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Autore: Nirvana_04    06/09/2017    3 recensioni
SPIN-OFF DE "IL TREDICESIMO RE"
Un racconto rubato al vento, sui Campi Eliòpei.
Bastian ha solo dieci anni quando è costretto a trasferirsi ad Aproeb. La città, sita tra il verde delle colline e il blu del mare, è troppo delicata per chi è cresciuto a Velenia; ma un incontro inaspettato cambierà le sorti del giovane Spettro e quelle delle persone che intrecceranno il proprio cammino al suo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti del Veto'
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Poteva vedere le Araknaa zampettare frenetiche vicino il margine dell'acqua, avanzavano di un centimetro ogni qual volta la marea si ritirava un po' di più, ogni minuto che passava. Poteva immaginare i corpi nodosi dei Racahar erigersi come blocchi di legno arroventato, i lapilli che tenevano a mo' di guinzaglio le creature intorno.
Gli occhi di Bastian saltavano dalla sponda sempre più vicina del Veto alla figura di Miva. Sentiva i suoi uomini raschiare in cerca d'aria, poteva vedere quelli più prossimi stringere le armi come se fossero amuleti. Miva stava guardando in faccia il nemico e i suoi occhi vedevano qualcosa che non era lì: stava pensando ai suoi amati prati, alla sua terra. La sua arma era il coraggio di salvare la sua innocenza, nonostante l'orrore che avanzava.
Bastian prese un respiro profondo e lanciò uno sguardo a Tristall, alcune braccia più a destra. L'Arantar parlava ai suoi uomini, li teneva uniti, fremeva per poter assaggiare il sangue dei mostri. Non avrebbe incrociato il suo sguardo, ma non importava: su Tristall si poteva contare.
Furono attimi, o forse ore, lunghissimi. I mostri acquisivano terreno, loro mantenevano le fila e lottavano contro l'istinto di retrocedere. L'attesa era sfibrante, li stava logorando. Al momento dell'impatto, gli uomini sarebbero giunti già con un piede dentro la forza, sconfitti dentro.
Miva urlò.
Bastian si voltò verso di lei, sconvolto, e restò a bocca aperta nel studiare la sua espressione: non era paura, ma un grido di sfida, una scarica di adrenalina per scacciare l'infida iena che era l'angoscia. Altri, dietro di lei, fecero lo stesso. Presto i guerrieri di Baleor ruggirono come fiere pronte a balzare. Bastian caricò unendosi agli altri, poi sbuffò, libero e con la mente sgombra.
La Falda emerse totalmente, e non ci furono più fronti o barriere. Solo uno stridere di ferro e la voracità del Volor che si preparava ad accogliere le prime vittime.
Bastò un secondo e un vuoto atavico catturò il suo stomaco. Lei era scomparsa nella mischia. Poi vide i suoi capelli danzare e la sua spada spillare sangue. Serrò i ranghi del suo plotone e affrontò la prima linea avversaria. Il primo mostro gli si parò davanti come un muro insormontabile. Gli arpioni e le lance erano pronte. Corde si tesero, bastoni perforarono la carne. Bastian impegnò le corna sporgenti e ne spezzò alcune. Si abbassò e la lama del suo commilitone affondò nella carne scoperta. Il Bizar stramazzò con un grugnito seccato.
Le Araknaa sgusciavano da ogni dove, saltavano sopra ai corpi delle belve, svicolavano tra le loro zampe, zampettavano ovunque per confondere l'avversario. Erano una prolifera colonia di insetti giganti che cangiò il colore della Via.
Bastian tranciò in due un corpo e si costrinse a ruotare su se stesso per evitare le zanne di un altro. Indietreggiò, si protesse il fianco e sferrò un attacco dal basso, uccidendone un'altra. Una terza si aggrappò alle sue spalle e minacciò di fagocitarlo nella calca, ma la sua presa si sciolse, il peso che gravava sulla sua schiena più leggero. Si scrollò le zampe di dosso e vide che il restò del corpo era rotolato lontano. Miva ritirò la spada e allontanò una ciocca di capelli dal viso; il movimento, fatto con le mani sporche, segnò il viso con una striscia violacea. Sangue bestiale.
