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Autore: RaidenCold    07/09/2017    2 recensioni
Premessa: questa storia è un omaggio al film "Alien Covenant", di cui ricalca in buona parte la trama (anche il criterio con cui ho scelto il titolo è lo stesso del film), ed è ambientata in un universo alternativo dove il Third Impact non è avvenuto.
Sono passati alcuni anni dalla morte dell'ultimo angelo: dopo lunghe ricerche, viene trovato un pianeta che ospiterebbe un essere avente la stessa natura di Adam e Lilith. La Nerv decide dunque di mandare ad esplorarlo una squadra di cui fa parte anche Shinji, che con gli anni ha sviluppato una sorta di ossessione verso gli angeli. Questo nuovo mondo sarà ostile ai lilin?
Genere: Introspettivo, Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rei Ayanami, Shinji Ikari, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Tutti i presenti erano rimasti attoniti: non c’erano dubbi, quella che avevano dinnanzi sembrava la sorella gemella di Rei Ayanami, anzi più che gemella.

La ragazza osservò Shinji impassibile per alcuni istanti, e lui riconobbe immediatamente quello sguardo inconfondibile tipico della laconica assistente di suo padre, dopodiché si voltò – in tutto questo senza degnare di un sguardo la sua controparte – verso il comandante:

“Gendo, ci sei anche tu?”

Nemmeno il professor Fuyutsuki, il suo più intimo amico, lo chiamava per nome, e ora la nuova arrivata gli si rivolgeva in un tono inquietantemente confidenziale; inoltre la sua espressione impassibile si era rapidamente mutata in un sorriso innaturale, con la bocca semi aperta e gli occhi spalancati come fari scarlatti.

“Sei viva.”

Lei si avvicinò piegandosi leggermente in avanti, e lo guardo serrando lo sguardo ma mantenendo il suo mellifluo sorriso:

“Sì.” - rispose senza mascherare un certo compiacimento in quella affermazione.

“Padre, tu la conosci?”

Il comandante si alzò in piedi:

“Certamente.”

“Allora digli che è meglio seguirmi, se vogliono sopravvivere…” - a quel punto comparve della malizia provocante su quel sorriso, accentuata da un morsetto che la ragazza si diede sul labbro.

Ikari rimase immobile, a tutti sembrò la consueta reazione del loro imperturbabile comandante, ma Shinji aveva notato qualcosa di impercettibilmente diverso nel suo comportamento: non aveva mai visto lo sguardo del padre così assente e sbarrato.

“Perché dovremmo fidarci?” - rispose riuscendo infine a rompere il suo stato semi catatonico.

“Perché sono sopravvissuta qui per dieci anni.”

Misato si avvicinò a lui:

“Lei è l’unico che conosce questa persona: solo lei può dirci se possiamo fidarci o meno.”

Dopo una breve e silenziosa pausa di riflessione, Gendo Ikari prese la sua decisione:
“Conducici al tuo rifugio.”

La ragazza fece un cenno ghignando, e dopo essersi rimessa il cappuccio cominciò ad incamminarsi fuori dalla navicella:

“Lui ci tallonerà, dobbiamo andare a passo svelto, se vogliamo avere qualche speranza di sopravvivere.”

Misato si voltò verso Yamada, che si era già rimesso in piedi:

“E’ tutto ok colonnello, mi ha solo fatto qualche graffio sul braccio ma dovrei riuscire a correre.”

“L’ho bendato e anestetizzato localmente, se non fa movimenti bruschi non dovrebbero esserci problemi per una corsa veloce.” - aggiunse la dottoressa Tsuji con una sottile nota di orgoglio per il proprio operato.

“Molto bene, in marcia.” - disse voltandosi verso la loro guida dandole un cenno d’assenso, e subito questo prese a sfrecciare nel buio.

 

Tenere il suo passo era difficile, nemmeno Kensuke – che in quel momento era il più prestante del gruppo – riusciva a stargli dietro; lei rimaneva sempre qualche metro più avanti, e non si fermava mai, a dimostrazione che conosceva quelle terre come le sue tasche.

Della creatura non c’era traccia, ma l’equipaggio sentiva la sua presenza costantemente, sapevano che era lì attorno e che li stava inseguendo, osservandoli e ghermendoli; di tanto in tanto potevano sentire qualcosa serpeggiare nelle tenebre.

Shinji si avvicinò a Rei:

“Sei stata molto coraggiosa prima.”

“Che intendi?”

