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Autore: Lamy_    09/09/2017    1 recensioni
L’ibrido che possiede il Fuoco Rosso, la stessa che è stata bandita dalla comunità di Nephilim, ridotta ad una emarginata, e che cerca a tutti i costi di condurre una vita normale, è pronta a tornare in azione. Uno spietato assassino sta mietendo vittime, pertanto è necessario un intervento tempestivo per porre fino agli omicidi. Il Console ha bisogno di un team che si muova nell’ombra, che non abbia scrupoli a infrangere le regole, e soprattutto che risolva l’emergenza. Astrea Monteverde è la persona adatta alla missione.
Ma, tra una relazione da portare avanti ed un gruppo di ragazzini a cui badare, deve tenere a mente una cosa: il suo peggior nemico le sta dando la caccia e non ci impiegherà molto a trovarla.
Nuovi incontri, nuovi amori, nuovi tradimenti e incantesimi animano un’avventura tutta da scoprire.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Rafael Lightwood-Bane, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SETTE: MORS DILECTI.
 
Le torri di Alicante svettavano verso il cielo in tutto il loro immenso splendore. L’ultima volta che Astrea aveva provato gioia a essere lì era stato in occasione della cerimonia che l’aveva legata a Thomas. Era ironico che undici anni dopo si ritrovasse a entrare in quella stessa città con un gruppo di Nascosti, in esilio, e con un segno biancastro sull’addome a ricordarle che un tempo aveva avuto un parabatai e un migliore amico. Scosse la testa per allontanare quei pensieri che ormai non avevano più valore.
“Capisco dalla tua espressione assorta che ti frulla qualcosa in testa. A che stai pensando?”
Astrea si guardò di fianco e fece un mezzo sorriso, al che Raphael le mise un braccio attorno alle spalle e le baciò la tempia.
“Stavo ricordando l’ultima volta che sono stata qui con i miei genitori.”
“Racconta.”
“Mia nonna organizzava dei ricevimenti meravigliosi in onore dell’elezione del Console e partecipava tutta la città. Avevo circa undici anni quando partecipai alla prima festa. La sala da ballo era immensa, piena di gente, Nephilim e Nascosti, e ricordo che sorridevo nel vedere i miei genitori ballare al centro, eleganti e felici.”
“E’ un bel ricordo. Bisogna sempre tenerli a mente i ricordi perché tutti i giorni ci fanno vivere il passato nel presente. Li puoi rivivere all’infinito ed essi non andranno mai via, o almeno così diceva mia madre.”
Si creava sempre un certo alone di nostalgia e dolcezza quando parlavano delle loro famiglie, quando l’uno si mostrava debole senza che l’altro se ne approfittasse.
“Guadalupe Santiago, che donna saggia. Tu, invece, sei soltanto irritante.” Disse Astrea ridendo per il finto muso di Raphael, che in realtà ridacchiava sotto i baffi.
“Mi chiedo perché io non ti abbia ancora lasciata.”
“Perché ti ho salvato la vita tre volte e sei in debito con me. Potrei farti diventare il mio schiavo e costringerti a fare tutto ciò che desidero.”
“Oh, ma io volentieri posso esaudire i tuoi desideri.” Le sussurrò Raphael all’orecchio in tono suadente passandole il braccio intorno alla vita. Astrea, che non se lo aspettava, fu attraversata da una scarica di brividi e avvampò.
“Sei un pervertito, Santiago!”
Raphael scoppiò a ridere, attirando anche l’attenzione degli altri, e fece spallucce.
“Piccioncini, siamo arrivati.” Annunciò Sally alle loro spalle, al suo fianco Glenys la seguiva fedelmente. Durante il tragitto non aveva parlato, si erano limitate a qualche sguardo dolce e a qualche sorrisetto complice.
“Non posso credere che sto per farlo.” Mormorò Carter fissando la cancellata a pochi passi dal gruppetto. Nikolai scosse la testa e si accostò al Nephilim.
“Affronti orde di demoni e hai paura ad attraversare un cancello?”
“L’ironia non è una delle tue doti, lupo. E neanche l’igiene dato il cattivo odore di pelo bagnato che emani.”
La mascella di Nikolai si irrigidì, strinse le mani in tasca, ma ignorò il commento e proseguì da solo. Tanisha rise regalando un’occhiata d’intesa a Carter.
“Lo odio. Uccidiamolo.” Propose Sally sussurrando all’orecchio di Astrea, che storse le labbra.
“Non sarebbe male come idea. Lo dissanguiamo o lo bruciamo vivo? Come preferisci? Poi ci pensa Raphael ad occultare il cadavere.”
