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Autore: theprophetlemonade_    07/09/2017    6 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
[Malec + Sense8 Clusters!AU → NON È NECESSARIO CONOSCERE SENSE8 PER POTER LEGGERE LA FIC]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon pomeriggio gente!
Come state? Io ero entusiasta dal fatto che il meteo avesse previsto pioggia e temporali (sì, amo i temporali e la pioggia e il freddo) e invece splende il sole. E' così ingiusto. Ah, e devo studiare, tanto per cambiare. Sono indietrissimo, perciò vi lascio il capitolo al volo. 
Volevo comunque ringraziarvi come sempre per l'affetto e l'entusiasmo con cui avete accolto la storia e con cui continuate a leggere ogni capitolo. La fic è addirittura rientrata fra le più popolari di questa sezione e io non so cosa dire, se non un immenso GRAZIE a tutti voi, dal primo all'ultimo.
Ora devo scappare a studiare, perciò vi auguro una buona lettura e una buona giornata. A lunedì! Un abbraccio,
Starsfallinglikerain



 
Capitolo 9
 
 
«Uhm, ragazzi» esordisce Simon una notte, dal sedile posteriore. Alec è seduto nella macchina di pattuglia con Raj, entrambi stanno aspettando che la radio inizi a ronzare per una chiamata. Raj sta fischiettando un motivetto irritante ed Alec ha ripetuto mentalmente  il manuale parola per parola, cercando di ignorarlo. Non si azzarderebbe a dire che Simon è una distrazione benaccetta, ma... Almeno è una distrazione.
«Ho un problema».    
Alec non dice nulla, ma alza gli occhi al cielo. Le cose sono andate bene ultimamente: la primavera si sta intrufolando in città, facendo crescere l'erba fra la neve rimasta e colorando gli alberi con boccioli e foglie verdi. Il calore va d'accordo con Alec; si sente meno lamentoso. Izzy è riuscita a convincere i loro genitori  affinché permettano a Max di andare da loro e rimanga nell'appartamento con loro per una settimana al mese; Jace e Clary sono meno fastidiosi quando flirtano; Lydia ha recentemente chiuso un affare di alto profilo. Magnus l'ha visitato la maggior parte delle notti.  
Riconosce che sarà dura fargli passare il buon umore. Nemmeno Raj che cambia il motivetto che sta fischiettando in un qualcosa di simile ad una canzone natalizia riesce a stizzire Alec.         
«Che succede?» chiede Clary, apparendo accanto a Simon nel sedile posteriore. Dà un colpetto con la spalla a Simon, ma Simon non ricambia. «Simon?». 
Simon non dice nulla, ma Alec lo guarda dallo specchietto retrovisore: i suoi occhi sono spalancati e il suo volto è pallido. Alec si irrigidisce.    
Alec ritira tutto ciò che ha appena pensato. Non presagisce nulla di buono.          
«Simon?» chiede Jace, apparendo a sua volta nel sedile posteriore. Il suo viso è serio. «Simon, parla».
Simon sembra un cerbiatto davanti ai fari di un'automobile. Il cuore di Alec inizia a battere forte nel petto e sa che quello di Simon fa lo stesso.
«Simon?» chiede Alec, nello stesso momento in cui la radio sul cruscotto inizia ad emettere un brusio. Raj gira la rotellina del volume e non sente Alec, dicendo qualcosa tipo oh, questo sembra interessante.     
Simon si morde con forza il labbro inferiore. In lontananza Alec riesce a sentire il boato di una folla, il ronzio  di un basso, simile a quello di un insetto, il suono di bottiglie di birra che cozzano le une contro le altre e si frantumano al suolo.  Stanotte Simon deve esibirsi a... Dove aveva detto che era? Parigi? Amsterdam? Alec non se lo ricorda. Dio, avrebbe dovuto prestare ascolto.      
