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Autore: Lilith_and_Adam    14/09/2017    0 recensioni
E se Sasuke avesse avuto una sorella? Anzi... E se Itachi ne avesse avuta una?
Rei ha un unico obiettivo: proteggere la sua famiglia. Ma porta con sè un grande segreto, così grande che neanche lei ne è a conoscenza.
La sua mente è spezzata, il suo cuore è freddo e la sua anima è divisa.
L'universo sa sempre cosa fare per mantenersi in equilibrio, ma lei spezzerà quelle regole che limitano gli uomini e li vincolano all'odio. L'amore non sempre è una cosa buona...
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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 Capitolo 19: Quei giorni passati come spiriti felici.



«Il solo fatto che ora sono un comandante non ci impedisce di incontrarci, giusto?»
«Non credo, ma è meglio se non pensino che i due paesi siano in combutta.» Le prese la mano per consolarla un po’, era stata una giornata lunga.
«Per un po’ mi costringeranno a rimanere qui e tu andrai via domani mattina, sono ore preziose...» Gli piaceva il fatto che Rei non guardasse più la luna con quello sguardo nostalgico, sembrava davvero cambiata. Tra loro non c’erano segreti, tuttavia ciò che aveva fatto negli ultimi tre mesi erano un mistero perfino per lui.
Fece una risatina continuando a fissarla, suscitando la sua curiosità. «Sei davvero cambiata.»
Rei arrossì tutta, le sue gote sembravano andare a fuoco. «Non poi così tanto... Sono sempre la stessa.»
«No, prima saresti voluta essere qui sopra da sola e non avresti mai sorriso a nessuno in quel modo.»
Continuava a diventare ancora più rossa. «Non sorriderei mai a nessun... altro... in quel modo...» Portò le mani a coprirsi il viso, ma le maniche estremamente lunghe del kimono la nascosero tutta. «Non farmi dire certe cose...»
Ora sembrava Gaara il nostalgico. La abbracciò, era semplicemente felice.
La cupola faceva risplendere la luna di un calmo bagliore bianco, le strade della capitale erano ormai deserte e il palazzo sotto i loro piedi era calmo e in silenzio. Il sonno degli altri era il loro nido d’amore.
 
Per sei settimane Rei rimase nella capitale, la cupola avrebbe dovuto stabilizzarsi prima che lei potesse lasciare l’epicentro. Poi tornò a Konoha.
Al suo ritorno la base delle forze speciali era stata rinnovata sotto sua richiesta, non c’erano stati grandi cambiamenti, solo una revisione della struttura sotterranea. Era stato installato un percorso di allenamento, uffici un po’ più moderni e una piccola miglioria nella gestione, per quanto avesse apprezzato il lavoro del suo predecessore doveva ammettere che i suoi tradizionalismi rallentavano un po’ le cose.
Appena entrata nel suo nuovo ufficio, nelle profondità di quell’edificio, si mise all’opera. Sul muro era appesa un’enorme carta geografica, aveva segnato ogni piccolo spostamento dell’Akatsuki, evidenziando quelli potenzialmente pericolosi. Nell’ultimo periodo avevano girato un po’ dappertutto raccogliendo criminali di alto rango e riscuotendo taglie elevate. Doveva dire che le cose si stavano facilitando per i suoi uomini, avevano eliminato diversi obiettivi sensibili, eppure qualcosa le diceva che sembra che volessero farle abbassare la guardia. C’era stato un preoccupante vuoto di eventi da quando era diventata comandante, che si stessero preparando a qualcosa?
Aveva passato giorni ad esaminare le pergamene lasciate dal primo hokage ma molte cose mancavano o non coincidevano con gli eventi accaduti, aveva provato anche a chiedere a Tsunade nel caso avesse lei le rimanenti, ma tutto ciò che ottenne fu una brutta strigliata. La donna credeva che stesse diventando una specie di ossessione, come se volesse prenderli a tutti i costi con le sue mani, un po’ era vero, il non sapere la stava facendo diventare matta, aveva una sensazione di inquietudine che non la lasciava. C’era qualcosa che non andava.