Raphael, sentitosi chiamato in causa, si girò verso le due ragazze con un’espressione sprezzante e severa al tempo stesso.
“Voi due mi spaventate alle volte. Usted està locos.”
“Non siamo pazze,vogliamo solo che quel presuntuoso chiuda la bocca. La morte ci sembrava una soluzione permanente!” ribatté Sally, poi scoppiò a ridere assieme alla sua migliore amica.
“Siate ragionevoli, per cortesia. Non potete eliminare il problema, anzi dovete affrontarlo senza timori, con cuore impavido!” l’incitamento di Glenys, il suo tono da maestrina e la postura regale, aumentarono le risate delle due amiche.
Aborrecidos.” Disse Astrea; noiosi, in portoghese. Sally prese a braccetto Astrea e si allontanarono continuando ad alternare schiamazzi e battute. Raphael sospirò, la solita smorfia accigliata dipinta sul viso.
“Hanno una capacità di intendersi unica.” Esordì Glenys fissando quelle due coinvolgere il povero Nikolai nella conversazione. Raphael fu contento nel constatare che la morte di Mark non le aveva allontanate ma le aveva unite.
“Separate sono già terribili, ma insieme sono una bomba ad orologeria. Mi faranno uscire pazzo.”
“Sally è così orgogliosa e testarda, finge che nulla la tocchi ma dissimula il dolore.”
“Astrea fa esattamente la stessa cosa, pretende di mostrarsi menefreghista e alla fine soffre il doppio. E’ maldestra, il che è insolito per un Cacciatore, è disordinata, scherza la maggior parte delle volte, si caccia sempre nei guai, è irrequieta come una bambina. Hanno solo bisogno che qualcuno si prenda cura di loro.”
Glenys rimase stupita dalla dolcezza che traspariva dalle parole di Raphael benché avesse elencato solo i difetti di Astrea, e si chiese se avrebbe mai provato quel tipo di amore che ti fa sorvolare sugli aspetti negativi. Eppure il concetto d’amore delle fate era più pratico, quasi materialistico, e poco romantico.
“Sei molto qualificato per pretenderti cura di Astrea. Ha bisogno di essere seguita.”
“Io non la seguo. Io la amo.”
 
 
La villetta riservata ai vampiri del Consiglio era di modeste dimensioni. In pietra e archi di legno, si presentava alquanto impolverata e abbandonata. Nikolai manomise la serratura con un pugno e fece entrare gli altri. Accesero le luci e ai loro occhi si mostrò un soggiorno semplice, un divano, un mobile tv, e qualche bottiglia di alcolici.
 “Dobbiamo considerarlo come un rapimento?” esordì Carter spezzando il silenzio con cui sino ad allora il gruppo aveva avanzato. Astrea roteò gli occhi.
“Non si può considerare rapimento un atto consenziente. Ci hai seguiti di tua spontanea volontà.”
“E’ questa la bugia che raccontano per giustificarsi.” Ribatté Tanisha rivolgendosi a Carter.
“Potete andare via quando vi pare. Nessuno vi trattiene. Vi ricordo, però, che un assassino per qualche ragione vi ha presi di mira e potrebbe uccidervi.” Disse Sally, le braccia incrociate, lo sguardo risoluto.
“Cerchiamo di capirci qualcosa, così ce ne possiamo tornare tutti a casa.” Intervenne la voce di Nikolai, che sembrava particolarmente giù di morale; Astrea sapeva bene che il licantropo aveva la tendenza a periodi di depressione e sperava che quello non ne fosse uno.
“La cucina, il soggiorno, due bagni e tre camere da letto si trovano su questo piano, mentre in mansarda c’è solo un letto ed un armadio.” Spiegò Raphael, e sarebbe stato un ottimo agente immobiliare se si fosse impiegato nel campo.
“Prima che voi ragazzini scateniate una guerra, decido io la sistemazione: Tanisha e Glenys nella prima stanza a destra, Nikolai e Carter in quella a sinistra, io prendo quella in fondo al corridoio, e la coppietta si rintana la mansarda.” Stabilì Sally nel modo più democratico possibile, anche se la stanza delle ragazze era molto vicino alla sua e avrebbe potuto vedere la fata in ogni momento.
 
 
La mansarda era più spaziosa di quanto Astrea credesse. Il letto era spoglio, nel buio si distingueva solo il biancore del materasso. Le ante dell’unico armadio presente erano spalancate, l’interno era vuoto, eccetto per qualche granello di polvere e un paio di grucce. Raphael aprì il cassetto dell’armadio e ne tirò fuori delle lenzuola rosse, le spiegò e cominciò a ricoprire il letto. Astrea lo guardava dallo stipite della porta: sembrava così normale, così umano, eppure non aveva perso il suo atteggiamento fiero e morigerato, anzi restava lo stesso che due anni prima aveva conosciuto come il capo-clan dei vampiri di New York. Sentendosi fissato, sorrise e inarcò un sopracciglio.
