Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: KeyLimner    29/08/2017    1 recensioni
L'umanità ha deciso, dopo tanto tempo passato a distruggere il suo pianeta sempre più martoriato, di adottare finalmente l'estrema misura che appare da tempo l'unica soluzione alla loro situazione insanabile: ritornare alle origini, nella Foresta. E gli abitanti di questa gigantesca Foresta - in particolare, la giovane e vivace Sole - diventano protagonisti, facendosi portavoci dell'incredulità del loro popolo di fronte all'assurdità dell'ultima Città rimasta sulla Terra.
Un futuro che è in realtà un ritorno al passato. Sarà una scelta giusta?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il corpo è una macchina perfetta… il più delle volte. Quando non si abbandona a una meravigliosa broncopolmonite in agosto, diciamo.
Jared era a casa da appena una settimana, e l’aveva passata tutta fra il letto e il divano. E come se non bastasse, al proprio ritorno aveva trovato un’invasione di formiche ad attenderlo: suo padre era partito per lavoro; doveva aver dimenticato qualche finestra aperta prima di andarsene. Il risultato era che ora lui non faceva che correre come un ossesso da una parte all’altra armato di candeggina, con una tosse da fumatore incallito che gli squassava il petto a intervalli regolari. Comico, che proprio al rientro dal Cammino la natura cercasse di prendere possesso della sua abitazione in quel modo.
Ma forse era meglio così, pensava. Almeno, aveva qualcosa da fare. La stasi lo terrorizzava: non appena si fermava un attimo, veniva colto da un terribile senso di vuoto. Di vuoto e solitudine.
Eppure tutto funziona, pensava meravigliato, quando sedeva e fissava il muro intatto, senza una crepa, mentre dentro di lui ogni cosa andava in mille pezzi. Guardava il muro e il cuore batteva. Tic tac… come un orologio. I polmoni si gonfiavano d’ossigeno. Era dolorosamente consapevole del loro lavoro, da quando aveva quel rospo acquattato in fondo alla trachea a fargli sputare fuori l’aria con violenza non appena la inghiottiva. Anche se adesso la tosse si era un po’ calmata.
Si sentiva… tranquillo. Troppo tranquillo. Encefalogramma piatto, forse è l’espressione giusta.
Tornati a Cordignola, alla fine del viaggio, Nube Solitaria gli aveva chiesto quale fosse la sua decisione, se avrebbe pronunciato o meno la Promessa per entrare a far parte del Cerchio. Lui si era fatto piccolo piccolo, avvertendo gli sguardi di tutti puntati su di sé.
«Penso… penso di no», aveva risposto, dopo un bel po’. «Io… non fraintendetemi, sono stato benissimo con voi… quello che fate è fantastico… Ma non sono uno di voi. Non credo che potrei mai esserlo».
Vento aveva alzato gli occhi al cielo. «Tu puoi essere quello che ti pare. Ti fai troppi problemi, Jared».
Ma lui aveva scosso la testa. «Non posso proprio. Non posso».
Avevano cercato di convincerlo. Alcuni erano stati abbastanza insistenti – soprattutto Rondine –, ma ogni tentativo si era rivelato vano. Alla fine era stato Volpe Azzurra a chiudere la questione: «Ragazzi, se non vuole, non vuole. Lasciatelo stare».
Nube Solitaria l’aveva osservato in silenzio per tutto il tempo, senza staccare gli occhi per un secondo. Quando infine tutti avevano taciuto, si era alzato in piedi e aveva dato al ragazzo il proprio addio formale. Lui aveva salutato tutti con un groppo in gola, poi aveva voltato le spalle e se ne era andato senza guardarsi indietro. Sapeva che guardarsi indietro sarebbe stato solo peggio.
Non si trattava di un capriccio, malgrado l’opinione di Vento. Non era qualcosa che lui aveva scelto. Se avesse creduto di poter scegliere, probabilmente sarebbe rimasto con loro, perché il Cerchio per lui era stato una boccata d’aria fresca dopo mesi di torpore. Ma… era come con Sole: quando stavano insieme, lei lo faceva sentire così bene che l’idea di perderla, e tornare in quel limbo grigio e triste che era stato la sua vita di prima, lo terrorizzava. Ma non sapeva come trattenerla. Ogni istante che passavano insieme, la sentiva scivolare via un altro passo. E un altro ancora. Gli sembrava di potersi vedere dall’esterno, mentre stava lì impalato a guardare lei che si allontanava sempre di più… fino a sparire del tutto.
Ora il pensiero di riprendere la sua vita di sempre gli dava la nausea. Alice lo aveva chiamato un paio di volte, da quando era tornato in possesso del cellulare, ma lui non aveva risposto. Non avrebbe saputo che dirle. Passava il tempo davanti alla televisione, cambiando continuamente canale perché niente riusciva a interessarlo, e la pubblicità lo innervosiva al punto che un paio di volte arrivò a scagliare il telecomando sul pavimento.
E stava appunto guardando la televisione, quando sentì suonare il campanello.
