Serie TV > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: theprophetlemonade_    31/08/2017    4 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
[Malec + Sense8 Clusters!AU → NON È NECESSARIO CONOSCERE SENSE8 PER POTER LEGGERE LA FIC]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Goodmorning Vietnaaam! 
Come state? Santo Raziel, c'è caldo. E io devo studiare come una forsennata perché ho un esame importante fra meno di una settimana. Send help, please. 
Vi lascio il capitolo in cui finalmente i nostri due beneamati possono finalmente interagire fra di loro. E' un capitolo abbastanza statico in realtà, ma sono sicura che apprezzerete. 
Grazie come sempre per tutte le risposte positive che mi state dando, a chi non manca di recensire nemmeno un capitolo, ai lettori silenziosi e in generale a tutti voi. You make my day, e anche se la storia non è scritta di mio pugno sono davvero felicissima che abbia questa risposta. Grazie ancora a tutti. Ora vi lascio, ho un esame da preparare çç Buona lettura e buona giornata, a lunedì! Un abbraccio, 
Starsfallinglikerain.

 
Capitolo 7
 
 
Alec non è mai stato un amante degli ospedali. Ci ha passato la sua giusta dose di tempo — accanto al letto di Izzy e di Max, principalmente, ma una volta o due anche per un osso rotto, quand'era un bambino. Ancora non gli piace l'odore: di antisettico, odore di iodoformio, di morte, sempre ad arrampicarsi sulle pareti. Le persone che sono sempre così emotive e piangono di continuo; madri che non ha mai saputo come confortare, padri il cui silenzio non è mai riuscito a leggerlo. Non gli piace il pensiero di essere inchiodato ad un letto, indifeso, incapace di fare qualsiasi cosa da sé. E non gli piace il dolore.
Certo, è ben abituato a stringere i denti e sopportarlo—  gli è stato insegnato per tutta la vita come farlo —  ma ciò non significa che gli piaccia. A chi piacerebbe?       
Il dolore nel fianco —  un tedioso, disagevole, irritante dolore —  è quasi sgradevole quanto l'espressione sul volto di Izzy quando si sveglia. Sembra itterica e tirata e il suo mascara è colato fino a metà delle guance, e Alec vuol quasi ridere per lo stato in cui si trova. In realtà viene fuori più come un colpo di tosse.
«Alec!» esclama, gettandogli le braccia al collo e stringendolo forte. La ferita sul suo fianco protesta e  Alec grugnisce per il dolore, facendo sì che lei si allontani. «Scusa, scusa! Oh, hermano[1], non farmi mai più una cosa simile!». Lo colpisce velocemente sul braccio e cerca di sembrare infuriata. Le sue guance sono chiazzate e i suoi occhi sono gonfi, quindi non funziona molto. Spera che non abbia pianto per lui.
«Cercherò di fare del mio meglio» borbotta Alec, gli sembra di avere del cotone nella bocca. «Mmrgh —  l'hanno — hanno preso...?».       
«Cristo, Alec» si lamenta Izzy. «Ti sei appena svegliato ed è questo che vuoi sapere? Ovviamente. Cos'altro vorresti sapere. Sei terribile». 
«Grazie, anche tu».   
«Sei fortunato di essere costretto a letto, così ti puoi giocare la carta della compassione» dice Izzy con un sospiro. «E per rispondere alla tua domanda sciocca: non lo so. Evidentemente nemmeno il fatto che ti abbiano sparato ha fatto sì che prendessi il telefono e parlassi volontariamente con Raj».    
«È passato a trovarmi?».       
«Non che io l'abbia visto e sono qui da quando hanno chiamato. Forse era qui prima. Non lo so». Lo fissa e poi si sporge per scompigliargli i capelli dalla fronte, teneramente. «Ho chiamato mamma e papà. Max vuole vederti, quindi probabilmente passeranno a farti visita. Ma se non vuoi parlarci, io —».   
