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Autore: Shirokuro    07/09/2017    1 recensioni
{ katsuki centric; katsuki/ochako | one-shot di 1760 parole circa | fluff; erotico? | lime }
«Bakugou-kun», lo chiamò poi.
«Cosa c’è ora?»
«Puoi togliermi il giubbotto se vuoi, non ho tanto freddo» provò a dire, coprendosi il volto con le mani. Il sangue arrivò alla testa del ragazzo tanto in fretta che poté sentire le sue vene intasarsi e l’ossigeno improvvisamente mancare.
«Tu…»
Spostò quindi le mani dal suo viso, solo per scoprire un’espressione così rossa e timida che la sua sorpresa continuò ad aumentare. Uscivano insieme da ormai qualche mese, ma lei continuava a sbatterlo a destra ed a sinistra, distruggendo sempre le sue certezze e meravigliandolo ogni volta di più. Ochako era una malefica strega che lo aveva incatenato a sé con acciaio bianco e fragile.
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Dove fa freddo
Katsuki era una persona abitudinaria. Era un’immagine che poteva far sorridere, ma era vero. Era una persona cauta ed organizzata; a causa del suo Quirk, era stato costretto a diventarlo. Era abituato, ad esempio, a passare a casa dei Midoriya una volta al mese a lasciare delle piccole offerte da parte della madre. Oppure, era abituato a sorridere quando era arrabbiato con un coetaneo, ma si imbronciava quando a farlo indispettire era un adulto. Era abituato ad andare al bagno quattro volte al giorno. Era abituato a mangiare frutta dopo pranzo.
   Ed era abituato a tenere le mani a circa cinque centimetri dalla testa delle persone. Questo perché quando era piccolo, ed involontariamente alle volte usava il suo Quirk, le sue esplosioni avevano un raggio ristretto e oltre quella distanza i danni erano minimi o nulli. Anche quando era cresciuto, quell’abitudine era rimasta, però ovviamente non doveva più preoccuparsi delle esplosioni, dato che aveva imparato a controllarle. A quindici anni, ormai, Katsuki Bakugou le mani alla faccia altrui le avvicinava quasi esclusivamente per tirare pugni.
   Era anche abituato a non portare con sé un ombrello se le previsioni meteo non annunciavano pioggia. Per questo, quel Venerdì alle quattro, con dell’amarezza, dovette ammettere quanto stupida quella sua abitudine fosse.
   L’entrata della Yuuei, quella porta in vetro così pulita da poter credere che non ci fosse, era diventata quel giorno la pista da corsa di gocce d’acqua che frettolose ed impazienti cercavano il loro traguardo in basso, mentre altre stille ancora si univano violentemente alla gara, senza permesso. Katsuki si poggiò agli armadietti sospirando.
   Le luci soffuse dell’edificio, quel giorno scuro, parevano più deboli del solito – come, per qualche motivo, tutti i giorni i pioggia. L’aria era fredda e la sciarpa che avvolgeva il suo collo era troppo consumata per assicurargli riparo dagli spifferi che si inserivano nei buchi – allargati dagli anni – della lana. Sbatté annoiato la testa all’alluminio, lentamente. «Che palle» mugugnò, osservando il soffitto alto, per poi scivolare sul pavimento rassegnato.
   «Bakugou-kun?» La voce acuta, sottile ed incerta, dopo aver riecheggiato qualche secondo, perforò i timpani di Katsuki. Nel silenzio scrosciante che nei dieci minuti trascorsi si era andato creando, anche una moneta caduta per terra avrebbe potuto distruggere la calma che il biondo si ritagliato con l’intenzione di trascorrere un quarto d’ora ad interessarsi alla corsa delle piccole stelle d’acqua davanti a lui. Però, odiava ammettere anche questo, il fatto che ci fosse qualcun altro lì con lui lo metteva più a suo agio.
   «Oi, Facciatonda» rispose, quindi.
   Sorrideva se riportava alla mente ciò che vide quando alzò lo sguardo verso di lei. Ricordava le calze nere e le dita che si toccavano fra loro, che indecise si allontanavano e poi riavvicinavano lentamente. Scorgeva, nelle immagini nella sua memoria, i capelli castani che fastidiosamente si poggiavano sulle guance o si incurvavano sulla sciarpa rosa, solleticando il naso o le labbra sottili. Non era la prima volta che lo pensava, ma quella ragazza bassa e pienotta splendeva. Poteva dirlo con certezza allora, dato che nell’apparente oscurità di una triste giornata d’inverno, il suo sorriso illuminava l’intero corridoio largo.
   Non sapeva dire se era stato lui ad invitarla, ma per qualche motivo alla fine, lei, si era seduta al suo fianco. «Spero spiova presto, stasera c’è un episodio speciale dell’anime che sto seguendo» borbottò desolata, avvicinando le ginocchia al petto. A Katsuki non interessava.
   «Che anime è?»
