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Autore: LadyMintLeaf    03/09/2017    1 recensioni
"Lei era bella e gentile a tal punto che nessun'altro fuorché un folle avrebbe potuto desiderare di farle del male.
Ma Loki le aveva fatto del male, molto male; troppo forse, ed in un istante ad esso tornarono in mente un antico poema runico norvegese che aveva letto una volta in un libro proveniente da Midgard.
"Þurs vældr kvinna kvillu, kátr værðr fár af illu", diceva e tradotto, significava "Il gigante causa dolore alle donne, pochi uomini gioiscono della sfortuna.".
E forse lui non era figlio di uno di quei giganti che tanto facevano tremare la gente al solo sentirli nominare?
Ma no.
Lui non voleva essere considerato un mostro..... Non voleva fare del male a nessuna donna.
Eppure a Sigyn aveva già fatto del male."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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19 - Sigyn e Thor
 
 
Sigyn sedeva sul bordo del letto con le gambe unite, le braccia tese, con le mani posate rigidamente sulle ginocchia e lo sguardo fisso al suolo.
Stava riflettendo sulla propria condizione di involontaria moglie di un traditore e in quel momento si sentiva prigioniera quanto probabilmente lo era lo stesso Dio degli Inganni.
Era da tre giorni che chiedeva in continuazione agli Einherjar che avevano il compito di sorvegliarla, di poter uscire dalla propria camera, ma essi non la ascoltavano.
Per la verità non badavano quasi nemmeno a lei e alle sue parole e sempre la costringevano a tornare in stanza, con poche parole di rassicurazione che parevano recitare a memoria.
Erano sempre le stesse: non doveva preoccuparsi, tutto si sarebbe sistemato, Heimdall avrebbe trovato Theoric e lei non doveva fare niente altro se non aspettare e sperare che tutto andasse per il verso giusto.
Ma Sigyn era stanca di aspettare; stanca di sentirsi sempre ripetere le stesse parole, stanca di non poter fare nulla per ritrovare il suo promesso sposo.
Non aveva mai sperimentato un impazienza tale e forse stava veramente prendendo la decisione sbagliata, ma..... Non poteva continuare a restare chiusa in stanza ad aspettare che le cose si risolvessero da sole.
Questo, lei lo sapeva, non sarebbe mai successo.
Disperare o sperare in momenti come quelli non facevano alcuna differenza e lei si sentiva schiacciare dal peso delle proprie preoccupazioni.
Se sarebbe rimasta un giorno di più con le mani in mano, avrebbe finito lei stessa per impazzire.
Ed in un momento fu definitivamente certa di non poter più esitare.
Aveva già perso abbastanza tempo.
Tempo che poteva influire su molte cose e determinare la salvezza o la disfatta di Theoric.
Il Padre degli Dei, rifletté, si sarebbe probabilmente infuriato con lei, solo per il fatto che ella avesse deciso di lasciare la sua camera di nascosto, eludendo la sorveglianza delle guardie che, in pratica avrebbero dovuto proteggerla.
Questa volta, magari, sarebbe persino giunto a punire anche lei, come molte volte aveva minacciato di fare con tutti coloro che disobbedivano ai suoi ordini, ma ormai a Sigyn non importava.
Più della punizione, temeva la collera del Padre degli Dei, ma sapeva di non poter rimanere tranquillamente nella propria stanza mentre la sua vita si disfaceva e tutti i cittadini di Asgard la criticavano già, chiamandola moglie di un traditore, rivolgendosi a lei con appellativi ancor peggiori che ella non pensava di meritare.
Lo sapeva che le dame di compagnia; quelle che dicevano di esserle amiche, adesso la guardavano con sospetto, come se avesse scelto di sua spontanea volontà di sposare Loki.
Ma lei non lo voleva come marito; non lo aveva mai desiderato.
Era stata ingannata, solo che....