«Va bene» brontola Alec. Cerca di spostarsi nel letto, ma le lenzuola sono state infilate in modo troppo stretto, quindi è praticamente bloccato. Si lascia nuovamente cadere di peso sul cuscino bitorzoluto con un sospiro. «Ha —  Ha chiamato qualcun altro?».           
«Qualcun altro?» chiede Izzy aggrottando la fronte. «Tipo chi?». 
Il momento in cui lo dice è come una convocazione. Alec si aspetta quasi una nuvoletta di fumo, ma evidentemente le connessioni psichiche non sono inclini alla teatralità.      
Tranquillamente e senza alcuna differenza rispetto a prima, non sono soli nella stanza. Qualcuno è in piedi contro il muro, con un braccio piegato contro lo stomaco a sostenere il gomito dell'altro braccio, il pollice appoggiato sulle labbra pensierose. Non che Izzy se ne accorga. Ma Alec... Alec lo fa.
Ed è divertente, perché l'unico pensiero che gli passa per la testa è: Oh. Eccoti qua. Ti stavo cercando.
Alec cerca di non sembrare sorpreso, ma è consapevole di fallire.  
Ciao, uomo nella mia testa.  
Izzy scambia i suoi occhi spalancati per una fitta di dolore e immediatamente si acciglia, sporgendosi per raggiungere il portablocco attaccato alla cornice del suo letto e leggervi la dose di morfina. Borbotta qualcosa, ma Alec quasi non la sente, totalmente concentrato sull'uomo ai piedi del suo letto.   
Magnus. Questo è Magnus.  
«Come va il dolore?» gli chiede Izzy e per un momento Alec pensa: Quale dolore?        
Magnus sorride, i suoi occhi  seguono Izzy mentre lascia la stanza freneticamente, dicendo qualcosa tipo Vado a vedere se trovo qualcuno che ti aumenti la dose di morfina, tieni duro, e poi i suoi occhi si soffermano sulla porta per alcuni istanti dopo che si è richiusa. Non dice nulla, ma occupa la stanza in un modo che non richiede parole. Alec è paralizzato.    
Magnus è straordinario. Zigomi alti, profilo del mento ben definito, striature — è oro quello fra i suoi capelli? C'è un neo proprio sopra il suo sopracciglio, e nella sua giacca jacquard ci sono filettature argentee e blu. Non è per niente come Alec se l'immaginava, ma allo stesso tempo —  tutto. Alec non è certo di avere ancora controllo sulle sue corde vocali.            
«Uh —  ciao».           
Eloquente.
Magnus inclina il capo mentre un sorrisino si forma sulla sue labbra e fa un passo verso il letto di Alec. Cammina come se avesse tutto il tempo del mondo — o come se il mondo avesse tutto il tempo per lui. Si muove con una grazia inumana.         
«Ciao a te» dice Magnus, la sua voce è molto più intensa di quanto non sembrasse per telefono. «Vorrei che non avessimo dovuto incontrarci così, Alexander, ma... Beh... Eccomi qui, ed eccoti qui, e credo di aspettare questo momento da molto. Non penso ci abbiano ancora presentati a dovere. Io sono Magnus».
«Già».
Magnus sorride.         
Dio. Alec si renderà ridicolo.            
«Come ti senti?» chiede poi Magnus e Alec coglie il modo in cui gli occhi di Magnus risalgono il suo corpo, dalla testa ai piedi e viceversa. Le lenzuola che lo coprono sembrano improvvisamente incredibilmente fine, ma non è... non è un male. No, niente affatto.    
«Bene. Bene» dice Alec, inciampando sempre su quei dannati monosillabi. Meglio? Ora che sei qui? No, non dirlo. «Uhm —  sei..?».      
