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Autore: J85    09/09/2017    0 recensioni
In un momento non facile della propria vita, Sara Silvestri troverà un aiuto dalla persona più inaspettata che potesse immaginare: un giovane e simpatico senzatetto di nome Bruno Banni.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

“Valore famiglia”

 

 

 

“Continua a piovere…”.

Questi erano i pensieri di Sara, mentre osservava il paesaggio dalla finestra di camera sua.

“Sarà più di una settimana ormai che non smette…” proseguiva nei suoi ragionamenti la bionda “D’altro canto devo assolutamente andare a buttare la spazzatura” i suoi pensieri si proiettarono direttamente sul cestino della spazzatura in cucina che, letteralmente, stava trasbordando di rifiuti.

“Bene! Sembra che sia diminuita, o ora o mai più!” esclamò mentre già aveva messo in moto il suo corpo.

Mentre le gocciole cadevano ritmicamente sopra il suo ombrello aperto, Sara Silvestri procedeva a lunghe falcate verso il più vicino cassonetto dell’immondizia. Durante il tragitto, passò distrattamente davanti alla pensilina di una fermata per gli autobus. Ad un tratto fu sorpresa nel sentire un singolare suono. Di certo proveniva da un qualche strumento musicale. Ad un secondo ascolto la giovane era quasi certa si trattasse di un’armonica.

Sempre più incuriosita, si voltò verso la direzione da cui proveniva quella melodia, che non le era poi del tutto sconosciuta.

Un giovane ragazzo dai capelli castano scuri che, abbastanza lunghi e molto bagnati, ricadevano su di un impermeabile marrone fradicio, stava suonando proprio un’armonica a bocca, tenendo gli occhi chiusi durante l’esibizione. Dopo poco terminò di suonare e li riaprì, fissando la giovane donna che aveva davanti.

“C’era una volta il west” disse.

“Co-Come?” Sara fu spiazzata dalle prime parole pronunciate dallo sconosciuto.

“È il titolo del film dov’è presente questa composizione” le rispose lui semplicemente.

“Ah giusto…mi sembrava di averla già sentita da qualche parte…”annuì mentre cercava conferma anche nella sua memoria.

Dopo qualche attimo di silenzio, l’uomo del mistero decise di presentarsi “Piacere di conoscerti, mi chiamo Bruno Banni”.

“Piacere mio, io sono Sara Silvestri”.

I due si strinsero diligentemente la mano.

Ripiombati nel silenzio, la ragazza si guardò un po’ attorno. Per constatare che erano presenti solo loro. E la pioggia.

“Senti…” tornò a disturbare il ragazzo appena conosciuto lei “Ma stai aspettando qualcuno?”.

Bruno fece un mezzo sorriso “A dir la verità no, sono appena arrivato in città”.

“Ah ok…” la bionda proseguì “Senti, se ti va, perché non vieni un po’ a casa mia? Insomma piuttosto che stare qui sotto la pioggia…”.

I due si fissarono per qualche istante.

“Sicura di poterti fidare di me?” domandò il giovane.

“Fidati” gli sorrise lei “Sono capace di difendermi”.

Lui proseguì con il mezzo sorriso “Ok! Tanto non ho niente di meglio da fare”.

 

Arrivati in casa Silvestri.

“Permesso” disse Banni mentre si puliva le scarpe sullo zerbino.

“Entra pure tanto non credo ci sia qua…” ma il discorso di Sara rimase incompleto.

Ad intromettersi fu il rumore di passi rapidi che scendevano della scale.

“Ciao Sara io devo scappare che mi hanno chiamato al cinema!” urlò in piena velocità un ragazzo sulla ventina, che poi si bloccò di colpo alla vista dell’ospite.

“Ok…questo è mio fratello Jacopo, lui invece è Bruno…” fece le presentazione la sorella.

“Ciao come va?”.

“Bene e te?”.

“Tutto ok, a parte che ora devo scappare”.

“Torni stasera?” domandò la bionda.

“Non so, al limite vi chiamo se non rientro”.

“Ok, ciao buon lavoro”.

“Ciao, ci si vede Bruno”.

“Arrivederci” lo saluto infine Banni.

Dopo il  rumore della porta di casa che sbatteva, i due ripresero il loro discorso.

“Bene…e così hai conosciuto un membro della mia straordinaria famiglia…” ironizzò Sara.

“Oh beh ne ho viste di peggio…” rispose sarcastico il ragazzo.

“Allora…vuoi qualcosa da bere?”.

“Non mi dispiacerebbe un bicchiere d’acqua”.

“Ok, aspetta qui che te lo porto subito” invitò la padrona di casa mentre si dirigeva presumibilmente in direzione della cucina, per poi bloccarsi e voltarsi nuovamente verso l’ospite “Ovviamente mettiti pure comodo, non fare complimenti”.

