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Autore: adorvlou    02/09/2017    0 recensioni
La vita del giovane e ricco newyorkese Gabriel Harris era da sempre stata programmata dal volere dei suoi genitori, due imprenditori di successo che avevano costruito un vero e proprio impero immobiliare.
Gabriel aveva la fama del ragazzo ricco e viziato, difficile da accontentare e con un cuore freddo, quasi impossibile da scalfire. Ma l'arrivo di Maggie, una ragazza che portava con sé un enorme peso, farà sì che Gabriel riscopra la gioia di vivere, facendogli conoscere un mondo che non era mai stato capace di vedere.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La pioggia continuava a battere forte sulle ampie vetrate della stanza, mentre le mani di Gabriel si muovevano veloci sulla tastiera del computer. 

Arrivato in ufficio aveva trovato un'immensa pila di scartoffie da trascrivere e sapeva già che quella giornata sarebbe stata molto pesante. 

Non erano poche le volte in cui provava rimorso per non aver scelto la strada del college. Era ben consapevole che se avesse portato avanti gli studi, avrebbe fatto molto di più che digitare al computer tutto il giorno. Non che essere uno dei ragazzi più ricchi di New York facendo il minimo degli sforzi non gli andasse bene, però voleva rendersi più utile all'interno dell'azienda di famiglia. Un giorno sarebbe spettato a lui il compito di dirigere l'attività e aveva il costante terrore di non essere in grado per via delle strade da lui intraprese, ma suo padre era fiducioso e questo lo rasserenava. 

Immerso nel lavoro quasi non si accorse che qualcuno stava bussando alla porta. -Avanti.- gli occhi erano ancora fissi sul monitor e le mani continuavano a scorrere sui tasti mentre la porta si apriva e una figura alta e snella faceva ingresso nell'ufficio. 
-Buongiorno signor Harris.- la donna entrò con passo lento all'interno della stanza per poi fermarsi di fronte alla scrivania di Gabriel. Lui la scrutò con attenzione. I suoi occhi verdi saettavano lungo il corpo della donna, analizzando ogni minimo particolare. Era alta, con dei lineamenti fin troppo perfetti per essere naturali, un tubino nero le avvolgeva perfettamente tutte le curve e la chioma castana le ricadeva lungo la schiena. 
Il ragazzo contorse la mascella e la fissò senza battere ciglio per qualche istante. -Lei dev'essere Alexandra, la nuova segretaria.
La donna sorrise e annuì con un cenno del capo. -Suo padre mi ha mandata qui, voleva che la informassi che oggi sarà in riunione tutto il giorno ed è costretto a rimandare il vostro pranzo.- Alexandra non sembrava intimorita da quegli occhi verdi che continuavano a scrutarla, anzi, sembrava quasi le piacesse sentirsi osservata in quel modo. 
-Perfetto, la ringrazio. Adesso può andare, sono sommerso dal lavoro e non ho tempo da perdere.- la donna lo guardò confusa, come se si aspettasse qualche commento inappropriato o un semplice complimento, ma Gabriel era già tornato a scrivere al computer. -Oh, Alexandra- disse richiamando la donna che era ormai in procinto di uscire dalla stanza - la prossima volta i capelli dovranno essere legati.- senza dire altro, senza nemmeno una smorfia, tornò al suo lavoro e la donna uscì dalla stanza. 

Poco dopo aver congedato al segretaria, Gabriel si alzò dalla poltrona e si diresse verso la vetrata che si apriva di fronte l'Empire State Building. Anche se la giornata era molto piovosa e cupa, l'ufficio era abbastanza luminoso da non dover accendere le luci. La stanza era circondata da grandi finestre e in un angolo vi erano dei divanetti e un tavolino dove spesso Gabriel sedeva per pranzare quando il lavoro era troppo intenso da non poter perdere tempo per uscire e mangiare qualcosa al ristorante. La parete che dava all'interno dell'edificio, era coperta da un'immensa libreria e qua e la erano sparsi dei quadri di valore non poco importante, mentre il pavimento era coperto da un enorme tappeto preso durante uno dei viaggi di famiglia. La sua scrivania, sempre in ordine, era posizionata davanti ad una delle vetrate, quasi di fronte alla porta d'ingresso. Era stato Gabriel a decidere la sistemazione di tutto quello che si trovava all'interno del suo ufficio. Era sempre stato molto bravo ad arredare le stanze e suo padre non aveva avuto nulla in contrario quando il figlio gli chiese di poterlo fare anche con il resto degli uffici dei familiari.

