno per affari e non c’era un secondo dove la sua mente non fosse divagata allo strano comportamento di Belle. 

Si voltò verso la biblioteca prima di entrare in negozio, notò che era già chiusa, ma  c’era una piccola luce accesa su quella che doveva essere la cucina dell’appartamento. Si morse il labbro inferiore, incerto sul da farsi. Probabilmente doveva solo lasciarle spazio, magari era una brutta giornata e non voleva di certo infierire.

Sospirò e salì in macchina, doveva passare a prendere Neal.

 

 

 

“Com’è stata la giornata, figliolo?”

Neal alzò le spalle. “Normale. La tua?”

Gold buttò giù l’ultimo sorso di vino. “Insolita. Ho passato tanto tempo a lavorare con Jefferson, se si impegna così, penso che potrò anche finanziarlo un giorno”

Neal rise. “Non ti fidi di lui ed è tuo amico!”

Gold gli sorrise. “ Se vuoi continuare a trovare un piatto in tavola ogni sera, probabilmente bisogna essere cauti e diffidenti tanto quanto me” e gli strizzò l’occhio.

Neal ripose piatti e posate sul lavandino e corse in camera a cambiarsi per la notte.

Questo diede tempo a Gold di pensare nuovamente a Belle. Doveva chiamarla? Sì, forse si. Così prese il telefono dalla tasca del cappotto e cercò tra la rubrica il numero di Belle. Il telefono suonò a vuoto numerose volte prima di cadere sulla segreteria telefonica. A Gold si strinse il cuore, lo stava evitando? E soprattutto, lo stava evitando perché aveva una brutta giornata o perché aveva combinato qualcosa? L’ansia lo stava uccidendo, ricompose il numero di Belle e questo andò nuovamente in segreteria. Gold si ritrovò a fissare il vuoto per qualche secondo. Cosa le era successo? Come poteva arrivare all’indomani se lei non gli rispondeva?

Si sentì chiamare dal figlio al piano superiore e lo raggiunse. Neal e Gold si scambiarono la buonanotte e Gold si ritirò nella sua camera, si stese e fissò il soffitto, nervoso. Sapeva che doveva impedirsi di fare certi ragionamenti, ma a questo punto gli era impossibile. E se avesse cambiato idea? Se avesse trovato qualcun altro e questo era un modo più o meno chiaro di farla finita?

Lasciò cadere pesantemente una mano sul materasso. Non poteva essere. Dopo anni di solitudine, dopo essersi chiuso a qualsiasi relazione, era arrivata Belle. Belle che gli aveva riportato il sorriso, che lo aveva scombussolato, che si era presa un posticino nel suo cuore. Si passò le mani sul viso, stanco di tutti quei brutti pensieri. Cosa stava succedendo? Sfinito, crollò di lì a poco.

 

 

 

 

 

 

 

“Belle! Come stai? Ieri sei scappata…” Disse una preoccupata Ruby, mentre le versava del caffè in un bicchiere da asporto.

“Non benissimo Ruby, forse… Forse avevi ragione…” Rispose Belle, abbassando lo sguardo verso le sue mani, che si strinsero attorno al bicchiere, in cerca di calore.

Ruby spalancò gli occhi. “Cos’è successo? Cos’ha fatto? Ti ha messo le mani addosso? Giuro che lo..”

“No!! No, no, no! Niente del genere Ruby! Lui non è così, davvero… Almeno credo, io pensavo di…” Lacrime si formarono nuovamente agli angoli degli occhi. Belle si fermò e guardò l’amica, che sembrava avere un’espressione molto preoccupata.

“Non mi ha messo le mani addosso. Ho visto… Ho visto una cosa”

Ruby sembrava capire ancora meno, portò una mano sopra a quella di Belle, cercando di confortarla.

“Ieri, prima di venirti a chiedere della Mills… Stavo uscendo dalla biblioteca, ho visto Gold davanti al suo negozio con… Cora. Lei, lui… loro…” Le parole le uscivano a fatica, si sentì stringere la mano da Ruby.

“Maledetto bastardo! Se la fa ancora con Cora!! Dopo essersi comportato così con te!”

Belle annuì. “Lei gli si è aggrovigliata addosso, lasciava pensare solamente al fatto che…”

“Non ci posso credere!! Dopo che ti ha chiesto di uscire, dopo tutta quella corte spietata, dopo… Miseria,  io ne ho visto solo uno di bacio e… Accidenti!”