Quel giorno stava passeggiando per le strade commerciali, voleva schiarirsi le idee e perfino gli schiamazzi della gente che faceva compere le sembravano meno impetuosi delle grida di Tsunade. C’erano regole per un motivo, anche con tutto quel potere politico non poteva fare molto per adesso.
Il ragazzo dai capelli rossi le si presentò davanti un po’ sorpreso di vederla all’aria aperta, si tolse il cappello da Kage in un gesto istintivo. Alle sue spalle Temari e Shikamaru stavano discutendo animatamente guardando dei documenti e Kankuro li osservava annoiato, eppure entrambi sembrarono non curarsi dei due che si fissavano.
Se non fosse stato per le due campanelle cerimoniali ai lati della testa, Gaara non l’avrebbe mai riconosciuta. Tre mesi non erano poi così tanto tempo, ma il quel periodo Rei sembrava come esplosa di vita, o meglio, sbocciata come un fiore. Il kimono corto dalle lunghe maniche che portava sempre sembrava opprimere il suo povero petto e il fatto che fosse cresciuta in altezza aveva fatto diminuire la lunghezza dell’abito. Crescere non gli era mai sembrato così difficile quanto quel giorno.
La sorella si accorse di quello sguardo da pesce lesso, così gli cinse bruscamente le spalle con il braccio per farlo ritornare in sé. «Ciao Rei! O dovrei chiamarti Rei-Sama ora?»
Rei arrossì, non le piaceva quella forma nemmeno quando erano i soldati a usarla, figurarsi sentirselo dire da una persona così vicina. Gesticolò in modo nervoso, «No, no... Va bene solo “Rei”. Comunque è un piacere rivedervi.»
Shikamaru si intromise sbuffando. «Comunque ti cercavo da ore, ci sono da decidere un sacco di cose per... AHI!» Temari e Kankuro lo avevano colpito prima che potesse finire la frase e lo trascinarono via.
«Sempre esuberanti quei due...» Rei rise imbarazzata.
Gaara scrollò la testa esasperato. «Consumano ogni mia energia!»
«Comunque è davvero bello che tu sia qui, è da tanto che non ci vediamo.»
Gaara annuì. «Dalla sera... della... cerimonia.»
Entrambi distolsero lo sguardo e arrossirono pensando ai baci e alle brusche effusioni che si scambiarono su quel tetto.
Gaara si schiarì la voce, ma gli uscì stranamente acuta. «Ora meglio se ritorno o Tsunade inizierà a prendersela con me... e poi avrai sicuramente un sacco di cose da fare.»
Quella fu una delle poche volte in cui riuscì a farsi coraggio da sola, ma non le venne bene, strinse gli occhi e abbassò lo sguardo come se stesse guardando qualcosa di osceno. «I-in verità non ho molto da fare... Se vuoi... posso accompagnarti...»
Gaara le sorrise e ancora un po’ impacciato le sollevò la manica e la prese per mano. Il cuore di entrambi batteva all’impazzata, dopo tutto quel tempo, sembrava sempre la prima volta che si toccavano.
Quei repentini cambi di personalità da parte di entrambi era routine per la loro stramba relazione, a volte così intraprendenti da sembrare adulti e altre volte totalmente incapaci.
Camminando la gente si fermava a salutare Rei, facendo un piccolo inchino o semplicemente salutando in modo educato. Non erano né intimoriti né infastiditi, Gaara fu soddisfatto di vedere quella scena, Rei era raggiante.
«Sono felice che tu sia riuscita a riscattarti...»
Lei annuì. «Prima la gente vedeva solo il mio cognome o il fatto che i miei fratelli fossero... bhè, traditori...» Sollevò lo sguardo verso la montagna scolpita. «È come se il mio titolo gli facesse vedere tutta un’altra persona...»
Gaara le strinse la mano pensieroso. «Un giorno vorrei che anche la mia gente mi guardi allo stesso modo.»