La foga della battaglia non riuscì a dividerli. All'alba, quando le belve si ritirarono, Bastian aveva perso solo un uomo, il quale era stato avventato e durante la ritirata dei mostri aveva fatto un passo di troppo in avanti. Un Arakna si era contorta all'indietro e lo aveva squartato. Aci l'aveva poi uccisa, piantandole una freccia nel pomo sporgente.
«Stai bene?» furono le prime parole.
Miva annuì, poi si piegò e vomitò.
«È normale. Anche l'anima ha bisogno di tempo per abituarsi.» Si sedette al suo fianco e incrociò le gambe. «Mi hai salvato la vita.»
«Aspiro a qualcosa di più… di più» mugugnò.
Bastian sollevò un angolo delle labbra. «E comunque qualcosa, no? Voglio dire» e l'attirò a sé. Un lampo di disgusto passò sul suo volto ed egli mollò la presa.
Ella si scusò. «Non è un buon odore.»
«Lo so.» Distolse lo sguardo e soppesò l'accampamento improvvisato.
Qualcuno aveva trovato la forza di accendere un fuoco e mettervi sopra un calderone, da cui si alzava un fumo spento che, nella foschia del nuovo giorno, si amalgamava con il paesaggio offuscato e un po' smorto. O forse erano i suoi occhi che lo vedevano così. Dopotutto, il Volor sobillava ancora, la luce s'infrangeva sulle onde; la Via brillava grazie alle filtrazioni d'acqua e Miva era al suo fianco. Cosa c'era che non andava in tutto questo? Un uomo del suo plotone era morto e ora giaceva in mezzo a un sentiero di cadaveri, proprio di fronte a lui. Il viso di Miva s'insinuò di nuovo nella sua visuale e catturò la sua attenzione.
«Tu puzzi.» E lo baciò.
Quando poté riprendere fiato, Bastian sussurrò: «Anche tu.»
Miva sospirò. «Te ne farai una ragione, come me. E non te ne aspettare un altro tropo presto. Ho bisogno d'aria pulita.»
Bastian ridacchiò sottovoce e lasciò che si allontanasse da lui e da quella macabra visione.
I giorni si susseguirono tutti uguali, ma la ripetizione dei loro gesti non divenne mai monotona: le creature attaccavano sempre con molta fantasia, all'improvviso, in orari sempre diversi; un attacco poteva durare ore o pochi secondi. Quelle belve avevano un'intelligenza, sapevano come sfibrarli dentro, togliendo ogni più piccolo granello di certezza dalla loro mente. Miva era uno stratega del popolo, sapeva come combattere quel tipo di guerra. Quando un soldato era per terra, ella lo aggrediva o consolava, a seconda di chi aveva davanti. Comprendeva l'uomo e agiva di conseguenza. Fu sua l'idea di attaccare per primi, un giorno. L'ennesimo attacco si era portato via diversi uomini, Bastian pregava per tre anime del suo plotone quel giorno. Per un attimo si era chiesto se aveva davvero senso pregare per un morto. Miva lo aveva afferrato da una manica e lo aveva scosso. «Attacchiamo» aveva detto con ardore, lasciando che altri sentissero le sue parole. «Hanno infierito sui nostri compagni feriti. Attacchiamoli. Ci hanno appena battuto. Attacchiamoli. Attacchiamo, perché non se lo aspettano.» Bastian non si era reso conto di stare annuendo. La voce era diventata un'onda impetuosa, aveva cavalcato la guarnigione e si era infranta contro il Mataj, che aveva annuito. «Attacchiamo» aveva detto. E così, i disperati erano balzati e le bestie erano state soverchiate, sbandando e rompendo le fila. Quel giorno avevano riconquistato terreno; per la prima volta, forse, avevano avanzato verso la loro vecchia casa.
 
 
«Quando torneremo a casa, voglio sposarti.» Era l'aurora, il verde aveva per alcuni minuti accecato quel tratto di cielo, abbagliando i loro occhi. Meglio: se avesse visto il suo viso, non avrebbe trovato il coraggio di dirlo ad alta voce.
«Perché?»
