Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
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Autore: Fox2_Fox    05/09/2017    1 recensioni
|Storia a OC tutta italiana, le iscrizioni sono chiuse, circa, in verità si può ancora partecipare|
15 Settembre, Firenze
Una ragazza cammina nell'ombra, un mantello rattoppato ad avvolgerla, il passo silente e la luna alle spalle, i guanti macchiati di sangue.
18 Ottobre, Catania
Un uomo ride sguaiato alle parole d'un altro e, ubriaco, s'alza in piedi con una pistola legata alla cintola. Uno sparo.
21 Novembre, Cagliari
Un bambino si dibatte, urlando, le pupille dilatate e la gola in fiamme. Piove, e un traghetto si allontana nella notte, le stelle coperte da una spessa coltre di nubi.
24 Dicembre, Torino
Una coppia d'amanti sussurra nell'ombra con un mostro da un solo occhio, una lupa grigia li veglia dall'alto, invisibile, nascosta tra le ossa dei morti.
27 Gennaio, Roma
In una Sala cinque potenti parlano del destino degli uomini che li hanno scelti per quella carica. Hanno una soluzione, forse, ma il sangue potrebbe scorrere. Fuori nevica, ma sanno che le orme di chi cercano non appariranno su quel manto candido.
-L'Inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui-
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Cap 2 -parte 1-

