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Autore: theprophetlemonade_    04/09/2017    4 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
[Malec + Sense8 Clusters!AU → NON È NECESSARIO CONOSCERE SENSE8 PER POTER LEGGERE LA FIC]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno ciurma! 
Come procede da voi? Da me c'è fresco e finalmente ho potuto tornare a mettere i miei adorati maglioncini. L'inverno sta arrivando (pun intended) ed io sono felicissima. Anche se devo correre immediatamente a studiare perché mercoledì ho un esame importante e l'ansia inizia a farsi sentire in modo prepotente: in momenti come questi desidererei anch'io far parte di un cluster e poter prendere in prestito da qualcuno le conoscenze che mi mancano. Purtroppo non si può, quindi speriamo che Raziel vegli su di me. 
La smetto di sproloquiare e vi lascio questo capitolo dolcissimo. Grazie come al solito per le visualizzazioni, le recensioni e chi ha inserito la storia fra le preferite/seguite/ricordate. Siete davvero tanti e non immaginavo una risposta tale. Grazie di cuore. 
Buona lettura e buona giornata, a giovedì! 
Starsfallinglikerain.


 
Capitolo 8
 
 
 
È un pensiero che spaventa, dice Magnus ad Alec, che sia possibile innamorarsi di una persona in un istante e tuttavia impiegare una vita per dimenticarla.
Alec non chiede a Magnus del suo primo cluster, ma non deve nemmeno farlo. Risulta che Magnus è disponibile a condividerlo, steso sul divano di Alec, puntellato su un braccio e con i piedi in grembo ad Alec, mentre Alec legge.           
Alec trascorre molti giorni in questo modo, sentendosi come se stesse fluttuando in una qualche sorta di sogno. La voce di Magnus è rassicurante, ma mai monotona — racconta storie come se fosse nato per farlo, le parole prendono vita nella sua bocca, colorate, vivide e tangibili.      
Magnus aveva diciott'anni la prima volta che aveva guardato qualcuno, dall'altra parte della stanza, che non era davvero lì e aveva capito, intrinsecamente, che sarebbe stato importante. Ricorda con affetto le sue prime otto anime gemelle: la bellissima Camille, l'intelligente Tessa[1], il burbero Ragnor. Parla della connessione come fosse magica, come fosse santa, come fosse amore e incanta Alec. Alec ascolta con gli occhi spalancati e rapito, e quando le mani di Magnus sfiorano la sua spalla  quando sta esprimendo un concetto,  o quando Magnus incrocia e disincrocia le caviglie nel suo grembo, cercando di mettersi più comodo, questo calore dorato che è sbocciato nel petto di Alec per così tanto tempo sembra fiorire.
Magnus non è come gli altri. 
La presenza di Magnus indugia anche dopo che se n'è andato. Alec ricorda la sensazione di lui, il modo in cui la luce del sole che filtra attraverso le imposte si piega attorno a Magnus, molto più decisa di quella che Alec ha con il resto del cluster. Alec non è certo che sia solo perché Magnus ha un tale controllo sul visitarlo o se sia che Alec desidera sfrontatamente che lo visiti il più possibile, o se sia completamente un'altra cosa. 
Tuttavia, essere intrappolato nell'appartamento mentre si rimette in sesto... lo rende grato per la compagnia, nonostante tutto.       