Si irrigidì. Chi poteva essere? Era presto perché suo padre tornasse, e non aspettava visite. Forse è Alice, pensò. Forse si era preoccupata perché non rispondeva al telefono. Si trascinò verso la porta. Quando la aprì, rimase di sasso.
Di fronte a lui c’era nientepopodimeno che Nube Solitaria. Portava una barba finta e si era tinto i capelli di nero, ma era lui, non c’era alcun dubbio.
Il telecomando gli scivolò dalla mano. Ancora sotto shock, si ritrovò a pensare che quel povero arnese non avrebbe di certo sopportato altri maltrattamenti.
«Buongiorno a te, giovanotto», bofonchiò l’uomo, spostandolo per passare (probabilmente aveva intuito che Jared lo avrebbe lasciato lì impalato sulla soglia ancora per un bel po’).
«Che… che…», balbettò Jared, mentre si accomodava tranquillamente nel suo soggiorno.
«Su, non fare quella faccia da stoccafisso, non è certo la prima volta che vengo in Città. Anche se ammetto che era un bel po’ che non facevo un salto… dopo l’ultima».
Jared aprì la bocca un paio di volte, ma non ne uscì niente. Alla fine si chinò meccanicamente a raccogliere il telecomando. Chiuse la porta d’ingresso, non senza aver controllato un paio di volte che non ci fosse nessuno sulle scale del palazzo.
«Be’? Non mi offri nulla? Scusa se te lo dico, ma sei un gran maleducato. Gradirei molto una Coca Cola. Una cosa che mi manca terribilmente nella Foresta sono le bevande zuccherate. E il cibo spazzatura».
«Non ho… Coca Cola», rispose Jared ancora frastornato.
«Che razza di teenager sei? Una casa senza Coca Cola. Roba da non crederci».
Il ragazzo scosse la testa per cercare di recuperare la lucidità. «Ok. Adesso mi dice che cosa ci fa qui e come ha fatto ad arrivare. Come… come fa a sapere dov’è casa mia?». Si rese conto all’improvviso di questo particolare… uno dei tanti che non quadravano in effetti.
«Ti ho seguito, è logico. Ora, per favore, siediti, perché potrebbe essere una cosa lunga».
Jared obbedì, ancora perplesso.
«Dunque, innanzitutto entrare nella Città è molto più semplice di quel che può sembrare… ma te ne sarai già accorto, dopo tutte le volte che hai fatto imbucare Sole da te».
Il ragazzo avvampò. «Lei come sa…».
«Io so tutto, ragazzo. Tutto. Abituati a questa cosa. Ad ogni modo, sono venuto perché ho la sensazione che io e te abbiamo qualcosa in sospeso».
«Ah sì?».
«Sì. Finora stava andando tutto secondo i piani. Anzi, ben oltre le aspettative, direi. Non avrei mai immaginato che fra te e Sole potesse nascere qualcosa… né tantomeno che dopo che vi eravate lasciati tu saresti venuto da noi nella Foresta… eppure è successo. E poi all’improvviso sei diventato così maledettamente cocciuto da mandare tutto all’aria».
«Aspetti un attimo». Jared era sempre più confuso. «Che significa? Mandare all’aria cosa? Ma di che sta parlando?».
Nube Solitaria sospirò. «Immagino di dover cominciare dal principio». Lo guardò dritto negli occhi. «Jared, io un tempo vivevo nella Città. Sono nato qui, proprio come te».
Il ragazzo strabuzzò gli occhi. «Cosa?!».
«Sì. Tra lo smog e la puzza di ascelle sudate alla fila per le poste. Insomma, lo sai. Non andavo molto d’accordo con il mio vecchio… era un alcolizzato, a volte era così ubriaco che non riusciva neanche a cambiarsi le mutande, credi a me. Comunque me ne andavo spesso di casa, a volte per settimane intere, e lui non mi diceva mai niente – probabilmente perché di solito era troppo ubriaco per rendersene conto. Sapevo un sacco di cose sulla Foresta… il mio bisnonno aveva militato fra gli Avveniristi e quando era ancora vivo non faceva che ripetermi un mucchio di storie sulle volte in cui era stato lì… così una volta decisi di andarci. Per curiosità. Venni in contatto con un Cerchio, che mi accolse – dopo una certa diffidenza iniziale –, come abbiamo fatto noi con te, e me ne innamorai fin da subito. Non avevo mai conosciuto niente di così simile alla famiglia, prima di allora. Per fartela breve, alla fine decisi di restare».
Jared era sbalordito. «Ma lei… lei ha…».
«I capelli verdi? Sì, ho praticato la Fusione. Mi sono legato a un albero e sono entrato ufficialmente a far parte del Popolo della Foresta. Si può fare. È vero, solitamente la procedura è attuata su bambini appena nati, ma se ci pensi i primi uomini che hanno abbandonato la Città per la Foresta dopo la Secessione erano adulti». Fece una pausa. «Ti sto dicendo questo, Jared, per farti capire che anch’io ci sono passato. La situazione era diversa, d’accordo, ma anch’io ho passato quello che stai passando tu adesso. E non è perché voglio convincerti che la Foresta sia una specie di paradiso terrestre, e che sia un modello da preferire alla Città sotto ogni punto di vista. Quello che vorrei farti capire… è che non c’è un “noi” e un “loro”. Continui a comportarti come se dovessi scegliere da che parte stare, e questo è esattamente quello contro cui lottavo quando ti ho portato nella Foresta».
