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Autore: Aysa R Snow    30/08/2017    1 recensioni
Non tutti abbiamo la fortuna, di trovare la persona giusta, e non perderla.
Tutti abbiamo perso, c'è chi perde qualcosa, chi perde qualcuno.
Lei, ha perso la sfida più importante della sua vita: non perdere la sua persona giusta.
Ma se invece, la sfida più importante della sua vita, fosse riuscire a vincere il dolore che ormai è diventato un peso troppo ingombrante?
Questa è la storia di Arianna, o come lei ama farsi chiamare, Aria.
Perché lei è così.
Leggera e pura come l'aria che respiri in alta montagna.
Questa, non è una classica e semplice storia d'amore.
Questa, è una battaglia.
Da una parte c'è l'amore, dall'altra la vita.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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" Una promessa è una nuvola; l'adempimento è la pioggia. "

(Proverbio arabo)

" Orsini, sette. " scattai in piedi incredula, convinta di non aver sentito bene.

" Sette? " il professore mi guardò scocciato.

" Sì Aria, se non ti soddisfa posso sempre abbassare il voto a quattro. " fece spallucce.
Scossi la testa correndo alla cattedra.
Mi consegnò il compito senza guardarmi in faccia.

Agitai il foglio in Aria facendo ridere la mia compagna di banco.
Fiera, scattai una foto al compito per poi inviarla a Giulia che mi rispose con un finissimo:《 da chi cazzo hai copiato? 》

La campanella suonò, segnando l'inizio della ricreazione.
Corsi al secondo piano dove incontrai Davide.

" Sette! " urlai felice saltandogli in braccio.

" Ho avuto sette al compito di matematica! " continuavo a ripetere entusiasta.

" Vedi che sei brava? " esclamò scompigliandomi i capelli con una mano.

" Signorina Orsini! Il compito va riconsegnato! " tuonò il professore di matematica alla mie spalle. 
Alzai gli occhi al cielo e gli riconsegnai il compito.

Lo afferrò guardandomi bieco.
Nutriva un astio innato nei conforti di tutti i suoi alunni. E a quanto pare, questo suo odio era nato così, senza motivo.

Il secondo piano era molto spoglio.
Mi ricordava il corridoio di un ospedale.
I due laboratori di informatica erano dotati di pesanti porte blindate, nella vana speranza di scoraggiare i rapinatori che, molto spesso, facevano piazza pulita portando via tutto il materiale elettronico.

Inutili le installazioni di sbarre alle finestre, se le porte a stento si tengono in piedi.

" Ho bisogno di un caffè, biologia mi sta distruggendo. " sospirò Davide. 
Risi, prendendo a braccetto il mio amico e lo trascinai al bar al piano terra.

Ordinai due caffè e uscii dal retro.
Davide se ne stava seduto sui gradini della scala antincendio.

L'inverno ormai era agli sgoccioli e le giornate diventavano via via sempre più calde.

" Hai tagliato i capelli? " Davide serrò la mascella per poi forzare un sorriso qualche istante dopo. 

" Oh beh... sì. 
Sì, ogni tanto qualche cambiamento non fa male. " affermò abbozzando un sorriso.

Capii che Davide stava nascondendo qualcosa, non era del tutto sincero. 
Dentro di me sapevo che c'era qualcos'altro, ma non capivo cosa.

" Va tutto bene? " tirò su le maniche della sua felpa.

" Sì, perché? " scossi lievemente la testa non sapendo se insistere o meno.

" Sei strano. È successo qualcosa? " strinse il bicchierino ormai vuoto per poi gettarlo a terra.

" No. Devo rientrare, forse dovresti anche tu. " annuii, aveva ragione. Chimica me l'avrebbe fatta pagare se passavo ancora una volta la sua ora in giro. 
Mi salutò con un cenno veloce della mano e mi lasciò seduta sui gradini della scala antincendio.

Al mio rientro la prof, stranamente, si limitò a guardarmi male.

Sapevo che era sbagliato farlo, che a fine anno, di questo passo, la prof non mi avrebbe dato la materia neanche a minacciarla con un coltellino svizzero -che avrei rimediato nella cassetta degli attrezzi di mio nonno- alla gola.
Ma ero e ancora oggi sono, il tipo di persona che se odia una cosa è perché la odia per davvero.

Alle medie molti dei professori dicevano 《da giovane odiavo la matematica ma ora, mi ritrova ad insegnarla a voi》ma vi dirò, miei cari professori, che io ad oggi nonostante tutto, ancora odio biologia.
Niente e nessuno mi convincerà ad amarla.

Mi misi a sedere pregando ogni divinità in ascolto a fine di farle venire una crisi di tosse, o un terribile mal di pancia, magari dovuto a qualcosa che ha mangiato a casa.
Qualsiasi cosa.
A patto che stesse zitta.
La sua voce era così gracchiante e fastidiosa.
Un qualcosa simile allo stridere delle unghie sulla lavagna.

Afferrai il polso della mia compagna di banco per controllare quanto tempo restava ancora prima che quella terribile tortura finisse.
Solo cinque minuti.
I cinque minuti più lunghi della mia vita probabilmente. 
Iniziai a contare mentalmente secondo per secondo.