“Mi stai fissando, fuego.”
“Noto con piacere che le tue abilità di vampiro non sono del tutto svanite.”
“In effetti hai ragione. Riconosco ancora l’odore del sangue, a volte l’udito sembra essere quello da vampiro, ma poi il mio stomaco brontola e mi ricorda che sono un mondano.”
“Un mondano sexy.” Aggiunse Astrea, gettandosi sul letto e disfacendo in poco le lenzuola.
“Sempre così diretta, signorina.” Quello di Raphael fallì come rimprovero e ne uscì un altro sorriso.
“Che ne dici di lasciar perdere quella valigia e di venire qui ad esaudire i miei desideri?”
Raphael fece ricadere un paio di camice nella valigia, non smettendo di sorridere maliziosamente, e si sdraiò accanto ad Astrea. Le infilò le dita sotto la maglia per accarezzarle la pelle dell’addome, segnato da qualche cicatrice e un paio di rune che presto sarebbero scomparse. Le sue braccia erano ormai spoglie, pulite da quei segni intricati che caratterizzavano ogni Nephilim.
“Tu lo sai che si sotto ci sono tre Nascosti con l’udito sviluppato? Non vorrei declinare il tuo invito, ma mi vedo costretto a farlo.”
Ignorando del tutto quella constatazione, Astrea lo intrappolò in un bacio appassionato, un gioco di lingue, una frenesia di mani che si toccavano. Per quanto la sua parte razionale lo incitasse a smettere, Raphael la fece stendere sotto di sé sfilandole la maglia. Le lasciò una scia di baci languidi sul collo e sulle spalle, compiacendosi dei sospiri della ragazza.
“Sento i vostri ormoni in subbuglio dal piano di sotto. Non mi sembra il caso di darsi alla pazza gioia!” strillò la voce divertita di Sally, che sostava fuori dalla stanza. Astrea roteò gli occhi e sbuffò.
“Grazie per aver rovinato il momento, Sally. Faremo i bravi. Promesso.”
La risata della vampira giunse ovattata mentre scendeva le scale per tornare in camera sua.
“E’il caso che tu ti rivesta, Astrea. Altrimenti così non mi aiuti.” Le suggerì Raphael indicandole con un cenno del capo che fosse coperta solo dal reggiseno. Indossò il pigiama- un pantalone di tuta ed una canotta bianca- e si coricò.
Li attendeva una giornata intensa.
 
 
“Sì, mamma. Tranquilla, mi sto divertendo. No. Sì. Va tutto bene. Non so quando tornerò. Sì, ti farò sapere. A presto. Un abbraccio.”
Raphael aveva origliato la telefonata di Nikolai con sua madre, fingendo di preparare il caffè, e aveva notato il tono spento del giovane lupo.
“Come sta tua madre?”
“Oh, beh, le manco. Non mi piace mentirle. Quando ho scoperto di essere un licantropo, è stata dura non confidarlo ai miei genitori. Mi rammarica il fatto che mio padre sia morto senza conoscere la mia vera natura.”
“Anche io non ho mai raccontato nulla alla mia famiglia. Dopo la trasformazione, mi sono rimesso in sesto, ho ripreso il controllo di me stesso, ho lottato contro la bramosia di sangue, e solo allora sono tornato a casa mia. Erano gli anni Cinquanta, ti lascio immaginare quanto fosse più difficile all’epoca nascondersi.”
Nikolai si stupì dell’improvvisa apertura di Raphael, perché di certo non era una persona cattiva, ma era molto riservato e non lasciava trasparire alcun sentimento, eccetto gli occhioni a cuoricino ogni qualvolta Astrea gli fosse vicino.
“Sono finito in terapia perché, quando ho ucciso per la prima volta, sono completamente uscito di senno. Sono un depresso violento, o almeno così dice la mia psicologa, ma soltanto adesso mi rendo conto che avrei dovuto parlarne con qualcuno che mi capisce.”
“Hai detto di aver visto Grace al Praetor Lupus, giusto? Perché non ti sei fatto aiutare da loro?” chiese Raphael. Si sedette di fronte al ragazzo e gli passò una ciambella.
“Mi era stato assegnato un custode dal Praetor Lupus, ma ero ancora sconvolto dalla morte di mio padre e dalla mostruosa azione che avevo commesso, così avevo deciso di allontanarmi dal Mondo Invisibile per stare accanto a mia madre.”
