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Autore: Jasmine_dreamer    11/09/2017    1 recensioni
"Veronica?! Veronica, cazzo!"
Giaceva sul pavimento, il vomito in bocca, ma che cosa diavolo avevo fatto?
Non avevo idea di cosa fare.
Presi il telefono tra le mani e digitai il numero di emergenza.
"Pronto?! La mia ragazza è andata in overdose, aiuto!"
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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"Veronica, non me la sento." dissi in preda al panico.
"Trevor, sono soltanto i miei genitori, non un branco di serial killer!" rispose ridendo dal bagno.
"Ma come sei simpatica!" esclamai fingendo una risata.
Uscì dal bagno e sorrise sarcastica: "Lo sono sempre stata, tesoro." 
Alzai gli occhi al cielo.
"Ma non si potrebbe rimandare?"
"Trevor, tra meno di due settimane verrò a vivere qui, vorrei che i miei ti conoscessero prima, così poi potranno venire a casa."
"V, i tuoi non possono venire qua, appena entri si sente odore di crack!"
"Vorra dire che lo fumeremo nel secondo bagno, e che lo chiuderemo."
Sì, Veronica aveva iniziato a fare uso anche del crack.
Colpa mia? No, mica l'avevo costretta.
Salimmo in macchina e partirono i Pooh.
"Le tue origini italiane le odio, questa musica è inaccettabile."
"Ma se son bravissimi, non capisci nulla!" disse lei.
"Non capisco una parola."
"Io tutto, per questo mi piacciono. I loro testi sono arte."
"Sì, non lo metto in dubbio." dissi io sarcastico.
Lei rise e poi riprese a cantare.
Le lanciai uno sguardo e mi misi a ridere.
Poi lei si girò: "Ma che cosa ridi?!"
"Sei immersa nel tuo mondo quando canti!"
"È una cosa bella, Trevor!"
"Sì, è una delle cose che mi piace di te."
La guardai abbastanza per notare che sorrise, e poi ritornò a cantare.
Guidai per mezz'ora e arrivammo a casa dei genitori di Veronica.
Bussò alla porta e io ero tesissimo.
"Andrà bene, tesoro." e così dicendo mi diede un bacio sulle labbra.
Io annuii, ma ero ancora teso.
"Veronica!" esclamò sua madre aprendo la porta.
Lei abbracciò i suoi genitori.
"Mamma, papà.. lui è Trevor." annunciò poi.
"Salve." dissi io timidamente.
"Piacere, Stefano." disse suo padre, stringendomi la mano.
"Io sono Marina." disse la madre, anch'essa stringendomi la mano.
Entrammo.
"Mamma ti aiuto!" esclamò Veronica vedendo che sua madre stava preparando la cena.
"Trevor, vieni con me." disse Stefano.
Io annuii.
"Ti piace il calcio?" chiese.
"Sinceramente no, signore. Preferisco il baseball."
"Io sono italiano.." (e dal suo accento si sentiva): "Quindi adoro il calcio."
"Capisco, e che squadra tifa?"
"Il Milan."
Io lo guardai annuendo.
"Non sai cosa sia, vero?"
"No."
Lui rise e io ero a disagio.
"La cena!" urlarono le donne.
"Oh grazie a Dio!" pensai.
Ci sedemmo e io ero in un silenzio tombale.
"Allora, che lavoro fai, Trevor?" disse Marina.
Sbiancai guardando Veronica.
"Trevor è uno psicologo."
Io la guardai perplesso, lei però mi fece una faccia che mi faceva intendere che fosse la prima idea che le fosse venuta in mente.
Io annuii fingendo fosse vero: "Preferisco psichiatra."
Veronica soffocò una risatina.


"Dio, V!" esclamai: "È stata tipo la giornata più imbarazzante di tutta la mia vita."
"Sei andato bene."
"Psicologo?" chiesi poi perplesso.
"Non so, è stata la prima cosa a essermi venuta in mente."
Io risi, e lei pure.
"Dottor Trevis, ho bisogno di una terapia." fece lei.
"Vedrai che seduta terapeutica ti farò fare a casa, mia cara paziente!" 
Lei rise e io, sorridendo, scossi la testa.
Che serata assurda.
Quando arrivammo a casa, mi misi un camice che avevo trovato qualche anno prima a casa dei miei, mentre Veronica mi attendeva sdraiata sul divano.
"Allora, signorina, io sono il suo nuovo psicologo."
"Mio Dio, Trevor. Ma che diavolo ti sei messo addosso?" fece lei ridendo.
"Non mi prendere per il culo, te lo avevo detto che ti avrei fatto una seduta psichiatrica."
"Ma io credevo in un altro senso, cioè... un altro tipo di seduta." fece lei con uno sguardo ironico e sexy.
"Veronica, sei troppo maliziosa!" risposi io sorridendo e incrociando le braccia.
"Ti piaccio anche per questo." disse lei alzandosi e abbracciandomi.
La guardai negli occhi: "Non è che mi piaci anche per questo. Ti amo, anche per questo."
Lei si illuminò, sorrise e mi diede un bacio: "Anche io ti amo, Trevor."
E vi giuro, che quel momento, non me lo scorderò finché avrò vita.
   
 
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