“Hai salvato Yamada.”

“Sì, ho visto che era possibile soccorrerlo, se non ci fosse stata l’opportunità non avrei fatto niente.”

“Però hai comunque messo a rischio la tua vita.”

“Anche se morissi, potrei sempre venire rimpiazzata.”

 

Dopo aver corso per quasi un’ora, giunsero dinnanzi a una città identica a quella che avevano scorto sull’altopiano; anche là, l’acqua rossa brillava illuminando quel luogo lugubre ed apparentemente deserto, e nei punti più profondi arrivava loro sopra i talloni.

Li condusse fino a un enorme palazzo completamente nero, simile a una roccaforte, sormontato sulla sommità da una cupola; il gigantesco portone principale era sbarrato, perciò li fece entrare da un cunicolo sotterraneo a lato dell’edificio. Non appena furono passati tutti, chiuse la botola del cunicolo e si mise a coprirla con delle rocce, al ché per facilitarle il lavoro, Rei si mise ad aiutarla e l’altra la guardò piacevolmente sorpresa:

“Grazie.”

 

Il gruppo giunse in un ampio salone e poterono osservare l’interno di quella struttura: sotto la cupola delle finestre permettevano alla luce di entrare – anche se in quel momento l’unica luce che c’era fuori era il bagliore rossastro dell’acqua – e i muri, spogli e fatiscenti, avevano delle venature vegetali, come a simboleggiare che la natura si stesse rimpossessando di quel luogo.

Rei e la ragazza li raggiunsero alcuni istanti dopo, e quest’ultima, dopo aver illuminato parte del salone con alcune fiaccole, si tolse il pastrano rivelando di indossare una plug-suit identica a quella dell’altra, con la sola differenza di avere un colore bianco, sporcato dagli anni, e qualche graffio e sdrucitura qua e là.

“Qui saremo al sicuro; inoltre c’è una scala che vi permetterà di salire in cima alla cupola, nel caso voleste provare a comunicare con l’esterno.”

Hirano prese la sua strumentazione:

“Quanto durerà la perturbazione?”

“Chi lo sa, un giorno, una settimana, un mese…”

“Non ci resta che tentare dunque.”

“Ah, quasi scordavo…” - si illuminò la ragazza - “… qui potete togliere i caschi, l’aria è pulita e l’acqua potabile; anche alcune piante sono commestibili, ma vi suggerisco di chiedere prima a me se volete mangiarle.”

Misato si fece avanti:

“Adesso puoi dirci chi sei?”

“Può dirvelo lui.” - rispose sorridendo indicando il comandante Ikari con lo sguardo, al ché tutti si voltarono verso di lui.

“Lei è Rei Ayanami.”

La Rei dell’equipaggio sussultò.

“Ma non è lei Rei Ayanami?” - domandò Shinji indicandola.

“Anche.”

“Ci sono dunque… due Rei Ayanami?”- si interrogò retoricamente Asuka.

A quel punto la Rei dai capelli lunghi scoppiò a ridere platealmente:

“Non solo due! Non solo…”

In quel momento Shinji capì la frase che Rei gli aveva detto poco prima,

«Anche se morissi, potrei sempre venire rimpiazzata.»

“Sei un clone, giusto?” - domandò Shinji alla Rei coi capelli lunghi.

“Esatto, e anche lei lo è.” - rispose indicando l’altra - “E se morisse ne arriverebbe un’altra a sostituirla, anzi, di fatto lei avrebbe dovuto rimpiazzare me.”

Detto ciò, condusse Hirano alla scalinata che portava in cima all’edificio, seguito da Kensuke, che lo avrebbe aiutato o protetto in caso di necessità.

Stremato dalla lotta Yamada si appisolò nel suo sacco a pelo, mentre tutti gli altri si radunarono intorno al comandante, eccetto Rei che rimase in angolo, visibilmente turbata dalla situazione.

“Comandante” - gli si rivolse Misato - “adesso dobbiamo parlare con lei.”

Ikari rispose limitandosi a fare un cenno di assenso.

“Lei sapeva che quella ragazza era qui?”

“Avevo considerato la possibilità.” - rispose senza apparire turbato.

“Ha idea di come sia giunta fino a qui?”

“Nel nostro stesso modo, suppongo.”

“Ha aperto un mare di Dirac?”

“Credo di sì.”

“Ma come?”

“Ricorda la scomparsa dell’Eva 00, colonnello?”

