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Autore: Rin Hikari    08/09/2017    0 recensioni
Breve long Soukoku nata per caso durante queste ultime notti estive.
"Si avvicinò al ragazzo e quando fu abbastanza vicino gli mise sulle spalle un suo braccio, Dazai voleva passare per ubriaco fradicio affinché Chuuya non gli chiedesse niente, era meglio così.
"Cosa ci fai qua, mon petit? Non lo sai che questo è il mio locale?" gli sussurrò all'orecchio.
In un primo momento Chuuya si irrigidì poi si scrollò il braccio di dosso e guardò Dazai con aria smarrita, Dazai si bloccò sul posto, con tutti gli sguardi che poteva riservagli quello era proprio l'ultimo. "Ma chi diavolo sei?" gridò Chuuya con irritazione."
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Doppo Kunikida, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioveva quella notte, l'insegna al neon del locale tremolava davanti ai suoi occhi sotto l'incessante pioggia. Era stata una giornata fin troppo lunga per Dazai, aveva tutti i muscoli indolenziti mentre le mani e la camicia erano impregnate di sangue non suo, sperava che rimanendo ancora un po' sotto alla pioggia quelle macchie se ne andassero ma ormai il sangue si era seccato e sembrava che non avesse intenzione di essere lavato via. Si guardò ancora le mani sporche e nella tragicità della situazione si mise a sorridere pensando alla tenacia del proprietario di quel sangue; poi volse lo sguardo verso l'insegna luminosa che gli sparava negli occhi il nome “Lupin”, Dazai sentì un brivido percorrergli tutta la spina dorsale ma cercò di ignorarlo, era dalla morte di Odasaku che non metteva piede in quel locale ma aveva bisogno di bere e conciato così quello era l'unico posto in cui poteva andare.

Dazai entrò nel bar barcollando e lasciando dietro di sé una scia di acqua, Yozo, il proprietario del locale, quando lo vide quasi perse la presa sui bicchieri che stava asciugando, era da anni che non lo vedeva. Sempre barcollando Dazai si lasciò abbandonare sul primo sgabello che vide, appena entrato si era guardato intorno e constatò che nel locale non c'era praticamente nessuno, solo due, o forse tre, uomini ubriachi fradici sui divanetti in fondo nella penombra, dopotutto erano le tre del mattino.
Yozo, riprendendosi dallo shock iniziale si avvicinò a lui. "Cosa ti posso portare?" chiese, non gli domandò altro, gli era bastata una rapida occhiata per capire che non era il momento adatto per chiedergli dove si era cacciato durante gli ultimi anni.
Dazai indicò gli uomini sui divanetti che ormai erano crollati a causa dell'alcol. "Voglio ridurmi come loro, grazie". Yozo annuì senza fare domande.

La parte di bancone vicino a Dazai iniziava a riempirsi di bicchieri vuoti quando si udì una musichetta provenire dalle tasche della sua giacca, era il suo cellulare. Dazai, lentamente tirò fuori il cellulare, lo schermo illuminato annunciava una chiamata in arrivo da parte di Kunikida, Dazai rifiutò la chiamata e mise il cellulare sul bancone con lo schermo rivolto verso il basso poi fece dondolare verso l'alto il bicchiere vuoto che aveva in mano per chiederne ancora.
Quando Dazai riprese a bere ricominciò il fastidiosissimo suono della sua suoneria, pigramente, con la mano che non teneva il bicchiere, prese il cellulare e lo voltò per vedere lo scherma, questa volta a chiamarlo era Atsushi. Rimise il cellulare sul bancone e continuò a bere. Dazai era ben conscio che avrebbe dovuto dare una spiegazione ai suoi colleghi dell'Agenzia riguardo al perché all'improvviso quel pomeriggio scappò via senza dire niente ma in quel momento Dazai non voleva sentire nessuno.
 

Dopo qualche ora passata nel locale, prima che spuntassero le prime luci dell'alba, Dazai riuscì, barcollando vistosamente, a ritornare al suo appartamento. Dopo svariati tentativi per infilare la chiave nella toppa della serratura riuscì finalmente ad entrare, sbattè la porta dietro di sè e vi si accasciò contro, rannicchiandosi e tenendosi la testa tra le mani.
Il silenzio in quella stanza era quasi soffocante ma all'improvviso fu squarciato da uno straziante singhiozzo, fu l'unico rumore che sfuggì a Dazai quella notte mentre si mordeva a sangue le labbra per non emettere più un suono e mentre stringeva forte le palpebre per non lasciar sfuggire nemmeno una lacrima perché lui non si meritava nemmeno il lusso di piangere per quello che era successo, non era nemmeno degno di togliersi la vita in quella notte.