«I-Io penso che — penso che ci sia qualcuno fra la folla» dice Simon, i suoi occhi che guizzano avanti e indietro mentre ispeziona una folla davanti ad un palco che Alec non può vedere. «Che... Che ci sia qualcuno qui — come noi».   
Il cuore di Alec precipita dalle parti dello stomaco. Evidentemente alcune persone sanno come riconoscere quando qualcuno ha un visitatore nella propria testa.          
E poi Magnus è lì, sta aprendo la porta posteriore dell'auto di pattuglia, sul suo volto il suo sguardo è come un tuono. Alec si volta velocemente per dare un'occhiata a Raj — ma a Raj non interessa, Raj sta ancora blaterando, Raj non riesce a vederlo — e poi si volta nuovamente per guardare Magnus.         
Non è sicuro di aver mai visto Magnus così prima d'ora. Pericoloso. C'è il fuoco infernale nei suoi occhi.
«Mostramelo» dice Magnus rivolto a Simon. Simon annuisce e poi Alec sente all'improvviso qualcosa di pesante e carico d'odio nel ventre, e sa che è Magnus che vede  qualsiasi cosa abbia visto Simon.
«Il Circolo?» chiede Lydia, apparendo accanto a Magnus. I suoi capelli sono sciolti e indossa un pigiama di seta, si è alzata dal letto da nemmeno cinque minuti, dall'altra parte del mondo. «Magnus?».        
«È possibile» dice Magnus. «Simon, devi andartene da lì».           
«Ma siamo a metà spettacolo» dice Simon, finché Jace non lo colpisce con forza. «Okay, okay. Io — Dovrei...».           
Alec incrocia lo sguardo di Simon ed è supplicante. Simon lo sta guardando, e poi guarda le sue braccia forti e la sua schiena ampia, e infine il distintivo sul suo petto. Alec percepisce uno strattone, da qualche parte dietro le sue tempie, ma non è abbastanza intenso da portarlo dove deve andare.         
«Simon» sta dicendo Raphael ora. «Scendi dal palco».      
Sono tutti lì, Alec lo sa. Dove Alec non è: in Francia, in Germania, in Olanda, in qualche squallido nightclub che odora di birra e urina, da qualche parte, lontano.  E Alec non riesce ad arrivarci. Non riesce a chiudere gli occhi e trovarsi lì, spalla a spalla con Simon, al seguito di Jace o alla destra di Magnus.   
Le mani di Alec trovano la maniglia della porta e si getta fuori dall'automobile, udendo le grida sorprese di Raj sparire alle sue spalle mentre inizia a correre. Non sa dove stia andando, o cosa farà quando ci arriverà, ma deve solo — ha solo bisogno di essere lontano da Raj, dall'auto, da — deve solo essere da qualche parte dove possa concentrarsi su —.
Si infila in una stradina laterale, che  fortunatamente è buia e vuota. Jace è al suo fianco quando rallenta fino a fermarsi, respirando pesantemente.  
«Ce ne sono tre» spiega Jace con fervore. «Magnus pensa che potrebbero essere di più. Non sappiamo se si tratti del Circolo o meno, ma — ma decisamente non dovrebbero trovarsi lì. Simon sta dando di matto».
«Hai bisogno di me» dice Alec, e non è nemmeno una domanda. Percepisce il panico di Simon baluginargli nella testa.  
Jace non dice nulla, ma annuisce. Alec sente lo stomaco chiudersi.           
«Se ha bisogno di lottare per uscirne» afferma Jace. «Magnus fa tai-chi, e io sono un personal trainer, Alec. Ma tu sei un poliziotto».
«Non so come arrivarci» dice Alec, sventuratamente.         
Clary appare dietro di lui, mettendo le mani sulle spalle di Alec e stringendole con forza.           
«Concentrati, Alec. Pensaci molto attentamente» dice, risultando fin troppo forzata. Non sta pensando ad Alec — e nemmeno dovrebbe, certo, tuttavia —.        