“Ne ho sentito parlare, ero in Germania ai tempi dell’accaduto; non mi dirà che è stata proprio lei a…”

“Precisamente.”

Makoto si grattò la testa perplesso:

“E’ lei che ha preso sia l’Evangelion 00, che l’embrione di Adam?”

“Ne sono certo.”

Il furto dell’embrione di Adam; Shinji si ricordò di quando gliene aveva parlato Fuyutski alcuni anni prima, affermando che era stato il First Children ad attuarlo.

«Dunque era Ayanami il First.»

“Ma come ci è riuscita? E soprattutto perché lo ha fatto, cosa l’ha spinta?” - domandò Misato.

“La prima cosa grazie ad una negligenza della sicurezza… per la seconda ho paura che dovrete chiederlo a lei.”

A quel punto indicò dietro di loro con lo sguardo, e voltandosi i presenti videro la padrona di casa venirgli incontro.

“Volete sapere perché ho fatto tutto ciò?” - si portò una mano sulla fronte e ridacchiò, dopodiché distese il braccio ed indicò il comandante Ikari -

“L’ho fatto per salvarvi da lui; avanti Gendo, perché non glielo dici?”

Shinji si voltò verso il genitore:

“Dirci cosa?”

L’uomo non rispose.

“Diglielo che volevi usare l’embrione di Adam per scatenare il Third Impact!”

Tutti si girarono verso il comandante increduli:

“E’ vero quello che dice, comandante?” - lo interrogò Misato.

“Se volete dare credito a una persona rimasta isolata per dieci anni siete liberi di farlo; ad ogni modo, le mio intenzioni di allora mi sembrano irrilevanti in questo momento.”

Non era un no, né un sì: semplicemente una risposta criptica tipica di Gendo Ikari.

A quel punto, in modo del tutto inaspettato, Misato si rivolse a Rei:

“Adesso però vorrei chiedere alcune cose a te.”

“Dimmi pure.”

“Che ne è stato degli abitanti di questo pianeta?”

La ragazza sbuffò e chinò il capo abbozzando un mezzo sorriso:

“Purtroppo, non avevo calcolato il risveglio dell’Evangelion: quando arrivammo su questo pianeta, loro decisero di cambiare direzione durante l’atterraggio.”

“Loro?” - domandò Asuka confusa.

“Adam e lo 00: per fare ottenere l’elemento super-solenoide all’Evangelion, fondetti l’embrione del primo angelo al suo interno, di modo da fargli avere energia illimitata e poter sostenere il viaggio. Fu un gesto infelice, poiché ebbi la sconsideratezza di creare un dio e pensare di poterlo controllare: lo 00 si è subito diretto verso l’uovo della vita di questo pianeta, e appena sono entrati in contatto, le conseguenze sono state nefaste.”

“Un Impact?” - disse Misato, che ben conosceva i segni di quel tipo di cataclisma.

“Esattamente: si è creato un gigantesco anti AT-Field che ha distrutto ogni forma di vita non vegetale del pianeta; tutto ciò che rimane è un mare di LCL, un brodo primordiale che chissà quando potrà essere nuovamente in grado di generare vita animale su questo pianeta.”

A quel punto Sato parve come illuminarsi:

“Ma certo… le acque sono diventate rosse per le alghe, che si sono moltiplicate a dismisura grazie alle proprietà di questo brodo primordiale!”

“Corretto.” - rispose Rei incalzata dalla perspicacia del biologo.

“E tu come sei sopravvissuta?” - le domandò Misato.

“Come ha fatto lei immagino, restando in un posto sicuro.”

Quella risposta spiazzò Misato: in quel momento capì perché persino il comandante Ikari era rimasto senza parole a causa di quella ragazza.

“Che ne è stato dell’Uovo?” - chiese Makoto.

“Ha perso la sua forma fisica nell’Impact; non so altro.”

“E l’Evangelion 00?”

“Sigillato.”
“Sigillato?”

“Dalla lancia di Longinus dell’Uovo; ogni uovo della vita ha con sé una copia di tale manufatto, e si attiva qualora entrasse in contatto con un membro della sua stessa specie, sigillando uno dei due ed impedendo la completa distruzione del pianeta. Sfortunatamente, la Lancia si è attivata troppo tardi in questo caso. comunque è questo il motivo per cui sono rimasta qui, non avevo altra scelta.”

“C’è ancora una cosa che non capisco…” disse Makoto “… se tutte le forme di vita animali si sono estinte, cos’era quell’essere che ci ha attaccato?”