Nessuno pareva crederle tranne Odino, Thor, Sif ed i guerrieri che sapevano come erano andate realmente le cose, ma che la costringevano comunque a restare chiusa in camera, come se anch'ella avesse qualche colpa in tutto quello che stava accadendo al regno negli ultimi tempi.
No, ripeté di nuovo a sé stessa, non poteva aspettare oltre.
Non poteva attendere che Loki, l'unico a sapere la verità sul luogo in cui il capitano degli Einherjar era finito, venisse ucciso dalla propria follia, solo in una cella dimenticata nelle prigioni più remote del regno di Odino.
Ma sopratutto non poteva attendere che il suo amato Theoric perisse in ben altro modo su un pianeta lontano ed ostile.
Così, con quei pensieri che le riempivano la mente e una determinazione che raramente ella aveva provato, Sigyn si sollevò in fretta dal letto, accertandosi che l'ora fosse abbastanza tarda per agire indisturbata.
Poi, in fretta, si tolse l'abito lungo ed elegante che le impediva i movimenti e la costringeva sempre a camminare con un andatura non troppo veloce per evitare di inciampare nella lunga gonna fluente e afferrò fra le mani quelli più semplici che aveva nascosto sotto al letto quel giorno stesso, in previsione che giungesse la sera e che lei potesse finalmente mettere in atto il suo piano; ammesso che la vaga e folle idea che le turbinava da giorni nella mente fosse veramente un piano.
Era stato facile nascondere quegli abiti sotto al letto, senza che nessuno la notasse.
D'altronde agli Einherjar interessava soltanto che lei non lasciasse la propria stanza.
Quello che ella faceva oltre i confini della porta chiusa che la separava dal resto del palazzo di Odino, erano solo affari suoi.
Nessuno badava mai a lei.
Certo, ci sarebbe potuto essere il rischio che Heimdall scorgesse le sue mosse furtive, anche se indubbiamente il guardiano del Bifrost aveva ben altro a cui pensare in quei giorni e Sigyn si augurava vivamente che esso non indugiasse a spiare le mosse di una semplice dama di corte; almeno non fino a quando lei fosse riuscita a raggiungerlo all'osservatorio, in fondo al ponte dell'arcobaleno.
Perché era esattamente lì che lei aveva intenzione di dirigersi quella sera stessa.
Voleva andare da Heimdall e da Thor per parlare con loro e magari cercare di convincerli a lasciarla andare a far visita al Dio degli Inganni, rinchiuso nelle prigioni.
Sapeva di per certo che avrebbe trovato il Dio del tuono al Bifrost perché le era stato detto da Sif appena il giorno prima.
La donna guerriero le aveva fatto visita perché sentiva il bisogno di parlare con lei.
Più che per la solitudine a cui Sigyn era costretta, sembrava che la donna guerriero non riuscisse a pensare ad altro se non al Dio del Tuono e, quando aveva parlato con Sigyn l'aveva fatto solo per parlarle di Thor e della sua preoccupazione nei suoi confronti.
Sigyn la capiva e anche se Sif non l'avrebbe mai ammesso apertamente, era ben evidente che era infatuata di Thor.
Almeno, pensò amaramente Sigyn, la donna guerriero sapeva dove si trovava in quel momento l'uomo di cui le era cara la vita.
Lei non poteva certo dire lo stesso.
Sif le aveva detto che era dalla notte in cui Loki era stato condotto in cella che il principe Thor non aveva abbandonato l'osservatorio di Heimdall neppure un istante.
Stava scrutando insieme al guardiano dalla pelle nera i nove regni e non si sarebbe dato pace fin quando non avesse scovato l'ubicazione di Theoric.
Lui come Sigyn sembrava voler agire e non solo restare ad aspettare che qualcosa accadesse e che il capitano degli Einherjar tornasse da loro come per magia.
Per questo Sigyn stava pensando di andare da lui.
Forse il principe Thor sarebbe stato più ragionevole del Padre degli dei e l'avrebbe aiutata nei suoi intenti.
