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Autore: Sgarro    13/09/2017    0 recensioni
Vita e vicende di Bob Sugar
"Poteva Bob pensare di avere la facoltà di ammazzarli tutti. No lui non era in grado. Lui non avrebbe ucciso nemmeno una mosca, seppure le avesse dato fastidio e ronzato nell'orecchio.Chi di voi non avrebbe preso un giornale una ciabatta o chissà quale diavoleria moderna è fatto fuori senza pietà l'insetto fastidioso, Bob no. Bob si limitava ad osservarla a seguirla con lo sguardo e cercare di capire e immaginare perché quella fastidiosa mosca svolazzasse così avventatamente nelle orecchie della gente rischiando ,senza guadagnare nulla, di essere uccisa dal quotidiano cittadino di Detroit.
Ma un coraggio un moto d'orgoglio gli doveva venire, gli sarebbe dovuto venire per forza, altrimenti era spacciato, se nella giungla non mangi per primo sarai mangiato diceva la mamma." Un capitolo ogni due settimane!!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.5 Mentre correvo con la mia bella mazza da baseball sulla testa pronto per scagliarla contro quella figura umana d’avanti a me, un pensiero mi balenò nella testa, se questo tizio aveva già esploso due colpi magari uccidendo chissà chi, e si sarebbe visto correre uno con una mazza in mano verso di lui, avrebbe o no esitato a sparare un terzo colpo nella mia direzione uccidendomi, ovviamente no. Ma in quel momento la mia vita era così priva di emozioni di colpi di scena di eventi inaspettati che in quel preciso momento della mia vita essere sparato nel cuore della notte da chissà quale malvivente e magari finire in ospedale o all’altro mondo, così da eroe sarebbe per me stata una bella e dignitosa fine, che avevo da perdere? la mia vita “dignitosa” puah!! Da ormai 4 anni facevo una vita tutto meno che dignitosa, mi svegliavo ogni mattina compresa la domenica all’alba prendevo un primo pullman che mi portava dalla casa in cui vivo sino ad un centro di smistamento traffico, lì tra barboni vagabondi spacciatori e puttane prendevo un secondo pullman fatiscente e maleodorante ma ormai non ci facevo più caso, le mie narici dopo due mesi dello stesso odore si erano praticamente assuefatte, questo secondo pullman mi lasciava nella più bella strada di Detroit piena di negozi all’ultimo grido posti fashion e bar alla moda ma io questo lo sapevo perché lo avevo sentito dire, quando passavo io alle 5 e mezzo del mattino solo gli addetti alle pulizie mi facevano compagnia, e dopo un lungo tratto a piedi passando per dei vicoletti di quelli tipici da bassi fondi, arrivavo al mio putrido lurido e nauseante posto di lavoro, ci lavoravo ormai da quattro anni da quando la mia cara dolce stupenda meravigliosa ma soprattutto troia Betty la mia ex fidanzata mi aveva tradito lasciandomi solo, certo non è colpa sua se poi per giunta ho perso il lavoro per cui mi ero trasferito qui e certo non è colpa sua se mi ero accollato, con la sicurezza di quel lavoro un mutuo da cinquanta mila dollari solo per comprare una casetta per noi due e vivere tranquilli, ma così non è stato perché a lei piaceva il lusso i soldi e io di quelli ne avevo proprio pochi, trovati una brava ragazza diceva mia madre, così quattro anni fa dopo questa serie di sfighe mi sono trovato solo a Detroit con una casa da pagare e nemmeno uno spicciolo in tasca, e non so se il fato il destino o chissà quale altra forza superiore mi ha portato a trovare questo posto di lavoro, ricordo che ero seduto su di una panchina alle spalle dello stabilimento quando ad un tratto si apre una porta in ferro di colore blu, e una puzza così intensa mi investì, fui costretto a girarmi per vedere cosa provocasse quell’olezzo nauseante ed uscì un ragazzo in camice azzurro che in mano aveva un sacco , lo sollevò e lo mise in un contenitore ermetico che era appoggiato al muro del palazzo, poi tirò fuori un pacchetto di Lucky Strike rosse ne prese una e se l’avvicino alla bocca, mi guardo e venne verso di me, mi chiese < hai da accendere ragazzo?> io lo guardavo come imbambolato quell’odore flatulento mi aveva sconvolto, che ci stava in quel sacco? comunque risposi< No!> allora si scosto, fermo un passante e trovò quello che cercava, poi torno verso di me e con voce amichevole disse < hai visto i Pistons questa settimana? Vanno forte quest’anno!!> e aspirava la sua sigaretta, io nemmeno conoscevo le regole del basket ma sapevo che i Pistons erano la squadra della città di Detroit, ma non avevo idea di come stessero andando quell’anno comunque per non deluderlo dissi < si si certo vanno al massimo> allora mi guardo pensai avesse capito che non ne sapevo di basket e disse < che ci fai qui ragazzo? Non dovresti essere a scuola?>< certo signore dovrei> e ribadì< e allora che fai qui da solo? Di dove sei?> gli risposi< sono dell’Oregon signore e ho perso il lavoro, sto qui a guardare il cielo si vede bene da questo lato della città> si fece altri due tiri e poi mi guardo per bene le gambe le spalle perfino la testa mi scrutava allora gli chiesi< perché signore è un problema se me ne sto seduto qui?>< no, no> disse, poi buttò con un lancio il mozzicone e rientrò nella porta richiudendola alle sue spalle. Io che avevo un treno che partiva di lì a poco pensavo che non l’avrei mai più rivisto perché stavo per andar via da quella panchina ma soprattutto stavo per andar via da quella città per sempre, stavo per partire nel Nevada. Quando proprio mentre mi alzai si riaprì la porta ed uscirono due uomini il primo era quello dei Pistons il secondo non aveva il camice ma era vestito elegante, se portare una camicia e un pantalone, voglia dire essere eleganti non lo so ma così l’avrebbe definito mia madre. mi girai allora particolarmente incuriosito mi avvicinai e fu lì che feci il più grande errore perché lui mi propose un lavoro, e io accettai, orari massacranti paga da schifo e un lavoro che tutto ma dico tutto era, tranne che dignitoso. Passavo tutto il giorno a girare e rigirare la cacca dei bufali della valle di Kayter arrivavano uno- due tir interi di quella roba a settimana e io insieme con altri ragazzi eravamo addetti alla ricerca delle pagliuzze, perché dovete sapere che in questa valle ai tempi della febbre dell’oro centinaia di cercatori d’oro arrivarono da tutto il mondo per setacciare le acque del fiume e trovare raramente qualche pagliuzza o ancor più raramente qualche pepita, ora qui che le miniere si erano esaurite avevano messo dei pascoli di bufali pecore e non so’ quale altro animale, un giorno per caso il proprietario del pascolo si accorse che negli escrementi degli animali talvolta si poteva trovare qualche pagliuzza ,o almeno questo mi avevano raccontato, certo il problema è trovarle e per questo aveva assodato me e altri otto ragazzi che come me erano disperati ignoranti e disposti a qualsiasi cosa. Il mio capo era il tizio con la giacca, sotto di lui quello dal camice azzurro e poi noi che frugavamo in quintali e quintali di merda, dopo qualche giorno la puzza non mi dava più fastidio e di pagliuzze ne trovavo in quantità, il capo, almeno questo, era felice di me, dimostrati sempre volenteroso e sarai apprezzato diceva mia madre.
   
 
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