 
___________________
 
«Ti mancano?» chiede Alec una notte.        
La neve si è fatta alta e ora New York ne è sommersa. Le strade sono sinistramente vuote, la città silenziosa. Alec è stato in piedi davanti alla finestra per un po' a guardare il suo vicino cercare di far emergere la propria auto da sotto un cumulo di neve, senza molto successo. Magnus era arrivato con una risata ansimante al fianco di Alec, proprio mentre il suo vicino era scivolato sul ghiaccio ed era rimasto in piedi a stento. Rapidamente, c'era calore nell'appartamento pieno di spifferi di Alec, ed erano rimasti in piedi insieme a guardare fino a che l'uomo finalmente si allontanava con gli pneumatici che stridevano sulla neve a malapena compattata al suolo.       
«Gli altri» continua Alec, mentre le luci posteriori scompaiono nell'aria densa. «Il tuo primo cluster, intendo».
«Certo» risponde Magnus con facilità. Si volta per guardare Alec, una mano appoggiata sul davanzale. «Perché me lo chiedi?».        
Alec non sa come esprimerlo. Vuole dire: Noi siamo diversi da loro?  Vuole dire: Ti prendevi cura di loro tanto quanto ti prendi cura di noi? Vuole dire: Chi era fra di loro quello con cui eri maggiormente connesso?
Vuole dire: Perché a volte alle tre del mattino ti senti solo, o sei ferito, o sei arrabbiato ed io non so il perché, ma voglio saperlo.           
Alec fa spallucce svogliatamente.     
«Me lo stavo solo chiedendo» dice. «Tu, uhm. Tu ti preoccupi molto per noi, e stavo solo — Stavo pensando se fosse lo stesso con loro».    
«Ho voluto molto bene a tutti loro. E mi mancano moltissimo».    
Magnus ora sta osservando Alec con un'espressione che Alec non è sicuro di conoscere. È intensa ed è contorta ed è così complicata che non sa da dove cominciare a smantellarla. Gli occhi di Magnus cercano il suo volto e ciò dà ad Alec il coraggio di chiedergli qualcosa che gli pesava sulla coscienza dalla sparatoria, dal momento in cui si erano incontrati per la prima volta all'ospedale, e successivamente ogni mattina.
«C'era, uhm. C'era uno di loro che..?».        
«Che visitavo più degli altri?».         
«Sì» sospira Alec.      
«No».

 
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«Allora, Magnus è di buon umore ultimamente» dice Jace, apparendo nello specchio mentre Alec  si rade la nuca. Alec aggrotta le sopracciglia, sollevando il rasoio, infastidito dal fatto che non può più vedere il suo riflesso.
«Quindi?» chiede Alec.        
«Quindi»  ripete Jace. «Gli piaci».    
«Sono contento» afferma Alec, conciso. «Tutta questa questione della connessione sarebbe davvero peggiore se non ci piacessimo a vicenda. Posso testimoniarlo».        
«Non c'è bisogno di essere sarcastico. Sai che non è quello che intendevo» sospira Jace. Incrocia le braccia sul petto e riserva uno sguardo deciso ad Alec nello specchio, ma Alec resta impassibile, non sbatte nemmeno le palpebre. Jace è il primo a mollare la presa. «Ugh. Sei impossibile». 
«E tu sei fastidioso. Posso finire di radermi?».        
Jace gli fa il dito medio prima di andarsene e Alec alza gli occhi al cielo, sporgendosi verso lo specchio per finire il lavoro. Le sue guance sono rosse e chiazzate, nota. Le tocca con le dita e sono calde. C'è qualcosa di avvolto in una stretta spirale nella sua gola. Qualcuno, da qualche parte, ride spensieratamente.
Grandioso.

 
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«Com'è stato il tuo primo giorno, hermano?» chiede Izzy, un uragano che attraversa la porta d'ingresso. Sono passate tre settimane e quattro giorni dalla sparatoria e Alec è tornato in uniforme. Gli è mancato, in un certo senso, perché stava diventando irrequieto nel suo appartamento, incapace di fare qualcosa di produttivo. L'inamidatura della sua camicia, lo scricchiolio delle sue scarpe, il peso della pistola alla cintura... sono tutte costanti familiari, e lo fanno sentire normale, in qualsiasi modo possa essere normale.
«Bene» dice semplicemente, perché è andata così. Bene, ecco tutto. Clary e Simon si erano seduti con lui nell'auto per tutto il tragitto verso il distretto, cercando di fingere di non essere lì per tenerlo d'occhio, e poi Raj e gli altri ufficiali gli avevano portato una torta e un regalo di bentornato e l'avevano messo in imbarazzo con tre brindisi, e Maia si era fermata a chiacchierare durante la pausa. Alec si sente ancora un po' coccolato — qualcosa di cui non ha mai potuto godere particolarmente — ma qualsiasi irritazione lo avesse permeato era evaporata verso il cielo quando aveva lasciato la centrale quel pomeriggio solo per trovare Magnus appoggiato con naturalezza contro la sua auto.           
Avevano parlato per tutto il tragitto di ritorno, Magnus l'aveva seguito nell'appartamento, lamentandosi animatamente di un suo nuovo cliente, che semplicemente non accetterà un no come risposta. Magnus si era inasprito e Alec l'aveva trovato tenero, le sue guance si arrossavano ogni volta che Magnus si voltava a guardarlo, alla ricerca della sua convalida riguardo a ciò che gli stava raccontando.         
Alec sorride al pensiero.        
«Evidentemente è andata anche meglio di "bene"» sorride Izzy, lasciandosi cadere al suo fianco sul divano. «Quel sorriso per cos'è?».    
Alec sta pensando da un po' di raccontarlo ad Izzy. Sa che Clary l'ha detto sia a Jocelyn che a Luke, tempo fa. Maia dice che le basta la psicoterapia che riceve dal raccontarlo ad un uomo d'affari davvero ubriaco che si reca al bar e non ricorderà mai la conversazione la mattina successiva. E Magnus... Magnus ha la sua amica Catarina, che conosceva Magnus anche durante il suo primo cluster.       
Alec pensa che potrebbe andare bene. Qualcuno di reale, qualcuno di tangibile che ne è a conoscenza. Cose come la rassicurazione, l'accettazione, il conforto — tutte quelle cose che Alec ha desiderato ardentemente per la maggior parte della sua vita.   
Si chiede come la prenderebbe Izzy, se le raccontasse delle altre sette persone con cui condivide la testa.
«Ti vuole bene» dice Magnus, vicino. «Non ti volterebbe le spalle».         
Presto, allora, pensa Alec. Ha bisogno di tempo per mettere insieme le parole. Ma presto. Glielo dirò presto.
Apparendo sul divano al fianco di Izzy, Magnus gli riserva un sorriso caloroso.   

