Capitolo 1

Due mondi si uniscono

Questa storia narra di antichi ricordi, di persone care e unite da uno strano destino, che hanno sapori decisi e speziati. Narra di una donna indiana che porta con se l’ovulo di una donna francese, per partorire una creaturina dolce e bellissima, bionda con gli occhi azzurri, di nome Sari.
Sari aveva più o meno 5 anni quando capì che non era ben vista dalla gente: la madre, avendo marito indiano, la piccola era considerata frutto di una relazione clandestina, per cui impura e figlia di una poco di buono.
Un giorno, nel rincorrere un cane, Sari si perse. Era spaventata, tutti la guardavano male, un uomo sputò in terra proprio vicino a lei in segno di disprezzo. Scoppiò a piangere e si rintanò nel primo tempio vicino. Come entrò vide una grande statua del Buddha, ai suoi piedi un giovane in meditazione, all’incirca sulla quindicina, biondo e dalla carnagione chiara. La bambina si precipitò
“Fratellone!”
Il biondo, di nome Shaka, fu destato dalla sua preghiera, sorpreso da quella affermazione, aprendo così gli occhi, che erano azzurri come il cielo terso. Sari si accoccolò di più a lui e smise di piangere, rassicurata da quella figura così simile a lei
“Hei piccina come ti chiami?”
“Sari!” disse con fermezza
“Ma che bellissimo nome” disse un Shaka sorridente
“E tu fratellone?”
“Shaka”
“Piacere di conoscerti Shaka! D’ora in poi sarai il mio fratellone, ti va?”
Shaka non seppe che rispondere ma semplicemente annuì
“Dove sono i tuoi genitori?”
Ma non ebbe risposta perché la bambina si addormentò beatamente tra le sue braccia.
Shaka sospirò, la guardò dolcemente e le spostò una ciocca che le copriva il viso. Rimasero così per un tempo indefinito.
Sari tornò più e più volte ad incontrare Shaka, in quelle volte lui lo prendeva come attimo di pausa e per stare con lei. Stavano al sole seduti sui grandi rami che prepotentemente avevano invaso quel tempio antico o all’ombra dell’albero centenario. Lei spesso gli faceva tante domande, chiedendo cosa facesse lì e dove fossero i suoi genitori. In effetti, da che lui ricordasse, era sempre stato lì perché, a quanto avevano detto i monaci, lui era l’eletto, ma non si era mai domandato chi fossero i suoi genitori. Un giorno Sari trascinò quasi con la forza Shaka dal tempio. Non era mai uscito da quel posto e quasi aveva paura perché si sentiva in qualche modo protetto, e non aveva tutti i torti. Appena arrivati in strada, non una ma ben due figure alquanto inusuali erano sotto lo sguardo indagatore di tutti. Camminarono per un bel po’ fino a che Shaka non si sentì preso per i capelli, non ebbe tempo di pensare che subito dopo venne pestato e preso a calci, ebbe l'attimo di scorgere Sari tenuta da due individui che si dimenava e piangeva disperata
“Lascia-telo in pa-ce! Il mio fratelloneee!” urlò tra i singhiozzi
Shaka cercò di rialzarsi e, per paura che le facessero del male, difese col suo corpo quella creaturina esile
“Ma che bel quadretto, patetici” schernì uno degli uomini, che doveva essere sulla quarantina.
Ripresero ad inveire, la piccola si aggrappò al corpo di Shaka piangendo più che mai
“Non è giustooo! Lasciatelo in paceee!”
Ad un certo punto, dal corpo di Shaka, si espanse una forte aurea luminosa che fece scaraventare lontano i membri del gruppo che, spaventati, se la diedero a gambe.