Forse, l'avrebbe aiutata ad incontrarsi con il Dio degli Inganni per quell'ultima volta.
Sigyn aveva solo questa possibilità per poter parlare con Loki e chiedergli di Theoric e voleva usarla al meglio.
Sospirando, la giovane donna finì di indossare gli abiti che aveva preparato per l'occasione e si volse verso lo specchio alto che riempiva una porzione della parete destra della camera da letto, salendo dal pavimento quasi fino a raggiungere il soffitto, osservando con occhio critico la sua immagine riflessa.
Al primo istante ebbe quasi l'impressione che a guardarla dallo specchio fosse un'altra donna, totalmente diversa da lei.
Quelli che aveva indossato erano abiti molto differenti da quelli che lei era solita portare, di foggia leggermente maschile, fatti per le donne come lady Sif, che preferivano combattere ed andare a cavallo, piuttosto che restare chiuse nella reggia del Padre degli Dei a svolgere i compiti di una comune ancella.
Era stata per l'appunto la stessa donna guerriera a fargliene dono, il giorno del suo fidanzamento ufficiale con Theoric.
Da allora erano trascorsi un paio di anni e Sigyn non aveva mai avuto modo di indossare quell'abito.
Lo aveva lasciato così, dimenticato in un armadio, a fare la polvere, almeno fino ad ora.
Adesso quell'indumento che, molte altre volte ella aveva disdegnato, le appariva il più adatto da indossare per la missione che ella stessa si era proposta di portare a termine entro quella notte.
Il vestito era composto da lunghi calzoni aderenti, da una casacca azzurra ricamata, che le scendeva più lunga da un lato in una frangia di stoffa sottile, e degli stivali alti, che le riparavano le ginocchia con placche di metallo, proprio come quelli indossati dalla stessa Sif.
C'erano anche dei lunghi bracciali anch'essi di metallo, ma Sigyn non se la sentiva di indossarli.
Era certa che le avrebbero impedito i movimenti e poi, l'avrebbero fatta sentire strana, simile ad una guerriera, e certo lei non lo era e nemmeno avrebbe mai desiderato esserlo.
Con quel genere di vestiti si sentiva strana e quasi impacciata, ma non si soffermò troppo a farci caso.
Aveva raccolto i capelli dietro la testa in una piccola coda, ma per il resto le scendevano ancora lunghi sulle spalle, leggermente scomposti e ondulati.
Esitando ancora un istante, smise di guardarsi allo specchio e lasciò che il proprio sguardo vagasse per la stanza, come se quella fosse stata l'ultima volta che ella avrebbe visto quel luogo sicuro e confortevole, adesso tuttavia tanto simile ad una specie di prigione.
Non sapeva bene perché provasse quelle strane emozioni, ma aveva quasi l'impressione di stare dando addio a tutto quello che ella era stata fino ad allora.
Scosse il capo, per scacciare quei pensieri inopportuni e tornò a volgere lo sguardo verso il proprio letto, sistemato accanto alla finestra che si affacciava sul vasto giardino della reggia; sul lato riservato agli ospiti e ai servitori.
Aveva già legato insieme lenzuola e abiti e, dopo averne fatto una lunga corda, l'aveva assicurata strettamente ad una gamba del letto.
Sigyn nascose quindi qualche cuscino sotto il lenzuolo, per dare l'impressione di essere ancora a letto a dormire.
Quel trucco poteva funzionare solo se nessuno si fosse avvicinato abbastanza al letto da poter guardare sotto alle lenzuola, e fortunatamente lei sapeva bene che nessuno degli Einherjar disposti a fare la guardia alla sua camera, avrebbero mai osato entrare in camera sua per vedere cosa ella stesse facendo.
A loro non interessava come Sigyn stava.
Bastava che non si muovesse da lì.