Belle annuì dispiaciuta.  “Non so cosa dire Ruby. Sono riuscita solamente a pensare a che bel gioco devo essere stata nel frattempo, magari lui non pensava che Cora sarebbe tornata così presto… Oh, non lo so.” Si mise la testa tra le mani disperatamente, per poi riprendere: “Dovevo ascoltarti Ruby, avevi dei presentimenti, te li ho letti in faccia e non ti ho dato ascolto! Gold non è assolutamente come pensavo fosse…Mi sono cacciata nei guai ma… Passerà tutto”

Ruby alzò la testa un secondo e notò che Gold si stava incamminando proprio verso la tavola calda. Fu un secondo, prese Belle per mano e la trascinò sulla porta del retro, che per fortuna distava solo qualche passo. Belle riuscì a prendere il bicchiere di caffè appena in tempo e senza farlo cadere.

“Ruby! Che ti è preso!”

Ruby le fece cenno di fare silenzio e le indicò la porta.

Vide Gold entrare e percepì subito qualcosa di strano. Non era il Gold degli ultimi giorni. Sembrava di pessimo umore, aveva delle occhiaie evidenti e chiese il suo solito caffè doppio, quasi abbaiando a Granny, che si guardò in giro spaesata, in cerca di Ruby. Allora Ruby tornò verso il bancone, facendo cenno a Belle di aspettarla lì. 

Ruby tornò dietro al bancone e preparò il caffè di Gold, quando ebbe finito, lo mise anche a lui in un bicchiere d’asporto e glielo consegnò in maniera poco garbata. 

Gold alzò un sopracciglio in sua direzione. Ruby lo fissò.

“Il suo caffè doppio signor Gold, doppio, proprio come la sua vita”

Gold spalancò gli occhi. Che cosa intendeva? 

“Come signorina Lucas?”

Ma Ruby se n’era già andata lasciandolo di sasso. Doppio, proprio come la sua vita. Cosa poteva significare? Ancora più confuso di quando era entrato, uscì e si diresse verso il negozio.

“Cosa gli hai detto per farlo uscire peggio di come è entrato?”

“Una piccola allusione alla sua doppia vita. Ben gli sta!”

Belle sorrise alla premura dell’amica. “Grazie Ruby, non avevo proprio voglia di vederlo, lui non sospetta ancora niente ma… Non ho voglia di confrontarmi con lui, non ancora”

Ruby le sorrise e la abbracciò. “Esci pure dal retro, meno probabilità di incontrarlo!” 

Belle apprezzò tantissimo quel gesto di accorgimento nei suoi confronti.

Arrivata in biblioteca, si chiuse la porta dietro alle spalle, fissando dall’altra parte della strada, un Gold nervoso che cercava di aprire il negozio.

Si trattenne dal guardare dall’altra parte della strada per tutto il giorno, non si era mai accorta fino a quel momento di quanto fosse difficile evitarlo. Doloroso quanto lasciare squillare il telefono a vuoto la sera precedente.

 

 

 

 

 

Gold alzò lo sguardo dall’orologio per l’ennesima volta quel pomeriggio. Stava arrivando l’ora di chiusura e non aveva combinato praticamente nulla. Era sconcentrato da tutto quello successo nelle ultime ventiquattro ore. Il ritorno e le allusioni di Cora, Belle che sembrava sconvolta per qualcosa e non voleva parlarli, l’allusione della sua amica alla tavola calda quella mattina, Belle non si era ancora vista, la biblioteca sembrava aperta, ma di Belle neanche l’ombra.

Appoggiò gli strumenti di lavoro quando sentì la campanella del negozio ed un passo familiare andargli incontro, sorrise per la prima volta quel giorno.

“Ciao Papà!”

“Neal, figliolo! Com’è andata a scuola?”

“Bene! Sono stato in biblioteca con Emma a finire i compiti fino a poco fa!”

“In… Biblioteca?”

“Si! C’era la signorina French! Beh, ovviamente”

“Certo…”

“Bene figliolo, pronto per tornare a casa?”

Neal annuì ed aspettò il padre in macchina mentre chiudeva il negozio. Un ultimo sguardo alla biblioteca, non cambiò la situazione. Non riuscì a scorgere Belle. Sospirò ed entrò in macchina dal suo ragazzo.

Quella sera, le cose non si svolsero diversamente alla sera precedente, dopo cena, provò a chiamarla ed il telefono squillò a vuoto. Con un gesto di stizza, buttò il telefono sul bancone, quando sentì bussare alla porta.