 
___________________
 
Un'altra volta le tre del mattino. La neve ha iniziato a sciogliersi, ma ciò significa che non smette di piovere da una settimana, forse di più. Alec quasi non riesce a ricordare l'ultima volta che non c'era dell'acqua al suolo. La pioggia  sferza il vetro della finestra, aggressiva e battente, e lo tiene sveglio. Riesce a sentire Izzy che ancora perde tempo nella stanza accanto, appena tornata dal turno di notte dall'ufficio del coroner; sta canticchiando, pensa Alec, ma il suono si perde facilmente nel frastuono del temporale.       
Il vento è rumoroso, ma la musica da qualche parte lo è di più.      
Sembra quasi swing o jazz o qualcosa di retrò, canticchiata e di lusso. Non è una musica da discoteca; non si insinua sotto la sua pelle e non fa pulsare le sue vene al suono dei bassi. Piuttosto, è roteante e bizzarra e sembra che volteggi per la stanza.  
Qualcuno è ad una festa e Alec non ha più bisogno di pensare per sapere se è Magnus. Mentre si tira a sedere e si appoggia contro la testiera del letto, la sua testa si muove con leggerezza e si sente stordito dall'impossibile, frivolo afflusso di alcol. Ha già condiviso un paio di postumi della sbornia con Jace in passato, ma questo è nuovo.     
Ad Alec non piace bere; odia essere compromesso e odia ancor di più la nausea del vino o della vodka che si accumulano nel suo stomaco. Ma... Ora sente l'annebbiamento felice dell'alcol senza la nausea e senza la perdita di giudizio ed è quasi accettabile. Magnus è felice, ovunque sia; si sta divertendo, sta ridendo, è con persone che gli vogliono bene.           
Alec chiude gli occhi e cerca di concentrarsi sulla sensazione per trasportarsi lì, ma la pioggia riemerge, come un tuono nei suoi pensieri. Non riesce ad evadere dall'appartamento. Sospira pesantemente.
«Tesoro» ride Magnus e Alec sussulterebbe se si trattasse di qualcun altro. Invece, si volta verso la porta e sorride timidamente a Magnus, che sta lì in piedi. I capelli di Magnus sono pettinati alti, il colore scuro attorno ai suoi occhi è fosco ed intenso. La sua camicia è viola e abbellita con dell'oro; fra le sue mani tiene un bicchiere di whiskey, pieno dello stesso colore dorato. Rapidamente, Alec si chiede se dovesse scomparire qualora Magnus lo appoggiasse. «Non ti sto tenendo sveglio, vero?».          
Alec scuote il capo.   
«No. No, va bene, io — Io ho il turno di pomeriggio».       
Magnus sorride timidamente, inclinando il capo mentre fissa Alec spudoratamente. Alec si chiede se sia ubriaco, o almeno brillo, perché c'è qualcosa di incustodito nei suoi occhi.     
«Bene» dice. Fa un passo avanti, verso il letto di Alec, e si siede ai suoi piedi, accavallando le gambe. Prende un sorso di whiskey; il suo pomo d'Adamo va su e giù. «Bene. Ottimo».       
«Sei... Ad una festa?» chiede Alec.
«Siamo ad una festa» ammette Magnus, inclinando il bicchiere nella direzione di Alec. C'è ancora ilarità nel suo sguardo e Alec pensa che sia bella, su di lui. «Lo sono. È il compleanno di Catarina. I trent'anni devono essere festeggiati in grande stile, anche se lo negherebbe severamente».  
«E non manchi loro se sei qui?» chiede Alec.          
«Oh, per favore» ride Magnus. Si porta il drink alle labbra, ma il suo sorriso è troppo ampio per prendere un sorso. «Sono tutti troppo ubriachi per notarlo. E ho fatto cose ben peggiori che parlare da solo quando sono ubriaco, credimi».        