Erano passati tre mesi da quella notte, Dazai aveva ormai preso come abitudine l'andare ogni notte in un locale per bere fino a quando non crollava in un sonno profondo nel locale stesso o a casa di Atsushi o Kunikida, quando era abbastanza lucido da camminare e trovare i loro appartamenti. L'importante era tenere la mente occupata, durante la giornata ci pensava fortunatamente il lavoro, il problema rimaneva sempre la notte. Durante quest'ultima faceva fatica a ritornare al suo appartamento, c'erano troppi ricordi delle loro notti clandestine passate insieme.
Non era nemmeno più tornato al “Lupin”, quel locale aveva altri ricordi che non voleva gli tornassero in mente, ne aveva trovati altri di locali in quei mesi, come per esempio quello vicino al porto, dove a volte si dilettava con la compagnia di qualche prostituta oppure c'era quello vicino a casa di Kunikida, poco fuori dal centro della città, se no c'era quello in cui era ora, quello era il locale vicino all'ufficio e vicino a casa di Atsushi.
Mentre stava smangiucchiando un edamame*, il cellulare gli vibrò in tasca; Dazai pigramente prese il cellulare, era un messaggio di Akutagawa, era ancora abbastanza lucido per poterlo leggere. Il messaggio era molto sintetico recitava solo Si è svegliato.
Dazai quasi si strozzò con l'edamame che stava mangiando, si alzò in modo meccanico, cercò nella tasca dei suoi pantaloni il portafoglio e mise dei soldi sul bancone, poi si infilò la giacca e corse fuori dal locale, il tutto sotto gli occhi stupiti del proprietario che non era abituato a Dazai che andava via dal locale così presto e sulle sue gambe, di solito doveva trascinarlo fuori di peso mentre stava albeggiando fuori.
Mentre correva velocemente cercando di evitare le lastre di ghiaccio sull'asfalto, il cellulare, che era stretto nella sua mano, vibrò di nuovo, un altro messaggio di Akutagawa: Spero che tu sia abbastanza intelligente da non venire qua.
Dazai si bloccò all'improvviso, stritolando il cellulare nel suo pugno, aveva il fiatone e l'aria congelata gli penetrava nei polmoni. Il messaggio di Akutagawa fu come una secchiata di acqua congelata, lo liberò completamente dall'intontimento dell'alcol.
Cosa stava facendo? Akutagawa aveva ragione, cosa avrebbe potuto fare? La sua presenza avrebbe recato solo sofferenza a tutti. E Dazai, dopo quei tre mesi di tortura psicologica auto-inflitta, sapeva che non avrebbe retto quegli occhioni azzurri guardarlo tradito, perché sapeva che lo avrebbe guardato in quella maniera e lui non ce l'avrebbe fatta.
Dazai si accorse solo in quel momento che correndo era arrivato già davanti all'ospedale, guardò le finestre di ogni singolo piano del grande palazzo che aveva davanti chiedendosi se anche lui stesse guardando fuori aspettandolo poi si diede dello stupido e tornò indietro.

Quando Kunikida aprì la porta nel cuore della notte e gli comparve davanti agli occhi per l'ennesima volta un Dazai molto alticcio, decise mentalmente che era giunto il momento di cambiare appartamento e non rivelare per nessuna ragione al mondo il nuovo indirizzo.
Gli lasciò spazio per entrare " Sbrigati che fa freddo, idiota".
Dazai annuì d'accordo con lui e si buttò sul divano del collega. Kunikida chiudendo la porta e maledicendo l'altro mentalmente disse " A questo punto potresti anche contribuire con l'affitto".
Dazai ghignò "Lo sapevo che dovevo andare da Atsushi. Era pure più vicino al locale".
" E perché mai non ci sei andato?" Kunikida quasi urlò, poi si ricordò di abitare in un condominio e che doveva mantenere un certo contegno.
Dazai cercò di trovare una posizione più comoda sul quell'ormai troppo famigliare divano e rispose " Io ci ho provato. Sai, non sei mica la mia prima scelta... E stavo anche per bussare alla sua porta, ma poi ho sentito dei rumori strani e ho preferito evitare."
Kunikida si agitò. " Rumori strani? Dazai, ma sei idiota? E se fosse stato in pericolo?!"
Dazai rise e si mise seduto sul divano. " Adesso te lo dico in modo che perfino tu possa capire." Prese fiato e riprese "Kunikida, ho sentito dei rumori di origine umana in quella casa..."
"Un serial killer?"
"Dio mio, quanto sei ottuso? Erano più dei grandi sospiri, capisci?"
Kunikida lo guardò perplesso. A quel punto Dazai alzò gli occhi al cielo. "Sesso, Kunikida! Hai capito ora?"
Kunikida arrossì vistosamente e si tirò su gli occhiali. "Lucy?"
"Lucy." confermò Dazai. "Almeno, io ho sentito dire quel nome, poi non so."
Kunikida divenne ancora più rosso.
"E per questo che sono venuto da te, non ci sono mai questi problemi con te."
Kunikida in quel momento avrebbe voluto sbatterlo fuori di casa, e lo stava per fare ma quando guardò negli occhi il collega si bloccò, c'era qualcosa di più oltre alle sue battutine, i suoi occhi non erano allegri come la voce voleva far sembrare. Kunikida non gli chiese niente, però, tanto non avrebbe ricevuto risposta. Diede le spalle all'amico e si diresse verso la sua camera, prima di entrare, però, si fermò e si voltò verso di lui. "Guarda che se hai bisogno di parlare... io ci sono."
Dazai sgranò gli occhi per un momento, poi rilassò il volto e sorrise. "Grazie."

