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Autore: Stillmar    08/09/2017    2 recensioni
L'acqua gli alberi e i fulmini erano gli unici testimoni della strana creatura apparsa improvvisamente in quel luogo
chiunque fosse passato di li sarebbe senz'altro rimasto sorpreso di trovare una così bizzarra sagoma giacere sull'erba bagnata.
una storia avventurosa e a tratti inverosimile che tenevo in cantiere da un po' e che finalmente pubblico qui; è un esperimento ma spero possa piacere comunque.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8
Brutte notizie
Un forte battito risuonava dentro alle sue orecchie, non capiva cosa fosse ma di certo non se lo stava immaginando. Sogni alquanto agitati … quella notte non ce ne furono. La prima cosa che Jack vide quando si svegliò fu il soffitto marcio del capannone in cui si era rifugiato, non proprio il massimo di prima mattina. Tentò di rigirarsi scoprendo così di trovarsi sul pavimento, a poca distanza dal suo letto. Un mucchio di polvere gli entrò nel naso, facendolo starnutire ripetutamente e facendogli lacrimare gli occhi. Si alzò in piedi pulendosi i vestiti. Quando si fu completamente svegliato, iniziò subito a stilare una lista di cose da fare. Camminò su e giù un paio di volte prima di convincersi di avere tutto sotto controllo. Il suo obiettivo era difficile, ma non impossibile: se fosse riuscito ad avvicinare quello scienziato, avrebbe sicuramente trovato un modo per andarsene da lì. Del resto era ormai convinto che la sua permanenza in quel luogo fosse durata già troppo. Prese il proprio portafogli, sentendo con sollievo lo spessore delle banconote. Con quelle si sarebbe assicurato una abbondante colazione. Un sommesso brontolio arrivò in quel momento dallo stomaco di Jack.
 Ridefinì i dettagli della propria operazione, dopodiché imboccò la porta di lamiera. Una volta uscito trasse una profonda boccata d’aria, per la verità non molto salubre, ma dovette fare una piccola tappa richiamato da un comune bisogno fisiologico. Si diede un’occhiata in giro, si incamminò verso il retro del capannone, e si imboscò in un container vuoto. Cinque minuti dopo uscì, e si incamminò verso la città aggiustandosi la cerniera dei pantaloni. Il sole stava sorgendo sulla dormiente città, e la fame di Jack non attese a lungo. Ritornò vicino al centro cittadino percorrendo un paio di vie ancora quasi completamente deserte, ed entrò nel primo bar che vide. Abbastanza anonimo, ma aveva l’aria di essere lì da parecchio.
L’uomo si rassettò un istante ed entrò, facendo tintinnare la piccola campanella appesa sopra la porta. Richiuse questa e scivolò dentro cercando di non farsi notare, ma percepì gli sguardi dei pochi avventori che lo aggredirono inesorabilmente. Si avvicinò al bancone e la barista, una cerva di mezza età, lo vide e gli chiese:
 << Buongiorno, cosa prende? >>
<< Un caffè. >> fu l’istintiva risposta, seguita quasi subito da: << Da portare via. E anche una brioche per favore. >>
<< Subito. >> disse la barista lanciandogli un’occhiata diffidente, a cui però ormai Jack si era abituato. Mentre attendeva il proprio ordine, si sedette su un alto sgabello ed iniziò ad osservare l’ambiente, non si poteva certo dire che fosse il massimo, ma non era neanche completamente squallido, anzi nel complesso poteva risultare accogliente. Il bancone era di legno lavorato, ed era leggermente consumato ai bordi e dietro ad esso vi erano un gran numero di scaffali, pieni di bottiglie. Il soffitto era arricchito da due file di neon spenti, uno dei quali circondato da una macchia di umidità. Anche l’intonaco era consumato in svariati punti. I tavoli erano poco distanti gli uni dagli altri, e molti avevano ancora le sedie riposte sopra. In quel momento giunse la voce della barista:
<< Lei è nuovo di qui vero? >>
<< Come …? >>, chiese l’uomo;
<< Le ho chiesto, se è nuovo di queste parti. >> proseguì la cerva, mostrando i suoi due grandi occhi, che nonostante l’età, parevano nascondere ancora il fascino di un tempo.
