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Autore: NanaK    06/09/2017    2 recensioni
Abracadabra.
Quella era diventata la mia parola magica contro il malocchio. Non che ci credessi ovviamente, però mi infondeva coraggio quando ne avevo bisogno.
A volte mi sembrava di star pronunciando il mio nome, Abracadabra, eppure di nomi ne avevo avuti tanti.
Ero stata Caridee, ero stata Cary, per qualcuno ero anche stata “ tesoro ”.
Ora invece, ero Jenna, Jenna Olsen, e avevo una missione da portare a termine.
Genere: Azione, Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caridee'
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Epilogo

Piccole dita disegnavano linee informi su quel foglio immacolato. Tratti insicuri, appena abbozzati, ma pieni di orgoglio per essere riusciti a prendere forma dalla punta di quella matita verde.
< Mamma! >.
Una voce trionfante pretende attenzione e complimenti per ciò che è riuscita a creare. Una mano più grande, consapevole, scende affettuosamente tra i riccioli biondi.
< Che brava, cos’hai disegnato? >.
Lo sguardo cala curioso sulle figure disegnate ed in un attimo si colma d’orrore.
Il sangue è così vivido, sembra prender vita dal foglio, no, sta sgorgando davvero. In pochi istanti il vestitino bianco è intriso di quel rosso maledetto, così come quel foglio, immacolato fino a pochi istanti prima.
Un urlo disperato prega di espandersi nel silenzio, ma rimane bloccato in gola.