“So bene quanto sia sconvolgente la trasformazione, specialmente per i licantropi, ma da solo non puoi risolvere tutto. Come i vampiri, anche i lupi hanno bisogno di un branco e tu devi trovare il tuo. Devi imparare a dominare i tuoi istinti, a controllare la tua forza, e devi imparare a convivere con te stesso, che forse è la parte più difficile.”
Raphael si accorse in quel momento di starsi comportando come se Nikolai fosse un nuovo vampiro, un uccellino, e in cuor suo sapeva che quel lato del suo carattere non sarebbe mai cambiato. I grandi occhi blu di Nikolai sembravano essere più sereni rispetto a una decina di minuti prima.
“Vorrei regolarizzarmi, per me stesso, per mia madre, ed anche per una ragazza.”
“Una ragazza? Parlami di lei.”
“Si chiama Vanessa, frequenta il mio stesso corso di biologia e matematica. E’ incredibilmente bella, dolce, spiritosa, ma piace al capitano della squadra di basket, ergo non ho alcuna chance di piacerle.”
“Questa storia mi sa tanto di: si chiama Astrea, frequenta il mio stesso Mondo, ma è una Nephilim, ergo non ho alcuna chance di piacerle. Lascia perdere gli stereotipi, Nikolai, e fatti valere se proprio ti interessa. Anche io credevo che non avrei avuto possibilità con Astrea ed invece stiamo insieme da due anni. Quando sarà tutto finito, tornerai a Oslo e le chiederai di uscire. Basta un pizzico di fiducia in se stessi!”
“Oh, che dolci! Due amichetti che si raccontano le disavventure sentimentali!” esclamò sarcasticamente Sally mentre entrava in cucina in un tubino blu scuro.
“Dovresti unirti anche tu alla nostra conversazione. Stanotte ti ho vista sbaciucchiarti con Glenys in camera tua.” Le disse Nikolai con un sorriso divertito. Raphael fischiò.
“Chi è che ha gli ormoni in subbuglio adesso?”
Lo sguardo truce che riservò loro Sally non zittì le risate dei due ragazzi.
“Sta zitto, Raphael. Per fortuna ieri sera ho impedito che tu e la tua bella faceste sesso quando noi tutti su questo piano abbiamo il super-udito.”
“Touché. Resta il fatto che io e la mia bella riusciamo a trattenerci, al contrario di te e della Fata che vi incontrate in modo assai clandestino nel cuore della notte.”
Quel battibecco fu interrotto dalla porta del bagno che sbatteva con violenza contro il muro. Qualche istante dopo una Tanisha infuriata li raggiunse.
“Voi non chiudete mai la bocca? Avete la chiacchiera facile.”
Sally sbiancò, la paura che qualcun altro di fosse accorto dell’attenzione particolare che aveva per Glenys la terrorizzava. Raphael sembrava aver captato i suoi pensieri e azzardò una domanda.
“Hai per caso ascoltato qualcosa di quello che abbiamo detto?”
“No. L’acqua della doccia sovrastava le vostre fastidiosissime voci. Per fortuna!” Tanisha lasciò cadere l’argomento, facendo sospirare Sally di sollievo, e annusò l’aria.
“Che stai facendo?” disse Nikolai inclinando la testa nel tentativo di comprendere cosa avesse attivato l’olfatto della vampira.
“Sangue. Sento odore di sangue.”
“La colpa è mia!” strillò Astrea mentre scendeva di corsa le scale. La preoccupazione adombrò il volto di Raphael.
“Che cosa è successo?”
“Mi sono tagliata con la lametta mentre mi depilavo le gambe. Ho disinfettato la ferita e ho applicato un cerotto. Sono ancora viva purtroppo per voi!”
“Che seccatura doversi depilare.” Commentò Sally, le braccia incrociate, le sopracciglia corrugate. Astrea rise, poi rubò un biscotto dalla mano di Raphael e lo mangiò.
“Sei morta, Sally, e non hai bisogno di depilarti.”
“Mmm, sì, hai ragione. Una rogna in meno.”
“Buongiorno a tutti voi.”
La vocina delicata di Glenys fece voltare tutti nella sua direzione. Il suo abito lungo in seta color porpora e gli occhi colorati dall’ombretto bianco completavano la sua entrata scenica. Astrea guardò il proprio abbigliamento-jeans, maglietta nera, anfibi- e storse il naso; era così monotona in confronto alle altre donne della stanza. Raphael l’abbracciò da dietro stringendole i fianchi e le diede un bacio sulla guancia.
Buenos dìas, fuego.” Le sussurrò, appoggiando il mento sulla sua spalla. Astrea gli strinse contro come se cercasse rifugio in quelle braccia.
