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Autore: Herondale7    06/09/2017    0 recensioni
I magici sono stati sempre temuti ed esiliati sin dalla Ripartizione nel Vecchio Impero. Sabriellen Jacklyn, una giovane ladra, entrerà in questa realtà più grande di lei in uno dei periodi più temuti nel regno dove vive. La guerra tra Neblos e Trule è difatti alle porte, e ciò che resta alla ragazza è fuggire per aiutare la sua famiglia frammentata; per perseguire in questa sua decisione dovrà compiere un gesto molto pericoloso: arruolarsi tra i pirati.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9

Kasim entrò nella mia cabina circa un’ora più tardi, quando lo vidi gli feci posto nella lettiga. Non doveva essere stato semplice nemmeno per lui passare quelle ore a bordo.
“Ho visto che hai i piedi martoriati a sangue dalla corsa; ovviamente è stata un’ottima idea quella di non farti sentire, ma non sarai in grado di camminare così domani, perciò ho pensato di portarti delle bende.” Uscì un rotolo biancastro dalla sacca che aveva, insieme a un paio di forbici.
“È stata un’ottima idea, grazie Kasim, inoltre non sono l’unica ferita.” Feci un mezzo sorriso ammiccando al suo braccio tagliuzzato per colpa del mio stiletto. Mi accorsi che aveva rimediato da sé con delle erbe e delle bende. Si scorgevano anche dei punti da sotto quest’ultime.
“Mi spiace averti messo nei casini. Sarei dovuto rimanere dov’ero e lasciarti andare.”
“Scherzi? Ti ho solo aiutato, in ogni caso sistemerò tutto, ho solo bisogno di tempo.” Dopo poco continuai. “Ho garantito per te, sono stata tutta la notte con Bellamy a scrivere quel dannato patto, domani lo firmerai.”
Una piccola smorfia di sofferenza apparve mentre tirava le bende attorno alla caviglia, ma non fu per il dolore. La smorfia era dovuta al ricordo del bruciore del marchio, mi aveva lasciato tutta la parte circostante livida. Quando ebbe finito con le bende lo notò. All’inizio rimase in silenzio, poi con una mano scoprì la sua manica sinistra, mostrandomi il suo marchio, nero e a forma di pentacolo, con un cerchio intorno. Era un marchio comune ai maghi qualsiasi da quanto avevo appreso, eppure pensai che forse sapeva qualcosa sulle famiglie magiche. Iniziò a parlare.
“I maghi e le streghe in genere ricevono il loro marchio a sedici anni, se appartieni ad una famiglia privilegiata a diciassette, come te. Il mio è comparso con un anno in ritardo, ed in quell’anno mi ripetevo che se avevo vissuto senza magia per sedici anni, avrei potuto per tutta la mia vita, ed effettivamente ci avrei solo guadagnato. Non per forza sei un mago se lo sono i tuoi genitori, ancor meno se lo è un solo genitore, come per me.”
“Perché mi dici questo?” dissi puntando il mio sguardo su di lui e lasciando perdere le bende.
“Io sono un bastardo dei privilegiati, delle famiglie nobili. Non ho mai avuto il desiderio incredibile della magia. Prima di averla ero uno con una buona famiglia, un tetto sulla testa, e il cibo in tavola. Me la passavo bene. Adesso ho perso tutto. Sono stato cacciato di casa da mio padre, mia madre è stata esiliata e le mie due sorelle non mi hanno più considerato loro fratello pur di rimanere all’interno del Vecchio Impero. Ora so che ero solo il loro fratellastro; di conseguenza non conosco mio padre, ma vorrei farci due chiacchiere.” Disse con un sorriso amaro.
“Forse non ti meritavano.”
“O forse ero io a non meritare loro, chi lo può dire? Almeno adesso è tutto sistemato.” Per un attimo scorsi uno sguardo crudele nei suoi occhi, ma se andò prima che potessi tirare su una qualsiasi ipotesi su di lui. “A te che è successo? Anche tu sei stata gettata via come me?”
“No, direi di no. Non ero così fortunata come te. Io ora ho una baracca ma non vi farò ritorno, i miei genitori li ho visti solo quando ho ottenuto il marchio durante il passaggio, sono morti anni fa, non ricordo quasi niente di loro. Anzi, una cosa sì, mi chiamavano Briel, e io mi facevo chiamare così solo da loro e da un mio amico.”
“Quando ti sei imbarcata?”
