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Autore: ToscaSam    15/09/2017    0 recensioni
Death Note fanfiction.
Tutti conoscono ben poco dell passato di L.
Nessuno ha mai raccontato la storia di quella ragazza dai capelli rossi che giocava a tennis dentro un campo protetto da una rete verde.
Storia dei cinque anni passati in Inghilterra da un L adolescente, quando il peggiore dei mali non era Kira, ma quel brufolo rosso spuntato sulla fronte.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 « E questa da dove diavolo l'hai tirata fuori?»
Esclamò Ulla non nascondendo l'ammirazione.
Erald l'aveva raggiunta alle quindici davanti al solito campo da tennis, ma stavolta impugnava una racchetta.
Era rossa, dal manico color legno. La teneva appoggiata alla spalla, sentendosi stranamente disinvolto.
Lei lo vide appoggiato al faggio, fiero, un po' goffo, ma più sicuro del solito. Le ombre delle foglie disegnavano ghirigori sul suo viso pallido.
« È una Wilson Pro Staff RF 97. Il bilanciamento è quasi tutto sul manico, mentre il piatto è leggero e dev’essere utilizzato lasciando andare con velocità. È fatto di un materiale tra la grafite e il Kevlar, 68.50 cm.» Aggiunse lui, convinto, mentre oscillava leggermente il prezioso oggetto sulle sue spalle.
Ulla era sconvolta.
Erald si decise a dirle la verità:
« In realtà … Non ho la minima idea di cosa voglia dire. Ho solo fatto qualche ricerca. È stato il signor Wammy, a regalarmela».
Ulla sbatté le palpebre più volte, probabilmente pensando che spendere tutti quei soldi per una racchetta da professionisti, solo per metterla in mano a un principiante, fosse un sacrilegio.
I suoi grandi occhi castani da scoiattolo rimanevano spalancati.
« Come … perché te l'hanno regalata?»
Erald rispose, pronto ma sconsolato:
« Beh, il signor Wammy ha visto che mi fermo spesso a guardarti mentre giochi. Pensa che sarebbe bello se mi facessi un amico, credo»
Ulla lo guardò, sempre stupita. Aveva i capelli rossi raccolti in una treccia che aumentavano l'effetto tenero del suo viso.
« Hai qualche strana malattia, vero?» chiese con un velo di preoccupazione. Arretrò di un passo o due.
« Io? No, non credo» Rispose Erald dall'aria confusa.
Ulla non abbandonò l'espressione preoccupata: « Senti …. è veramente folle che ti abbiano preso una racchetta in quel modo … e che, insomma … non hai davvero amici? Sei tutto pallido, cammini strano. Io … non posso essere la tua unica amica se stai morendo o cose così. Non ti conosco … non ce la faccio».
Le guance le si erano arrossate, mettendo in evidenza le costellazioni di lentiggini marroni.
Erald la fissò a lungo, prima di parlare di nuovo: trovò ammirevole una risposta così sincera da parte di una quasi sconosciuta. Era quello l'effetto che dava alla prima occhiata? Sembrava un ammalato? Non gli era mai passato per la testa che il suo aspetto esteriore potesse in qualche modo condizionare l'impressione degli altri su di lui.
« Ti ringrazio per avermi detto quello che pensi» disse, calmo. Cercò di sorridere, ma si vergognava e temeva di arrossire ancora: « quanto alle tue obiezioni verso le premesse che potrebbero ostacolare la nostra amicizia, eccone la soluzione: si, è piuttosto folle comperare una racchetta costosa ad un principiante. Il signor Wammy è molto ricco e la mia borsa di studio è sostanziosa. Inoltre sono uno che impara in fretta, quindi mi auguro di poter maneggiare propriamente questo attrezzo in breve tempo, se tu mi insegnerai. Se me lo concederai, in realtà, penso che potrei regalarla a te, questa racchetta. Io non giocherò di certo per tutta la vita».
Ulla era ammutolita. Non gli aveva mai sentito fare discorsi tanto lunghi.
« Il secondo preliminare riguardava la mia mancanza di amici. Beh, è molto difficile per me, averne. Come avrai notato, non sono un tipo espansivo. Inoltre, frequentare scuole dove tutti hanno almeno dieci anni più di me, mi rende inadatto alle relazioni sociali».
Erald passò la mano libera sui propri capelli, percependo il calore della cute e la morbidezza delle ciocche scure.
« Il fatto che io sia pallido e cammini strano è una conseguenza della mia introversione: mi piace rannicchiarmi, perché sento il sangue che fluisce bene al cervello e posso ragionare al cento per cento. Sono pallido perché … non ne sono sicuro. Un po' è per natura, certo; mia mamma era russa».
Si interruppe, stupendosi lui stesso di aver menzionato sua madre.
Concluse: « E non sto morendo. Almeno non nell'immediato. Tutti gli esseri umani stanno morendo, no? Diciamo che la mia ora non è ancora suonata».
Visto che Ulla non sbatteva ciglio e non dava segni di vita, Erald tentò un ultimo approccio:
« Che ne dici? Possiamo diventare amici?».
Fu troppo.
Ulla scoppiò in una risata forte e sincera, poi tese la mano verso il ragazzo.
« Sei un tipo maledettamente lugubre, Erald Coyle»
lui strinse quella mano candida e lentigginosa, incerto sulle implicazioni che quel gesto avrebbe comportato. Era morbida e liscia.
Le mani congiunte fecero in su e in giù per l'aria, spinti dal braccio di Ulla.
« Vieni dentro. Ti insegnerò a giocare a tennis, ma per l'amor di dio, usa la mia racchetta. Non voglio nemmeno immaginare cosa ne faresti di quell'attrezzo» disse imitandolo.
Erald sorrise, sciolto dall'imbarazzo.
Seguì la dolcissima e temeraria fanciulla dai capelli rossi dentro il campo da tennis.
  
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