“Buongiorno a te, Santiago.”
“Che fine ha fatto Carter? Ero stata chiara sul programma della giornata. Dobbiamo impegnarci a trovare l’assassino.” Sbraitò Sally, gli occhi puntati sulla porta della camera ove dormivano Nikolai e Carter con la speranza che il Nephilim ne uscisse per miracolo.
“Cominciamo senza di lui.” Propose Astrea, dopodiché tutti la seguirono in salotto.
“Vuoi che ci alterniamo come fate di solito tu e Magnus?” le domandò a bassa voce Raphael nel frattempo che gli altri prendessero posto.
“Sì, te ne sarei infinitamente grata.”
“Partiamo dal principio!” suggerì Sally, che non a caso era schiacciata sul piccolo divano contro Glenys.
“All’inizio pensavamo che le vittime fossero collegate a voi, ma ci siamo accertati che sono casuali e che nulla le lega a voi. A tutti i cadaveri è stato strappato il cuore, attorno vi sono state impresse quelle che erroneamente credevamo rune a fuoco, ma unendo le foto abbiamo scoperto che trasmettono una parola: mors dilecti.”
Raphael lanciò un’occhiata ad Astrea perché continuasse il filo del discorso.
“Prima di arrivare ad Idris, io e Raphael abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo scoperto che mors dilecti vuol dire ‘morte di una persona amata’. Ragionando, abbiamo notato che nessuna vittima era una persona vicina a voi: Glenys ha trovato un servo, Nik ha trovato una ragazza che a malapena conosceva, Tanisha ha trovato l’amico di suo fratello e Carter ha trovato uno sconosciuto. La domanda è: perché uccidere persone quasi del tutto estranee? Se l’assassino avesse voluto colpirvi davvero, avrebbe ucciso un vostro parente o un amico. Non ha senso.”
“Quindi li ha uccisi solo per avvertirci che è sulle nostre tracce?” la domanda di Nikolai era più che lecita. Raphael annuì.
“Noi crediamo che fosse solo un modo per trasmettere un messaggio a qualcuno. ‘Mors dilecti’ non è riferito a voi, ma a qualcuno che avrebbe sicuramente recepito l’avvertimento. L’assassino non vuole voi. Cerca qualcuno attraverso voi.”
Tanisha si alzò per affacciarsi alla finestra e respirare, anche se non ne aveva bisogno, perché poteva avvertire la tensione che batteva nei cuori dei presenti.
“Perché abbandonare i corpi davanti alle nostre case?”
A questo punto intervenne Sally che, avvicinatasi ad Astrea, raccolse i fascicoli dei quattro ragazzi.
“Ipotizzavamo che l’assassino vi volesse punire per una qualche azione negativa che avete commesso, ma ci siamo accorti che vi accomuna una sola cosa: avete assistito da bambini a crimini commessi durante la Guerra Oscura, avete testimoniato, e siete stati inseriti nei fascicoli verdi che attestano la vostra partecipazione al processo contro Morgenstern. E c’è di più: abbiamo soltanto trovato il cadavere della fata, del lupo e del vampiro, ma all’appello mancano quello dello Shadowhunter, la cui foto è censurata, e dello stregone, che molto probabilmente potrebbe ancora essere vivo.”
“Forse non ha intenzione di uccidere lo stregone.” Disse Glenys, gli occhi verdi spalancati per quelle rivelazioni, le mani nervose che si stringevano.
“E se l’assassino avesse ritenuto che quattro morti fossero sufficienti perché il messaggio arrivasse al destinatario?” intervenne Nikolai.
“No. Se l’assassino vuole che il messaggio arrivi diretto deve completare il progetto.” Fece Sally mentre controllava di nuovo i fascicoli.
Raphael guardò Astrea e le fece segno di confessare la loro recente scoperta.
“Io e Raphael abbiamo scoperto un’altra cosa, molto strana. Carter non è un Whitelaw. Gli eredi della famiglia sono stati tutte donne e trenta anni fa è morto l’ultimo membro. Non è possibile che Carter abbia ereditato il cognome dalla madre ed è anche impossibile che l’ultimo erede sia suo padre perché ha solo diciotto anni. Allora Carter chi è?”
“Bugiarda!” ringhiò Carter dal corridoio della sua stanza. Sulla mano vi era una runa del suono che la sera prima non c’era, quindi aveva ascoltato tutto. Astrea non fu turbata dall’insulto, anzi era decisa ad andare fino in fondo.