Dà amorevolmente dei colpetti alle caviglie di Alec attraverso il piumone e ad Alec non dovrebbe mancare il respiro, invece succede.         
«Inoltre» continua Magnus, spontaneo. «Chi sono io per rinunciare ad una chiacchierata con te? Sapevo che non stavi dormendo. Come al solito».     
«Senti chi parla» lo prende in giro Alec, il suo sguardo vaga dagli occhi di Magnus al copriletto e poi tornano di nuovo su Magnus. «Tu non dormi mai. Riesco sempre a sentirti quando sei sveglio».      
«Giusto».  Il sorriso di Magnus si fa ancora più ampio. Sta guardando Alec come se fosse l'unica cosa presente in quella stanza. «E come mi senti adesso?».   
«Felice» sussurra Alec. «Ti senti... Felice». 
Alec sente una vampata d'affetto nel suo petto.      
«Lo sono» afferma Magnus. Guarda qualcosa che Alec non riesce a vedere — forse i suoi amici che scherzano o che danzano e cantano o che perdono i sensi sul suo divano, da qualche parte — e la sua espressione diventa incredibilmente affettuosa.  «E tu?».           
«Io?».
«Certo» sorride Magnus. Le sue spalle si rilassano e si sistema più comodamente ai piedi del letto di Alec. «Catarina è crollata. Le ho detto che il gin tonic porta guai. Si dimentica sempre cos'è successo ad Amsterdam. Ma... Io ho ancora un drink da finire, e mi piacerebbe un po' di compagnia. Dunque, Alexander — dimmi come ti senti».   
Alec si chiede se siano le prime ore del mattino o semplicemente Magnus che parla liberamente. Forse è l'alcol nell'alito di Magnus che fa sì che le parole vengano più facilmente ad Alec; si sente più lucido, meno impacciato.
Non inciampano in una conversazione spicciola quando non c'è una conversazione simile — Magnus rende ogni parola magniloquente e grandiosa. Mormora e annuisce quando Alec parla, ingoiando ogni parola. Le orecchie di Alec vanno a fuoco quando racconta a Magnus di tutte le notti in cui l'ha percepito alle tre e Magnus fa una risatina quando Alec ricorda quelle volte in cui ha provato frustrazione, rabbia persino, attraverso il loro legame. Clienti infernali, spiega Magnus, una volta, la mia serie tv preferita è stata cancellata, un'altra volta, stavo pensando a Camille, senza spiegazione.  
Alec vuole chiedergli anche delle volte in cui l'ha sentito triste, vuole chiedergli della solitudine, ma invece sceglie di chiedergli delle notti in cui si è sentito vivo. Magnus lo intrattiene con racconti di casi affermati in cui ha vinto la causa, delle visite a Maia nelle discoteche rumorose ed eclettiche di Tokyo, della notte in cui realizzò per la prima volta che il sentimento austero nel suo petto apparteneva ad Alec e non poté fare a meno di essere entusiasta.  
Alec non sa dire quanto a lungo abbiano parlato, ma Magnus termina di bere il suo whiskey molto prima di andarsene. Strisce color lilla filtrano dalle imposte, spazzando via il grigiore dei nembi.  Magnus resta, seduto ai piedi del letto di Alec, ad ascoltare sinceramente ogni cosa che Alec dice e Alec si sente così desiderato.
Quando il sole infine spunta all'orizzonte, irrompendo fra i palazzi, Magnus se ne va con uno sbadiglio e  gli occhi di Alec si chiudono. Si addormenta felice e desidera di potersi sentire così sempre. È una novità, ed è strano e delicato, ma, Dio, è meraviglioso.       
Buonanotte, uomo nella mia testa.    
Desidera che duri, ma non è così ingenuo da sperare.         



Note:
 
[1] protagonista femminile della trilogia The infernal devices (o Shadowhunters - Le origini) di Cassandra Clare.
   
 
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