Bruno accettò di buon grado l’invito della giovane donna, sedendosi su un divano verde militare che si trovava nelle vicinanze. Nell’attesa, curiosava con lo sguardo per tutto il salotto dove si trovava attualmente. Quasi come il riflesso involontario che porta un fumatore ad accendersi una sigaretta, il moretto si mise a suonare nuovamente la sua armonica.

“Da chi hai imparato a suonarla?” queste parole interruppero improvvisamente l’esecuzione.

“Oh beh…” per la prima volta il giovane sembrava un po’ intimorito, mentre fissava lo strumento musicale in questione “Me l’ha insegnato un vagabondo come me che ho incontrato in una stazione…”.

“Ma dai! E come si chiamava?”.

“Noi tutti lo chiamavamo Bobo. Il suo vero nome francamente non lo so”.

“Quindi mi stai dicendo che non sapevi nemmeno il suo cognome?”.

“Esatto! Però mi ricordo il suo compleanno: è il 24 maggio”.

Ad interrompere nuovamente il dialogo dei due questa volta fu lo schiavettare nella serratura della porta.

“Siamo a casa!” proclamò una voce di donna mentre una ragazzina, circa sui dieci anni, s'infilò nello spiraglio appena aperto.

Questa, appena vide la giovane coppia, urlò “Mamma! Sara ha portato un losco figuro in casa nostra!”.

“Un losco figuro? Dov'è? E chi è?” un uomo, di circa quaranta anni, quasi travolse la signore che, in cuor suo, sperava di poter entrare prima degli altri due soggetti.

“Fermi, fermi, fermi...” bloccò i tre la bionda, tenendo le mani tese di fronte a loro “Qui non c'è alcun losco figuro, lui si chiama Bruno ed è un ragazzo che ho incontrato poco fa alla fermata dell'autobus”.

“E cosa ci fa qui in casa mia?” la interruppe l'uomo.

“Mi dispiaceva lasciarlo lì sotto il diluvio, dato che è appena arrivato in città...”.

“Oddio...” la canzonò la bambina “proprio come un cane randagio...”.

“Zitta scema!” le fu subito addosso Sara.

“Calmatevi tutti!” li richiamò all'ordine la donna, che si era appena tolta il cappotto di dosso “Non mi sembra proprio questo il modo giusto per accogliere un ospite” poi, rivolgendosi direttamente all'interessato “Piacere di conoscerti, Bruno, io mi chiamo Alessandra, questo è mio marito, Alessandro” indicandogli con la mano il signore che lo squadrava con sguardo omicida “e queste sono le mie due figlie: Sara, che immagino conosci già, e Roberta, la più piccola”.

Dopo questa rapida presentazione, l'ospite sembrò come riflettere su qualcosa. Il silenzio improvviso fu però subito spazzato via dalla squillante suoneria del cellulare di Sara.

“Pronto. Ciao Chiara, scusami se ti interrompo subito ma ora ho da fare. Ti richiamo dopo io. Ciao ciao” riattaccò sbrigativamente la sorella maggiore.

“Dunque...” riprese il discorso Bruno, rivolto ad entrambi i genitori “Voi siete Alessandro ed Alessandra…” i due annuirono “Che forza! Sembrano i protagonisti di un cartone animato!”.

Tutti i presenti, tranne colui che aveva appena parlato, rimasero basiti.

Visto la reazione alla sua ipotetica battuta, il giovane decise di accomiatarsi “Beh… io vi ringrazio per la vostra ospitalità ma ora, dato che mi sembra abbia smesso di diluviare, vi lascio al vostro tran tran quotidiano...”.

“Fermo!” lo bloccò fisicamente il capofamiglia.

Il ragazzo, lì per lì sorpreso, cercò di forzare il blocco ma, con sua grande sorpresa, il suo avversario non si smuoveva di un millimetro.

“Ma che?… Sbaglio, signore, o lei fa palestra?”.

“A dir la verità, sono un ex-nuotatore” gli rivelò l'interpellato.

“Davvero? Che stile?”.

“Per lo più, stile libero”.

“Aaaaah” annuì soddisfatto il giovane.

Di colpo, intervenne la signora di casa “Se mi date qualche minuto, vi preparo subito il pranzo. Ah, ovviamente, te Bruno sei nostro ospite”.

L’interpellato non ebbe nemmeno modo di replicare, che la signora era già scomparsa nei meandri a lui ignoti dell’abitazione.

 

Tutti i commensali erano ora seduti attorno ad una lunga tavola rotonda. Il silenzio era tornato a farla da padrone. Tra di essi, la piccola Roberta fissava intensamente il nuovo arrivato. Quest’ultimo, accortosi di ciò, si mise egli stesso a fissare la ragazzina.

“Certo che sei strano…” pronunciò la bambina.