«Qui? No» dice Magnus. Comincia a giocherellare con la sfilza di anelli metallici e argentei che adornano le sue dita e anche Alec ne è attirato, affascinato dal modo in cui le luci artificiali si riflettono sui gioielli. Si chiede quale sia la sua dose di morfina ora; avrebbe dovuto ascoltare quando Izzy gliela leggeva. «Sfortunatamente no. Non posso nemmeno dire di essere contento di avere questo —  si picchietta una tempia per indicare il loro legame con un dito curato — considerati gli eventi in cui si è verificato. Ma suppongo sia meglio che sia accaduto, piuttosto che non sia accaduto affatto».     
«Come hai fatto a..?».           
Il sorriso di Magnus diventa un qualcosa di più schivo. Non abbastanza timido, ma —  più tenue, in un qualche modo. Il suo sguardo vola alla porta e poi torna sul volto di Alec. Il calore cresce sulle guance di Alec; pensa alle sue conversazioni a senso unico avute alle tre del mattino. Questo è l'uomo che percepiva.
«Ora, questa è una domanda» dice Magnus. «Pensare che parte della tua anima volesse chiamare qualcuno che non hai mai nemmeno incontrato e che conosci a malapena, quando ti stai dissanguando sul calcestruzzo. Parecchio romantico, non lo sei Alexander?».  
La testa di Alec è troppo confusa perché possa imbarazzarsi per questo —  questo flirtare? È flirtare questo? Alec proprio non lo sa.       
Le sue parole non fuoriescono nel modo in cui desidera.    
«Ma io ti conosco».   
Magnus sembra sorpreso per un momento, ma il suo volto si ricompone velocemente. Giocherella rapidamente con l'ear cuff argentato che ha all'orecchio e gli occhi di Alec seguono le sue dita.     
«Abbastanza» dice Magnus, di nuovo tenue. Fa un altro passo più vicino e si siede accanto al letto di Alec, stando attento alle code della sua giacca. Fa apparire la sedia di plastica bianca così scadente. «Sembra proprio così, non è vero?».           
Ci sono così tante cose che Alec vuole dire, così tante cose che vuole chiedergli, così tante cose che vuole spiegare. Vuole sapere se Magnus l'ha mai percepito a sua volta, qui e lì, un'ombra di passaggio o un peso sul petto, circolando attorno a sentimenti blu e colpevoli.  Vuole sapere cos'è che tiene Magnus sveglio fino a tarda notte, senza dubbio. Vuole sapere  se ci sono tramonti o albe abbastanza belle da infiammare tutti i sentimenti che Alec ha provato al buio.   
Il petto di Alec è così improvvisamente pieno, ed è incomparabile, davvero, a qualsiasi cosa abbia mai provato prima d'ora. È acceso dal bisogno di dire a Magnus tutte queste cose, ma —.     
«Calma» dice Magnus, le sue mani ora sono appoggiate sul copriletto dell'ospedale. Le dita di Alec si contorcono;  non riesce a controllarlo. «Ci sarà tutto il tempo per parlarne, dopo. Non dev'essere per forza ora. Sappi solo che sono felice di incontrarti, finalmente. Ho sentito molte cose grandi su di te».   
«Sono felice anche io» dice Alec, pateticamente. Izzy compare all'improvviso sulla porta in quello stesso istante, un'infermiera al suo seguito. Magnus non svanisce, come si aspetta Alec, semplicemente si siede sulla sedia accavallando le gambe.         
Alec cerca di non guardarlo. Ci prova davvero. Spera che i dottori, le infermiere e sua sorella possano far passare il suo fissare il vuoto  come una conseguenza della sua esperienza ai confini della morte.

 
___________________
 
È complicato, decide Alec, spiegare come ci si possa sentire così legati a qualcuno che hai appena incontrato. Ogni volta che tenta di tradurlo in parole suona ridicolo, svenevole e fanatico. Non ci sono abbastanza parole in inglese  per esprimere davvero la connessione fra due anime.          
O otto, suppone Alec.           
Gli altri appaiono tutti dopo che Izzy se ne va, incoraggiata da Alec a tornare a casa e dormire un po' finalmente, dopo avergli ammesso che è lì da tre giorni ad aspettare che si svegliasse dopo l'intervento. Si lamenta, infine, e dopo averlo soffocato di baci lascia Alec con gli altri sette se stesso.      