Una lunga striscia nera percorre la pelle chiara e lentigginosa della guancia destra: parte dallo zigomo e arriva fin quasi alla punta del mento. Parrebbe esser una ferita mortale o qualcosa di simile –vista da un occhio disattento che dedica al mondo solo sguardi fugaci, s’intende-, ma in verità non è altro che una traccia del carboncino scuro e oleoso con il quale Greta Locatelli stava disegnando fino a pochi attimi prima.
Ora il suo sguardo è puntato sul massiccio ragazzo pel di carota che si trova, con un’espressione tra il confuso e lo sconcertato, esattamente davanti alla porta.
Greta non può far a meno di inarcare un sopracciglio, sinceramente divertita e forse un poco perplessa –ma d’altronde esser perplessa del mondo e dei fatti era nella sua natura-, quando il ragazzo schiude le labbra per proferir parola per poi restare con la bocca aperta come un ebete senza dir nulla. La ragazza dai capelli blu lo scruta ancora qualche attimo analizzandone la forza del viso e la sfumatura delle iridi tra il castano e il rossiccio con l’occhio critico e attento dell’artista: ha il viso affilato chiazzato di rosso, segno di come sia arrivato di fretta, e le labbra atteggiate naturalmente in un sorriso leggero che però ora sono contratte per un qualche motivo. Ha le guance perfettamente delineate e il bel naso dal taglio aristocratico, completamente opposto alla forma ovale e sempliciotta degli occhi che però è, in qualche modo, ugualmente accattivante. La camicia che indossa è stropicciata e un angolo, quello sinistro, spunta fuori dai pantaloni scuri rompendo l’immagine di damerino curato e attento che i capelli, scompigliati ad arte con una cura non indifferente impossibile da non notare per chiunque avesse un minimo di occhio –e Greta l’occhio per le cose belle e curate lo aveva indubbiamente-, avevano contribuito a creare.
Una volta osservati i mocassini laccati di nero che il ragazzo ha indosso e senza aver trovato alcun punto d’interesse né in questi né in alcun’altra parte del vestiario o del fisico del rosso, Greta abbassa lo sguardo tornando a disegnare un volto dai lineamenti tipicamente femminili sul suo quadernone. Erano anni che non disegnava altro, in verità: spesso ripensava ai suoi schizzi con l’amarezza di chi sa cosa ha perso ma non ha abbastanza forza e coraggio per ammetterlo.
«La riunione è… finita?»
«Come dici? Finita?» Greta alza gli occhi azzurri sul ragazzo dai capelli rossi, ancora inconsapevole della macchia di carboncino sulla guancia «La riunione inizierà tra venti minuti.» Una volta le avevano detto che i suoi occhi parevano pozze senza fine in cui perdersi non sarebbe stato tanto male, ma quello era stato tanto tempo prima –eppure il tempo non le aveva impedito di dimenticare, quello no. Il lettore deve sapere che Greta aveva il brutto vizio di ricordare gran parte delle stupidaggini della propria e altrui vita senza alcuna ragione apparente se non la sola e pura predisposizione naturale-. «Ieri l’abbiamo posticipata di una mezz’ora perché Elia aveva avuto un problema.» Aggiunge poi la ragazza vedendo che il ragazzo continua imperturbabile con la sua faccia da pesce fuor d’acqua –e i lettori sapranno, per la parte del testo qua sopra che abbiamo a lui dedicato, che Isaia, perché ovviamente di lui si trattava, aveva normalmente la risposta abbastanza pronta e un sorriso per qualunque circostanza-.
«Posticipata di… mezz’ora?»
Greta a quel punto fa facilmente due più due e sommando lo sconcerto, la faccia allucinata, il fiato corto e la maglia stropicciata arriva facilmente alla conclusione: non aveva letto lo scambio delle mail del giorno precedente, aveva avuto un contrattempo e si era affrettato ad arrivare, probabilmente a piedi a giudicare dai mocassini attualmente opachi per la polvere. Doveva anche essersi cambiato la camicia in tutta fretta dato che le spiegazzature non combaciavano nell’immagine generale con i pantaloni ben curati: doveva aver tenuto una maglia di ricambio in borsa e, resosi conto di aver sudato assurdamente, essersi cambiato in ascensore.
«Tu sei Isaia, giusto?»
Il ragazzo boccheggia, impreparato: le parole di Greta hanno interrotto l’abbozzato tentativo di ritrovare un poco di contegno rimettendo al suo posto il ribelle angolo della camicia bianca che si è accorto solo in quel momento essere sfuggito all’oppressiva e tirannica morsa dell’elastico dei pantaloni. Alza lo sguardo –che stava iniziando a schiarirsi e farsi un poco più consapevole mano a mano che le nubi di confusione venivano disperse e scacciate da qualche ragionamento logico- e lo punta sulla ragazza dai capelli azzurri che, nel frattempo, aveva poggiato il gomito destro sul tavolo e la guancia sul palmo della mano con i polpastrelli colpevoli dello scempio nero e grigiastro che ora si trova in viso.
«Parli con me?»
Greta si lascia ora andare a una risata, trovando quella situazione non comica, ma ai limiti del grottesco. In cuor suo però, nel frattempo, manda una maledizione ai suoi superiori, e a una ragazza in particolare, che le avevano buttato in squadra quello che a prima vista pare un completo incompetente e per giunta pure svampito come pochi. Lo stesso ragazzo che si unisce alla sua risata, ma la cui lieve tensione è ancora percepibile.
«Vedi altri?»
«No, giusto, scusa, hai ragione.» Il rosso si morde il labbro inferiore non sapendo cos’altro aggiungere e strappando a Greta l’ennesimo sorriso divertito. La ragazza dai capelli azzurri gli fa cenno di avvicinarsi e Isaia esegue immediatamente, assolutamente intenzionato ad evitare altre figuracce.
Greta guarda il ragazzo sedersi e si gratta la punta del naso per poi tornare a disegnare il mento del volto femminile. Continua però a sentirsi lo sguardo di Isaia puntato addosso, intento ad analizzare lei, i suoi atteggiamenti e i suoi vestiti, in particolare i suoi vestiti –e Greta ne è certa perché praticamente qualunque persona la vedesse per la prima volta tendeva a soffermarsi sui suoi vestiti giudicandoli poco consoni-.
«Domani mettiti un paio di jeans, ti prego, sei imbarazzante conciato così.»
«Cosa?»
Greta alza finalmente lo sguardo su di lui guardandolo infastidita senza riuscire ad evitare di chiedersi di quale disturbo dell’apprendimento o di quale problema cerebrale fosse affetto quel ragazzo. Magari era scemo e basta.
«Ti ho detto che domani dovresti metterti un paio di jeans e una t-shirt, puoi anche venire in bermuda per quello che mi riguarda, ma ti prego, evita camicia e mocassini.»
«Io… Ehm…»
Greta chiude gli occhi per poi contare mentalmente fino a dieci interrogandosi nel frattempo sul senso della vita e dell’esistenza e stabilendo che, sì, era semplicemente idiota.
«Sai che c’è? Non importa, vestiti come vuoi.»
Greta non era una ragazza particolarmente paziente, anzi. Sua madre aveva sfruttato ogni secondo dei suoi diciannove anni di vita per definirla “facile al nervo” e “dalla palpebra vibrante per un nonnulla”, ma questo non aveva mai fatto altro che darle più fastidio e farla diventare, se possibile, ancor più impaziente e peggiorare il suo temperamento, già di per sé irritabile e a tratti infantile, fino a rendere Greta perennemente e spasmodicamente infastidita da, per esempio, qualunque cosa le gravitasse attorno nel raggio di venti metri. Gli esseri umani stupidi, nello specifico, tendevano ad irritarla e a causarle quella famosa “vibrazione di palpebra” dalla madre tanto decantata.
Il ragazzo le dice qualcosa, ma Greta non si prende nemmeno la briga di ascoltarlo troppo presa dal cercare di rendere il labbro superiore della ragazza senza nome che sta disegnando dolce ma severo allo stesso tempo.
«Ascolti i The Clash?»
Greta solleva di nuovo lo sguardo, rassegnandosi alla consapevolezza di dover interagire con il ragazzo che ha seduto davanti poiché le pare che questo non abbia la minima intenzione di zittirsi e fissare il vuoto alla ricerca della soluzione della funzione Z o, più banalmente, del motivo della sua fastidiosa e grottesca idiozia.
«No» risponde secca per poi decidersi a infilare il disegno nel blocco, chiudere quest’ultimo e infilarlo nello zaino verde militare mezzo distrutto ricoperto di toppe colorate  e scritte più e meno schiarite. «Perché me lo chiedi?» domanda sollevando lo sguardo su di lui per poi prendersi una ciocca di capelli azzurri tra le dita e iniziare a strofinarla.