Rei si fermò e lo guardò quasi infastidita. «Non dire così. Sei e sarai un grande Kazekage, ne sono sicura.»
«E come fai ad esserlo?» Ammetto che feci quella domanda solo per provocarla, ma lei si girò dall’altra parte con lo sguardo sereno e mi disse: «Perché io credo in te!» Riusciva sempre a stupirmi nei momenti giusti.
 
L’ufficio dell’Hokage era lì di fronte ma entrambi si fermarono prima di varcare la porta. La vena sulla fronte di Gaara si ingrossò e Rei assunse un atteggiamento decisamente infastidito.
«Gaara...»
Lui annuì.
«Sento una presenza fastidiosa...»
«Anch’io...»
Come in una scena di una commedia teatrale i due cercarono di allontanarsi in punta di piedi, ma la porta si aprì.
«Re-i-chan!» L’uomo le cinse il collo in un abbraccio e iniziò a strofinare la guancia vicino quella di Rei. «Che bello rivederti! Mi è mancata la tua pelle mo-r-bi-da!»
Kise si ritrovò addosso lo sguardo assassino e psicotico di Gaara, ma dovette fare i conti con quello più inquietante degli AMBU dietro di lui quando cercò di “abbracciarla” all’altezza del petto. I due uomini noncuranti di chi si trovavano di fronte sfoderarono le spade incrociandole ai lati del collo di Kise, ma Rei li fermò sollevando lievemente la mano. Sussurrò qualcosa al collega mentre l’aria diventava gelida. «Sei fortunato che non posso toccarti...»
«Oh, dai Rei-chan! Sii più gentile con il caro senpai!»
«Che ci fai qui?»
«C’è stato un piccolissimo problema.» Kise scomparve per poi riapparire al fianco di Tsunade. I due ragazzi entrarono nella stanza e Shizune chiuse la porta con cura. In un angolo Sakura aveva assistito alla scena con un’aria un po’ confusa.
«Sakura tutto bene?» le chiese Tsunade vedendo che la ragazza fissava il caotico comandante.
«Non vorrei essere scortese ma... è davvero un bene che sia il comandante che il Kazekage siano qui?»
Rei lanciò un kunai contro il collega sfogando la rabbia repressa prima, ma il coltello lo attraversò e andò a conficcarsi nel muro alle sue spalle. «Non è davvero qui, per fortuna!»
Gaara fece un mezzo sorriso prima di ripensare alle parole dette dal suo superiore. «Che tipo di problema c’è.»
«Girano voci che il Mizukage sia morto.» disse Tsunade con molta calma. Sakura trattenne un respiro.
«Credo sia il momento giusto per avere notizie del loro comandante.» Kise era visibilmente preoccupato e anche Rei, se il Mizukage era davvero morto era probabile che lui non avesse avuto una sorte migliore.
«Va bene, partirò domattina.»
«Sarò lì ad aspettarti.» Kise svanì in una nuvola di sabbia rossa.
Rei stava per uscire dall’ufficio ma Sakura chiese qualcosa. «Ma se è il paese dell’acqua non dovremmo metterci in mezzo.»
«È una questione delicata e il paese del fuoco è il più vicino.» Concluse in fretta Gaara.
«Tsunade, se per te va bene vorrei portare anche Sakura.» Rei rimase girata con lo sguardo pensieroso fisso sulla porta.
«Per me va bene.» La donna era preoccupata, quando voleva portarsi dietro l’amica, era perché pensava già di esagerare fino al punto di doverle servire un medico esperto.
 
Quella sera la luna piena brillava in tutto il suo splendore e le strade erano colme di gente che festeggiava al suono dei tamburi cerimoniali, era la sera del festival estivo.
Gaara passeggiando spensieratamente assieme ai suoi fratelli si guardava intorno sperando di vedere Rei ma non la percepì. Approfittando di un momento di calma decise di scandagliare il villaggio con la mente, solo un secondo non avrebbe avuto conseguenze, la percepì su un tetto non troppo lontano. Quella ragazza era come un gatto, perennemente seduta a fissare l’orizzonte da un tetto...
