Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: FrancescaPotter    15/09/2017    1 recensioni
Long sugli ipotetici figli delle coppie principali di Shadowhunters (Clace, Jemma e Sizzy), ambientata circa vent'anni dopo gli avvenimenti di TDA e TWP. TWP non è ancora uscito al momento della pubblicazione, e nemmeno l'ultimo libro di TDA; questa storia contiene spoiler da tutti i libri della Clare fino a Lord of Shadows, Cronache dell'Accademia comprese.
Dal quarto capitolo:
"Will abbassò il braccio e distolse lo sguardo, ma lei gli prese delicatamente il polso. «Lo sai che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, vero?» gli chiese, morsicandosi inconsapevolmente il labbro inferiore. Era una cosa che faceva spesso e che faceva uscire Will di testa. «So che è George il tuo parabatai» continuò abbassando la voce, nonostante non ce ne fosse bisogno perché George era concentrato sul suo cibo e Cath stava leggendo qualcosa sul cellulare. «Ma puoi sempre contare su di me. Mi puoi dire tutto. Lo sai, vero?»
Will sospirò. «Lo so, posso dirti tutto».
Tranne che sono innamorato di te."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarissa, Emma Carstairs, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Julian Blackthorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo sei
Rose si era svegliata con il cuore in gola e un dolore martellante alla testa. Si era portata una mano alla tempia, aspettandosi quasi di trovarla bagnata di sangue come nell’incubo, ma ovviamente questa non aveva nulla che non andasse. Erano passati una decina di giorni da quando aveva avuto quel sogno la prima volta, e non si era aspettata che si ripresentasse. Era rimasta immobile nel letto per il resto della notte, troppo spaventata anche solo per respirare.
La mattina quando si era alzata aveva sentito Holly in camera sua che piangeva, e la voce di sua madre che cercava di consolarla. Significava che anche sua sorella aveva avuto l’incubo e la cosa la turbava non poco.
Non disse niente ai suoi genitori, che senso avrebbe avuto quando loro neanche la prendevano sul serio? Voleva parlarne con Will e George, ma entrambi le parevano distanti. Rose sospettava che George fosse preoccupato per Cath –sapeva che lei aveva dei problemi a casa ma non conosceva i dettagli- mentre non aveva idea di che cosa ci fosse che non andava con Will.
Avrebbe potuto dirlo a Logan, ma non era sicura che fosse una buona idea. L’ultima volta che si erano visti avevano deciso di non frequentare altre persone, non che Rose avesse altri con cui uscire. Rose supponeva che questo la rendesse la sua ragazza -almeno era ciò che George continuava a sostenere- ma in ogni caso stavano insieme da sole due settimane e non le andava di tediarlo di già con le sue paranoie. Tra le altre cose, George l’aveva letteralmente obbligata a disegnarsi una runa anticoncezionale, nonostante lei non si sentisse ancora pronta e si fosse opposta all’inizio. Dopo un’opera di convincimento durata tutto un pomeriggio, alla fine Rose si era resa conto che George aveva ragione e che lei stava esagerando: la runa durava per tre mesi e non poteva sapere quando ne avrebbe avuto bisogno, disegnarsela non significava niente.
Stava ritornando a casa dopo essere andata a correre sulla spiaggia rimuginando sui suoi problemi, quando vide suo zio Mark che saliva le scale che portavano all’ingresso dell’Istituto. Lo raggiunse velocemente e salì gli ultimi gradini assieme a lui.
Non lo vedeva da un po’, di solito i suoi parenti gironzolavano sempre per l’Istituto e si fermavano spesso a pranzo o a cena, e sembrava un po’ più magro del normale. I capelli biondo chiaro gli cadevano sulla fronte in ciocche bagnate, segno che si era appena fatto una doccia, e Rose notò che aveva un taglio sulla guancia che si stava rimarginando.