   «Si chiama L’isola della balena, lo seguono anche Iida-kun e Midoriya-kun».
   Sentire una voce familiare, nel silenzio, per quanto le parole non raggiungessero davvero Katsuki, lo rassicurava.
   «Che noia».
   Ochako rise imbarazzata e poi cadde il silenzio. Il ragazzo si dedicò nuovamente all’osservazione, questa volta però studiò la persona al suo fianco.
   Piccola e timida stava giocando come poteva. Le mani sulle ginocchia che le facevano scontrare ed allontanare, qualche volta sistemando la gonna per evitare si spiegazzasse troppo. Ridendo fra sé e sé. È stupida?, si chiedeva. Poi occasionalmente il suo sguardo si rabbuiava e fissava la punta delle scarpe da interni – chissà perché non se le fosse cambiate.
 
   «Se vuoi giocare, gioca con me» si lamentò, dopo che altri dieci minuti erano così passati.
   La ragazza brillò di una luce nuova.
  Iniziarono, i due, a spostare i propri indumenti – prima Ochako girava la sciarpa di Katsuki, poi Katsuki arrotolava la manica di Ochako – senza motivo, per poi iniziare a tastarsi i capelli a vicenda. I capelli di Ochako erano davvero morbidi, poté constatare. E a giudicare dalla reazione della sua temporanea compagna di giochi, lo stesso non valeva per i suoi.
   Scoraggiato, allontanò istintivamente le mani di circa cinque centimetri dalla testa della ragazza, che sorpresa fece lo stesso.
   Katsuki rimase in quella posizione per un tempo tanto lungo che, come fosse stato un gatto, Ochako lo incoraggiò a fare qualcosa strusciando la guancia contro il palmo, che in quel frangente si chiuse un poco, inglobando quanto poteva un po’ del viso chiaro, accarezzando con il pollice quello che non poteva raccogliere.
   Per quanto la pista trasparente e bagnata fosse chiusa, sentirono comunque entrambi il freddo che li avvolgeva e violentemente penetrava nelle ossa. Eppure, quel punto in particolare, dove le loro pelli si incontravano, era ridicolmente caldo. Era così caldo, che solo a realizzarlo, Katsuki impallidiva. Però, allo stesso tempo, la sorpresa era così piacevole da fargli desiderare di più. Si chiese se ad essere così calda fosse la ragazza stessa, ma lei subito smentì domandandogli con voce bassa e spezzata dall’emozione: «Sei sempre così tiepido?»
   Lui entrò in apnea per un breve istante e poi nascose il viso nella sciarpa sussurrando un deciso «Potrei avere la febbre».
   Ochako entrò nel panico, per quanto non fosse stata quella l’intenzione del ragazzo. «N-N-Non va bene però». Iniziò a balbettare frasi come quella e dopo aver finito il repertorio, fulminata da un’idea geniale, si sfilò la sciarpa rosa e la sistemò al collo di Katsuki, sopra quella rossa che già aveva. Lui osservò la sua compagna per qualche secondo, interdetto. Poi si fece avanti: «Non avrai freddo tu così, Facciatonda?»
   «Io… starò bene, penso» rispose imbarazzata.
   «Sei sempre così…» mugugnò grattandosi la testa.
   «Così?»
   Katsuki si fece avanti, questa volta col busto, ed avvolse con le braccia le spalle della castana. Lei espirò delicatamente, sollevata per qualche motivo. Poi, con le dita, accarezzò la schiena larga del biondo, il quale rispose stringendola ancora più forte.
    «Come pensavo, sei veramente caldo» rise poi, immergendo il viso nelle sciarpe, cercando l’incavo del collo. Rimasero così per un po’ e poi Katsuki allontanò la ragazza per poter cercare le sue labbra e poggiarci le sue.
   «E se diventassi calda anche tu?»
   Ochako lo fissò curiosa ed ansiosa per qualche momento, poi si avvicinò al viso del ragazzo dove sorrise sulle sue guance un timido «Ne sarei onorata».
   Il biondo allora tornò alla ricerca della sua bocca e facendo scivolare le mani sulla sua schiena l’aiutò a poggiarsi sul pavimento – fortunatamente pulito; d’altronde era l’Yuuei.
   «Qui?» chiese titubante.
   «Se non fossi certo nessuno passi di qua a quest’ora, non lo farei». Katsuki incontro gli occhi interrogativi dell’altra e sospirando, continuò. «Non permetterei a nessuno di vederti in queste condizioni; gli faccio saltare in aria la testa. E poi la faccio saltare a me per aver fatto un simile errore».
   «Questo… sarebbe male» rise. Lui poggiò le mani sul pavimento a circa cinque centimetri dalla sua testa, mentre i baci iniziavano a spostarsi dalle labbra al collo. Non voleva toccarla direttamente perché in quell’occasione non avrebbe saputo come farlo. Era emozionato e, per quanto calmo fosse solitamente, aveva paura di farle in qualche modo male. Cinque centimetri, la sua personale distanza di sicurezza. «Bakugou-kun», lo chiamò poi.