Appena Gaara varcò l’ingesso del distretto fu come se le musiche e le grida di gioia si fossero allontanate di molto. Tutte le case avevano le finestre chiuse e le luci spente, i lampioni non erano accesi da molto e i negozi avevano tutti le serrande abbassate, eppure non si avvertiva nessuna desolazione, sembrava semplicemente che tutti già dormissero. Su un tempio non molto lontano c’era Rei.
«Non dovresti essere qui, soprattutto oggi.»
«Non festeggi? Alla gente farebbe piacere vederti lì in mezzo.»
«In mezzo a quella bolgia? Troppe persone per i miei gusti.» Fece un grosso sorriso pensieroso alla luna. «Davvero, Gaara-kun, non dovresti rimanere qui...»
«Volevo solo chiederti se potevo accompagnarti domani.»
«Meglio di no, Kise sarà con me, sarebbe più saggio se tu tornassi al villaggio.»
Gaara con leggerezza si sdraiò sul tetto per ammirare meglio le stelle. «Perché non dovrei rimanere qui? Si sta così bene che vorrei non andare più via.»
«Attento a quello che desideri...»
Una folata di vento li colpì in viso facendo tintinnare le campanelle ai lati dei capelli di Rei, poco dopo un vento leggermente più forte colpì le campanelle nel tempio su cui erano seduti. Gaara si alzò per guardare le strade.
Iniziò con il suono dei tamburi e poi quello delle ocarine.
Figure simili a persone risplendenti di un tenue blu trasparente iniziarono ad uscire dalle abitazioni, sembravano tutti spensierati ed emettevano un aura di pace. C’erano madri che tenevano la mano ai bambini e anziani che lentamente passeggiavano per la strada principale, l’aria festosa contagiava ogni angolo del distretto. Poco più avanti, da una grande casa uscirono due figure familiari, Fugaku uscì di casa inciampando come al solito sul piccolo gradino, poi sia lui sia Mikoto si girarono a salutare verso il tetto del tempio.
Il vento faceva muovere gli alberi di ciliegio e di pesco perennemente in fiore facendo cadere i petali e formando un lungo tappeto rosa sotto quegli spiriti felici.
Rei si era alzata in piedi e salutava con la mano i genitori. Una leggera lacrima le rigava il sigillo sul viso che intanto si era illuminato dello stesso blu degli spiriti. Non appena i due volti sereni dei genitori le sorrisero e si voltarono, lei tornò seduta a fissare l’orizzonte battendo con il dito sulla gamba a ritmo dei tamburi.
Gaara si sforzò di fare la sua scomoda domanda. «Tutto questo... è come una sorta di punizione?»
«Un Uchiha... quando muore... non conserva nessun tipo di rabbia o rancore, si rimane nella serenità e nella pace in eterno a vegliare sulle generazioni successive. Non è una punizione né una maledizione, credo che sia la prova che si può essere liberati da tutto quell’odio che ci accompagna...» Sollevò la testa sorridente verso la luna. «Succede tutte le volte che c’è la luna piena, ma credo sia la prima volta che coincide con il festival estivo, sarebbe bello se facessero festa tutti insieme.»
La sua faccia sorridente lo rasserenava, eppure sembrava come se lei non vedesse l’ora di unirsi a quel circolo esclusivo.
«Quando eravamo piccoli, ci era proibito uscire nelle notti così, però Itachi riusciva a farci uscire di nascosto, diceva che l’importante era rimanere al tempio per non essere trascinati nel regno degli spiriti, così ci sedevamo qui sopra a guardare e a ballare al suono dei tamburi.»
Gaara si alzò di scatto e rivolgendosi al suo volto felice le porse la mano. «In effetti quel suono è proprio coinvolgente.»
Rei rise prima di alzarsi delicatamente aggrappata a quella mano sicura. Così, su quel bordo precario, con la leggera paura di cadere, aggrappati l’uno all’altro, la loro danza veniva illuminata da quel bagliore azzurro e accompagnata dalle danze degli spiriti felici.
 
   
 
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