" Ed è per questo, che le temperature terrestri sono aumentate così tanto. " per ragioni a noi sconosciute, la prof aveva rimandato metà del programma di prima al secondo anno.
Quindi, ormai quasi alla fine del secondo anno, io e le mie compagne di classe ci ritrovammo a studiare cose come il sistema solare e l'atmosfera.

" Per domani, voglio una relazione per ogni argomento che ho spiegato questa settimana.
Invece tu Orsini, mi porterai una relazione per ogni argomento spiegato fin'ora. " sentenziò mettendosi a sedere dritta.

" Perché io dovrei portare delle relazioni per tutti gli argomenti spiegati fin'ora mentre il resto della classe porta solo i più recenti? " chiesi adirata.

" Per il semplice fatto che tu hai una grave insufficienza nella mia materia.
E suppongo che tu non voglia avere un debito, non è così? " domandò mentre sul suo viso si dipinse un ghigno soddisfatto.

" Ho la media del cinque virgola novantatre. " sbottai guardandola sconvolta. 
Non poteva mandarmi al recupero per un cavolo di cinque virgola novantatre!

" Non mi pare che sia sufficiente, signora Orsini. " abbassai lo sguardo per provare a calmarmi. 
Non è mai una buona idea mettersi un professore contro.
Rimasi in silenzio mentre la professoressa raccoglieva le sue cose.

L'ora di educazione fisica era una vera e propria boccata d'aria.
Di solito la trascorrevo seduta sugli spalti a leggere ma quel giorno decisi di fare un giro.
Attraversai il corridoio dove c'era la segreteria, svoltai a destra e mi ritrovai dinnanzi ad una scalinata che non avevo mai notato prima d'ora.
Il corrimano verniciato di rosso sembrava essere fresco di verniciatura.
Nessuna traccia di ruggine o altro.
Gli scalini erano ricoperti di polvere nei lati, segno che di lì quasi non passava nessuno.
Salii le scale lentamente quando mi resi conto, guardando fuori da una finestra, di essere nella parte posteriore della scuola.
Finite le rampe di scale, mi ritrovai davanti ad una porta in ferro socchiusa.
Avvicinai l'orecchio alla porta per provare a capire cosa si nascondesse dietro quella porta.
Non captai nessun rumore e così decisi di aprire la porta.

" Ma guarda... " borbottai stringendo gli occhi in due linee sottili per ripararli dalla luce del sole.
Socchiusi la porta alle mie spalle e camminai verso i motori dei condizionatori.

" Sono sulla sala professori. " pensai ridendo.
Spostai un telo di plastica tenuto a mo di tenda da un filo che andava dal bordo del tetto fin sopra la porta dalla quale ero entrata pochi secondi fa.
Inquadrai un ragazzo seduto di spalle.

" Davide? " il ragazzo si girò verso di me tranquillamente.

" Trovato! " esclamò sorridendo. 
Mi misi a sedere al suo fianco.

" Che ci fai qui? " chiesi curiosa.

" Abbiamo ora buca. Questo, mia cara, è il mio posto felice qui a scuola. " sorrisi sedendomi accanto a lui.

Scrutai attentamente il paesaggio circostante.
Molto verde a destra: campi coltivati e altri in attesa.
A sinistra, un'ampia strada a quattro corsie che scorreva a perdita d'occhio verso il centro di Milano. 
Un contrasto che mi ricordava il confine tra Manhattan e Central Park.

Certo, quella era la Manhattan dei poveri, e Central Park sembrava uno sciatto orticello... ma andava bene così.
Aveva il suo fascino nel suo non avere fascino.

Avevo visto quei campi e quella strada milioni di volte.
Probabilmente avrei potuto descrivere ogni particolare ad occhi chiusi.

Ci provai.
Chiusi gli occhi, abbassai il capo intrecciai le mani dietro al collo.

" Mi mancherà venire qui. " la voce di Davide mi riportò alla realtà mettendo fine al mio appello mentale.

" Non dovrai affrontare la maturità domani sai? " risi alzando gli occhi al cielo.

L'inverno era agli sgoccioli, certo.
Ma il cielo conservava ancora i suoi toni grigiastri e la sua aria uggiosa.

" Ho una proposta che è anche una sfida. " sentenziò dopo qualche secondo.

" Dovrei allarmarmi? " chiesi fingendomi preoccupata.

" Forse. 
Allora, tu verrai al mio esame.
Appena sarò fuori mi potrai nel tuo posto felice. " annuii leggermente.

" Dimmi, dove ti piacerebbe andare? " sorrisi senza neanche fermarmi a pensare.

" Norvegia. " affermai senza esitare.
Sorrise soddisfatto.

" La vedrai. " risi incrociando le braccia al petto.

" È assurdo. " constatai alzandomi.

" È una promessa la mia, signorina. " puntualizzò alzandosi a sua volta.

" E sentiamo, quale sarebbe la sfida? " chiesi portando le mani ai fianchi.

" Prima di tutto, superare la maturità. 
Poi beh... non perderci. " mi mordicchiai l'interno della guancia.
Era assurdo.
Ma nonostante tutto, non era poi un'idea così malvagia.

" Affare fatto. "

   
 
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