Quest’ultima affermazione confuse Jared ancora di più, se possibile. «Un momento… non è stato lei a portarmi nella Foresta. Sono venuto da solo».
Nube Solitaria sorrise. «Non la prima volta».
Jared non capì subito. Poi la consapevolezza si fece strada nella sua testa e lo lasciò a bocca aperta. «È stato lei. È stato lei fin dall’inizio!».
«Sono felice di vedere che inizi a riattivare le sinapsi».
«Ma come… e soprattutto… perché?».
«La prima volta che Sole venne a far visita alla Città, ero con lei. Con la sua classe, intendo. In qualità di secondo accompagnatore. La maggior parte della gente non conosce il mio passato, ma gli Alati sì, e sanno che so trattare con quella gente, quindi mi mettono sempre in mezzo in queste occasioni. Ho assistito alla scena, quando la piccola è corsa a vomitare nel bagno e c’eri tu… che poi andasti a denunciarla. Non so perché mi sei rimasto impresso. Ho pensato: “un ragazzino così innocente… e il suo primo pensiero di fronte a una coetanea in difficoltà, solo perché fa parte di qualcosa che non conosce… è quello di denunciarla alle autorità”. La cosa mi colpì. Così ti ho seguito. Per tutti questi anni. Venivo spesso in Città – anche prima di quel momento – per ricordarmi com’è la vita laggiù, suppongo. Da quando ti ho incontrato, mi sono reso conto di fare automaticamente le tue stesse strade, di sedermi sulle tue stesse panchine… insomma, ho iniziato pedinarti senza neanche accorgermene».
«Ecco perché aveva un’aria familiare», ridacchiò nervosamente Jared.
«Comunque, quando quei ragazzi ti hanno aggredito, ero lì. All’inizio ho pensato di intervenire. Poi qualcosa mi ha bloccato. “E se lo portassi nella Foresta?”, ho pensato. Sapevo che Sole passava sempre per un punto specifico del sentiero, e lei è una Guaritrice nel sangue, sicuramente si sarebbe fermata ad aiutarti se ti avesse trovato lì, ferito. Chissà se ti avrebbe riconosciuto. Più ci pensavo, più mi dicevo che era assurdo, e più non riuscivo a levarmi quel pensiero dalla testa. Così alla fine l’ho fatto. Ti ho portato nella Foresta. E il resto della storia lo sai».
Jared rimase in silenzio. Sentiva che tutti i pezzi si stavano incastrando, e gli sembrava tutto così folle che gli scoppiava la testa. «Ma… perché?».
«Te l’ho detto. Volevo che conoscessi. Che sapessi… cosa c’è dall’altra parte. Viviamo sullo stesso pianeta come se abitassimo due universi paralleli, noi esseri umani. E tutto questo è assurdo. Potremmo convivere pacificamente, scambiarci le ricchezze che ciascuno di noi possiede… e invece portiamo avanti questa stupida guerra fredda da decenni. Il mio bisnonno e gli Avveniristi… erano un branco di deficienti. Ora lo so. Per questo ho portato il Cerchio su alla Valle, quest’anno. E perché anche tu potessi vedere».
Jared rifletté, gli occhi che guizzavano da una parte all’altra della stanza impazziti, come se cercasse di mettere insieme tutti i frammenti del puzzle. Alla fine gli sfuggì un sorriso amaro. «Be’, allora dev’essere stata una gran bella delusione per lei. Io e Sole ci siamo lasciati, e io ho lasciato il Cerchio. A quanto pare, siamo effettivamente incompatibili».
Nube Solitaria sbuffò. «Sei ancora più testardo di quel che credevo. Fammi un favore, non offendere la mia e la tua intelligenza. Ti è andata male con una ragazza… e allora? Succede a tutti. Tutti veniamo scaricati, una volta o l’altra. Ma continuate a sentirvi, o sbaglio? Volpe Azzurra mi ha detto che vi scrivevate delle lettere».
Jared alzò gli occhi al cielo. «Quante altre persone sono a conoscenza di questa storia? Tanto valeva che appendessi dei manifesti, anziché scriverle delle lettere».
«Non fare il bambino. Non c’è mica niente di cui vergognarsi. E comunque il punto è che non c’è alcuna barriera insormontabile fra voi, nessuna misteriosa forma di incomunicabilità sostanziale a impedirvi di coltivare un rapporto umano… di che natura non è importante, siete voi a deciderlo. E lo stesso vale per il Cerchio. Capito?».
Jared abbassò la testa. «Come fa ad esserne tanto sicuro?».
«Perché ci sono passato prima di te, zuccone! Te l’ho già detto. E adesso basta parlare, ne ho abbastanza». Nube Solitaria si alzò e si avviò verso l’uscio. Prima di andarsene si voltò un’ultima volta verso di lui e gli puntò un indice contro. «E riguardati! Sei uno straccio».
Poi uscì sbattendo la porta.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: KeyLimner