Sara rischiò di strozzarsi con il cibo “Ma che dici, Roberta?”.

“Ma sì scusa, guardalo, a me da tutta l’aria di essere un barbone!”.

La sorella maggiore non replicò a parole, ma tirò direttamente un violento scappellotto alla sorellina. Questa, dopo aver esclamato il proprio dolore, si mise a massaggiarsi delicatamente la nuca, squadrando nel contempo, con aria omicida, la bionda.

Gli stessi genitori, sorpresi dal gesto impulsivo della figlia maggiore, la richiamarono subito all’ordine. Osservata divertito tutta la scena, Bruno si avvicinò con il capo a Roberta, che a tavola gli stava seduta esattamente di fronte.

“Tu davvero reputi che io sia vestito da barbone?”.

La ragazzina, piuttosto perplessa da tale domanda, gli rispose appena “S-Sì…”.

“Per come la vedo io, invece, sei tu che sei letteralmente vestita di merda…”.

Gli altri commensali si bloccarono all’unisono, Sara poi aveva la forchetta, con avvolti attorno gli spaghetti al sugo, ferma a mezz’aria dentro la sua bocca spalancata.

“Per carità, sono certo che, anche solo per il paio di scarpe che indossi, siano bastati a malapena 800 euro. Ma sei sicura che, tali scarpe, valgano davvero così tanto?”.

La bambina lo fissava allibita.

“Magari sono state pure cucite da un ragazzino cinese della tua stessa età. E poi, ovviamente i soldi non ce li hai messi te, ma i tuoi genitori che, almeno per il momento, se lo possono permettere. Dunque, ti ritieni davvero così degna dello spreco di soldi che tua mamma e tuo papà hanno subito a causa tua?”.

Roberta a stento tratteneva le lacrime. Improvvisamente, scattò in piedi per poi correre via, salendo a passi rapidi le scale finché non si sentì lo sbattere di una porta.

A questo punto, intervenne Alessandra “Credo tu abbia decisamente esagerato, Bruno…”.

“Per me ha fatto benissimo!” intervenne Sara.

“Assolutamente no!” tuonò di colpo Alessandro “Sentimi bene, giovanotto. Francamente non so chi siano i tuoi genitori né, tanto meno, come sei stato cresciuto. Ma, in questa casa, non permetto che vengano offesi i miei figli in questo modo!”.

Bruno si mantenne calmo e replicò “Le ho solo dato un assaggio di “Poor Pride”, tutto qua”.

“Poor Pride?” il padrone di casa rimase spiazzato.

“Esatto. La mia non era una critica al vostro stile di vita agiato. Ma, piuttosto, un metterla a conoscenza che, nel mondo, ci sono ben altre cose a cui dover dare importanza”.

“Io sono d’accordo con lui” confermò la bionda “È bene che quella stronzetta su impari ad abbassare la cresta e a farsi crescere un po’ di umiltà”.

“Ora basta Sara!” questa volta, ad alterarsi, fu la padrona di casa “Pensi davvero che, alla sua età, te eri migliore di lei? Semmai, pensa a studiare seriamente, dato che ancora devi recuperare il tuo debito in matematica!”.

L’accusata rimase lì per lì sconvolta “Che palle! Tanto non sarà certo un diploma che mi farà trovare un bell’uomo ricco da sposare!”.

Detto ciò, la ragazza fece esattamente lo stesso percorso della sorellina.

Rimasti solo in tre a tavola, questa volta fu Banni ad alzarsi “Perdonatemi. Credo di aver fatto abbastanza danni per oggi, quindi preferisco togliere il disturbo”.

“Sarà meglio!” lo squadrò minaccioso l’uomo.

“Ma no, aspetta, Bruno…” ma la donna non fece in tempo che, il loro ospite, era già uscito da casa Silvestri.

Fuori dall’edificio, appena fatto qualche passo, il giovane sospirò “Ecco perché preferisco la strada…”.

Detto questo, si incamminò sulla sua tanto adorata strada, dando però un’ultima occhiata all’abitazione che lo aveva brevemente ospitato.

 

Qualche giorno dopo, Bruno si trovava sdraiato sulla riva di un fiume, intento a passare il tempo lanciando sassi nella superficie liquida. Improvvisamente, udì una voce trafelata che gli disse “S-Scusa, te sei… com’era quel nome… Bruno, giusto?”.

L’interpellato si voltò di scatto, trovandosi davanti il fratello di Sara.

“Certo. E te, se non ricordo male, dovresti chiamarti Jacopo…” replicò il vagabondo.

“Sì. Senti, scusa la domanda, ma hai per caso visto Sara oggi?”.

“Francamente no. Perché? È successo qualcosa?”.

“È da stamani che la stiamo cercando. Pensavamo fosse a scuola, ma una sua amica ha detto che non si è presentata a lezione”.