Solleva lo sguardo e trova Magnus che lo osserva, indecifrabile. Il suo volto è in ombra, i suoi occhi affogati nell'oscurità. Alec sente la ferita di proiettile pulsare sul suo fianco, come se qualcuno ci stesse premendo le dita.
Simon è nei guai e l'ha chiamato in aiuto, e Alec non può fare niente.
___________________
 
«Alec, Alec, fermati».           
Alec strofina con forza la pelle delle mani, lasciando che il rubinetto faccia sgorgare l'acqua gelida, intorpidendo la pelle che ha frizionato fino a farla diventare rossa e lisa.    
«Alec, basta».
Le dita inanellate di Magnus appaiono sul polso di Alec, stringendolo con risolutezza. Un violento tremito increspa la schiena di Alec, che egli incorpora, chinando il capo e strizzando con forza gli occhi chiusi. Il peso della mano di Magnus non si attenua; la sua presenza rimane una costante al fianco di Alec.     
Alec non ha mai desiderato così ardentemente il silenzio. E tuttavia non vuole che Magnus lo lasci solo. È la peggior sorta di paradosso.    
«Alec».
Il bruciore sulle mani non fa abbastanza per rendere insensibile il dolore nel suo petto, questa sensazione abbietta e gorgogliante di non essere stato abbastanza. Mai abbastanza. Mai abbastanza bravo.      
«Lo odio» sibila Alec. «Lo odio, odio —». 
«Lo so» dice Magnus. Allontana le mani di Alec dal lavandino e chiude l'acqua. Il palmo di Magnus è morbido e soffice sotto le dita ruvide di Alec. «Lo so. Ma Simon sta bene, e tu no, quindi per favore smettila di biasimarti».           
Simon sta bene. Ed è ciò che dovrebbe importare. Magnus non sa se gli uomini fra la folla appartenessero al Circolo o no, ma Jace ha tirato un pugno sul naso ad uno di loro, e Clary ne ha colpito un altro con una chitarra, e Maia ha armeggiato col circuito dei fili di un'automobile, e —.        
Sarebbe potuta finire molto diversamente.   
Magnus raccoglie le mani arrossate di Alec e le tiene fra le sue, forzando Alec a voltarsi verso di lui. C'è un luccichio negli occhi di Magnus, tenue e mesto. Alec non sopporta di esserne la causa.       
«Odio» ci riprova. «Odio... questa cosa. Odio non essere capace di — aiutare. Magnus, io —». 
«Non è stata colpa tua, Alec».          
Ma lo è, non è vero? Dev'esserlo. Lo scopo di Alec è quello di proteggere le persone, è quello che fa. Alec è destinato ad essere perfetto, è quello che gli dicono da tutta la vita. È l'unica dannata ragione per cui si tiene il distintivo, perché sa di star facendo qualcosa per fare la differenza. Ma se non riesce ad aiutare nemmeno le persone che più hanno bisogno di lui —.        
«Odio essere solo».   
L'onestà non è mai stata un problema per Alec, ma la franchezza — la franchezza è stata sempre una lotta. È come se avesse squarciato il suo petto ed esposto il suo cuore sanguinante, ed è una debolezza, lo sa. Qualcuno potrebbe premervi le dita e strizzarlo e lui crollerebbe. Si sente fragile e non c'è nulla che odi più di questo. Ha bisogno del controllo e ne ha avuto così poco da quando è iniziata tutta questa situazione con Jace nello specchio.  
«Lo capisco, tesoro» dice Magnus. Massaggia le nocche di Alec come se stesse cercando di accendere un fuoco; soffia il suo respiro caldo sulla pelle scorticata di Alec, come se stesse tentando di scaldarlo. «So che sembra sia così, ma non sei solo. Non sei solo, nemmeno lontanamente».    