 << In effetti è così. >> rispose Jack con una vena di stupore; << Sono arrivato in città solo ieri. >> aggiunse per far sembrare più vero il discorso, ma la barista pareva in vena di chiacchierare:
<< Appena trasferito nella grande città, non deve essere stato facile. >>
<< Solo all’inizio. >> rispose l’uomo, << Ma la città mi ha decisamente accolto a (braccia) zampe aperte. >>
<< Oh, mi fa piacere. >> disse la barista con sincera gentilezza.
<< Non starebbe meglio se si togliesse il cappuccio? >> chiese poi.
<< Oh no, sto bene così. >> rispose Jack chiudendo lì la questione, si aggiustò la sciarpa, poi disse:
<< Mi piace il suo bar. >>
<< Ho grazie. Questo è forse il bar più vecchio dell’intera città, ci lavoro praticamente da sempre. >> rispose la cerva da dietro la macchina del caffè.
<< E gli affari vanno bene? >> chiese nuovamente l’uomo;
 << Diciamo che sono andati peggio. >> disse la cerva con un sorriso.
 Jack si sporse leggermente sul banco: << Poco fa, come ha fatto a capire che sono nuovo di qui? >>
 La barista alzò lo sguardo e rispose:
<< Ormai solo due tipi di mammiferi entrano nel mio bar: i forestieri, e i clienti abituali; e le assicuro signore che conosco tutti i miei clienti affezionati alla perfezione. >>
 La campanella della porta trillò in quel momento, e un vecchio e grosso maiale entrò con passo pesante, la commessa si rivolse a Jack con un sospiro:
<< Parli del diavolo … >>
 Jack si voltò ad osservare il nuovo arrivato: indossava una camicia di flanella a quadri gialli e neri e un paio di pantaloni scuri che aderivano perfettamente al girovita del corpulento animale. Il mammifero si sedette ad un posto di distanza da Jack, squadrandolo per un momento con i suoi occhi arcigni e infondendogli in qualche modo una leggera ansia, fortunatamente in quel momento intervenne la barista:
<< Che c’è Tom? Sei finalmente abbastanza sobrio per capire dove hai messo il portafogli? >> l’improvvisa uscita fece restare l’uomo di sasso, era chiaro che quei due avessero un rapporto strettamente confidenziale, il maiale si limitò a voltare lo sguardo e a rispondere:
<< Buon giorno anche a te Betty. Oggi ti vedo più in forma del solito. >>
<< Non posso dire lo stesso di te. Ti porto il solito? >>
<< Ormai dovresti conoscermi. >> disse il maiale accennando un sorriso. La barista sparì un momento nel ripostiglio, lasciando i due avventori appoggiati sul banco. In quel momento calò un improvviso silenzio all’interno del bar, Jack poté udire solo i leggeri grugniti emessi dal maiale accanto a lui
 La quiete fu rotta dalla televisione che in quel momento iniziò a trasmettere l’edizione mattutina del telegiornale. Jack spostò lo sguardo sui pochi altri avventori, intenti o a consumare o a leggere il giornale.
<< Grande paura per l’incendio scoppiato nei sobborghi del distretto, intorno alle tre di questa notte. >>
Jack si irrigidì come se qualcuno gli avesse tirato un pugno nello stomaco; si volse verso il televisore e riprese ad ascoltare:
<< I pompieri sono subito intervenuti per domare le fiamme che hanno distrutto il numero undici di Green Garden Avenue. Non sembrano esserci state vittime, ma il residente ovvero il celebre scienziato Beauford Dent risulta scomparso. >>
 Jack fissava lo schermo come ipnotizzato, non si accorse nemmeno di aver serrato il pugno sul bancone.