Bastian sgranò gli occhi. Perché? Perché non poteva mai fare domande normali? Che domanda era "perché"? «Un guerriero può solo sposare un altro guerriero.» E la sua, che risposta era? Pensandoci bene, la sua interpretazione era spaventosa, ma era anche la verità: loro erano diversi da chi rimaneva a casa, a pregare.
«Bastian?» Silenzio. «Come faremo a tornare a casa? Dopotutto questo» aggiunse.
Bastian si puntò su una mano e si sporse verso di lei. «Sono già tornato da questo posto, e tu eri lì ad aspettarmi.»
«Io cosa troverò?»
«Troverai il verde dei prati, e l'azzurro del cielo sulla terra. Sembra bello, non credi anche tu?»
Miva chiuse gli occhi. Sorrise.
«Allora?»
«Cosa?»
«Vuoi sposarmi?»
Miva trattenne le labbra, ma due fossette spuntarono sulle guance.
«Miva!» Entrambi si voltarono verso il guerriero. «È giunto il messaggero. Partirà subito.»
Miva scattò in piedi. «Arrivo!» urlò. «Devo scrivere alla mamma. Ho un paio di cose da dirle.» Finalmente il suo viso si aprì in un sorriso immenso. Corse incontro al guerriero, si bloccò, tornò sui suoi passi e gli stampò un bacio trattenendo il fiato.
In mezzo a quello scenario di luce sfolgorante, Bastian sentì la forza di ridere, e lo fece. La vide correre ai margini dell'accampamento, slittare tra le tende come un indomito felino, raggiungere i reparti arretrati e sparire alla ricerca del messaggero. Era fermezza e delicatezza insieme; e la amò, una volta di più.
Sentì solo allora le urla fagocitarlo nell'inferno.
Mal aveva brillato sulla linea dell'orizzonte, aveva accecato di luce i loro occhi e aveva nascosto le belve. I Caimhal erano lì. Un intero branco. L'oro divenne il colore della morte, lussuriosa, questa, di anime indifese.
Alcuni balzarono tra le tende, distrussero ogni cosa; altri sventolarono i pungiglioni e spazzolarono le prime linee, uccidendoli come formiche. Paioli volarono, zuppe si riversarono per terra. I fuochi crepitarono, alcuni ruggirono e molti si spensero, ancora braci. Il suo plotone era spiazzato, costretto allo sbaraglio. Bastian aveva sempre con sé la sua spada.
«Uomini, alle armi!» vociò, come burrasca contro uno scoglio.
Gli uomini drizzarono le orecchie, risposero al richiamo. Scudi vennero infranti, mentre uomini morivano per dar tempo ai compagni di armarsi. Le spade cozzarono e i primi mostri vennero accerchiati.
«Alla gola. Costringetele a esporre la gola o il basso ventre!» Sapeva che quelle zanne appuntite nascondevano l'unico punto del loro corpo che era non coperto da una corazza, insieme a un punto impreciso nel basso ventre in cui quest'ultima era più sottile e fragile.
Si lanciò contro il primo. Quello lo guardò, come si guarda una formica che tenta di arrampicarsi su un piede, e si voltò con sguardo abulico per sferzare la coda. Bastian si protesse il corpo con la spada messa di dritto, ma la potenza di quell'arto fu tale da spezzare il perion della sua arma. L'impatto lo scagliò per metri sulla pietra runica. Si graffiò e sbatté la tempia.
Il mondo divenne offuscato, tutto sbiadì e per un attimo la figura di suo padre diventò più reale della battaglia. Il viso dell'uomo era teso ed energico, così come lo ricordava l'ultima volta; la sua presenza gli trasmetteva un senso di tranquillità. Attraverso i suoi occhi vide lo scontro per quello che era: una carneficina senza quartiere. Non c'era più un esercito, solo uomini al massacro. E poi vide i reparti delle retrovie, quelli che stavano allestendo le tende dei curatori, quelli che si stavano occupando delle missive e dei piani di attacco; laddove Miva era andata per scrivere alla madre, forse di loro e dei piani per il loro futuro. Essi erano lontani dal cuore di quello scempio, potevano prepararsi a reagire o battere in ritirata. E ricordò che Tristall era lì, con il Mataj di Baleor. Quel pensiero lo fece sentire in pace.