Alec vuole controbattere; la frustrazione sobbolle in lui, torrida, pericolosa ed esplosiva. Vuole prendersela con Magnus e, forse, se si trattasse di qualcun altro — Jace, Clary, Simon — direbbe loro dove andare. Vuole urlare: Non sapete cosa significa! Non sapete come sia essere bloccati qui e non poter fare niente! Non sapete cosa significhi essere me, cos'ho passato!    
Vuole urlare: Sono sempre stato solo, sin da bambino! E ho paura — E ho paura che lo sarò sempre, perché non so come altro essere!     
Vuole urlare: Non sapete come sia sentirsi ancora così dannatamente soli, anche con altre sette persone nella tua testa!  
Ma lì giace il problema: Magnus sa come ci si sente. Magnus lo sa più di chiunque altro. Magnus è solo quando pensa che nessun altro sia sveglio per poterlo sentire. Qualcosa in Alec si sgonfia, fuggendo come un sospiro dalle sue spalle contratte e dalla sua schiena dolente. Improvvisamente il mondo attorno a lui sembra infinitesimalmente piccolo, e sono solo lui e Magnus, per un momento immerso nell'oro. Alec desidera che possa essere così per sempre.         
«Non so cosa fare» mormora, appena un po' incerto. Pensa a Simon e riesce ancora a sentire il cuore battergli all'impazzata nel petto, pompato dall'adrenalina, su un aereo da qualche parte sopra alla Manica, diretto verso Londra, da Jace, al sicuro.    
«Ma lo saprai» dice Magnus prima che Alec possa protestare. Stringe nuovamente le mani di Alec e fa un passo avanti, avvicinandosi fino a che i loro petti quasi non si toccano. «Perché è quello che fai, Alexander. Continui ad andare avanti finché non funziona. Ti conosco. Infinitamente.  Inesplicabilmente. Tutto ciò».
Alec non sa  cosa dire. Non lo sa mai. Non è bravo in questo.        
___________________
 
Quando Alec si riprende lo fa bene e ciò avviene perché continua a fare come se niente fosse, e nessuno se ne accorgerebbe, non senza avere accesso diretto alla sua testa. Gli altri gli stanno a debita distanza — non come prima, con i suoi genitori, quando a turno si fermavano a visitarlo e a controllare come stesse.
Non sono arrabbiati. Alec riesce a capirlo. Sono preoccupati per lui, e sta loro a cuore, e vogliono essere con lui, ma — ma Alec non li vuole vicini. Non vuole che Simon sorrida in modo sghembo e dica Ehi amico, va tutto bene. C'era Jace. Se n'è occupato lui. Non vuole vedere Jace sorridere in trionfo e non vuole vedere Clary rannicchiata fra loro, mentre li stringe forte.           
Non vuole vederli, nessuno di loro, e sapere che sono in sette altri posti, gli uni con gli altri, dove lui non c'è.
Il tutto è reso peggiore da Simon che è con Jace, fisicamente. Magnus ha chiesto a Simon di prendere un aereo per l'Inghilterra dopo l'incidente al concerto; gli aveva anche pagato il viaggio di tasca propria, facendo un bonifico a Simon in un batter d'occhio. La gamba di Simon aveva tremato nervosamente per tutto il viaggio attraverso la Manica.          
E ora, in una sala d'aspetto a Heathrow[1], Alec sente un'ondata di affetto, tenerezza e sfrenato sollievo quando Jace e Simon si incontrano di persona. Lo colpisce come un maremoto mentre si prepara per andare a dormire, e deve sedersi prima di perdere l'equilibrio, gli gira la testa. I suoi occhi pizzicano per qualcosa di impetuoso e lo sente come una punizione. Lo rende una punizione, per se stesso. Si permette di sentire tutto ciò che essi sentono; l'inebriante impeto di stringere finalmente fra le braccia qualcuno che conosci così bene; la sensazione di un cuore così pieno da scoppiare. Lascia che tutte quelle sensazioni positive lo travolgano, marchiandogli la mente di pensieri  riguardo a ciò che sarebbe potuto accadere e ciò che sarebbe dovuto accadere, se solo fosse stato lì ad aiutare.