Mi svegliai all’improvviso, sentendo il peso di un’angoscia straziante e i capelli incollati al mio collo sudato. Posai una mano sul petto, cercando di calmarmi alla vista dei familiari mobili della stanza. Nonostante fossero passati tre anni, i segni della mia vecchia vita non erano scomparsi ed il mio subconscio me li presentava sempre quando meno me l’aspettavo. Non che cercassi di rinnegare e sfuggire al mio passato, ma stavo tentando di vivere un’esistenza normale.
Sentì un suono soffocato alla mia sinistra e subito dopo un braccio mi tirò giù, non mi ero neanche accorta di essermi sollevata.
< Non dormi? >.
La voce di Mello impastata di sonno contribuì a riportarmi sulla Terra. Andava tutto bene, ero a casa, ero al sicuro.
Eravamo.
La mia mente mi corresse un millisecondo dopo ed un calore piacevole scacciò tutte le sensazioni negative che si erano scatenate a causa di quell’incubo orribile. Ancora dovevo abituarmi a quel plurale, probabilmente non mi ci sarei abituata mai.
Mi sistemai in modo da sentire il calore del corpo accanto a me e lui lo percepì, infatti mi premette maggiormente contro di lui.
< Ho avuto un incubo >
< Ti senti male? >. Socchiuse gli occhi per guardarmi. Un’altra cosa a cui ancora non mi ero abituata era condividere un po' di sana normalità con Mello. In passato avevo pensato che non avremmo mai potuto vivere come tutte le altre coppie, ed in parte avevo ragione: lui era ancora un detective, ma la mafia era un ricordo.
Tre anni prima, Elle sapeva che una volta lasciata la Wammy’s House, sarei tornata da lui a dirgli la verità. Che L era vivo, che potevano risolvere il caso Kira insieme, che almeno per una volta avrebbe potuto mettere da parte l’eterna battaglia con Near per la giustizia. Per me.
Non era stato facile, l’orgoglio di Mello era qualcosa che conoscevo fin troppo bene ed io ero stata quella che l’aveva ingannato, che gliel’aveva fatta sotto il naso, a lui che era il migliore nel giocare gli altri. Tuttavia non era stupido e capì che lo stavo mettendo alla prova: gli avevo confessato i miei sentimenti nonostante tutto ed volevo una dimostrazione concreta che potesse cancellare le vecchie ferite. Non avevo di certo dimenticato come mi sentii dopo che mi lasciò alla Wammy’s House, cento vite fa.
< No, sto bene. Non volevo svegliarti >
< Bugiarda >.
Sorrisi nel buio. Già, probabilmente l’avrei svegliato io stessa se avesse continuato a dormire.
< A volte mi inquieta la tua lucidità anche mentre sei in dormiveglia >
< La condanna dei geni >
< Ora non te la tirare >.
Potevo notare dal luccichio dei suoi occhi come ora fosse completamente sveglio.
< Se permetti, l’aver chiuso il caso Kira mi ha fatto ampiamente meritare l’appellativo di genio >
< Non eri solo mente ci lavoravi > lo punzecchiai, consapevole dell’unica nota stonata di quella faccenda. Stavo per aggiungere benzina sul fuoco quando mi chiuse la bocca con la sua.
I baci di Mello erano sempre così, irruenti e possessivi. Soffocai una risata, accettando comunque di buon grado le sue labbra morbide ed intrecciando una gamba alle sue. Mi baciò finché non ebbi il fiato corto, cosa che lo lasciava incredibilmente soddisfatto.
Lui ed il suo dannatissimo ego.
< È così che zittisci Near quando dice qualcosa che ti irrita? > sbuffai con un mezzo sorriso.
< Mi pare di averti più che dimostrato il mio orientamento sessuale.. > sussurrò scendendo sul mio collo < Oppure vuoi dirmi che ti eccita immaginarmi assieme al mio rivale? >.
Mi si bloccò il respiro nel sentire le sue dita farsi strada nella mia intimità.
< As-aspetta.. la bambina.. >.
Si fermò ed alzò appena la testa < Da quando è diventata “bambina”? >
Accennai un sorriso mentre mi sentii arrossire. Probabilmente mi avrebbe dato della stupida se gliel’avessi detto, ma sarei stata ancora più stupida a tentare di tenergli nascosto qualcosa.
< Beh, l’ho sognata. Aveva una massa di ricci biondi >.
Rimase un attimo perplesso, poi si abbassò e affondò il viso nell’incavo del mio collo e lo sentii lasciare una serie di baci sulla mia pelle.
Lo strinsi, sentendo improvvisamente una strana emozione dentro. Come se all’improvviso tutto stesse divenendo più reale. Io e Mello stavamo per avere un figlio. Sarebbe stato nostro e ci avrebbe uniti per sempre. Alla fine, i miei sogni da quindicenne innamorata si stavano avverando sul serio ed era assurdo come invece più recentemente non ci avrei mai scommesso.
< Non sarà facile > la sua voce mi arrivò soffocata dai miei capelli.
< Lo so. Ma quando mai lo è stato tra di noi? >
< Touché >
< E comunque sai che possiamo contare su di loro >
< Per loro intendi un investigatore che probabilmente ha più nemici di me, un nano bianco con la sua bella fata delle favole, un’isterica rossa da internare ed il figlio di un mafioso? Siamo proprio in una botte di ferro >
Ridacchiai al suo sarcasmo, consapevole che fosse tutto di facciata: ormai eravamo tutti parte della stessa quotidianità e sapevo bene che gli sarebbe dispiaciuto dividerci. Ma non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.
< Linda non fa altro che cucire scarpine di tutti i colori e Celine ha già comprato un intero guardaroba femminile. Matt non vede l’ora di avere qualcuno con cui giocare alla play e Paul ha deciso di imboccare finalmente la via dell’onestà solo per questo bambino. Se non ci fossero loro a sostenermi sarei già sepolta sotto il peso delle mie ansie e paure >
< Non ho sentito il mio nome in tutta questa patetica tiritera >
< Ma tu non sei mio amico >
< Oh, non lo sono di certo. E proprio per questo il tuo amico mafioso deve stare attento a non avvicinarsi troppo >
< Si chiama Paul, smettila di dargli del mafioso >
< E tu smettila di fare tanto la smorfiosa con lui >.
Alzai gli occhi al cielo: quando gli avevo confessato la mia storia, ovviamente non avevo potuto nascondergli il ruolo del mio ex collega e non volevo nemmeno in realtà. Mello doveva sapere tutto di me, di cosa avevo passato, di come ero cambiata, delle persone con cui avevo vissuto. Questo però ha fatto crescere la sua antipatia verso Paul a livelli massimi.
< Non fare il bambino, siamo solo amici, lo sai >
< Gli amici non scopano >
< Dio, Mello, è stato secoli fa. E comunque se tu non mi avessi mollata alla Wammy’s non sarebbe.. >.
Mi baciò ancora, più aggressivo di prima, per interrompere la mia frase ed evitare di lasciarmi l’ultima parola. Lo lasciai fare anche stavolta, era il nostro gioco e mi piaceva lasciarlo vincere. Mi piaceva sentirlo stretto a me e assaporare la sua lingua che mi accarezzava le labbra. Mi piaceva essere arrendevole tra le sue braccia e mi piaceva percepire le sue mani modellarsi sulla mia pelle, o forse era il contrario, non l’avrei mai capito.
Percepii la sua virilità strusciarsi su di me, il desiderio continuare a crescere: boccheggiai sentendo il suo fiato caldo sul collo e la sua bocca che scendeva, famelica, a succhiare la pelle del mio seno. Improvvisamente faceva caldo, troppo caldo, ma lo tenni stretto ugualmente, le mani tra i capelli biondi sparsi su di me.
< Ti amo > quelle due parole mi sfuggirono in un gemito quasi disperato e quasi potei toccare con mano la soddisfazione che trapelava dal suo sguardo. Sapevo che adorava vedermi così e questo eccitava anche me.
< Questo è ciò che devi ripetere e ripetere e ripetere a tutti, in modo che sappiano che sei mia >
< Quanto sei teatrale >.
Lo baciai, per non lasciar più spazio alle parole.

