Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta sentendo: https://www.youtube.com/watch?v=OpLv1WB43vw.Coscienza sporca
La luce soffusa del lampione si
rifletteva nelle guance
incavate di Trunks e si rifletteva nelle lenti dei suoi occhiali. Il
vento
gelido gli sferzava il viso e gli faceva ondeggiare le ciocche color
glicine
che sfuggivano dalla sua coda di cavallo. Appoggiò una mano
sulla parete, sopra
la testa dell’altro.
“Volevi vederti?”
domandò con tono gelido.
Goten chinò il capo, i
suoi disordinati capelli mori gli
coprivano in parte il viso abbronzato.
“Sì, ed era
anche da parecchio che dovevo farlo” sussurrò.
Le gocce di pioggia ticchettavano
sulla veranda che li
copriva e il rumore risuonava tutt’intorno, coprendo in parte
il rintocco di un
orologio.
“Non ci parliamo da quando
è successa quella cosa…”
mormorò
roco Goten. La gola gli doleva e i suoi occhi erano liquide, le sue
iridi color
ebano erano vitree. Mise una mano nella tasca
dell’impermeabile color cammello
che gli fasciava il corpo slanciato. “… Lo so che
non è qualcosa che possiamo
dimenticare, ma…”. Aggiunse. Si guardò
la mano, coperta da un guanto di pelle
marrone scura senza dita.
“Se sei tornato in
città solo per parlare di quella
faccenda, puoi lasciare immediatamente la Città
dell’Ovest” disse gelido
Trunks.
Goten si slacciò i bottoni
che gli stringevano la giacca
color quercia e sospirò pesantemente.
“No. Volevo solo parlare,
con te. Non sono riuscito a
dimenticarti, nonostante tutto” gemette. Una lacrima gli
rigò il volto.
Trunks scrollò le spalle,
facendo ondeggiare il pellicciotto
blu notte che decorava la sua giacca di stoffa nera.
“Pensavo di averti fatto
capire che tra noi è finita. Se non
mi fossi innamorato di te, tutta quella faccenda non sarebbe mai
successa”
disse gelido. Si sfilò gli occhiali e li pulì
sulla giacca azzurro scuro del
suo gilet.
Goten lo afferrò per la
cravatta verde e lo trasse a sé.
“Non puoi punirmi. Tutta
quella faccenda non è colpa mia”
gemette. La sua ombra era proiettata due volte più grande
sul muro di marmo
candido alle sue spalle dalla luce fievole del vecchio lampione in
ferro
battuto, insieme alle ombre delle gocce di pioggia che solcavano il
vetro di
quest’ultimo.
“Dopo quello che
c’è stato tra di noi, qualcosa deve pur
essere rimasto. O gli affari ti hanno reso una macchina come quelle che
costruisci?!” gridò.
Trunks gli appoggiò le
mani sulle spalle e lo spinse,
allontanandolo da sé. Digrignò i denti e strinse
le labbra fino a farle
sbiancare.
“Forse non hai capito.
Quello che è successo popola i miei
incubi e ha ingoiato qualsiasi sentimento potessi nutrire per te.
Ricordo
ancora il sangue che riempiva la vasca, che mischiato
all’acqua allagava il mio
bagno.
Vattene via”
sibilò.
Sbatté Goten contro il
muro, strappandogli un gemito e
indietreggiò. Si voltò dandogli le spalle e si
strinse la cravatta, passando l’indice
sul colletto della camicia per appianare le pieghe.
“Non è colpa mia
se tua moglie Aiaka era una debole.
Anche io sto soffrendo per averti
perso, ma non ho nessuna
intenzione di uccidermi” sussurrò Goten.
“Sarà meglio.
Non voglio avere due cadaveri sulla mia
coscienza a causa tua e di un amore maledetto che non avrebbe mai
dovuto unirci”
disse gelido Trunks. Si allontanò dalla veranda, le gocce di
pioggia lo
sferzarono.