Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: wolfymozart    29/08/2017    1 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il conte si fece avanti a larghe falcate, la divisa rossa e blu dell’esercito francese con tanto di mostrine in bella vista, la spada al fianco, una pistola carica in pugno. Le guardie si misero subito sull’attenti alla comparsa di un ufficiale.
-Per tutti i diavoli…- esclamò con un filo di voce il marchese, asciugandosi con un fazzoletto la fronte.
- Che succederà, Alvise? Che cosa vuole vostro cognato? – gli sussurrò Betta ad un orecchio.
- Taci, oca! Non vedi che siamo nei guai? Sono rovinato…sono finito…- le rispose sottovoce, disperato.
Fabrizio avanzò verso di lui, con passo fermo e aria spavalda. Alto, robusto, atletico, armato fino ai denti, non aveva niente da temere da nessuno. Di carattere impavido, tenace, conosceva fin troppo bene quanto legittime fossero le sue rivendicazioni e non aveva alcun’intenzione di cedere. Non era facile per nessuno tenergli testa, tanto più difficile lo sarebbe stato per quel cognato che il conte non aveva mai amato.
- Marchese, ho avuto notizie di sommosse avvenute nelle mie terre in questi ultimi giorni. Sapete riferirmi qualcosa, visto che le avete amministrate voi durante la mia assenza? – domandò retorico Fabrizio, essendo già perfettamente a conoscenza del comportamento sconsiderato di suo cognato.
- Oh, mio caro Fabrizio! Che piacere rivedervi, sapervi sano e salvo! – cercò maldestramente di blandirlo Alvise.
- Risparmiatemi i preamboli, Alvise. Ho saputo che avete fatto arrestare e torturare i miei dipendenti. Voglio che siano immediatamente liberati. –
- Ma questa gentaglia ha messo in pericolo Rivombrosa! Un assedio, un vero assedio!-
- Non mi importa. Siano rilasciati tutti!-
- E poi…e poi si sono rifiutati di pagare le decime al convento, potete confermarlo anche voi, abate?- Il religioso, tremante e con gli occhi sbarrati, sentendosi tra due fuochi, si limitò ad annuire. – E non hanno voluto consegnare il dovuto nemmeno a me – si corresse-  a voi, caro conte! O meglio a noi, alla nostra famiglia! E allora…-
-La famiglia Ristori non sarà mai la vostra famiglia. Rivombrosa ritornerà al suo legittimo proprietario. Ora ho intenzione di occuparmene personalmente, quindi voi farete i bagagli e ve ne andrete il prima possibile.-
- Non potete fare una cosa del genere, sono pur sempre il marito di vostra sorella! –
- Anna. A proposito, voglio parlare con lei. Da solo. Dove si trova adesso? A Rivombrosa? –
- Dove si trova? – scoppiò in una risata sguaiata il marchese. – Non lo so dove si trova la mia legittima consorte. Chiedetelo a lui. –alluse, indicando Antonio, trattenuto dalle guardie sotto il porticato, dall’altro lato del chiostro. Fabrizio lo fissò interrogativo, riconoscendo nel prigioniero il suo vecchio amico – Antonio Ceppi? – domandò sorpreso.
 – Chiedetelo a quel pezzente! – proseguì sarcastico il marchese – Sarà sicuramente più informato di me su dove si trovi quella puttana di vostra sorella! –
Fabrizio in due salti gli fu addosso: - Non azzardatevi a parlare in questi termini di mia sorella una seconda volta! – lo spintonò violentemente. Alvise barcollò: la sua ingente mole in quel momento gli era solo d’intralcio. – E…e cosa sarebbe una donna che…- farfugliò in propria difesa.
-“che” cosa? Terminate la frase, codardo! – l’aveva afferrato per la giacca. Il grande Alvise, il padrone di tutto e tutti, colui che aveva tante volte ordinato di malmenare i suoi sottoposti, che aveva recluso la moglie in una stanza, che aveva fatto pestare a sangue Antonio dalle sue guardie, che si era imposto con protervia in molte occasioni, balbettava in quel momento di fronte al vigoroso e focoso cognato. Ubi maior, minor cessat: una regola che avrebbe dovuto imparare in fretta.
- Vostra sorella non è altro che una sgualdrina, conte! Proprio così, avete sentito bene! – gli sputò in faccia tutto d’un fiato, in un ultimo lampo di sfrontatezza, cercando di aggrapparsi al bastone.
- Un’altra parola e siete un uomo morto! Se osate anche solo pronunciare il nome di mia sorella, vi uccido con le mie stesse mani, cialtrone! – tuonò Fabrizio, assestandogli una violenta spinta. Goffo e malfermo sulle gambe, Alvise ricadde sonoramente all’indietro. Betta si affrettò a soccorrerlo, tergendogli la fronte con un fazzoletto. – Non è nulla, mia cara! – le rispose.
- Guardie, lasciate andare tutti i prigionieri. È ordine del conte. D’ora in poi si farà come dico io. – ordinò Fabrizio.
I soldati lo guardavano incerti sul da farsi, ma di lì a poco sopraggiunse il capitano, che entrò a passo deciso nel chiostro:- Ho già parlato con il conte Ristori. L’ho messo al corrente di quanto avvenuto prima. Eseguite i suoi ordini, ora le decisioni sui prigionieri spettano a lui, il marchese non ha più voce in capitolo. –
-Che significa, Alvise? Non contate più nulla ora? – chiese con finta ingenuità Betta. – E io che mi ero fidata di voi…Dicevate che Rivombrosa sarebbe stata vostra e allora io sarei potuta diventarne la padrona! Solo chiacchiere! Voglio tornare al più presto da mio padre!-
 – Ma no, ma no, mia cara. Non è come pensi, stanno delirando questi signori! – le rispose a voce alta Alvise, rialzandosi.