Dal suo risveglio erano passati nove mesi, un anno dalla notte dell'incidente.
Dazai in quei mesi continuò la solita routine che aveva iniziato i tre mesi precedenti al suo risveglio, però tornava un po' più spesso nel suo appartamento, quelle notti non dormiva mai; a casa di Atsushi non ci andava quasi più, ora che il ragazzo aveva ufficializzato la relazione con l'ex membro della Gilde, Dazai temeva sempre di interromperli, questo alle spese del povero Kunikida. Alla fine, durante una notte in cui era parecchio ubriaco, aveva deciso di aprirsi con lui; non si ricorda cosa gli rispose Kunikida perché era troppo ubriaco ma quest'ultimo il giorno dopo non disse niente e non fece mai nessun commento e Dazai gli fu grato per questo.

Quella sera, Dazai, andò al locale vicino al porto, era già un po' alticcio perché si era imbucato, per sbaglio, non ne aveva davvero intenzione, ad un addio al celibato.
Nel locale c'era davvero movimento, okay che era sabato ma di solito non c'era molto giro in quel locale e proprio per questo Dazai lo adorava.
Si stava avvicinando al bancone quando un'imprecazione risuonò cristallina in tutto il locale: Merde. Dazai si congelò sul posto. Da quanto non sentiva quella voce? Da quanto non sentiva qualcuno parlare in francese? Di solito gli venivano sussurrate all'orecchio alcune frasi in quella melodiosa lingua durante le loro notti che non ci dovrebbero essere mai state.
Dazai alzò lo sguardo e vide quei capelli inconfondibili sopra ad essi l'immancabile cappello, a Dazai mancava il pavimento sotto ai piedi, non sapeva cosa fare.
Se fosse stato più lucido, ricordando il messaggio di Akutagawa, avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andato, era giusto così, Chuuya si meritava di vivere una vita lunga e gratificante senza la sua presenza e lui non si meritava ancora la sua compagnia. Ma Dazai non era abbastanza lucido per ragionare con la testa.
Si avvicinò al ragazzo e quando fu abbastanza vicino gli mise sulle spalle un suo braccio, Dazai voleva passare per ubriaco fradicio affinché Chuuya non gli chiedesse niente, era meglio così. "Cosa ci fai qua, mon petit? Non lo sai che questo è il mio locale?" gli sussurrò all'orecchio.
Chuuya si irrigidì tutto in un primo momento poi si scrollò il braccio di dosso e guardò Dazai con aria smarrita, Dazai si bloccò sul posto, con tutti gli sguardi che poteva riservagli quello era proprio l'ultimo. "Ma chi diavolo sei?" gridò Chuuya con irritazione.
A Dazai sembrò crollargli il mondo addosso, si sentì morire.


* Fagiolini di soia 


Angolo autrice:
Vorrei dire grazie a tutte le persone che sono arrivate fin in fondo a leggere questo capitolo, che coraggio che avete!
Spero che vi sia piaciuto almeno un po'. 
Non so nemmeno io come mi sia venuta in mente questa idea, era notte ed è successo, forse perché non ne ho mai abbastanza dell'angst soukoku (che bello farsi del male da soli). 
Ah sì, non ho resistito, ho dovuto mettere qualche accenno all'Atsushi x Lucy, che adoro ma non viene praticamente mai calcolata.
Alla prossima,

Rin Hikari.

   
 
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