“Poco meno di una settimana fa, l’avevo quasi come obbligo.” Stavolta fui io a fare una smorfia.
“E com’era la tua vita a casa? Stavi bene?” iniziai a stancarmi di tutte quelle domande, ma pensai che infondo mi sarebbe stato utile parlarne con qualcuno. Di certo mi avrebbe capito.
“Vivevo con mia zia e mia cugina fino a poche settimane fa, non ti nascondo che la fame spesso bussa alla porta, e preferisco digiunare per giorni e fare in modo che il cibo basti a loro. Ora che Neblos ha ufficialmente dichiarato guerra a Trule, non sono potuta rimanere a casa. Da morta in guerra non servo a niente per la mia famiglia, qua servo ad assicurare loro soldi e cibo. La stregoneria mi dà addirittura una paga più alta.”
Per un po’ nessuno di noi disse nulla, poi senza motivo scoppiai a piangere. Lui non si scostò, ma mi mise una mano attorno le spalle, chiudendomi in un mezzo abbraccio e carezzandomi i capelli. Dimenticai per un momento la faccenda del bastardo, e rimasi stranita da come mi era venuto facile aprirmi con un ragazzo di cui non sapevo praticamente nulla.
“Oggi ho aggredito un uomo. Eppure io non sono migliore di lui, anche io ho scelto la strada della pirateria.” Sussultai.
“Non sempre è facile fare una cosa sbagliata seppur a fin di bene. L’uomo che ho ucciso stanotte per esempio. La scelta era tra lui e noi, se fosse rimasto vivo avrebbe detto verso dove ci dirigevamo e saremmo stati catturati. Dovevo scegliere la cosa più importante.” Quella frase sembrò non essere rivolta tanto a me, ma più che altro sembrò quasi che la dicesse a se stesso.
“Sai, non sono sicura di essere grande come dici tu, o capace nelle arti magiche come tutti si aspettano, così come non sono sicura che i pochi amici che avevo a bordo domani mi saluteranno. Non so nemmeno se mi riconoscerei se fossi messa davanti a uno specchio.” Affermai tra i singhiozzi. Mi vergognavo delle mie azioni.
“Ehi, non devi sentirti così, tutti passano qualcosa di brutto che li fa cambiare. Chissà se un giorno ti renderai conto che c’è una parte che è ben più radicata in noi di ciò che crediamo.”
“Se fosse davvero così, non sarei più sicura nemmeno di sapere chi sono.” Dissi per poi coricarmi sulla brandina.
Caddi rapidamente addormentata, anche se quello di quella notte era un sonno leggero. L’indomani mattina mi alzai senza problemi, cosciente del fatto che probabilmente Kasim aveva dormito con me, però non trovai né le bende né lui in camera. Un’altra cosa che mancava era il mio stiletto, ma avevo già un’idea su chi l’avesse preso. Mi preparai e mi sciacquai il viso velocemente, poi uscii dall’ex cabina di Bellamy; sinceramente mi aspettavo che dopo la sera precedente mi avrebbe richiesto la chiave indietro, ma non lo aveva fatto. Forse c’era ancora speranza.
Mi pentii del mio stesso pensiero appena chiusi la porta alle mie spalle. Coloro che erano sul ponte mi riserbavano sguardi differenti tra loro. Alcuni facevano trapelare rabbia e delusione, altri invece rassegnazione e delusione; in entrambi i casi quelle persone non si fidavano più di tanto di me. Mi stupii di vedere il mezzo sorriso di Newt tra loro, ma infondo non avevo ancora compreso come ragionasse quel ragazzo.
Girai verso la prua della nave e vidi Demien alle prese con Frayn, il quale reggeva il timone. Sembrava stessero discutendo sulle scorte di cibo rimaste e sulla rotta da prendere per fare provviste. Quando mi videro si ammutolirono, poi Demien sbuffò e si mise braccia conserte dandomi le spalle. Un po’ scocciata dalla situazione gli diedi due colpetti sulla spalla con l’indice.
“Non dovremmo allenarci?” dissi tentando di non rivangare la lite della sera prima.
“Non credo ce ne sia più bisogno, ti fai aiutare da quel nano nella stiva, perché dovresti saper duellare se puoi usare la magia.” Rispose dandomi ancora le spalle e citando la frase detta da me stessa qualche giorno prima.
“Ma voglio duellare! Ridammi il mio stiletto e insegnami, Demien, so che è nella stiva.”