Mentre si spostava ansiosamente per la camera, Sigyn continuava a ripetere a sè stessa che quello era solo un piccolo inganno, innocuo e necessario, e che lei con quelle sue azioni non avrebbe causato nessun danno ad alcuno; tranne forse che a sé stessa.
Ovviamente non era nelle sue intenzioni disobbedire agli ordini del Padre degli Dei, che le aveva imposto il divieto di lasciare la propria camera, ma Sigyn non poteva continuare a restare ad aspettare che le cose si risolvessero da sole.
Odino e tutti gli altri affermavano che lei non doveva lasciare la propria camera per semplici questioni di sicurezza, ma era da un po che Sigyn aveva invece iniziato a sentirsi come se fosse una specie di prigioniera.
Non capiva da che cosa il Padre degli Dei volesse proteggerla.
In fretta, senza altre esitazioni, si calò di sotto.
La discesa non fu per nulla semplice, ma alla fine, Sigyn riuscì a toccare terra con i piedi e un sospiro le sfuggì dalle labbra.
Per il momento tutto stava andando bene.
Non perse tempo a cercare di nascondere la lunga corda fatta di abiti e lenzuola che pendeva dalla finestra della sua camera fin nel giardino.
Invece si allontanò immediatamente da essa; muovendosi in fretta e il più silenziosamente possibile.
Con i suoi vecchi abiti non sarebbe mai riuscita a muoversi con tanta scioltezza e agilità e improvvisamente si rallegrò di aver preso la decisione di indossare quegli abiti molto più comodi.
Forse non la facevano sembrare una perfetta dama di corte, ma era molto meglio così, visto che lei non desiderava attirare l'attenzione di nessuno.
Attraversò in fretta il giardino, dirigendosi verso la siepe divisoria che cintava quella parte di Asgard appena fuori dalle mura del palazzo di Odino e mentre correva sentì l'aria della notte imminente colpirla sul viso, fresca e leggera.
Passò sotto le fronde degli alberi che di giorno davano ombra ai vasti giardini, cercando di non far scorgere la sua sagoma alla sentinella di vedetta, che di certo, come tutte le altre notti, pattugliava i dintorni del palazzo reale.
I suoi sforzi, parevano comunque sprecati, visto che mentre correva aveva l'impressione che il mondo attorno a lei fosse immobile, le finestre e le ampie verande del palazzo buie e silenziose, la gente della Città Eterna già addormentata o in procinto di prendere sonno.
Continuando a muoversi il più silenziosamente possibile, Sigyn seguì uno stretto sentiero che conduceva al recinto dei cavalli e all'ingresso delle scuderie.
Gli stallieri se ne erano andati già da qualche tempo, dopo aver dato da mangiare ai cavalli; perciò per Sigyn non fu difficile entrare nelle stalle.
Con una certa cautela, sollevò il saliscendi di legno e, aprendo il grande portone che dava accesso alle stalle, vi si infilò dentro agilmente.
Grandi bracieri d'ottone illuminavano una doppia fila di stalle e nel silenzio, l'unico rumore che la donna poteva udire erano si suoi passi affrettati.
Avvertendo la presenza di un estraneo, i cavalli avevano iniziato a nitrire sommessamente e a battere impazientemente gli zoccoli a terra.
Sigyn ringraziò il cielo che, a quell'ora tarda non vi fosse nessuno nei pressi delle scuderie, altrimenti con il baccano che i cavalli stavano facendo, gli Einherjar avrebbero potuto immediatamente scoprirla.
La donna dai capelli biondi si fermò davanti ad una stalla a caso e si volse ad osservare l'animale alto e dall'aria nobile che vi stava rinchiuso all'interno.
Era un cavallo meraviglioso; come tutti quelli che vivevano nella Città Eterna, che venivano sempre trattati con la massima cura.
Il suo manto era completamente bianco; il suo sguardo limpido e quando esso vide la giovane donna ferma a pochi passi da lui, scosse leggermente il capo, nitrendo sommessamente.