«Beh, perché indossi una loro maglietta…»
Greta piega la testa verso sinistra poggiando la testa sulle nocche del pugno chiuso.
«Appunto.»
«Appunto?»
«Ho indosso una maglia dei The Clash, perché dovrei mettermela se non perché sono una fan?»
Sbuffa e si sistema il capello blu scuro che indossa, cambiando nuovamente posizione e decidendo di appoggiarsi contro lo schienale giusto per tentare di star comoda, le dita ancora sporche della mano destra iniziano a tamburellare , senza che lei nemmeno se ne accorga, contro il suo ginocchio. Odia non avere nulla per tenere le mani occupate, odia, semplicemente, non far nulla: l’inattività le dà l’orticaria.
«Effettivamente hai ragione…»Isaia si morde il labbro inferiore cercando qualcosa di intelligente da dire o una qualche battuta sagace che possa alleggerire la situazione, alla fine, però, si limita a sospirare. «Senti, scusa se ti ho disturbato arrivando in, ehm, anticipo e scusa se pensi che sia un poco di buono o roba simile.» Si porta una mano tra i capelli rossi e se la passa sulla nuca, sorridendo sinceramente dispiaciuto per nemmeno lui sa cosa dato che, Greta lo sapeva, era convinto di non aver fatto assolutamente nulla per infastidirla o simili. «Ci tengo sul serio a questa cosa e vorrei andare d’accordo con i miei colleghi.»
Greta getta la testa all’indietro oltre lo schienale della comoda poltroncina bianca su cui è seduta e si fa scappare dalle labbra quello che sta a metà tra un sospiro rassegnato e una risata. Doveva riuscire a tenere a bada il suo caratteraccio, almeno per quel giorno e per quel primo incontro: stava per incontrare il gruppo di persone con cui avrebbe dovuto non solo condividere un posto di lavoro, ma anche una missione e un obiettivo di una certa importanza, avrebbe dovuto guidare quelle stesse persone! Non poteva permettersi di farsi odiare, non se voleva svolgere il compito che le avevano assegnato bene come si era prefissata.
Strizza gli occhi e se li strofina per poi tornare a guardare Isaia.