Da piccolo, quando andava a trovare suo padre a lavoro, rimaneva a fissare New York da una delle finestre del grande ufficio, sperando un giorno di poterne avere uno tutto suo. 
Ma ora che ne aveva la possibilità, sentiva che qualcosa mancava, ma non sapeva esattamente cosa. Era come se il lavoro che aveva sempre sognato fare, non lo appagasse più come una volta. Spesso riconosceva a se stesso di non essersi dato una possibilità, di aver permesso ai suoi genitori di programmare la sua intera vita, lavorativa e sociale. Ma d'altro canto non aveva di che lamentarsi, molti avrebbero lottato per ricevere lo stipendio che prendeva lui, facendo quel genere di lavoro. 
Lentamente si girò verso la scrivania e sbuffò quando si ricordò che tutti quei documenti aspettavano solo lui. -Mi servirebbe un collaboratore.- disse a se stesso sedendosi e riprendendo quello che aveva lasciato in sospeso.

Erano le tre di pomeriggio quando Gabriel riuscì a terminare tutto il lavoro e così decise di prendere una boccata d'aria. 

L'autista fermò l'auto do fronte ad uno dei locali preferiti da Gabriel: l'Honey Moon. Nonostante il nome non si addicesse minimamente alla personalità del ragazzo, andava in quel posto da quando aveva cominciato a lavorare nell'azienda di famiglia. Era vicino all'edificio e a qualsiasi ora del giorno lì dentro c'era sempre molta gente e molte ragazze. Non che a Gabriel importasse più di tanto, lui non era interessato a storie d'amore o roba simile, tutto quello che gli piaceva fare era usare le ragazze per poi gettarle via e passare alle successive. 
Aveva sviluppato questo comportamento verso i sedici anni, quando la sua ragazza lo aveva umiliato e lasciato senza dargli spiegazioni. Era la sua prima cotta e lo aveva devastato a tal punto da cambiare la sua visione dell'amore. 
Da quando Gabriel era stato lasciato non aveva più voluto nulla di serio, solo storie di una notte o anche di meno. 

Entrato nel locale si diresse verso il solito tavolo tenuto libero per lui. Sentiva gli occhi di tutte le ragazze fissarlo e un sorriso soddisfatto gli comparve sul viso. Era difficile che uno come Gabriel passasse inosservato; era un metro e ottanta di pura bellezza. Capelli neri e occhi marroni, delle labbra che chiunque avrebbe voluto assaporare almeno una volta. Persino da sotto il lungo cappotto invernale si intravedevano le braccia muscolose. 
Gabriel si sedette al tavolo togliendosi cappotto e sciarpa e prese il menù scrutandolo attentamente. 
Le luci erano soffuse e creavano l'atmosfera perfetta per chiunque avesse voglia di conoscere gente nuova. Il posto non era molto grande ed illuminato, c'erano solo poche finestre ma erano tutte coperte da tende. Un lungo bancone si trovava al centro del locale e diversi camerieri indaffarati correvano da un lato all'altro per soddisfare i clienti. Al centro di ogni tavolo c'era una semplice lampada da tavolo. Non era un posto eccessivo, era tutto molto semplice; la carta da parati bordeaux rendeva l'atmosfera ancora più misteriosa, su ogni muro era appeso un quadro che ritraeva due persone intente a baciarsi ma erano visibili solo le bocche. 
-Gabriel, sei in ritardo oggi. Pensavo non venissi più.- il ragazzo alzò gli occhi per guardare la cameriera e poi tornò a fissare il menù.
La donna si chiamava Carolina era una cameriera italiana trasferitasi da qualche mese nella grande mela e dal momento in cui aveva visto Gabriel aveva sempre provato a frasi notare, ma a lui non era mai importato delle sue attenzioni. -Siamo di cattivo umore, eh.- disse tentando di uscire da quella situazione imbarazzante. -Cosa posso portarti?
Dopo qualche secondo di silenzio, Gabriel chiuse il menù e lo poggiò sul tavolo. -Credo che oggi prenderò il solito, non ho voglia di cambiare.- ogni giorno si sedeva a quel tavolo e dopo aver guardato tutto il menù, sceglieva sempre lo stesso drink. Era diventata un'abitudine. 
-E io che pensavo che oggi sarebbe stato il giorno fortunato.- cercò di farlo sorridere ma fu inutile, Gabriel era già intento a mandare un messaggio. Così, Carolina si limitò a prendere l'ordinazione e sbuffando andò via. 