La vista gli si schiarì, il cuore si regolarizzò. Portò una mano alla tempia e la ritrasse insanguinata. Sentì il proprio respiro rombare nella cacofonia lontana, assaporò la fredda aria uscire intiepidita dalle sue labbra. Su di esse, c'era ancora il sapore di lei.
Le sue mani tastarono il terreno, sicure di trovare quello che cercava. Strinse la lancia di un guerriero senza più parte del corpo e si rialzò. «Non temete! C'è il cielo ad attendervi, e non sarà fatto di tenebra!»
Ricompattò le fila, e come un sol uomo attaccarono tutti insieme. Al suo plotone si unirono i resti degli altri, disperati e inferociti da quell'orrore. Un uomo che viene spogliato della vita diventa una furia vendicativa, proprio lì, sulla soglia dei Portoni del Volor. Bastian poté sentirlo di nuovo, il suo Dio, ruggire e innalzarsi. Il suo plotone divenne una manna. E fu gloriosa, proprio come la sognava da giovane. Era l'epica battaglia, quella che si combatteva a fianco di dei e contro di essi. La lancia penetrò la corazza nel basso ventre del Caimhal, nel punto coperto dalla zampa anteriore, proprio mentre il mostro l'alzava per sferrare una raffata. Per un attimo gli uomini ruggirono vittoriosi, si sentirono guerrieri liberi e potenti. Bastian aveva salvato Miva. Poi il corpo del mostro piombò sopra di lui e tutto fu un frenetico annaspare.
Sprofondò. E mentre sprofondava fu catapultato nel suo mondo di pace. Non era Velenia, e ne fu sorpreso solo in parte. Si trovava di nuovo sui Campi Eliòpei. Lei non c'era, ma poco importava. Significava solo che era ancora viva, al sicuro. Tristall era con lei.
La sua testa riaffiorò mentre il mare si ritirava per alcuni momenti. Il corpo del mostro lo imprigionava, sentiva le ossa frantumate, l'acqua gli faceva il solletico. Poi una nuova ondata lo sommerse di nuovo. Il suo Dio lo stava accarezzando, quasi lo vide voltarsi e scrutarlo con l'altro occhio. Suo padre era al suo fianco, gli reggeva la testa come faceva quando era bambino, per consolarlo. Si sentì cullare, mentre il peso diventava d'un tratto lontano, sempre più lontano.
Sentì l'acqua dentro i polmoni, il sapore del Guardiano prendere sotto braccio la sua anima. E mentre passava sotto i Portoni, tenne stretto il sapore di lei sulle labbra. Dall'altra parte c'era il campo di Eliotropi. Sorrise. L'avrebbe aspettata lì, sulla soglia della loro casa.


 

N.d.A.

Ed eccoci alla fine!
Ci sarebbero ancora dei particolari da raccontare, ma ho preferito non farlo sostanzialmente per due motivi: il primo è che questo racconto appartiene a Bastian, il punto di vista è solo il suo; il secondo è che gli altri sono deducibili, sia da questa trama che, sopratutto, alla principale, alla quale fanno riferimento.
Ora sapete quale rancore Miva porta a Tristall e anche perché questa donna odia tanto il rumore delle onde.
Adesso non mi resta che scusarmi con Ayr, la quale aveva già capito che fine aspettava questo personaggio. La resa è stata all'altezza delle aspettative?
Ringrazio te, OldFashioned e alessandro_94 per aver seguito questa storia fino alla fine; e grazie anche a chi ha letto la storia in sordina. Adesso potete linciarmi.
Io, intanto, festeggio la conclusione del primo Racconto del Veto.
Vi aspetto molto presto nella principale.
Grazie^^

N.B. 
 Se siete curiosi di tenere d'occhio le novità su "Il Tredicesimo Re" e i "Racconti del Veto", insieme a tutti gli altri deliri originali che sforna questo account, vi informo che è finalmente disponibile la mia pagina d'autore su fb, potete trovarla cliccando sul bottoncino apposito nella mia pagina autore di EFP. Vi aspetto!^.^
   
 
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