“Allora come lo spieghi? Sei orfano di entrambi i genitori, vivi lontano da Idris da quando sei bambino e gli archivi dimostrano che i Whitelaw hanno depositato la stirpe trenta anni fa con la morte dell’unico uomo della famiglia. Non sei uno di loro.”
“Mentite. Voi, bastardi col sangue avvelenato, state gettando in cattiva luce l’unica creatura pura soltanto per i vostri sporchi giochi!”
“Dove hai vissuto da bambino? La dimora dei Whitelaw è inabitata da trenta anni. Dov’è il tuo anello di famiglia? Tutti gli Shadowhunters lo ereditano dal padre. Quando sei nato? Dove? Hai altri parenti in vita? Rispondi!” lo incitò Raphael, gli occhi ridotti a fessure, la bocca in una linea dura.
“Mio padre e mia madre sono morti durante la Guerra Oscura. Ho vissuto ad Idris fino al processo e poi sono stato collocato all’Istituto di Chicago. Sono nato il venti giugno del 1998 qui. L’anello di famiglia è andato perduto con mio padre. E sono da solo perché i miei parenti non ne hanno voluto sapere nulla di me.” La voce di Carter aveva perso la stessa convinzione di prima, adesso stava vacillando e non ci avrebbe messo molto a crollare.
“Questa è la versione della tua vita che ti è stata inculcata. Hai commesso un errore: anche l’ultimo erede dei Whitelaw era una donna, ti abbiamo tratto in inganno. E dunque vuol dire che non era tuo padre. Carter, tu chi sei?” Raphael aveva disseminato una sorta di suspense che stava tenendo tutti in allerta come se da lì a poco sarebbe esploso un ordigno atomico.
“Non gettare disonore sulla mia famiglia, mondano. Perché sei qui adesso che ti sei liberato del vampirismo? Ah sì, è perché al tua Nephilim strega te lo succhia divinamente!” il sorriso di Carter ricordava quello spietato e senza umanità di Valentine. Prima che Astrea potesse ribattere, Raphael aveva tirato un pugno a Carter facendolo cadere a terra. Scrollò la mano per via del dolore e arretrò di qualche passo. Alcune gocce di sangue gli costellavano le nocche.
“Stai bene, Raphael?” chiese Astrea avvicinandosi a lui e prendendogli la mano.
“Sì. Tu?” il fatto che lui si stesse preoccupando per quelle parole maligne la fece sorridere dolcemente.
“Qualche insulto non mi ucciderà. Hai le nocche spaccate, andiamo a curarle.”
“Voi andate. Io mi occupo di questo imbecille. Non lo ucciderò, se è questo che pensate. Ha solo bisogno di essere aiutato a ragionare. Nikolai e Glenys, voi mi aiuterete. Tu, Tanisha, sta ferma e zitta. Abbiamo già abbastanza problemi.” Ordinò Sally, e in pochi istanti tutti si furono dileguati per obbedire.
 
 
 
Provare il dolore era una sensazione umana che Raphael disprezzava. Abituato a ferite che si marginavano in pochi minuti nella sua precedente vita vampiresca, adesso il disinfettante a contatto con la pelle lo faceva sussultare. Astrea con cura gli ripuliva il sangue dalle nocche, tamponando piano i piccoli tagli con una garza, e gli stringeva debolmente la mano.
“Non dovevi farlo. Non era necessario che tu mi difendessi.”
“Lo so che sei capace di difenderti da sola ma quell’idiota un pugno lo meritava da quando ha aperto bocca due giorni fa.” Quel fare protettivo di Raphael fece sorridere Astrea, che lo aveva sempre visto calmo e paziente e non lo riteneva il tipo di ragazzo che prende a cazzotti chi parla male della propria fidanzata.
Obrigado.
Grazie, gli aveva sussurrato in portoghese, la sua lingua d’origine, il suo mondo.
Todo para mi reina.
“Sai che ti trovo particolarmente attraente quando parli in spagnolo?” gli domandò retorica Astrea, mentre riponeva la cassetta di pronto soccorso nel mobiletto del bagno. Raphael provò a muovere le dita della mano destra e digrignò i denti a causa del dolore.
“Ah, sì? Credevo di essere attraente ventiquattro ore su ventiquattro. Che insolente, signorina Monteverde!”
Raphael l’abbracciò da dietro lasciandole piccoli e veloci baci sul collo. Astrea fu scossa da una caterva di brividi, come accadeva ogni volta che erano vicini, e si voltò verso di lui portandogli le braccia al collo.
“Dovrei essere punita per la mia insolenza, non credi?” gli mormorò a pochi centimetri dalle labbra, gli occhi colmi di malizia, le mani sulla sua nuca. Raphael si morse il labbro per evitare di cedere.
“Non mi tentare, Astrea.”