«No, scusami tu, devi aver passato una mattinata di merda a giudicare da come sei conciato ed io ti ho praticamente aggredito. Sono quasi certa che tu non sia scemo come sembri.»
«Quasi sicura?»
Greta sorride alzando gli occhi azzurri al cielo «Sì, quasi, ma comunque. Forse è meglio ricominciare da capo: sono Greta Locatelli, la responsabile di quest’unità governativa distaccata.»
«Oddio!» Greta non può far a meno di ridere per l’espressione che improvvisamente è comparsa sulla faccia del rosso –e chiunque altro lo avrebbe fatto dato che i muscoli del viso di Isaia si erano contratti repentinamente e senza nessun preavviso trasformandosi da rilassati e divertiti a costernati e completamente nel panico- «Tu sei il mio capo! I-io… cioè, scusa, cioè, scusi.» e poi, abbassando la voce e il volto rosso per l’imbarazzo «ho dato della stronza al mio capo» per poi alzare di scatto il viso, che ormai ha la stessa tonalità rosso fuoco dei capelli «cioè io…non stavo dicendo questo, cioè sì, ma non era quello che intendevo!»
È a questo punto che Greta scoppia realmente a ridere a crepapelle, colta da un attacco di risate irrefrenabili che durano quelle che a un Isaia imbarazzatissimo paiono ore. Scuote leggermente la testa e finalmente si calma fingendo di asciugarsi con un dito –anche se ho qualche dubbio sul fatto che stesse fingendo e basta- una lacrima causata dalle troppe risa.
«Se pensi che io sia una stronza quando conoscerai Rachele morirai, temo. E non preoccuparti, sarò anche il “tuo capo”, ma prima di tutto vorrei essere tua amica, se a te va bene.»
E finalmente tocca a Isaia sorridere mentre sente l’imbarazzo dissolversi.
«Grazie di non essertela presa… posso chiamarti per nome?»
«Ma che domanda è?»
«E va bene, e va bene, giuro che non farò più domande idiote.»
La ragazza alza gli occhi al cielo incrociando le braccia al petto e pensando che, forse e dopo tutto, non era idiota come sembrava, forse sarebbe riuscita a cavarne fuori qualcosa.
«Ah, Greta, ma perché tu sei già qui se la riunione è stata posticipata?»
Proprio in quel momento il citofono inizia a suonare emettendo uno squillo acuto che, Greta lo nota, fa sussultare Isaia per lo spavento. E forse agli occhi di qualcun altro potrebbe sembrare una piccolezza, ma il cervello di Greta tendeva –come abbiamo già detto- a vedere e registrare gran parte dei granelli di polvere nella matassa di lana. Quelle piccole osservazioni permettevano di capire tantissimo di una persona: per esempio a quanto pareva Isaia tendeva a concentrarsi particolarmente su una cosa per poi trascurare tutto il resto e a reagire “violentemente” quando qualcosa lo prendeva di sorpresa concentrando così l’attenzione sull’elemento “distraente” e dimenticandosi, di nuovo, del resto.
Greta si alza e, dopo aver dato un’occhiata veloce al videocitofono, schiaccia un paio di pulsanti per poi voltarsi di nuovo verso l’altro ragazzo.
«Sono Cassandra e Nicola, o almeno credo, di Nicola ho visto solo i capelli, ma presumo sia lui. Perché? Beh, perché abito due piani più sotto, ma ho il frigo vuoto e sono senza aria condizionata e quindi mi son detta “ehi, perché no?”»
«Oh beh, mi pare giusto.» sorride Isaia per poi ricordarsi della prima cosa che aveva notato e che poi non le aveva potuto dire, preso com’era stato dall’imbarazzo. «Lo sai che sei tutta sporca?»
«Che?»
«Sì, in faccia, sei tipo tutta sporca di carboncino nero.» afferma indicandosi la faccia e gesticolando un po’ come era solito fare.
Immediatamente Greta si guarda le mani e si accorge di come siano, effettivamente, ricoperte di nero. La sua mente non impiega molto a fare due più due e capire che tutte le volte che si era toccata la faccia anche accidentalmente non aveva fatto altro che impasticciarsi di più.
«Cazzo!» urla la ragazza immaginando già il peggio per la sua faccia. «Ma dirmelo prima?»
Isaia non fa però in tempo a rispondere che la porta si apre lasciando la scena a tre figure piazzate in ordine d’altezza. Il primo ad entrare nel quartier generale è un tappetto dai capelli celesti più chiari di quelli di Greta.
«Per quale motivo sei completamente ricoperta di nero?»
Ma Greta Locatelli non si sofferma ad ascoltare la banale ed ovvia domanda di Nicola, e si limita a schizzare verso il bagno cercando di non inciampare sui suoi stessi piedi mentre nelle orecchie le risuona la risata gutturale di Marco.