Era passata mezz'ora e dieci ragazze all'interno del locale si era avvicinate al tavolo di Gabriel nel tentativo di parlargli, ma nessuna era riuscita a soddisfare i suoi gusti. 
-Mi fanno un po' pena, a te no?- la voce proveniva dal tavolo di spalle a quello del ragazzo. 
Quando si girò vide una giovane ragazza seduta a sorseggiare un the caldo. Aveva due grandi occhi verdi e i capelli le ricadevano sul viso quasi a coprirle le folte sopracciglia. Su qualsiasi altro viso sarebbero sembrate orride, ma il suo era perfetto. Aveva dei lineamenti dolci e naturali. 
-Parli di quelle ragazze?- con un cenno del capo indicò il gruppo di amiche che continuavano a fissarlo e ridacchiare fra loro. -Sinceramente non mi importa di nessuna di loro.
La ragazza scosse la testa e sorrise. -Che non ti importava l'avevo notato alla settima ragazza che hai fatto tornare indietro. Sei sempre così spietato?- a quelle parole Gabriel si corrucciò in volto. 
-Non amo quel genere di persona.- disse indicando nuovamente quel gruppo seduto a pochi tavoli dal suo. -Purtroppo ho la sfortuna di trovarmi sempre circondato da gente così. Con il tempo ho imparato a ignorarle e basta. 
La ragazza sorrise e tornò a sorseggiare il suo the. 
Gabriel si accorse che mentre la guardava un accenno di sorriso apparse sul suo viso e si voltò prima che lei se ne accorgesse. 
-Ti ho visto.- disse ridendo nuovamente. -Mi stavi fissando, ma tranquillo, non dirò a nessuno che anche Gabriel Harris hai un cuore.- fece l'occhiolino e si alzò prendendo la sua roba per andare via. 
-Aspetta!- con un gesto veloce le afferrò il braccio. -Come fai a sapere chi sono?
-Ho tirato ad indovinare.- rispose. -E se adesso tu mi lasciassi andare, mi faresti un favore. Sono in ritardo per il lavoro.
Gabriel la lasciò rimanendo confuso dalle sue parole e la fissò mentre usciva dal locale.

-Ehi, fermati!- dopo averla vista uscire si accorse di non averlo chiesto il nome e corse fuori nel tentativo di trovarla. 
La ragazza era appena salita sul taxi quando lui la raggiunse. 
La ragazza abbassò il finestrino. -Pensavo che non è tanto corretto che tu sappia il mio nome ed io non conosca il tuo.
-Se te lo dicessi sarebbe tutto troppo semplice per te. Torneresti nel tuo ufficio e chiameresti qualcuno per cercare più informazioni possibili su di me così da potermi lasciare a bocca aperta al prossimo incontro.- rispose continuando a fissare i suoi occhi marroni. -È meglio che io rimanga quella ragazza conosciuta in un locale, credimi.- fece nuovamente l'occhiolino e chiudendo il finestrino disse all'autista di partire. 
Gabriel rimase in piedi su quel marciapiede guardando la macchina gialla che pian piano scompariva tra tutte le altre.
   
 
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