Clary e Simon gli si gettano praticamente addosso ed è profondamente grato che non siano davvero reali, perché il loro peso combinato probabilmente gli avrebbe fatto saltare i punti. Jace lo abbraccia, forte e più disperato di quello che dà a vedere, e Alec lo stringe in modo deciso; e poi gli occhi di Alec vagano su Raphael, Maia e Lydia, che stanno tutti in piedi, ai piedi del suo letto. Anche Raphael sembra in disordine. È davvero una benedizione.    
Gli occhi di Alec ricadono infine su Magnus, accanto al letto. Magnus esercita una forza di gravità su di lui, inesplicabile e magnetica. Sorride quando il suo sguardo e quello di Alec si incontrano, in mille sfumature di gentilezza. Dovrebbe essere molto più strano di ciò che è, ma nessuno degli altri ci è girato intorno, sono semplicemente entrati nella sua vita.            
Magnus non dovrebbe essere un'eccezione. 
«Dunque» dice Jace, facendo un passo indietro, le mani sui fianchi. «Tutti insieme finalmente. E per arrivarci Alec è quasi dovuto morire. Fantastico».    
«Sta' zitto, Jace» dicono Clary, Simon e Maia all'unisono. Magnus ride, e il suono della sua risata è spumeggiante e pieno. Alec lo guarda come se dovesse recuperare il tempo perduto.

 
___________________
 
Sono le tre del mattino. Ovviamente.           
Il reparto non è silenzioso come l'appartamento di Alec; c'è ancora il rumore di sottofondo del traffico lontano e dei taxi impazienti che suonano il clacson, ma c'è anche il beep-beep-beep di un elettrocardiogramma. Alec è semplicemente grato di avere una stanza privata, così non deve sopportare qualcuno che russa.  
Non che importi davvero, perché non riesce comunque a dormire. Il suo fianco è un dolore tedioso e costante nella sua mente, i punti prudono ed è certo che sta tenendo svegli anche gli altri. Non gli importa molto di infastidire Jace o Simon, ma Magnus è un pensiero costante.          
Alec lo sente fervere ed è così rumorosa la sua presenza, ora. Ovunque sia è felice, a proprio agio, caloroso. I sentimenti di Magnus sono inebrianti e dorati; Alec pensa al whiskey. Magari ne ha anche il sapore, tenue sulla sua lingua. Non è spiacevole.      
Magnus sta avendo una bella serata. Alec non vuole interromperla, non con la sua persistente agitazione, le sue lamentele e la sua insonnia. Trattiene tutto fra i denti, anche quando i punti che tirano rischiano di farlo impazzire.
Cerca di volgere i propri pensieri a Raj, all'indagine, all'imminente arrivo dei suoi genitori per compiere il loro dovere, immaginando di sollevare la propria mente e di scaricarla ai piedi delle questioni importanti. Dai, Alec. 
Raj è passato a fargli visita e ha portato ad Alec il fascicolo del caso piuttosto che un cesto di frutta, per cui Alec è riconoscente. Izzy è ritornata con dei vestiti — le vestaglie dell'ospedale non sono esattamente i suoi indumenti preferiti — e una pila di libri presa dal suo comodino, a casa, nonostante egli ne abbia già letto la maggior parte. Ha parlato con Max usando il telefono di Izzy e Max era stato molto più interessato al fatto di farsi sparare piuttosto che al fatto che Alec avesse rischiato di morire, proprio come la maggior parte dei ragazzini della sua età ossessionati dai fumetti.    
Cerca poi di pensare a Maia e Simon, che quel pomeriggio si erano divertiti parecchio a tentare di far ridere Alec quando c'erano le infermiere nei dintorni, sbeffeggiandolo e facendogli delle moine; e poi tenta di ricordare la preghiera che Raphael aveva mormorato per la sua salute e la sua guarigione, e poi —.