Dal momento che Astrea amava giocare, fece scorrere le mani sul petto del ragazzo lentamente, senza mai staccare lo sguardo dalle sue labbra, fino a quando la discesa fu bloccata dalle mani di lui. Sbuffò e si allontanò da Raphael con le mani in tasca.
“Non è il momento. Ho recepito il messaggio.”
Capendo che quella tensione tra di loro li avrebbe portati ad allontanarsi di nuovo, le afferrò il braccio e la costrinse a girarsi.
“No, adesso non è il momento, non ora che dividiamo l’alloggio con esseri soprannaturali. Lo voglio. Ti voglio, Astrea. Solo che non è una buona idea in questo momento. Quando torneremo a casa, ti giuro che accontenterò ogni tua richiesta.”
“Contrariamente alla mia voglia di buttarti sul letto e spogliarti, capisco che la situazione non consenta distrazioni. Ricordati del giuramento, Santiago!”
Raphael si chinò e sorrise nel bacio, conscio che i sentimenti per Astrea sarebbero soltanto aumentati.
 
 
New York, casa Lightwood-Bane.
“Max, smettila di giocare con il mio stilo!” strillò Rafe per la terza volta in mezz’ora da quando suo fratello era tornato a casa accompagnato da nonna Maryse. Max abbandonò lo stilo a terra quando Alec entrò in soggiorno con la tipica espressione severa che assumeva per rimproverarli.
“Bambini, lo sapete che litigare con serve a niente. Rafe, non lasciare lo stilo in giro, conservalo in camera tua prima della Cerimonia. E tu, Max, non toccare le cose di tuo fratello perché sai quanto ci tiene.”
“Va bene, papino. Scusami, Rafe, ti prometto che non lo faccio più.” Disse Max con voce dolce e sottile stringendosi nelle spalle; la sua pelle blu risaltava alla luce artificiale che illuminava l’appartamento. Rafe, altezzoso come un Nephilim, strinse la spalla del fratello e gli fece un cenno solenne.
“Non fa niente. Voglio solo che tu stia attento quando usi le mie cose, però lo stilo non lo prendere mai più!”
Max abbracciò Rafe sollevandosi sulle punte per via della differenza d’altezza. Alec sapeva che il piccolo stregone fosse un bambino estremamente dolce ed affettivo, al contrario di Rafe che sembrava in tutto e per tutto introverso e risoluto come i Lightwood. Quel clima familiare e intimo fu spezzato dai passi concitati di Magnus che correva verso il suo studio con indosso il grembiule e sulla testa un cappello da chef; aveva proposto l’arrosto per cena.
“Restate qui.” Alec ammonì i bambini e seguì il suo compagno. Lo ritrovò chino su una mappa, con l’indice seguiva una scia di luce gialla che pulsava sulla carta.
“Magnus?”
“Devo raggiungere Astrea. Ho notizie sulla sua missione. Non aspettatemi per cena.”
 
 
“Quello lo mangi?”
Gli occhi di Astrea guardavano con adorazione la fetta di pizza che giaceva solitaria nel cartone di Raphael, che la depose su un piatto e gliela porse.
“Tieni, io non la voglio più.”
“Lo so che dici questa frase solo per farmi contenta, ed inoltre il tuo stomaco sta brontolando. Grazie mille.” Così dicendo, addentò la pizza e la mangiò con gusto. Raphael le lanciò uno sguardo divertito mentre mandava giù un sorso di acqua.
“Sei magrolina e hai bisogno di mangiare più di me.”
“Siete nauseanti.” Spuntò acida Sally. Si sedette sul divano accanto alla sua amica con un bicchiere di sangue e gli angoli delle labbra sporchi. Astrea si pulì la bocca con il tovagliolo, chiuse i cartoni della pizza e ridacchiò al tono corrosivo della vampira.
“Come va con Glenys?”
“Ci siamo baciate qualche volta ma non sembra voler approfondire la situazione, è come se si pentisse di provare attrazione nei miei confronti. Lei mi piace, la trovo adorabile, però non posso costringerla ad accettarsi se non si sente ancora pronta.”
“Forse ha solo bisogno che qualcuno le ricordi che l’amore è giusto in qualsiasi forma esso venga vissuto. Falle capire che provare quei sentimenti è assolutamente normale, che la rendono quella che è, che accettarsi è l’unico modo per vivere bene.”
Sally ed Astrea restarono interdette dal consiglio di Raphael, solitamente avverso alle questioni amorose altrui, e quella era proprio un’ottima tattica.