«Graziosa nipote» la salutò lui con un sorriso, passandole un braccio attorno alle spalle e attirandola a sé. Mark aveva fatto parte della Caccia Selvaggi per parecchi anni e non aveva del tutto perso le movenze e il linguaggio del Popolo Fatato.
«Ciao, zio Mark» borbottò Rose contro la sua camicia. Mark profumava sempre di fiori. «Dove sei stato in queste ultime settimane? Mi sembra di non vederti da secoli».
Ogni volta che Rose aveva chiesto ai suoi genitori o a zia Cristina dove zio Mark fosse, quelli le avevano sempre dato risposte vaghe.
«Missione segreta» rispose Mark, dandole un bacio tra i capelli e lasciandola andare.
Ecco, appunto.
Rose si accigliò. «Tra poco avrò diciotto anni! Me lo potete dire».
Odiava essere minorenne, lo odiava. Odiava che la tenessero all’oscuro di tutto e che la trattassero come una bambina o una sprovveduta. Pattugliava le strade di Los Angeles e New York con George e Will da quando aveva quattordici anni, era una Shadowhunter fatta e finita, ed era frustrante venire messa da parte in quel modo.
Mark ridacchiò davanti alla sua espressione imbronciata e spalancò la porta con una spalla. Rose lo seguì dopo qualche secondo. Lo trovò al centro dell’atrio che si guardava attorno con aria curiosa e rilassata, come se non vedesse l’Istituto da tantissimo tempo.
«Da quanto hai detto che non ci vediamo?» le chiese con occhi socchiusi. Rose sapeva che uno di quelli era verde-azzurro, lo stesso colore dei suoi, mentre l’altro era dorato.
«Da almeno dieci giorni, quindici massimo» rispose Rose. «Perché?»
Mark scrollò le spalle e le sorrise. «A volte il tempo scorre così velocemente che ci sfugge come sabbia tra le dita, non trovi?»
«Uhm…» Rose ora era confusa. Non le era mai piaciuta la retorica, faceva fatica a capire ciò che una persona voleva dire se parlava in modo troppo complesso, preferiva che le cose venissero dette con chiarezza. Ecco perché adorava George, perché era chiaro, sintetico e a volte senza pietà: ti metteva davanti agli occhi anche la più cruda delle verità, non importa quanto questa ti avrebbe fatto soffrire.
«I tuoi genitori sono in casa?» chiese poi Mark.
«Credo di sì» rispose Rose distrattamente, il suo cervello ancora concentrato sulla missione segreta di suo zio. «Prova nell’ufficio, o nella palestra».
Mark annuì e si allontanò sventolando una mano per aria. «Ci vediamo in giro, Rose».
Rose sbuffò e andò in camera sua. Aveva preso in considerazione di seguire suo zio e origliare la conversazione con i suoi genitori, ma aveva scartato subito l’idea, sapendo che suo padre l’avrebbe beccata subito.
Si fece una doccia e mise direttamente in pigiama. Prese il suo computer e si sedette sul letto, sentendosi in pace con il mondo.
Era stato suo zio Ty a regalargliene uno per il suo quindicesimo compleanno e a insegnarle come usarlo. Le cose però le erano sfuggite un po’ di mano quando aveva scoperto internet e tutte le possibilità che offriva. A sedici anni si era iscritta a un corso online di matematica della UCLA e a diciassette a uno di fisica, senza dirlo a nessuno: non sapeva quale sarebbe stata la punizione se il Conclave lo avesse scoperto e sicuramente i suoi genitori non avrebbero approvato.
L’educazione che i giovani Shadowhunters ricevevano comprendeva il greco, il latino, storia, lo studio delle rune e demonologia, sicuramente non venivano insegnate loro materie mondane come la matematica, la fisica o l’informatica; dopotutto non ti sarebbero mai servite a combattere contro a un demone, no? Rose non si trovava molto d’accordo. Da quando aveva imparato i principi di fisica e di matematica vedeva il mondo in maniera diversa: la sua mente era più elastica, reattiva, e si rese conto che anche il suo corpo lo era diventato di riflesso. Era diventata più brava a fare stime di distanze e altezze e anche la sua mira era migliorata incredibilmente.