“Mai e poi mai. Potresti darlo a quel Kasim, non mi fido di voi due.” Sputò acido.
Non riuscivo a capire perché, dato che avevano accertato che ero dalla loro parte e non potevo oppormi, non mi si dovesse rendere ciò che era mio di diritto. Sarà pur lecito che una ragazza sappia difendersi da sola. E invece no. Durante la notte qualcuno si era intrufolato e mi aveva sottratto il mio legame magico, quello che mi teneva con i piedi per terra evitandomi di impazzire nel caso usassi la magia. Almeno avevo l’altro, il polsino in pelle.
“Basta voi due.” Ecco comparire Bellamy, secondo me si ci metteva per fare il guastafeste. Non avevamo ancora chiarito nemmeno noi due dopo la lite. “Riavrai il tuo stiletto rubato. Demien, tu lasciala perdere, non è più sotto la tua guida.” Incredibilmente mi sentii stupita. Di certo non era perché avevo dimostrato eccellenti capacità nel duello.
“Ma capitano, è una novellina, per di più non sa usare bene la sua magia, si farà ammazzare in trenta secondi.” Allora credeva comunque che l’addestramento mi servisse.
“Non puoi aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato.” Disse stanco.
“Da parte vostra lo reputo un complimento.” Replicai.
Ed eccolo là, il triangolo di sguardi. Bellamy fissava la mano di Demien, che aveva messo sul suo braccio a mo’ di avvertimento. Demien mi fissava esausto di essere scavalcato da me in quanto mio garante per stare a bordo. Infine io mi limitavo ad attendere una risposta esaustiva da Bellamy, una che non comprendesse un insulto. Alla fine quell’atmosfera ridicola si ruppe.
“Bene, vediamo la belva combattere allora.” Disse Demien. “Se sei capace come dici batti il capitano, senza usare la magia se non per creare distrazioni durante il duello.” Sorrisi.
“E ostacoli?”
“Distrazioni si, ostacoli no. Se non lo batti torni a pulire il ponte, e userai le lame solo per tagliare le cipolle in cucina per tutta la prossima settimana, dopo la quale torni ad essere istruita da me senza fiatare.” Mi soffermai a pensare.
“Se vi batto voglio il mio stiletto indietro nel momento stesso in cui finisce lo scontro.” Bellamy si voltò e acconsentì quasi sfottente.
Il marchio bruciò di nuovo, ma stavolta capii che iniziavo a farci il callo, faceva meno male anche se trattenevo ugualmente le urla mordendomi il labbro inferiore a sangue. Ci spostammo dalla poppa all’albero maestro, poi impugnai Solida a due mani incrociando le dita per me. Tra l’equipaggio scorsi anche Kasim.
Bellamy sfoderò subito la sua spada e la fece roteare un paio di volte, a quel punto iniziai a ricredermi sulle mie possibilità di vittoria, o per lo meno, vittoria senza ferite. Io non ero capace di parare nemmeno volendo.
Un fendente mi arrivò quasi addosso, ma indietreggiai abbastanza da schivarlo; ricambiai con un affondo verso la sua spalla, lui lo parò abbassando la guardia a sinistra, così colsi l’occasione e contrattaccai. Gli feci un taglio superficiale sul braccio, ma nell’indietreggiare la sua spada finì per tagliarmi delle ciocche di capelli. Vidi ciuffi rossi portati dal vento fuori bordo.
“Voi! Brutto…” mi concentrai sul bracciale in cuoio e sulla mia spada per poi dividere in due una randa e una fune reggente di una vela. La nave iniziò a cambiare direzione mentre Bellamy non fece in tempo a spostarsi e venne colpito dalla fune che svolazzava vicino al timone. Il clangore delle spade e quello della fune che frustava sul ponte iniziò ad attirare l’attenzione. Capii di averlo fatto arrabbiare quando dal semplice scambio di colpi di spada iniziò ad attaccare sul serio, e io finì quasi attaccata alla balaustra tentando di parare ogni colpo impugnando la spada a due mani.
Ero all’angolo. Era ora di usare il mio svantaggio in altezza come un vantaggio, non che avessi altri vantaggi, così schivai un colpo e gli passai sotto il braccio con uno scatto fulmineo. Corsi lontano per evitare lo scontro fisico, guadagnandomi diverse prese in giro dalla ciurma che si era pian piano accalcata sul ponte.