Cercando di non far trapelare la sua crescente agitazione, Banni tentò di ragionare “Al suo cellulare avete provato?”.

“Certo, ma è spento”.

“Dove si trova la sua scuola?”.

“E a che serve? Oggi non ci è andata!”.

“Magari vuole entrare un’ora dopo. Oppure, comunque, qualcuno dei suoi compagni potrebbe sapere dove trovarla”.

Jacopo, sebbene titubante su tale ipotesi, diede comunque l’indirizzo all’altro.

 

Appena giunto alla struttura scolastica, Bruno cercò di attirare l’attenzione dei pochi studenti presenti al suo esterno, per lo più impegnati nell’affrettarsi a raggiungere le proprie aule.

“Scusate! Conoscete mica una ragazza che si chiama Sara Silvestri?”.

Nonostante questo accorato appello, nessuno lo degnò di uno sguardo.

“E lei chi è per chiedere informazioni sulla signorina Silvestri?”.

Il giovane si voltò verso colui che aveva parlato, un uomo di mezza età con pochi capelli in testa e occhiali dalla montatura metallica.

“Lei è un suo professore?”.

“Infatti. E lei perché chiede della mia studentessa?”.

“Sono un suo amico e volevo sapere se era entrata qui a scuola, anche se in ritardo”.

“Purtroppo no. Nell’ultimo mese poi il suo rendimento scolastico è calato di parecchio. Peccato perché poteva essere un’allieva molto promettente”.

Bruno sghignazzò “Certo che voi professori sapete come rovinare i vostri studenti. Per certi versi, si può dire tranquillamente che siete peggio dei pedofili”.

Il viso del docente avvampò “Come si permette?! Guardi che posso denunciarla, lo sa? Cerchi piuttosto di avere un po’ di rispetto per la gente più grande di lei!”.

Nel frattempo, il giovane aveva già dato le spalle all’adulto e si stava incamminando verso l’uscita. Appena quest’ultimo si zittì, Banni si voltò nuovamente verso di lui “Il rispetto non lo si guadagna con l’età, quella è la pensione, idiota!”.

 

Era da ore che proseguiva nel suo cammino senza meta, voltandosi ad ogni giovane bionda che incontrava, ma purtroppo nessuna di esse era Sara.

“Possibile che sia scomparsa così dal nulla?” pensava il tizio in impermeabile “Certo che, con una città di merda come questa, ti viene proprio voglia di andare via…”.

Un pensiero gli balenò di colpo in testa. Affrettando sempre più il passo, questa volta sapeva dove andare a cercare.

La stessa pensilina di qualche giorno prima. La ragazza era rannicchiata sopra uno dei sedili in plastica. Gli occhi castani, ora gonfi per le molte lacrime, erano chiusi e appoggiati sulle ginocchia piegate.

“Aspetti da molto?”.

La giovane fece un violento scossone, rimettendosi all’istante a sedere in una maniera più consona. Di fronte a lei vi era quel ragazzo che, nonostante i pochi attimi passati assieme, le aveva già insegnato molto.

“Bruno…” sussurrò a malapena lei.

Lui le si sedette accanto “Vorrei esordire dicendoti che stai facendo preoccupare tutti i tuoi parenti ecc… ma so che sei una ragazza intelligente quindi, sono certo, tu lo sappia già. Comprendo perfettamente che tu stia passando un periodo non facile della tua vita, con tutti quelli che ho passato io… ma, se accetti alcune mie riflessioni, una famiglia come la tua ti sarà sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa possa mai succedere e, per quanto riguarda la scuola, beh un diploma in più o in meno non potrà di sicuro certificare la tua validità come persona”.

Sara lo ascoltava nel più assoluto silenzio, fissando immobile l’asfalto grigio davanti a loro.

“La vita è davvero una grande merda!” sentenziò la ragazza.

“È vero!” acconsentì Bruno “Ma questo non vuol dire che tu non debba fregartene e andare avanti per la tua strada”.

Sulla coppia piombò il silenzio. Finché il ragazzo non si alzò.

“Che credo sia proprio la cosa che farò io…” detto ciò, iniziò a dirigersi verso la periferia cittadina.

La bionda, shockata, si alzò di scatto “Bruno! Dove vai? Perché mi lasci sola?”.

Il ragazzo rallentò il passo “Tu non sei sola, Sara, fidati! E poi, sono certo che avremo modo di rincontrarci in futuro…”.

Con queste ultime parole, Bruno Banni si allontanò sempre di più, accompagnando il tutto dal suono melodioso della sua armonica a bocca.

Nel frattempo, Sara Silvestri proseguiva nel fissarlo, con le lacrime che iniziarono a scendere.

“Grazie Bruno, sono certa anch’io che ci rivedremo!”.

 

  
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