Sigyn gli si accostò, facendogli segno di tacere con un dito sulle labbra; aprendo il cancello di legno che ancora la separava dall'animale e chiedendosi al contempo se, dopo tanti anni, fosse ancora capace di cavalcare senza timore.
Era da tanto che non saliva in groppa ad un cavallo ed aveva paura di essersi scordata come esso si conduceva.
Più che altro, la spaventava l'idea che l'animale potesse rifiutarla, non riconoscendone l'odore o captando la sua preoccupazione.
Il cavallo nitrì debolmente, ma non sembrò spaventato dalla presenza della esile donna pallida che lo osservava, avvicinandosi a lui, titubante.
Mentre osservava l'animale ed i suoi occhi marroni, enormi e liquidi, Sigyn sorrise lievemente, dimenticando per un solo, fuggevole attimo la propria ansia.
Quel cavallo le ricordava quello che lei aveva da piccola, a casa sua.
Era davvero da tanto, forse da troppo tempo che non cavalcava libera nel vento.
Accarezzò ancora per un attimo la morbida testa del cavallo, grattandogli le orecchie, poi, dopo avergli mormorato qualche parola gentile, lo sellò, gli mise le briglie e lo condusse in silenzio fuori dalla stalla, lungo il sentiero lastricato d'oro che portava al Bifrost.
Il cavallo la seguì docilmente, senza fare storie, fidandosi quasi per istinto di quella donna piccola e gentile.
Solo quando fu giunta all'estremità del Ponte dell'Arcobaleno, Sigyn tornò a voltarsi verso il cavallo che la seguiva e, dopo averlo carezzato un ultima volta, montò in sella.
Dopo di che, si avvolse più strettamente il mantello azzurro attorno al copro, per proteggersi dal vento della notte e scosse le redini, incitando il cavallo dal manto bianco al galoppo.
Fu allora che si accorse con meraviglia che nulla era cambiato da quando era piccola; e da quando tanti anni prima, aveva cavalcato per l'ultima volta, diretta ad Asgard, per incontrare il suo promesso sposo, Theoric.
 
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All'altro lato del Bifrost, lo stesso vento che sfiorava il viso della donna, soffiava contro la faccia barbuta di Thor, muovendo i suoi lunghi capelli biondi da una parte all'altra del viso.
Il rumore sciabordante delle onde che si infrangevano contro gli enormi pilastri che sorreggevano il Ponte dell'Arcobaleno, accompagnavano la cadenza ritmica dei suoi passi agitati, mentre il Dio del Tuono camminava avanti e indietro nel grande osservatorio di Heimdall.
Alle sue spalle, il guardiano dalla pelle scura, stava immobile dinnanzi al Bifrost in quel momento inattivo, scrutando attraverso l'apertura circolare nella cupola dorata tutti i mondi sottostanti.
Erano lì da tre giorni e Thor non si era allontanato dal Bifrost nemmeno per mangiare, ordinando che il cibo gli venisse portato direttamente sul ponte.
Era agitato e nervoso e non vedeva l'ora di poter agire di nuovo.
Thor non era mai stato un uomo paziente ed in quel momento sembrava lui il principe imprigionato tanto era grande il suo desiderio di fare qualcosa di diverso dal camminare qua e la senza una meta precisa.
Per un breve attimo ancora, il Dio del Tuono continuò a camminare lungo il bordo del Bifrost; poi si volse di scatto verso Heimdall, interpellandolo con voce ferma e pressante: << Ebbene, riesci a vederlo? è da giorni interi che scruti incessantemente i nove regni ed ancora non abbiamo ottenuto nessun risultato. >>.
<< Bisogna che tu impari a portare pazienza, mio principe. >> lo rimproverò la sentinella dalla pelle scura, senza staccare lo sguardo dai regni lontani, che lui riusciva a vedere distintamente.
<< Pazienza?! >> Thor scosse il capo, nervosamente, alzando la voce: << Tutti quanti mi dicono di portare pazienza, ma non è con la pazienza che si risolvono le cose! >>.