   «Cosa c’è ora?»
   «Puoi togliermi il giubbotto se vuoi, non ho tanto freddo» provò a dire, coprendosi il volto con le mani. Il sangue arrivò alla testa del ragazzo tanto in fretta che poté sentire le sue vene intasarsi e l’ossigeno improvvisamente mancare.
   «Tu…»
   Spostò quindi le mani dal suo viso, solo per scoprire un’espressione così rossa e timida che la sua sorpresa continuò ad aumentare. Uscivano insieme da ormai qualche mese, ma lei continuava a sbatterlo a destra ed a sinistra, distruggendo sempre le sue certezze e meravigliandolo ogni volta di più. Ochako era una malefica strega che lo aveva incatenato a sé con acciaio bianco e fragile. Cercò nuovamente allora le sue labbra e questa volta, dopo altri timidi baci che si spostavano per tutta la lunghezza della bocca ed a volte vagavano per le guance, cercò di andare oltre. Se Ochako voleva dargli di più, lui si sarebbe preso di più.
   «E i prof?»
   «Oggi c’è una riunione, finiranno fra un paio d’ore; saranno convinti che non sia rimasto nessuno in ogni caso».
   Ochako mugugnò qualcosa ma Katsuki era troppo concentrato ad abbassare la cerniera del giubbotto e cercare, finalmente, la clavicola. Spogliarla da lì, fino al suo obiettivo, sarebbe stato facile. E infatti lo fu. I piccoli cuscinetti rosa, iniziavano a vagare anche loro per il busto di Katsuki, dopo averlo liberato delle sciarpe ancora fra loro, per sfilargli la giacca e da lì, con l’aiuto della mano sinistra del ragazzo, la camicia e la cravatta.
   La mano destra, allora, iniziò a percorrere in lunghezza la gamba formosa, sentendo il tessuto delle calze pesanti che indossava in inverno la sua compagna di giochi, partendo dalle caviglie, fino a raggiungere quasi le natiche – che però non sfiorò. A quel punto, le mani e i suoi movimenti in generale, si fermarono. «Bakugou-kun?»
   «Oggi» sospirò, tirando su Ochako e mettendola a sedere sulle sue cosce, «non andiamo oltre a questo; hai ragione, non possiamo farlo qui», spiegò, immergendo la testa nell’incavo del collo e poi soffiando un bacio sul petto della ragazza in reggiseno.
   «Eh eh, come vuoi, mi fido del tuo giudizio» ridacchiò, sorridendo un altro bacio sulla sua testa, fra i capelli, mentre accarezzava con le dita la nuca e raggiungeva coi cuscinetti sotto alla punta delle dita il trapezio, la scapola e – costringendo il suo compagno nello spacco del seno – infine raggiunse persino l’osso sacro.
   Sentì distintamente i denti sulla sua pelle e le labbra che percorrevano il segno lì lasciato, quando infine le mani del biondo la allontanarono per ritrovare ancora il suo viso.
   «Ti piacciono tanto, vero?»
   Katsuki la guardò confuso. «Cosa?»
   «Le cose morbide; il mio seno, le mie dita, le mie guance, le sciarpe, i cuscini e le coperte».
   Lui non ci fece caso e si limitò ad affondare fra le proprie spalle, mordicchiando quelle della ragazza, sussurrando «Aspettiamo così che spiova, Uraraka».


 
Soundtrack(s); doko ni mo yukanai (yanaginagi). forse devo smetterla di scrivere e basta ahah. ah-
ok parto spedita dicendo che NON shippo bakugou e ochako. io shippo bakumomo e bakudeku con una passione MA UNA PASSIONE vi dico. però la mia amica stupida e insensibile (che invece shippa bakuraka) ha detto per sbaglio una cosa tipo "bakugou fa esplodere la testa a uraraka" e io volevo scriverla questa cosa, per quanto ami ochako. invece, alla fine, è diventata una one-shot fluff. ennesima dimostrazione di quanto schifo io faccia a rispettare gli obiettivi che mi impongo. quindi, uhm, no, non li shippo ma sono finita a scriverci cose.
ci tengo anche che a) per me, bakugou è il tipo di ragazzo che in una relazione è super rispettoso del suo partner e allo stesso tempo è super clingy, e che b) BAKUGOU NON È UN MALEDETTISSIMO TSUNDERE quindi non l'ho riportato così come tale. non capisco perché il fandom lo ritragga così. sono indignata da questo fatto.
inoltre, considerando che nella fic i due stanno insieme già da un po', ho pensato che anche ochako potrebbe essere più "libera" e meno imbarazzata ad esempio del contatto fisico.
per il resto, non credo di dover dir altro, grazie mille per aver letto! spero abbiate gradito.
   
 
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