Avendo adorato i due corsi che aveva seguito, da un mese ne stava seguendo uno di programmazione, che era decisamente il suo preferito. Tuttavia lo aveva trascurato un po’ perché con tutto quello che stava accadendo nella sua vita le mancava la concentrazione. Quella sera si era promessa che niente e nessuno le avrebbe impedito di continuare, ma non fece in tempo a cliccare sulla nuova lezione che le arrivò un messaggio. Rose fu tentata a non rispondere, non voleva distrazioni, ma il suo cellulare vibrò di nuovo. Rose sbuffò, sentendosi in colpa: e se fosse successo qualcosa di grave a Will? O a George?
Non si trattava né di Will, né di George invece. Era Logan, che le chiedeva di andare da lui per cena perché i suoi genitori erano a Idris e lui era a casa da solo.
Rose non ne aveva voglia; desiderava solo rimanere nella sua camera a sentire il professore che parlava di modelli matematici e algoritmi. Si diede subito della stupida per averlo pensato: le persone normali volevano vedere il proprio ragazzo, desideravano passare ogni secondo con lui, e Rose si stava sforzando così tanto per essere una ragazza normale.
Chiuse il computer con un tuffo al cuore e promise a Logan che lo avrebbe raggiunto nel giro di un’ora.
Si vestì e si asciugò i capelli, si truccò un po’ per rendersi più presentabile e andò a cercare i suoi genitori per avvisarli che sarebbe uscita.
Li trovò in cucina, sua madre seduta al tavolo con delle scartoffie sparse davanti a sé e suo padre intento a tagliare le verdure.
«Sto uscendo» disse Rose, affacciandosi dalla porta della cucina.
«E dove vai?» chiese Julian.
«Da Logan».
Sua madre alzò lo sguardo e le rivolse un ghigno. «Divertiti».
Suo padre perse almeno due gradazioni di colore e riprese a preparare la cena. «Oh. Okay. Cioè… okay».
«Papà» disse Rose preoccupata. «Stai bene?»
Suo padre aveva gli occhi rossi e sembrava si stesse per mettere a piangere da un momento all’altro.
«Certo, tesoro» le rispose sua madre. «Sta solo tagliando le cipolle. Vero, Jules?»
Julian annuì, ma non disse niente. 
Rose, anche questa volta, non capiva. Lasciò perdere e se ne andò con una scrollata di spalle.
Gli Ashdown abitavano in una casetta con il giardino che si affacciava sull’oceano poco lontano dall’Istituto e quando Rose arrivò rimase sorpresa da quanto fosse carina.
Logan le aprì la porta e la salutò con un bacio. Rose ci era ormai abituata e accolse la piacevole sensazione di familiarità che lo accompagnava.
Ordinarono del cibo cinese d’asporto e lo mangiarono davanti alla televisione, parlando del più e del meno. Rose aveva detto a Logan della sua antipatia per i surfisti e lui ci aveva scherzato su, tanto che Rose riuscì quasi a dimenticarsi della lezione di informatica alla quale aveva rinunciato.
Finito di mangiare si sedettero sul divano a guardare un film mondano che Rose reputò noioso già dai primi dieci minuti. Parlava di una banda di criminali che dovevano rubare un gioiello custodito in una cassaforte inespugnabile. Noioso. Non c’era nessuna storia d’amore tragica o invenzione rivoluzionaria.
Anche Logan non pareva molto interessato alla trama, perché verso metà film le passò un braccio attorno alle spalle con uno sbadiglio e le diede un bacio sul collo che le fece il solletico. Rose ridacchiò e cercò di rilassarsi. Era questo che due persone che stavano insieme facevano, era assolutamente normale.