Avevo avuto un’idea. Nel momento stesso in cui ero quasi arrivata alla balaustra opposta, mi agganciai con una mano a una fune fissata al ponte e ci girai in tondo, finendo per passare fuori dalla zona d’azione della sua spada e arrivare alle spalle di Bellamy, che nel frattempo mi aveva inseguita.
Quando si girò per affrontarmi aveva già la lama puntata alla gola. Sorrisi trionfante, mentre il mio stiletto con tanto di fodero nuovo mi si riallacciava al fianco, la magia lo aveva fatto levitare fino a me. Mi voltai per un istante e incontrai lo sguardo di Demien, un indecifrabile misto di fierezza e diffidenza, poi lo vidi allontanarsi.
“Briel, dobbiamo parlare noi due.” Disse il capitano poggiandomi un braccio sulle spalle che scrollai prontamente. Solo in quel momento mi resi conto che avevo un rivolo di sangue che colava dalla gamba, ma la mia fierezza non fece trasparire nulla.
“Quel nome non mi piace, usatene un altro, comunque parlate.” Lui sorvolò sul mio disagio nel sentire quella sillaba pronunciata da lui e sull’uso ostinato del voi, e continuò.
“Mi è arrivato un messaggio da Elettra dove spiega che la tua decisione di prendere il mare non è stata una scelta, ma più che altro l’ultima spiaggia. Così mi sono chiesto se ti andasse di vedere una vera spiaggia, senza fughe da altre navi, senza trattative, solo attraccare e scendere a terra per una notte. La parte bella della pirateria esiste.” Non doveva essere stato facile
Ed eccoli, i sensi di colpa che attanagliano ogni persona dopo aver realizzato di aver detto o fatto una stupidaggine con i reali fiocchi. Nonostante tutto io non ero assolutamente in vena di perdono, non dopo quello che era successo la sera precedente. Prima mi riempiva di aspettative alla locanda e dopo mi minacciava nella sua cabina. Semplice uscirsene in questo modo.
“Se questo è il vostro modo di porgermi delle scuse, beh, le accetto.” Lui annuii piano, guardando altrove. “Se non vi spiace però adesso dovrei andare.” Lo vidi fermarsi e capii che non aveva ancora finito. Sbuffai. “Perfetto, parlate pure.”
“Hai qualche sospetto su quella persona che stavamo cercando?” Mi fermai pure io e mi guardai intorno.
Non avevo trovato il tempo di capirne di più, ma quando capitava passavo dal luogo dove avevo sentito la discussione, così, per controllare. Infondo erano passati solo due giorni da quell’evento. Uno di quegli uomini stava al servizio di un altro mago, ma avevo avuto poco tempo per conoscerli tutti; il solo pensiero che uno di loro potesse essere un traditore mi rattristava, ma non mi toccava in maniera diretta.
Non osavo immaginare invece che cosa provasse Bellamy. Dal suo canto, quello era solo un altro motivo per temere una rivolta di massa, il che non era rassicurante, per niente, soprattutto ora che il capitano era stato sconfitto da una donna. Certo, una Magica, ma pur sempre una donna. Agli occhi della ciurma doveva essere stato davvero imbarazzante.
“Nessuna novità, ma posso provare a vedere se tra gli oggetti nelle cabine c’è traccia di magia.”
“Puoi odorare la magia? Sei un cane?” Per risposta gli mostrai il marchio.
“No, non sono un cane; sono un lupo, uno di quelli grandi e grossi che mettono paura e ti sbranano la notte.” Lo guardai stizzita, lui sorrise. “Potrei sentire l’odore della magia, sì, ma dovreste tenere impegnata la ciurma intera per una mezz’ora circa.” Vanificati i miei tentativi di sembrare minacciosa e rancorosa, finii per ricadere nello stesso errore: aiutarlo.
“Come diavolo faccio a tenerli tutti davanti a me per mezz’ora? Parlerò loro di cosa?”
“Siete un genio che non ha mai avuto bisogno della magia nella sua vita, giusto? Di certo qualcosa la inventerete.” Mi allontanai subito dopo aver usato il mio tono sfottente migliore.




Angolo autrice:

Se siete arrivati fin qui siete sopravvissuti alle ben 2586 parole di questo capitolo. Non me ne vogliate, non potevo tagliarlo prima. Già con la revisione sto dovendo fare un taglia e cuci pazzesco di tutte le scene (e questa che ho tagliato, per esempio,perde un po'), non ho potuto fare in altro modo. Mi auguro che la storia vi stia piacendo, alla prossima!
Herondale.

  
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