*

Sospirai di piacere e mi staccai leggermente mentre l’intensità dei miei battiti cardiaci diminuiva, volevo guardarlo. Gli scostai la frangia dalla fronte sudata e lui mi fissò di rimando, gli occhi ancora languidi, il fiato corto.
Era bellissimo.
< Queste ore di sonno perse ti peseranno al lavoro, domani >
< Sto solo dietro al bancone di una biblioteca, non morirò di certo >.
Scivolai su di lui e gli poggiai la testa sulla spalla, chiudendo gli occhi.
< A cosa stai pensando? >
< Spero che avrà i tuoi occhi >.
Era evidente che non si aspettava una cosa simile e lo stupore aleggiò per un attimo sul suo viso per poi essere sostituito da un sorriso così sereno che contagiò anche me.
Il silenziò calò per qualche secondo e un flash dell’incubo appena fatto mi si proiettò nella mente.
< Di cosa hai paura? >. Come sempre, leggeva le ombre sul mio viso meglio di chiunque al mondo.
Portai una mano alla sua guancia e la lasciai lì, per rubarne il calore.
< Di non essere in grado. Di farle male, alla fine, di permettere a tutto ciò che ho passato, abbiamo passato, di portarmela via >
< Non succederà >
< Come fai ad esserne sicuro? >
< Perché noi siamo qui. E lo siamo perché abbiamo imparato da tempo a lottare e a gestire le nostre ferite. Perché se non fossimo in grado non sarebbe semplicemente successo >.
Sapevo che avrei ricordato quel momento per tutta la vita. In quella stanza da letto, tra lenzuola stropicciate, odore di cioccolata e suoni lontani di una città che stava per svegliarsi.
Mi accorsi di star piangendo solo quando Mello mi strofinò il pollice sulla guancia per cancellare le lacrime.
< Sei più emotiva del solito. E’ una cosa comune tra le donne incinta? >.
Risi, asciugandomi gli occhi, risi di cuore, e mi sentii incredibilmente felice. Non avevo nessun motivo per avere paura.
Lo abbracciai forte, incurante delle sue proteste su quanto improvvisamente melensa stessi diventando e chiusi gli occhi, invocando una sola parola.
Abracadabra.




Fine.




E’ stato un parto, lo so.
In realtà quest’ultimo capitolo è letteralmente esploso qualche giorno fa, l’ho scritto in qualche ora senza fermarmi un attimo.
Il motivo di questo immenso ritardo può essere ricondotto a molti fattori, ma fondamentalmente è uno: sono cambiata. Il mio stile, ciò che voglio trasmettere, il modo di esprimermi non è più lo stesso e non riuscivo più a ritrovarmi nella storia, ogni volta che provavo a concluderla. Per questo probabilmente troverete un po' diverso questo epilogo, ma spero vi piaccia comunque. Io sono molto felice di essere riuscita ad arrivare a scrivere la parola fine alle vicende di Caridee.
Vi ringrazio per tutto il sostegno, i commenti, le vostre parole sono sempre state ciò che più mi hanno spinto ad andare avanti.
Un bacione,
Sarah

 

   
 
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