Dio, i suoi punti sono esasperanti.    
«Alexander, ti prego. I tuoi pensieri sono molto rumorosi».           
Alec solleva lo sguardo e trova Magnus appoggiato alla finestra, un sorriso affezionato impresso sul volto.
«Mi dispiace» dice Alec, rapido. Cerca di spostarsi leggermente, alla ricerca di conforto. Il suo fianco punge quando si allunga un po' troppo e fa una smorfia. «Non avevo intenzione di —». 
«Va bene» dice Magnus. «Non stai interrompendo nulla. Non biasimarti — sei stato ferito, ti è concesso lamentarti. Credo che tu te lo sia guadagnato, no?».     
Alec si umetta le labbra e si concede di sistemare le bende schiacciate contro il suo fianco. Fa un po' male quando gratta la garza, ma il sollievo che ne deriva ne vale la pena. Si lascia ricadere sul cuscino con uno sbuffo, Magnus lo sta ancora guardando. Alec è all'improvviso molto consapevole del proprio corpo; dove le lenzuola sono infilate strettamente attorno ai suoi fianchi; dove ci sono dei buchi sulla  maglia consunta che Izzy gli ha portato da casa.            
«Posso... Farti una domanda?» dice, raccogliendo il lembo della ruvida coperta dell'ospedale.   
«Certo» risponde Magnus seriamente. Le imposte non sono del tutto chiuse e la luce lunare s'intrufola nella stanza attraverso le asticelle, fredda e diamantina. Magnus è ancora vestito di tutto punto, ma ha cambiato la giacca con una camicia di seta, più morbida e allentata sulle sue spalle larghe, ma abbarbicata sui suoi bicipiti. La luce lattiginosa danza sul tessuto.      
«Come ti... Uhm. Com'è tutto ciò?». Alec gesticola con le mani. «Come ti sembra?».     
Magnus non risponde immediatamente; lancia ad Alec uno sguardo curioso, sbattendo le palpebre lentamente. Alec si sente vulnerabile sotto il suo sguardo indagatore.            
«Mi dispiace se — uhm —» Alec si corregge rapidamente. I suoi occhi si muovono sul letto, incapaci di stare fermi, accoppiandosi alla sua balbuzie. Gesticola vagamente con le mani, ancora. «Se è troppo personale, o —».
«Non lo è» dice Magnus. «Affatto».           
«È solo che» inizia Alec. «Penso di averti potuto... Sentire? Prima. Uhm. Prima che succedesse, e ogni notte. La maggior parte delle notti, non proprio tutte. Sapevo cosa stessi provando, credo».          
«E cosa stavo provando?».   
Alec abbassa lo sguardo, aggrottando le sopracciglia. Inizia a giocherellare con le mani.
«...Un sacco di cose, immagino».     
«Sembrano sempre un sacco di cose» dice Magnus. «Il legame può solo diventare più forte. E lo saprei».
«Clary, uhm... Mi ha detto del tuo primo cluster. Cos'è successo loro. Mi dispiace se —».          
«Biscottino non l'ha fatto con cattiveria» dice Magnus, con un movimento della mano. I suoi anelli colgono la luce della luna e brillano, ma il sorriso sul suo volto si nasconde dietro ad una nuvola. «Non è mai una storia divertente, indipendentemente da chi la racconta».       
Le parole di Magnus cadono dalle sue spalle, ma Alec avverte il gravoso tormento nel petto di Magnus come se fosse proprio. Chiaramente ferisce Magnus molto più di quanto il suo volto non dia a vedere e Alec si sente in colpa per aver sollevato il discorso.      
«Ti ci abitui mai?» chiede Alec, a bassa voce. «A sentire... così tante sensazioni?».         
«Mai» risponde Magnus.

 
___________________
 
Alec esce dall'ospedale una settimana dopo e gli vengono date tre settimane di congedo retribuito, ed è più che felice di prendersele. Il riposo forzato diventa un po' ripetitivo, ma qualcuno si ferma sempre a fargli visita per chiacchierare — e non sono sempre i benvenuti, ma Alec non manda mai via nessuno.