“Gold! mi offri un bicchierino?” Jefferson gli sorrise sbilenco.

“Jeff. Fai silenzio. Neal è appena andato a letto e tu…sei ubriaco?”

Jefferson entrò in casa barcollando leggermente.

“Non tanto. Mi trovavo nei paraggi, appuntamento andato male, sai… E non sapevo dove… o con chi… beh hai capito no?”

Gold fece una faccia abbastanza schifata.

“Sei venuto qui per… parlare?”

Jefferson sbuffò. “Mi basta non stare solo, stronzo.”

Gold annuì. “Prima di… Prima di cominciare con le tue lamentele, mi terresti d’occhio Neal per cinque minuti? Davvero, solo cinque minuti, poi non starai solo, lo prometto!”

Jefferson annuì distrattamente. “Sto incoraggiando qualcosa che non dovrei?”

“No. Dammi cinque minuti. Grazie”.

Gold afferrò il giubbotto e le chiavi della macchina e schizzò in centro città.

Sospirò quando si trovò davanti alla porta dell’appartamento di Belle. Si fece forza e bussò.

Dopo qualche secondo, Belle gli aprì e tutto quello che vide nella sua espressione era stupore e rabbia.

“Belle!” Azzardò Gold.

Belle si limitò a fissarlo. Dannazione, era bellissima, ancora più bella del solito, se possibile, così bella che per un momento si era dimenticato cos’era andato a fare, così bella che quasi smise di respirare.

“Belle…” Ripeté Gold affannato, non si era accorto che per la fretta di parlarle, aveva fatto gli scalini di corsa.

“Come… Come stai?” Riuscì a dire.

Belle non fece cenno di farlo entrare, lo tenne all’uscio e non rispose. Il volto si dipinse di un leggero rosso, le labbra si serrarono, le sopracciglia si corrugarono. Sembrava enormemente infastidita e Gold ci capiva sempre meno, improvvisamente si sentì un idiota, con la mano appoggiata sullo stipite, si era presentato di corsa a casa sua, senza essere minimante desiderato. Corrugò la fronte, non capendo la freddezza di Belle, voleva solamente sprofondare. Si era promesso di lasciarle spazio, ma il suo comportamento strano gli impediva di vivere serenamente.

“Certo che hai una bella faccia tosta” Finalmente disse Belle. Certo, non le parole che avrebbe sperato, ma era pur sempre qualcosa.

“Cosa? Cos’è successo Belle?”

Belle rise sarcasticamente. “E me lo chiedi pure. Dovrei chiedertelo io cos’è successo. O se sono stata un passatempo divertente, ero all’altezza del gioco?”

Gold istintivamente, senza pensarci allungò le mani, cercando quelle di Belle, ma lei si allontanò di scatto, non volendosi fare toccare, Gold rimase pietrificato.

“D-Di cosa stai parlando Belle…Passatempo? Gioco? I-io non capisco…” Scosse la testa Gold, parlando più a se’ stesso che con lei.

“Non importa. Va bene così Robert. L’importante è che tu ti sia divertito. Buonanotte”. E detto questo, gli chiuse la porta in faccia. Passatempo, gioco, divertito. Cosa stava succedendo esattamente?

“Belle! Apri per favore! Di cosa stai parlando?” Urlò Gold, bussando insistentemente alla porta. Nulla. Silenzio.

“Belle! Parlami!”

“VATTENE ROBERT!”

Gold smise di bussare, smise di chiamare, smise di chiedersi spiegazioni, appoggiò la testa contro la porta, arrendendosi. Era stata chiara, lo evitava da più di un giorno, gli aveva detto di andarsene. Dopo qualche minuto, ripercorse le scale per tornare alla macchina, la accese e tornò a casa.

 

 

Belle rimase appoggiata alla porta fino a che non sentì i passi di Robert percorrere le scale, poi si spostò alla finestra e ne osservò la sua ombra scura salire in macchina. C’era qualcosa di strano in lui, come se realmente non sapesse di cosa stesse parlando, ma no. Lei sapeva bene quello che aveva visto, non le andava di essere presa in giro, non in questa maniera. Guardò la Cadillac allontanarsi nella notte e ricominciò a piangere. Prima o poi le sarebbe passato tutto.











** Niente da fare. Non vogliono parlarsi. Vogliono solo combinare casini e farmi navigare nell'angst. Maledizione a Cora.
Grazie mille  a tutte le persone che seguono questo delirio, grazie mille per le recensioni e per le belle parole! Siete speciali! :*

   
 
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