Girò il capo e le sue labbra trovarono immediatamente quelle di lui come attratte da una calamita. Logan le prese il viso tra le mani intensificando il bacio e Rose spense il cervello, focalizzando tutta la sua attenzione su di lui. Gli mise una mano sul petto e sentì il suo cuore battere regolarmente sotto al palmo. Lo invidiò terribilmente: il suo, di cuore, batteva così forte che le faceva quasi male.
Logan le passò le mani dal viso alla vita, facendola sdraiare sotto di sé sul divano. Raggiunse l’orlo della maglietta e gliela alzò. Rose si bloccò, improvvisamente agitata.
«Aspetta» sussurrò sulle sue labbra.
Non si era preparata psicologicamente. Non era la prima volta che Logan la toccava, ma ogni volta che si erano baciati era sempre stato piuttosto contenuto e Rose non pensava che Logan volesse già passare allo step successivo.
Sei un’idiota, Rose! Si insultò, reprimendo l’istinto di mettersi a piangere per la frustrazione. Ancora una volta non aveva capito le intenzioni di una persona, e se c’era una cosa che odiava, quella era il non capire.
Logan si allontanò leggermente e la guardò con espressione languida. «Cosa c’è?» le chiese, stampandole un bacio sul collo.
Rose non sapeva proprio come dirgli che non se la sentiva di andare oltre.
Diglielo e basta, la rimproverò la voce di George nella sua testa. Si sentiva così stupida. Ovvio che Logan volesse andare a letto con lei, era il suo ragazzo e anche lei avrebbe dovuto volere la stessa cosa. Prima o poi sarebbe successo, lo sapeva, era solo che non credeva sarebbe successo proprio quella sera. A Rose piaceva avere tutto sotto controllo, era ossessionata dall’organizzazione, e quando qualcosa non andava secondo i suoi piani rimaneva come paralizzata.
«Non credo sia una buona idea…» disse velocemente, arrossendo sulle guance. «Voglio dire, non adesso, almeno».
Rose lesse lo stupore nello sguardo di Logan e desiderò che il divano la inghiottisse.
«No?» Logan si sfilò la maglietta e la gettò per terra, per poi chinarsi di nuovo sulle sue labbra. «Hai la runa» disse poi, come se quello chiudesse la questione.
«Io non ho mai…» iniziò Rose, senza sapere bene come continuare.
«Non importa». Logan le sorrise e la guardò con i suoi grandi occhi nocciola.
Rose gli carezzò con delicatezza i capelli, poi la guancia, chiedendosi cosa ci fosse di sbagliato in lei e perché non potesse vivere quel momento con serenità come una ragazza normale.
«Andrà tutto bene, Rose» le sussurrò allora Logan all’orecchio. «Fidati di me».
«Okay» si ritrovò ad annuire lei.
 
«Devo andare» disse Rose. «Mio padre non vuole che dorma fuori casa».
Non era vero e Rose stava mentendo a Logan di nuovo. Non sapeva perché, sapeva solo che aveva bisogno di stare un po’ da sola.
Erano ancora sdraiati sul divano, e Logan la attirò a sé per darle un bacio sulle labbra. «Ci vediamo domani?»
Rose gli sorrise. «Certo».
Raccolse i suoi vestiti da terra e se li infilò in fretta, per poi salire in macchina e tornare a casa. Raggiunse l’Istituto in meno di dieci minuti, consapevole di aver superato il limite, ma guidare ad alta velocità la aiutava a schiarirsi le idee.
Era stanca e se pensava che l’indomani avrebbe rivisto Logan, si sentiva a disagio. Era ancora scossa e non aveva avuto il tempo per metabolizzare che sì, era successo: aveva perso la sua verginità con il ragazzo per il quale aveva una cotta da tempo. Sarebbe dovuta essere al settimo cielo, felice, in pace con il mondo, e invece non provava niente di queste cose. Non riusciva a identificare le sue emozioni e a pensare lucidamente, percepiva solo un nodo allo stomaco.