È sorpreso da Magnus però, lo visita persino più spesso di Jace. Alec non è davvero sicuro di cosa veda Magnus in lui, ma è qualcosa — dev'esserci qualcosa — per cui Magnus lo saluta con un sorriso così caloroso ogni volta.
Ad Alec Magnus piace. È diverso da chiunque Alec abbia mai conosciuto: appariscente e imprevedibile ed infinitamente interessato a ciò che Alec ha da dire. Gli piace leggere e chiede sempre ad Alec cosa pensa del libro che tiene fra le mani, che Magnus ha sempre già letto. È intelligente e caritatevole e gli fa venire voglia di ridere, che di per sé è un'impresa.           
Magnus è un sacco di cose. Non si sbagliava su quello. Magnus è profondamente sensibile, e forse Jace ride una volta quando Alec cerca di spiegargli come sia diverso dagli altri, ma ad Alec non importa.     
«Buongiorno» lo saluta Magnus una mattina, apparendo dal nulla nella sua stanza e dirigendosi subito verso le tende. Le spalanca e la luce del sole sgorga sul volto di Alec, fredda, netta ed invernale. Fuori, New York è sepolta da una spessa coltre di neve, che rende la luce del giorno accecante.         
Alec grugnisce, cercando di seppellirsi più profondamente nel cuscino.    
«Sono un invalido. Mi dovrebbe essere concesso dormire» borbotta, ed è strano — solitamente è molto più cauto con le persone. Specialmente con le persone che giungono nella sua stanza inaspettatamente. Ma... Con Magnus è facile. C'è un'onestà lì di cui Alec non si riteneva capace. Come se pensasse a una cosa e poi, semplicemente, la dicesse. Senza alcun intermediario. Alec è sicuro che ciò si rivelerà un problema.
«Alexander» lo chiama Magnus, stuzzicandolo. Si appollaia ai piedi del letto di Alec, prendendo alcuni dei libri di Alec messi da parte e risistemandoli attentamente sul comodino. «Questa disciplina non ti si addice».
Alec sente uno strano calore aumentare sul retro del suo collo. China il capo e mugugna incoerentemente fra sé e sé, ma ciò fa solo aumentare il sorriso di Magnus e il calore sotto la pelle di Alec divampare ulteriormente.
Questo è il quinto giorno di questa settimana che Magnus lo sveglia in questo modo. È — È bello. C'è una familiarità che non riesce a collocare o anche solo sperare di capire: Alec non sa perché sembri meno un conoscere qualcuno e più un ricordare. Magnus non è simile a nessuno nel cluster: perspicacia affilata,una verve che schiocca come una frusta, e sorrisi riservati, magia nei suoi passi. La stanza si focalizza su di lui, come se il sole si piegasse attorno a Magnus per l'onore di gettare al suolo la sua ombra.           
Ogni sorriso, ogni commento sfacciato, ogni tintinnio degli anelli alle sue dita mentre ondeggia le mani con un commento provocatorio porta Alec sempre più prossimo all'impossibile conclusione che ha già conosciuto Magnus prima, in un'altra vita, un altro mondo, un altro universo, chi lo sa.
Ma non lo ammette.  

 
___________________
 
Alec è fortunato, perché il proiettile non si è frantumato nel suo petto, è piuttosto passato attraverso il suo corpo come se fosse burro. Raj in verità glielo porta, una volta che ha superato tutti i procedimenti della balistica ed è stato pulito, ed Alec lo piazza sulla sua libreria in salotto su un tappo di bottiglia rovesciato, nonostante le proteste di Izzy su quanto sia macabro.          
È una cosa piccola e strana — nessuno lo aveva mai avvertito di quanto sarebbe stato surreale se qualcuno gli avesse sparato durante l'addestramento. Sembra quasi che non sia successo, anche nei giorni in cui la pioggia a Seattle gli fa dolere il fianco un po' più del solito, o Jace che prende a pugni il sacco della palestra come se non ci fosse un domani da qualche parte a Londra gli fa avvertire un dolore ai muscoli.