“Io li chiamo Demoni: dopo l’Impact, l’uovo della vita smolecolarizzandosi ha dato origine a una nuova progenie. Questa seconda stirpe necessita di transitare attraverso un organismo ospite per raggiungere la forma adulta; può manifestarsi in vari modi, ad esempio sotto forma di spora. Da queste parti non sembrano essercene, altrimenti sarei sicuramente già stata infettata.”

“Dunque” - commentò Asuka - “dopo aver affrontato gli Angeli, adesso tocca ai Demoni.”

 

Shinji aveva deciso di salire la scalinata per raggiungere Kensuke e Hirano: quando uscì sulla cupola, vide il primo scrutare l’orizzonte col fucile in mano, ed il secondo intento a cercare di comunicare con la Exodus.

“Nessuna novità?”

“Circa… sono riuscito a parlare con Ibuki per una trentina di secondi, e le ho brevemente spiegato la situazione. Ad ogni modo, la tempesta è ancora troppo fitta, e non possono mandarci nessun veicolo di soccorso per ora.”

“E’ qualcosa.”

“Direi che posso ritenermi soddisfatto.”

Detto ciò Hirano prese i suoi strumenti e ritornò alla scalinata;

A quel punto, rimasero solo Shinji e Kensuke accanto alla cupola.

“E’ davvero alta.” - esordì il soldato, lasciando Shinji spiazzato per un istante.

“Già, non vorrei proprio cadere.”- disse Shinji - “Quanti metri d’altezza saranno?”

“Cinquanta, a occhio e croce.”

“Davvero parecchi.”

“Già.”

I due rimasero in silenzio; sarebbe stato un buon momento per recuperare gli anni perduti, o comunque per iniziare a farlo.

“Allora io vado, buonanotte, Ikari.”

“Buonanotte.”

Avrebbe voluto fermarlo, ma non ci riuscì; in quel momento si sentì tornare il ragazzino fragile e debole che aveva potuto permettere la morte di Toji.

 

 

Il comandante osservava il fuoco scoppiettare, assorto nei suoi pensieri, quando notò una figura portarsi accanto a lui:

“Posso aiutarla, colonnello Katsuragi?”

“Credo proprio di sì: le nostre munizioni si sono rivelate inutili contro quell’essere, ma lei prima ha sfoderato un’arma che è stato in grado di oltrepassare l’AT-Field e ferirlo.”

Ikari estrasse dal suo zaino un sacchetto, ci mise la mano dentro e vi tirò fuori un proiettile dal colore purpureo:

“La pistola è un comune strumento, è questa pallottola a fare la differenza; ricorda la lancia di Longinus?”

“Sì, la perdemmo contro il quindicesimo angelo…”

“Esatto, ma i suoi dati non sono andati perduti, e siamo riusciti a sintetizzare il materiale che la componeva. Purtroppo alcuni elementi chimici non esistevano sulla Terra e abbiamo dovuto usarne altri: ciò che abbiamo ottenuto non è un materiale potente come quello della lancia, ma è in grado di penetrare un piccolo AT-Field, se incanalato con sufficiente forza.”

“Quella di una pistola, per esempio.”

“Per esempio.”

“Questo però mi fa sorgere una nuova domanda, credo che lei lo sappia, comandante.”

“Perché avrei dovuto portare un’arma simile con me?”

“Perché ha aspettato che uno dei miei uomini morisse prima di usarla.”

Il comandante non rispose, si limitò a estrarre fuori altre cinque pallottole, e a porgerle a Misato:

“Avevo dieci munizioni con me, quattro nella mia pistola di cui una utilizzata prima. Non è affatto facile produrre questo materiale, per questo ne ho così poche; queste le consegno a lei, le usi come meglio crede.”

Misato le prese, seppur con un po’ di diffidenza; conosceva quell’uomo da oltre dieci anni, e ancora per lui rimaneva un enigma, che dopo le rivelazioni di quella notte non aveva fatto altro che diventare ancora più indecifrabile. Il dubbio maggiore era: come poteva fidarsi di un uomo disposto a sacrificare delle vite con così tanta leggerezza?

 

Shinji passeggiava lungo i corridoi, cercando di metabolizzare quello che era successo nelle ore precedenti.