Era tardi e Rose fu lieta che tutta la sua famiglia fosse andata già a dormire. Non avrebbe sopportato lo sguardo apprensivo di suo padre o quello compiaciuto di sua madre; mentire a Logan le era venuto quasi naturale, ma farlo con i suoi genitori sarebbe stato difficile, soprattutto quando si trovava in quello stato mentale.
Si gettò sulle coperte a pancia in giù, senza neppure la forza per togliersi i vestiti e mettersi in pigiama. Avrebbe tanto voluto fare una doccia, ma ormai difficilmente sarebbe riuscita ad alzarsi. Si girò su un lato e poggiò la testa sul cuscino, guardando fisso davanti a sé.
La parete opposta al letto era stata affrescata da suo padre prima che lei nascesse con il disegno di un paesaggio primaverile: un castello in mezzo a un bosco circondato da rose e spine. Nel cielo splendeva il sole e degli uccellini si libravano in volo all’orizzonte.
Rose sospirò e cercò di analizzare la situazione con logica: non aveva senso che si sentisse in quel modo, stanca, vulnerabile quasi. Doveva essere felice, tutto stava andando per il verso giusto e Logan sembrava essere davvero interessato a lei.
Prese un respiro profondo per calmarsi e dopo parecchio tempo si addormentò, cadendo vittima di un sonno senza sogni.
Si svegliò qualche ora più tardi; dalle tende entravano dei tenui raggi di luce, segno che il sole stava sorgendo. Rose afferrò il cellulare e lesse l’ora sullo schermo: le 5.38. C’era anche un messaggio da parte di Will in cui le diceva che quella mattina suo padre si era messo a cantare le canzoni di Natale in anticipo, svegliando tutto l’Istituto.
Rose fece per mettersi a ridere, ma tutto ciò che le uscì di bocca fu un singhiozzo strozzato. Il messaggio di Will aveva innescato qualcosa dentro di lei, portandola a realizzare perché si sentisse tanto abbattuta: non le era piaciuto. Fare l’amore con Logan non le era piaciuto per niente, e quella consapevolezza le premeva sul petto impedendole quasi di respirare.
Fece per chiamare Will e chiedergli di raggiungerla a Los Angeles, ma si rese conto che non sarebbe mai riuscita a parlarne con lui. Forse con George, anche se temeva che l’avrebbe rimproverata per aver acconsentito a qualcosa che non voleva davvero fare, ma con Will no.
Si vergognava, si sentiva una stupida e non avrebbe potuto sopportare la delusione dei suoi amici. Perciò decise di chiamare Cath, che rispose dopo il terzo squillo. Non sembrava assonnata, e Rose fu grata di non averla svegliata: a New York erano quasi le nove della mattina.
«Ciao, Cath. Sono Rose». La sua voce suonava spezzata, impastata di lacrime, ed era evidente che avesse pianto.
«Rose, tesoro, ti senti bene?»
Cath chiamava tutti tesoro, anche se erano più grandi di lei.
«Mmh» fece Rose, asciugandosi le lacrime con le mani. «Sì, va tutto bene».
«Non mi sembra che tu stia bene».
Ovviamente Cath aveva capito, Cath capiva sempre. «No, sto bene. C’è George lì con te?»
«Oh ma certo, George». Rose percepì un pizzico di delusione nelle sue parole. «Mi dispiace, non c’è. Vuoi che provi a chiamarlo io?»
«No no no» la bloccò Rose. «È te che stavo cercando».
«Ah». Cath parve stupita. «Dimmi, allora».
Rose non sapeva da che parte iniziare e cercò di prendere tempo. Era bloccata: voleva dirlo a Cath, ma allo stesso tempo non riusciva. «Posso chiederti una cosa?»