Non è tornato al vicolo dov'è successo, ma Raj l'ha informato che il suo sangue è ancora una chiazza scura sull'asfalto, e, pensa Alec, è come una cicatrice che Alec ha lasciato sulla Terra, una rivalsa per tutte le cicatrici che la Terra ha lasciato su di lui.     
Zoppica nel suo salotto un pomeriggio, la luce del sole è piatta ed invernale fuori dalla finestra, e tiene un libro fra le mani, nonché l'obiettivo di  divorarlo tutto in una volta, per poi trovare Magnus in piedi accanto alla libreria che si rigira il proiettile fra le mani. 
«Sei ancora qui» è la prima cosa che le sue labbra pronunciano, e si pente immediatamente di quanto sia suonato brusco. Non gli dà affatto fastidio che Magnus sia qui. Magnus non gli dà mai fastidio —  a differenza degli altri che riescono a fargli saltare i nervi fin troppo facilmente. Magnus si sente consueto nello spazio di Alec.     
Magnus non risponde immediatamente, i suoi occhi sono fissi sul proiettile. Se lo rigira fra le dita, facendo scorrere il pollice lungo le scanalature causate dall'esaminazione. Alec lascia cadere il libro sul divano, dimenticato, e si avvicina a Magnus. Magnus indossa dei pantaloni larghi e una camicia sbottonata fino a metà del petto, sopra a cui vi sono delle collane; non è vestito per l'inverno newyorkese, quindi deve trovarsi da qualche altra parte, un posto caldo e tropicale. L'odore di legno di sandalo pizzica l'olfatto di Alec. Alec è consapevole che dev'essere di Magnus quel profumo, perché ha appena iniziato ad annusarlo, terroso, argilloso e piacevole. Fa un respiro profondo, finché può.           
«Avevo sperato di non dover più sentire un dolore simile di nuovo» dice Magnus, tranquillamente. Il suo sguardo è lontano e Alec percepisce le ondate di nostalgia che gli lambiscono i piedi. «Non dopo —».
«Non dopo?».
La bocca di Magnus s'indurisce ed egli tiene il proiettile fra il pollice e l'indice, alla luce. Il proiettile è grigio, nessuna traccia del bronzo deprezzato a causa del sangue di Alec, ora pulito.        
«Non dopo Ragnor e gli altri» dice Magnus. Il suo tono è difficile da interpretare: cogitabondo e malinconico, triste e furioso. Magnus è sempre così tanti sentimenti tutti in una volta. «Sentire qualcuno morire è ben lontano dal vederlo morire».        
«Mi dispiace» dice Alec. Magnus solleva lo sguardo su di lui, la sorpresa luccica nei suoi occhi scuri.
«Non devi scusarti, Alec» dice, delicatamente. «Non è stata colpa tua».  
«Non ci ho nemmeno pensato  — uhm. Che voi poteste sentire quando — già».  
Magnus riposiziona il proiettile sul tappo della bottiglia e poi si volta a fronteggiare Alec. I suoi occhi  strisciano  sulla mascella di Alec, sul suo mento, su fino all'attaccatura dei capelli, e poi scivolando rapidamente giù, lungo la sua gola, l'ampiezza delle sue spalle, le braccia che stringono i lembi della sua maglietta nera. Le dita di Magnus si contorcono, come se stesse considerando l'idea di toccarlo, ma poi si trattiene. Alec è curioso.   
«È stato doloroso?» chiede. Sta chiedendo un sacco di cose, in realtà. Non solo come ci si senta a percepire un'altra persona a cui hanno sparato, come se il proiettile stesse lacerando la sua stessa carne. Magnus lo sa.
«Estremamente» risponde Magnus.  





Note:
 
[1] In spagnolo significa fratello.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: theprophetlemonade_