“Ragazzi, abbiamo visite!” gridò Nikolai dalla cucina. In pochi attimi Magnus fece la sua entrata in soggiorno, gli occhi contornati di brillantini bianchi, completo elegante color rosa pastello e scarpe nere lucide; sembrava che lui, Glenys e Sally comprassero gli abiti nello stesso negozio. Astrea gli corse per abbracciarlo e lui fu contento di stringere di nuovo la sua amica.
“Mag, mi sei mancato!”
“Anche tu, cara. Anche tu. Sono qui per darvi delle informazioni.”
“Vieni, siediti.”
Quando tutti si furono accomodati, eccetto Carter che se ne stava chiuso in camera dal litigio avvenuto in mattinata, lo stregone si espresse in merito alla sua scoperta.
“Tempo fa mi avete chiesto di continuare a controllare le linee di magia nel caso qualcuna di esse si fosse attivata e avesse rivelato l’attività dell’assassino. Ebbene, poche ore fa la linea magica di Chicago è entrata in funzione, ciò vuol dire che qualcuno lì sta praticando incantesimi. Potrebbe non trattarsi dell’assassino che state cercando.”
Bastò uno sguardo perché Astrea e Raphael capissero al volo ciò che stava succedendo. Dal corridoio emerse la figura slanciata di Carter, i piedi scalzi, a torso nudo, una smorfia di terrore sul viso.
“Chicago è la mia città. Si tratta dell’assassino per forza!”
“La Blackwell ci ha detto che la specie degli stregoni non era stata intaccata, ma uno di quelli che rientravano nel programma di protezione è scomparso. Lo stregone non è morto, potrebbe essere stato rapito dall’assassino e costretto a praticare la magia.” Dedusse Astrea mentre il suo cervello cercava di agganciare tutti i punti.
“Ed è lo stesso stregone che ha lanciato l’incantesimo sulla bara di Kabir cosicché avrebbe maledetto chiunque l’avesse toccata. Noi abbiamo recuperato Nikolai, Glenys, Tanisha e Carter, ossia il lupo, la fata, il vampiro ed il Nephilim. I cadaveri di Kabir, Alun e di Grace presentavano lo stesso modus operandi: cuore strappato e disegni tracciati a fuoco attorno ai corpi. Lo stregone è stato rapito. E all’appello manca soltanto lo shadowhunter morto di cui non possiamo sapere nulla perché i Centurioni lo hanno portato alla Città di Ossa per essere seppellito.” Il riassunto di Raphael non faceva una piega, eppure i dubbi erano ancora molti. Sally sfogliò ancora i fogli contenenti i dati sui ragazzi e sulle vittime, cercava qualche lacuna che potesse aprire loro nuovi quesiti e la trovò nel file dello shadowhunter.
“Perché il Console non ci ha mai rivelato l’identità del Nephilim assassinato? Il suo fascicolo è criptato, il corpo è trattenuto dai Fratelli Silenti e Carter dichiara di non aver rinvenuto nessun cadavere.”
“E’ normale che abbia mantenuto la privacy sul Nephilim. Di sicuro ha incaricato i Centurioni di indagare mentre noi continuavamo nella nostra ricerca.” Disse Magnus, il quale conosceva il modo di agire furtivo del Clave. Astrea osservò Carter per la prima volta da quando era comparso, tentò di decifrare la sua espressione, e tentò anche di farlo uscire allo scoperto smascherando la sua falsa identità. Un’intuizione le balenò in mente.
“Non c’è nessuno shadowhunter morto. Carter non è un Whitelaw. La Blackwell aveva urgenza di scoprire l’artefice e ne sembrava terrorizzata. Il tutto riconduce a lui!”
Tutti si voltarono nella direzione di Carter per giudicarlo severamente. Il ragazzo sbiancò e scosse la testa.
“Sentite, il fatto che io non abbia trovato il cadavere può significare che i Centurioni lo abbiano preso prima che io me ne accorgersi. Sono un Whitelaw. Non c’entro nulla con tutto questo!”
“Come si chiamavano i tuoi genitori?” domandò dal nulla Magnus. Aveva conosciuto molte generazioni di Shadowhunters e quella di Carter era una delle più antiche e note.
“Jackson e Barbara.”
Il volto dello stregone fu attraversato da un fremito, come se un lontano ricordo si fosse appena impossessato della sua memoria.
“Barbara Blackwell, sorella di Rita Blackwell e moglie di Jackson Highsmith.”
Astrea spalancò gli occhi e in essi era dipinta l’incredulità di quella scoperta.
“Tu sei il nipote di Rita?!”
 
 
 
Salve a tutti!:)
Ve lo dicevo che Carter non era un tipo affidabile, nasconde un segreto oscuro … Vedremo!
Spero che vi piaccia il capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
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