«Puoi chiedermi quello che vuoi, ma chère».
Rose provò una fitta di tenerezza nei suoi confronti così forte che rischiò di mettersi a piangere di nuovo. Cath aveva un anno in meno di lei, ma per Rose era come una sorella maggiore.
«Devi promettermi che non lo dirai a George e a Will» disse.
Cath tacque per qualche istante, come se ci stesse pensando. «Rose, mi stai facendo preoccupare».
«No, Cath» disse subito Rose, cercando di suonare allegra. «È una cosa stupida».
E lo era, no?
«D’accordo» sospirò lei. «Giuro sull’Angelo che non lo dirò a nessuno».
Rose si coprì il viso con la mano, anche se non c’era nessuno in camera con lei e Cath si trovava a chilometri di distanza.
Dillo e basta.
 «Com’è stata la tua prima volta?» chiese Rose tutto d’un fiato, smettendo di respirare per un attimo.
«Intendi…?»
«Sì».
Cath emise un verso stupito e Rose desiderò scomparire. «No, senti, scusami» si affrettò ad aggiungere. «Non volevo risultare invadente. Dimenticati che te lo abbia chiesto».
Lei e Cath erano amiche e Rose si fidava immensamente di lei, ma ebbe paura di essersi spinta troppo in là. Cath invece si mise a ridere e la tranquillizzò. «Non preoccuparti, Rose. Non mi aspettavo la domanda, tutto qua. Aspetta un attimo che esco».
Rose si lasciò cadere a pancia in su sul letto traendo un sospiro di sollievo.
«La mia prima volta è stata con George» iniziò Cath. Rose riusciva a sentire il rumore delle auto in lontananza. «Non dirglielo, ma è stato quasi divertente. Era così preoccupato di farmi male che non stavamo concludendo nulla».
Certo che la sua prima volta era stata con George, si disse Rose.
«E te ne ha fatto? Male, intendo?»
«Niente di insopportabile» disse Cath. «Non ci pensi neanche quando stai con quello giusto».
«E come fai a sapere che è quello giusto?»
Cath ci pensò un attimo. «Lo sai e basta».
Rose sbuffò, chiedendosi perché nessuno avesse scritto un manuale con delle regole, dei principi, delle leggi da seguire. Le relazioni erano troppo complicate per lei.
Cath non le aveva chiesto il perché di quell’interrogatorio e Rose gliene fu grata, ma sapeva che era arrivato il momento di vuotare il sacco.
«Sono andata a letto con Logan ieri». Rose tirò su con il naso. «Non mi è piaciuto».
«Oh, Rose. La prima volta è normale che faccia un po’ male. Vedrai che la prossima andrà meglio».
«Non si tratta solo di questo» continuò Rose con voce sottile. «Non ho provato niente; credo sia stata la cosa più imbarazzante della mia vita. E non sono innamorata di lui, non sono nemmeno sicura che mi piaccia».
«E allora perché lo hai fatto?» le chiese Cath con gentilezza. Non c’era malizia o sfida nella sua domanda, solo il puro desiderio di comprendere meglio la situazione.
Rose si morse il labbro. «Non lo so» sussurrò. «Non lo so. Io gliel’ho detto che non ero pronta, ma lui mi ha convinta. Credo sia stato il modo in cui mi ha guardata, come se fossi impazzita a voler aspettare. Mi sono sentita così sbagliata, Cath… stavo solo cercando di comportarmi in modo normale. Vorrei poterti dire che non mi importa, che è stato solo sesso e che va bene così. Ma la verità è che mi importa e che non va bene così».
Cath trattenne il fiato all’altro capo del telefono e lo stomaco di Rose si contrasse. «Quel brutto stronzo!» esclamò con un forte accento francese. La maggior parte delle volte l’accento di Cath era talmente leggero che Rose neppure ci faceva caso, ma quando si arrabbiava diventava più marcato.