A un certo punto, vide una specie di anticamera, da cui proveniva una luce fioca, e spinto dalla curiosità decise di esplorarla: un forte senso di deja vu lo assalì, quando in piedi dentro una tinozza trovò Rei intenta a lavarsi. Il suo primo istinto fu quello di voltarsi:

“M-mi dispiace, non pensavo…” - si scusò mortificato dandole le spalle.

Lei divertita, uscì dalla tinozza e si coprì con un telo:

“Puoi guardare ora… anche se non mi dava alcun problema neanche prima, onestamente. Ho passato così tanti anni qui tutta sola, che un paio d’occhi non mi dispiacciono… specie i tuoi, Shinji.”

“Sembra che tu mi conosca, ma non credo ci siamo mai incontrati prima d’oggi.”

Lei ridacchiò, e lo guardò sorridendo con gli occhi socchiusi: era un sorriso diverso da quello che aveva fatto prima a suo padre, meno malizioso, dolce a modo suo.

“Ero molto vicina a tuo padre, prima di andarmene, a volte lui mi parlava di te, altre ero io a chiedergli; avrei tanto voluto incontrarti.”

“Perché te ne sei andata?”

La repentinità di quella domanda la lasciò un attimo spiazzata, ma non le tolse il sorriso:

“Ve l’ho già detto.”

“Ci hai detto perché hai preso l’embrione, non perché sei scappata così lontano.”

“Capisco.” - disse facendosi seria - “Per tuo padre, per lo più.”

“Mio padre?”

“Sì, ero stufa di essere manovrata, e sono scappata. Tu lo hai mai fatto?”

“Sapessi quante volte…”

“Allora sai di cosa parlo.”

Shinji lo sapeva bene, e non poté fare a meno di provare una certa affinità con lei.

“Però per la tua scelta molti innocenti hanno perso la vita.”

“Una dolce morte, uguale per tutti; anche avrei voluto riceverla, ma il destino aveva altro in serbo per me.”

“Non mi sembri tipo che si mette nelle mani della sorte.”

“No, infatti; ad ogni modo le cose stanno così.”

Shinji capì che c’era altro, ma sentì che quello che aveva detto – almeno a lui – era vero, e ne apprezzò la sincerità.

Nel frattempo la ragazza si era seduta davanti ad un grosso pezzo di vetro levigato da lei adoperato come specchio, e con una spazzola rudimentale cominciò a pettinarsi i lunghi capelli celesti:

“Questa l’ho fatta io; ho fabbricato molti utensili in questi anni, sapone, posate, ceramiche… ho fatto persino una specie di violino sai?”

“Davvero?”

Si legò i capelli dietro la nuca con un laccio, e quelli rimasti sciolti ora formavano una sorta di caschetto molto simile a quello dell’altra Rei.

Si chinò, e da un mobiletto – anch’esso costruito da lei - estrasse lo strumento musicale, con tanto di archetto.

Iniziò a suonarlo, ottenendo una dolce melodia, completamente improvvisata, dopodiché lo porse a Shinji:

“No, non credo di esserne in grado… io suono il violoncello.”

“Prova.”

Reticente, Shinji prese lo strumento, si mise in posizione, e – nonostante alcuni stridii iniziali – riuscì a ottenere a sua volta una piacevole composizione. Dopo che ebbe preso dimestichezza con lo strumento, passò dall’improvvisazione all’esecuzione di un brano che conosceva molto bene: l’inno alla gioia di Beethoven.

Estasiata, Rei cominciò a danzare lentamente, poi prese a canticchiare imitando i suoni del brano, e la sua voce soave ed il suono armonioso del violino crearono un atmosfera surreale in quella stanza; Shinji si sentì sciogliere le membra e non sentì più la spossatezza, e cominciò anche lui a dondolarsi dolcemente ad ogni nota. Guardò Rei, che aveva un’espressione estasiata e sognante in volto, mentre ondeggiava la testa a ritmo:

“Che meraviglia il canto…”

Shinji si bloccò di colpo.

Quella frase, e il modo in cui l’aveva detta lo pietrificarono, ed immediatamente posò il violino e guadagnò l’uscita della stanza:

“Buonanotte.”

La ragazza non rispose, si limitò ad osservarlo con il suo sorriso enigmatico stampato in volto mentre se ne andava.


Ancora sconvolto Shinji aveva preso a vagare per i corridoi dell’edificio. Non riusciva a cancellare dalla sua mente l’espressione ridente della ragazza, perché non gli era nuova, ed era come se un fantasma fosse tornato a perseguitarlo: quello era lo stesso identico sorriso di Kaworu Nagisa.

   
 
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