<< Non in questo caso. >> lo contraddisse l'altro.
<< Mi domando quanto ancora mio padre abbia intenzione di tenerci qui ad Asgard, senza il permesso di partire. >> sbuffò Thor, ravviandosi una ciocca di lunghi capelli biondi che gli era finita davanti al volto.
<< Partire? >> Heimdall finalmente smise di scrutare le profondità dello spazio e si volse verso il principe; un'aria dubbiosa sul volto scuro: << E dove vorresti andare, principe Thor? >>.
<< Un mondo vale l'altro. >> rispose lui, sbrigativamente: << Possiamo ricominciare le ricerche di Theoric, anche da subito. Sif e gli altri sarebbero con me, ne sono certo. >>.
<< Tuo padre l'ha vietato. Vuole che tutti restino nel regno. >> gli ricordò Heimdall, mantenendo una calma quasi irritante.
<< Mio padre.... >> Thor scosse il capo, reprimendo un improvviso moto di collera: << Da quando è tornato a governare su Asgard, sembra mosso solamente dall'odio per mio fratello. Non pensa ad altro che a vendicarsi di lui. >>.
Per un istante né Thor né Heimdall parlarono più.
Poi, il guardiano del Bifrost disse fermamente: << Loki gli ha arrecato un grave torto, sottraendogli il trono e governando al posto suo, mentre lui era prigioniero nelle celle sotto incantesimo. >>.
<< Già, ma mi domando se davvero il regno di Loki fosse tanto diverso dal suo. >> mugugnò Thor, scuotendo la testa e ricominciando a passeggiare sul ponte con andatura veloce, quasi come se fosse diretto ad una battaglia: <<  In questo momento mio padre sembra totalmente accecato dall'ira. Non pensa a Theoric e alla sua sorte? >>.
<< Il Padre degli Dei crede che sia meglio per tutti restare ad Asgard, al sicuro, per il momento. >> gli fece notare Heimdall: << Teme che Loki abbia solamente raccontato nuove bugie riguardo Theoric. è propenso a credere che il Capitano degli Einherjar sia ancora qui nel regno, da qualche parte e che tuo fratello non abbia fatto altro che ingannarvi nuovamente affermando di aver spedito Theoric su un pianeta lontano. >>.
Thor annuì, riflettendo: << Pensa ad un nuovo inganno di Loki, ma.... Se si stesse sbagliando, questa volta? >>.
Heimdall non rispose immediatamente.
I suoi occhi si fecero di colpo distanti, mentre lui sollevava il capo verso un punto imprecisato del ponte, su qualcosa che solo lui pareva riuscire a scorgere.
Thor si accorse del cambiamento in Heimdall, ma non disse nulla.
Si limitò ad aspettare che fosse l'altro a dirgli quello che aveva visto.
<< Credo che presto lo scopriremo. >> mormorò questo, vagamente.
<< Come? >> Thor aggrottò la fronte confuso, decidendosi a domandare: << Che cosa hai visto? >>.
<< Lei sta arrivando. >> replicò Heimdall con un vago sorriso sulle labbra.
Thor continuò a fissarlo con l'aria di chi ha appena visto un folletto dei boschi comparire davanti ai suoi occhi dal nulla.
<< Lei? >> domandò dubbioso.
<< Lady Sigyn sta venendo qui. >> rispose semplicemente il guardiano dalla pelle scura: <<  è da un po che mi sono accorto delle sue mosse, ma non ho detto nulla. Volevo capire cosa avesse in mente. >>.
<< E l'hai capito? >> tornò ad interrogarlo Thor, ancora confuso.
<< Immagino voglia il tuo aiuto per andare a cercare il suo promesso sposo. >> disse Heimdall, continuando a sorridere: << A quanto pare, non sei l'unico che pensa di agire invece di restare con le mani in mano ad aspettare. >>.
  
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