<< Le meccaniche dell’accaduto sono ancora poco chiare, ma è stato accertato che la natura dell’incendio sia dolosa. Gli inquirenti stanno cercando di fornire tutte le informazioni possibili, ma non hanno idea di chi possa aver commesso un’azione così grave. >>
  Si abbandonò ad un breve momento di sconforto; ma la voce della barista lo scosse: << Signore mi scusi, il suo caffè è pronto.>>
<< Oh si, grazie. >> rispose educatamente.
Sfilò una banconota dal portafogli e la porse alla barista trattenendo il fiato. Il suono della cassa che batteva lo fece calmare, appena in tempo per prendere il resto. Mentre stava pagando il servizio proseguì:
 << Il dipartimento di polizia ha assicurato l’utilizzo di ogni mezzo per trovare i possibili incendiari, e soprattutto il professore scomparso. >>
Fu interrotto dalla voce del maiale alle spalle di Jack:
<< Accidenti, al giorno d’oggi niente è più al sicuro. >>
<< Già >>, disse la barista << Dar fuoco alla casa di un famoso scienziato … mi domando dove andremo a finire. >>
-IO mi domando dove andrò a finire. - Pensò Jack uscendo dal bar e allontanandosi con la propria colazione in mano.  
Percorse il marciapiede a lunghi passi, in cerca di un luogo in cui far sbollire la propria rabbia ma, nonostante la giornata fosse decisamente cominciata col piede sbagliato, Jack tentò di consolarsi con il caldo pasto che era riuscito a procurarsi. Svoltato l’angolo in fondo al marciapiede trovò un bel posticino accanto ad una zona di verde, si sedette su di una panca sotto l’ombra di una grande pianta esalando una boccata d’aria fresca. Aveva dimenticato il sapore di una brioche calda, gli sembrò di non mangiarne da secoli. Il caffè non fu altrettanto eccezionale, ma Jack ne avvertì subito gli effetti benefici. Fresco e riposato si concesse un lungo momento di calma per poi ricominciare a riflettere.
Si sentì beffato in tutti i modi, ma in fondo la sua idea iniziale non brillava certo di sicurezza. Avrebbe potuto scatenare un vero e proprio putiferio. Solo che ora, era di nuovo al punto di partenza. La cosa che più di tutte lo seccava era dover ricominciare la propria ricerca d’accapo. Escludendo subito l’idea che potesse essere stato lo stesso scienziato ad incendiare la propria casa, Jackson iniziò a domandarsi chi avrebbe mai dovuto fare una cosa simile. E perché? Il signor Dent si era forse messo nei guai? Magari con gente pericolosa? O era venuto a conoscenza di qualcosa? Si mise la mano in tasca e prese il piccolo minerale. Che quei minerali centrassero in tutta la faccenda? Una casa incendiata, uno scienziato scomparso … per dei sassi? Sassi molto più preziosi di quanto sembrava.
Ma se davvero il solo mammifero che poteva aiutarlo era sparito, non restava che una cosa da fare: mettersi a cercarlo. Benché non fosse convinto all’idea di mettersi ad investigare da solo. Jackson non aveva certo l’aria da investigatore, tuttavia si trattava sempre della sua unica possibilità di tornare a casa, quindi perché non provare? In fondo che aveva da perdere?
In quel momento gli tornò in mente l’indirizzo della casa che aveva visto in televisione: Green Street … no, Green Garden Avenue, 11. Se davvero avrebbe dovuto investigare avrebbe cominciato da li. Balzò in piedi con rinnovata volontà, e determinazione. Avrebbe fatto di tutto pur di trovare un modo per tornare a casa, e se questo voleva dire ritrovare quello scienziato, avrebbe tentato. Iniziò a camminare, rendendosi conto solo 5 minuti dopo di non avere la più pallida idea di dove si trovasse Green Garden Avenue.