- Ed ora, caro cognato, vi accompagnerò io stesso a Rivombrosa a prendere i vostri bagagli. Partirete oggi stesso. Dopodiché non voglio più avervi tra i piedi, è chiaro? –
- Ma questo non è possibile! –
- Non è possibile? È fin troppo chiaro, invece. Sgomberate al più presto il mio palazzo dalle vostre cianfrusaglie, se non volete che le faccia bruciare io stesso, e non fatevi vedere mai più! Forza, la vostra carrozza vi sta aspettando. Prima accompagnate a casa la marchesina, però. Son sicuro che si sarà stancata ormai della vostra compagnia…- concluse sarcastico e beffardo. Detto ciò, uscì dal chiostro, montò in sella e, prima di spronare il cavallo, gridò: - Marchese, vi do tempo giusto qualche ora e poi farò bruciare tutto ciò che è vostro. A Rivombrosa non metterete più piede! –
E sparì, lasciando Alvise a fissare supplice Betta, che ormai lo degnava solo di qualche smorfia disgustata.
 – Non vi preoccupate, Alvise, non c’è bisogno che mi accompagniate. Farò procurare io stessa una carrozza e mi farò portare da mio padre –
-Ma, Betta…-
- Addio! – lo congedò la marchesina Maffei, senza lasciargli possibilità di replica.
 
-Fabrizio! – esclamò Anna con un sospiro di gioia e sollievo nello scorgere dalla finestra del salone il fratello arrivare a cavallo. Lo osservò, immobile, scendere di sella, salutare amichevolmente i servitori, anch’essi entusiasti e sollevati dal ritorno di quello che avevano sempre considerato il loro legittimo padrone, avviarsi a passo festoso e deciso su per le scale. La marchesa Radicati o, come le veniva in quel momento più spontaneo definirsi, la contessa Ristori era al settimo cielo per l’arrivo di Fabrizio: gli sarebbe voluta correre incontro per riabbracciarlo dopo tanto tempo per dirgli quanto gli fosse mancato, per raccontargli tutte le nefandezze compiute da suo marito Alvise, per spronarlo a punire il marchese nel modo più severo possibile e riprendere in mano lui stesso il governo della tenuta. Ma l’amore fraterno e le sacrosante recriminazioni potevano attendere ancora qualche istante. Anna restò a scrutare il cortile antistante al palazzo. Non sapeva nemmeno lei perché non si fosse mossa immediatamente per guadagnare le scale. O meglio, lo sapeva, ma aveva quasi paura ad ammetterlo per timore di rimanere delusa. Sperava infatti che di lì a poco sarebbe comparso anche Antonio, al seguito di suo fratello.
 Ma così non fu.
Quella leggera delusione non guastò, tuttavia, la sua felicità nel ritrovare l’amatissimo fratello. Fabrizio ricevette un’accoglienza calorosa sia da parte di Anna sia, soprattutto, da parte di sua nipote Emilia, che quasi stentò a riconoscere da quanto fosse cresciuta.
-Zio Fabrizio, come sono felice che siate tornato! – esclamò la bambina quando lui la prese in braccio.
- Emilia, sei cresciuta tantissimo! Ancora un po’ e non riuscirò nemmeno più a prenderti in braccio! – scherzò il conte.
Sorseggiando del tè, comodamente seduti su quelle poltrone che per lunghe nottate erano servite da alcova ad Alvise e ai suoi depravati amici, si misero a raccontarsi come avessero passato gli ultimi mesi.
- Sono stati momenti così brutti per tutti noi mentre eravate via…non è vero, mamma? –
- Oh Emilia, non tediare così tuo zio che è appena tornato. Lasciagli il tempo di riposarsi. Piuttosto, Fabrizio, raccontaci della Francia. È vero che si stanno preparando sommosse contro l’aristocrazia? - cercò di cambiare discorso Anna.
- Che è successo di così terribile, Emilia? – chiese invece lui, senza ascoltare la sorella.
-Mio padre…Tutta colpa sua! Non lo voglio più rivedere! –
- Emilia, in effetti, ha ragione. Alvise ha passato il limite. E in più occasioni. Ma non ti sto ora a spiegare come e perché, ne parleremo poi in separata sede. Ti posso dire che il tuo ritorno è stata la salvezza per tutti noi! -
- Emilia, ora che sono di nuovo qui, ti prometto che non ti farà più del male. E, se vorrete, tu e la mamma resterete qui con me a Rivombrosa, senza di lui!- propose rivolgendosi con lo sguardo ad Anna.
- Fabrizio, ti prego, questi discorsi li faremo dopo, con calma. Non è il momento adesso di parlare di Alvise. – lo zittì Anna con un tono perentorio da sorella maggiore.
- Come vuoi, Anna. Ma sappiate che questa è casa vostra, tua e di Emilia, e sarei felicissimo se rimaneste qui con me. Mentre per quanto riguarda Alvise…-
- Si stava forse parlando di me? – tuonò il marchese facendo il suo ben poco trionfale ingresso nella sala. – Oh! Ho anche il piacere di rivedere la mia amatissima figliola! Emilia, dove ti sei cacciata per tutto questo tempo? Vieni subito a salutare tuo padre! – ordinò.
   
 
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