Il materasso di Alec si abbassa accanto a lui e i suoi sensi sono inondati dal profumo di legno di sandalo. Continua ad essere l'unico dettaglio che coglie da Magnus riguardo al luogo in cui potrebbe trovarsi.        
«Alexander, per favore, smettila di farti del male».
«No» biascica Alec, ma sanno entrambi che è una menzogna. Sospira pesantemente, lasciando crollare le proprie spalle.
«Non c'è dolore o punizione più grande che il ricordo» dice Magnus. Comincia a togliersi gli anelli, uno ad uno, posizionandoli sul comò di Alec, seguiti dalle collane che avvolgono il suo collo, e poi la giacca, che si leva, rivelando una camicia di seta. Ovunque sia, si sta preparando a sua volta per andare a letto. È stranamente intimo essere con lui in questo modo, vedendolo mentre si toglie gli strati indossati con così tanta destrezza e attenzione, e ciò fa soffrire Alec ancor di più, facendo intensificare la sensazione di Jace e Simon. «E io dovrei saperlo. Per favore, piantala di rimuginarci sopra».          
«Vorrei poterti toccare» parla Alec senza riflettere, in modo inelegante, e le sue guance prendono fuoco. Abbassa la testa e sgualcisce le lenzuola stringendole fra i pugni, Magnus è stupefatto. «Voglio dire — Non intendo in quel senso, solo — Voglio dire. Tutto di te. Vorrei solo poterti —».     
«Lo vorrei anch'io» replica Magnus. Si sporge e raggiunge la mano di Alec, cullandola fra le sue dita nude come se fosse qualcosa di prezioso. Fa scorrere il suo pollice sulle nocche di Alec.
Il cuore di Alec freme. Il cuore, che condividono, freme.   
Si chiede se sia lui o Magnus a farlo. Forse sono entrambi.
Alec tossisce per schiarirsi la gola e cambia maldestramente argomento.   
«Pensavo fossi indaffarato con — » Alec gesticola con le mani quando gli sfuggono le parole. «Tutta questa situazione».
«Ho fatto ciò che potevo per oggi» dice Magnus, piano. Non lascia la mano di Alec, giocandoci con curiosità. C'è calore nella pelle di Magnus e colpisce Alec, in quel momento, che la luce dorata che alle volte divampa fra i suoi polmoni provenga da Magnus. È sempre provenuta da Magnus, anche prima che si incontrassero, la sua luce notturna delle tre. Va oltre il barlume di sentimento che Alec riconosce da un po', ormai; è impressa da qualche parte, più in profondità. È un appagamento fugace, felicità, sicurezza e calore e benvenuto. Ha molto senso: un bellissimo sentimento anche nei tempi bui, proprio come Magnus. «Ho coperto le tracce di Simon al meglio delle mie capacità e Lydia sta scandagliando le identità degli uomini che l'hanno trovato. Penso siano del Circolo, ma dobbiamo esserne sicuri. Lydia ne saprà di più in mattinata».
Alec mormora qualcosa in assenso. Con cautela ruota le loro mani,  in modo che le sue siano sopra. Cerca di imitare il modo in cui il pollice di  Magnus aveva accarezzato la sua pelle e sebbene il suo pollice sia molto più ruvido, reso calloso dal peso della pistola, non gli sfugge il modo in cui le pupille di Magnus si dilatano impercettibilmente e trattiene il respiro.     
Alec si sente imbarazzato, ma non si tira indietro. Prova a credere che quest'appagamento sia l'unica cosa che conta, qui nel buio della sua stanza con il profumo di legno di sandalo e la labilità del tatto.      
«Sei così gentile con tutti?» chiede Alec, con un sospiro.   
«No» dice Magnus e in quell'oscurità i suoi occhi bruciano come fiamme. «No, niente affatto». 



Note:
 
[1] Aeroporto principale di Londra
   
 
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