Riuscì a risolvere consultando alcune cartine appese ad una fermata dell’autobus. Dopo mezz’ora riuscì a finalmente ad individuarne l’ubicazione. Da dove si trovava era sufficiente proseguire in linea retta, poi cambiare corsa fino ai sobborghi ed infine girare a destra.
Non attese a lungo la propria corsa, ma quando arrivò dovette sbrigarsi a scendere dall’autobus prima che la vecchia elefantessa seduta dietro di lui, a cui non si era rivolto in modo esattamente garbato, avesse modo di colpirlo in testa con la borsetta e quindi ucciderlo. Jackson scoprì così l’indole suscettibile di certi mammiferi. Superò un paio di incroci, quando vide una casa transennata, attorno alla quale vi era un piccolo gruppo di animali e alcuni giornalisti insieme alla polizia.
La casa sembrava essere quella giusta: una villetta a due piani con le finestre del piano superiori infrante e i muri anneriti dal fuoco. Jack si avvicinò cercando di non farsi notare. Sopra alle altre voci, udì quella di un agente che cercava in tutti i modi di tenere i curiosi a distanza. Jackson si mise ad osservare con più attenzione, cercando di cogliere i particolari. La porta non sembrava essere stata forzata e le finestre del piano di sotto erano integre. Se nessuno aveva fatto irruzione, forse il professore conosceva il suo aggressore. Sempre che non fosse stato proprio lui a dare fuoco alla casa.
 I mammiferi vicino a lui intanto, probabilmente alcuni conoscenti del professore, bisbigliavano:
<< Io ho sentito che stava annegando nei debiti. >>
<< Quello lo sapevano tutti, ma arrivare addirittura a bruciargli casa? >>
Jack si spostò di poco a destra, quando notò qualcosa ai piedi del sostegno della transenna. Mezza sepolta dalla terra, trovò una pennetta. La ripulì e la nascose un momento prima che l’agente di turno arrivasse:
<< Hei lei, non mi ha sentito? Si allontani. >>
L’uomo si limitò ad obbedire, e si spostò più indietro. Avrebbe voluto osservare meglio, ma in quel momento c’era davvero troppa gente. Rimase qualche altro minuto prima di dirigersi in tutt’altra direzione senza smettere di pensare.
Quando si fu allontanato, tornò ad osservare la pennetta. Era leggermente graffiata, segno che qualcuno l’aveva maneggiata ripetutamente. Jack iniziò a pensare che forse chi ieri notte era entrato in quella casa stava cercando qualcosa. E forse non l’aveva trovata. Troppe teorie e troppe domande che non sarebbe mai riuscito a chiarire. Non da solo almeno. In quel momento desiderò quasi essere rimasto con Jeremy. Se non altro avrebbe dormito meglio che non in un vecchio capannone industriale. Decise di cercare una nuova sistemazione quella stessa sera, ma prima avrebbe effettuato un altro generoso prelievo. Quanto al resto, quella scoperta gli sembrò sufficiente per quel giorno. Avrebbe controllato il contenuto della chiavetta appena ne avesse avuto modo, e nel frattempo avrebbe cercato altri indizi. La sua ricerca quel giorno concluse ben poco.
Il resto della giornata passò velocemente. Jackson continuò ad esplorare il distretto, avvertendo nuovamente quella contagiosa euforia che sembrava essere ovunque. Si liberò anche di parecchi soldi che divennero principalmente cibo, biglietti dell’autobus e una giacca nuova comprata da una donnola ambulante. Non ebbe altre visioni quel giorno, solo un leggero mal di testa. Verso sera si sedette a riposare su un’altra panchina in uno dei tanti parchi del distretto. Distese i propri muscoli e quasi senza accorgersene si appisolò.
 
   
 
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