Magnifica e special nota autrice. Leggete.
No, non sono morta come poteva sembrare, semplicemente mi ero un po' persa tra vari ed eventuali disagi che non credo valga la pena di raccontare. L'importante è che io sia effettivamente tornata! D'ora in poi aggiornerò questa storia con regolarità (circa, spero),  anche perché ho deciso di dividere i capitoli in due parti (una per ogni punto di vista), semplicemente perché altrimenti i capitoli sarebbero risultati mostruosametne lunghi e, magari, un po' pesanti.
As always il capitolo è stato riletto per le solite dieci volte, ma qualcosa mi sarà certamente sfuggito, dunque se mi faceste notare gli errori mi fareste un piacere enorme. 

Ciancio alle bande vi lascio qui sotto gli OC che sono stati selezionati (insieme ai quattro del precedente capitolo) come protagonisti de "Il quartiere dei gatti neri"!

Minimo D’Annunzio –20 anni. Mafia.
Abilità: Il trionfo della morte. (D’Annunzio)
Io modesto? È il solo difetto che mi onoro di non avere.
Tatara Totsuka, K-project

Lorenzo Locci –20 anni. Mafia.
Abilità: Ed è subito sera. (Ungaretti)
Se gli ultimi momenti di una sono quelli che la rivelano, io posso dire di essere l’unico ad aver realmente conosciuto le vittime.
Yato, Noragami

Lidia Esposito – 20 anni. Mafia.
Abilità: La coda del diavolo (Verga)
Non fidarti mai di un sopravvissuto finché non scopri cos’ha fatto per rimanere in vita.
Futaba Yoshioka (Ao haru ride)

Gabriele Venturi – 25 anni. Mafia.
Abilità: Il sistema periodico (Levi)
Combatti ogni battaglia, ovunque, sempre, nella tua mente.
Mikaela Hyakuya, Owari no Seraph

Amos Occhipinti – 21 anni. Mafia.
Abilità: La roba. (Verga)
La chiave è la perseveranza.
Saeran Choi, Mystic Messenger


Cassandra Pascal –24 anni. Governo.
Abilità: Il fu Mattia Pascal. (Pirandello)
Ancora mi chiedo se verremo mai messi nelle canzoni o nei racconti.
Ayano Aishi, Yandere Simulator

Elia Mezzanotte – 24 anni. Governo.
Abilità: Sovrumani silenzi e profondissima quiete. (Leopardi)
La vita è come suonare un assolo di violino in pubblico e imparare a suonare lo strumento mentre si suona.
N, Pokemon

Marco Nero – 21 anni. Governo.
Abilità: Il grande viaggio (Marco Polo)
Muori e poi raccontami come è andata.
Hidan, Naruto (un po’ più bianco)

Nicola Agnelli –19/20 anni. Governo.
Abilità: Se del perdono non sarai degno, tutta la vita sarai di legno. (Collodi)
Ha visto giusto su di me, non solo l’eroe della mia storia.
Nagisa Shiota, Assassination Classroom

   
 
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