Rose si mise a ridere, sentendosi un po’ più leggera.
«Non c’è niente che non vada in te, Rose. Mi hai capito? Niente» Cath sbuffò. «Non lo dico a George e a Will solo perché te l’ho promesso e non voglio la vita di Logan Ashdown sulla coscienza».
«Se George lo scoprisse, si arrabbierebbe tantissimo con me» disse Rose con voce piatta. «Perché gli ho detto di sì quando in realtà avrei voluto dire di no».
«Vero» concordò Cath. «Probabilmente ti darebbe dell’idiota per aver pensato anche solo per un istante di non essere normale e non aver tirato a Logan un calcio nelle palle».
«Non è colpa sua» disse Rose.
«E invece lo è». Cath era irremovibile. «Nel momento stesso in cui tu gli hai detto che avresti preferito aspettare, avrebbe dovuto toglierti le mani di dosso».
Rose si morse il labbro. «Will sarebbe così deluso da me».
«No, tesoro». Cath suonava quasi triste. «Will non sarebbe deluso da te».
«In ogni caso, ne sto facendo una tragedia per niente» Rose non voleva pensare a Will in quel momento. «La prossima volta andrà meglio».
«La prossima volta?» Cath trattenne il respiro. «Rose, lo hai detto tu stessa che non sei innamorata di lui…»
«Ci esco insieme da appena due settimane» disse Rose, più a se stessa che a Cath. «Ci vuole del tempo, no?»
«Sì, ma…»
«Grazie Cath, ora devo andare» la interruppe Rose prima che potesse aggiungere altro. «Ti voglio bene».
«Anche io te ne voglio» disse lei. «Però anche tu devi promettermi una cosa, cioè che non farai più niente che tu non voglia fare».
«Ma ormai…» iniziò Rose.
«No, niente ma» la interruppe Cath brusca. «Giura».
Rose fissò il soffitto sopra di sé per qualche secondo, come se lì fosse nascosta la soluzione a tutti i suoi problemi. Ripensò alle parole di Cath: quando è quello giusto lo sai e basta. Rose avrebbe tanto voluto crederle, ma purtroppo non poteva: una volta aveva creduto di aver trovato il ragazzo giusto per lei, ma era rimasta scottata come se avesse messo la mano sul fuoco, e da quel momento aveva smesso di fidarsi del suo cuore per affidarsi solo al suo cervello. 
«Lo giuro. Lo giuro sull’Angelo» pronunciò il giuramento, e per la prima volta quelle parole sapevano di menzogna.

NOTE DELL'AUTRICE
Buonasera a tutti!
Ecco qua il nuovo capitolo. Sono un po' agitata perché è un punto importante della storia. Voglio solo chiarire che Rose dice di sì a Logan; glielo dice per le motivazioni sbagliate, però glielo dice. Poi ci sta male perché si rende conto che non è innamorata di lui e che si è bruciata la sua prima volta con una persona con la quale non condivide nessuna connesione profonda, e per com'è fatta Rose, lei ne ha bisogno, ha bisogno di provare qualcosa di forte per poter stare con qualcuno, altrimenti si sente a disagio. Ed è proprio questo disagio che la manda in confusione: credeva che Logan le piacesse, e invece no, si rende conto che non è così. Se a questo aggiungete che Rose di base si sente strana e fuori posto perché le piacciono cose che a un normale Shadowhunter non piacciono, be', diciamo che è abbastante in confusione al momento. 
Nel prossimo capitolo capirete a cosa si riferisce Rose quando dice che credeva di aver trovato il ragazzo giusto per lei. E' anche per questo motivo che Rose sta male, perché in cuor suo sa di essere innamorata di X (chissà chi, eh?) ma che non potrà mai averlo. Quindi si è quasi "accontentata" di Logan, che è bruttissimo da dire, però terra a terra è così.

Alla prossima,

Francesca 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: FrancescaPotter