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Autore: merty_chan11    15/09/2017    1 recensioni
Ogni persona ha, anche inconsapevolmente, una propria canzone preferita. C'è che la sente spesso, c'è chi invece preferisce udirla poche volte. C'è chi non riesce più ad ascoltarla. Troppe le emozioni che suscita, troppi i ricordi che porta a galla. Troppo pesante la corda che tiene legati ad un passato che consuma.
Dal testo:
[...]
Quando era bambino, aveva sempre attribuito quelle note alla sua famiglia. Se ne avesse avuta una, non avrebbe mai lasciato fuggire alcun attimo per paura di non trascorrere abbastanza tempo con la loro presenza. In seguito, la figura dei suoi genitori si era pian piano sostituta con quella di Shiro. Keith non riusciva ancora a capire cosa ciò volesse significare. Non comprendeva se Takashi fosse diventato quanto più vicino ad una famiglia lui avesse o se rappresentasse qualcosa di più. Ma non gli era mai importato, conscio del fatto che tutto sarebbe sempre andato per il verso giusto e che avrebbe avuto una vita intera per pensarci.
[...]
Spesso è preferibile che la musica cessi per sempre.
-One-shot ambientata pochi mesi dopo l'esito della missione di Kerberos, prima degli avvenimenti della serie.
Buona lettura!
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kogane Keith
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The day the music stopped
 
 
 
Il giorno che la musica si fermò sembrava perfettamente tale e quale ad un altro qualsiasi.
Keith maledì mentalmente la vecchia radio che aveva portato via con sé dalla Garrison al momento della sua fuga improvvisa. Non sapeva perché avesse deciso proprio di prendere quell’apparecchio. All’accademia non mancavano modelli nettamente superiori in grado di funzionare per più di due giorni consecutivi. Forse era riuscito ad affezionarsi a quel prezioso oggetto. Quasi gli veniva da ridere, quando ci pensava. Lui, che non riusciva a provare affetto per nessun essere vivente, ora si sentiva legato a quell’aggeggio obsoleto. Forse una parte di lui sapeva che ci tenesse solamente perché era stato speciale per Shiro. 
Non era la prima volta che la radio smettesse di funzionare facendolo piombare nel silenzio assoluto. La scarsa ricezione, inoltre, non forniva nessun aiuto.
Mentre cercava di ripararla non riuscì ad ignorare il tremore improvviso delle sue mani. Succedeva sempre, sebbene ogni volta attribuisse la colpa al freddo del deserto che sopraggiungeva nella casa con l’arrivo della notte.
Si fermò, sospirando per la stanchezza, il cacciavite trattenuto a stento nel suo palmo. Era stata una giornata faticosa, quella appena trascorsa. Aveva passato tutto il suo tempo alla ricerca di una qualche notizia, una nuova informazione, su possibili risvolti del caso Kerberos, ormai dichiarato concluso da tempo e lasciato a marcire in qualche polveroso archivio.
“Tutti i componenti dell’equipaggio sono deceduti” aveva annunciato con tono monocorde il commentatore della radio quel giorno. Parole che l’avevano colpito come un secchio d’acqua gelida.
Keith si era sentito improvvisamente smarrito, privato di ogni sua forza. Ricordava con nitidezza quell’orribile momento. Era stato come collassare su se stesso, affogare in un mare di desolazione dal quale non poteva salvarsi. Era stato peggiore della morte stessa.
La radio, la stessa che teneva tra le mani, lo aveva catapultato nella realtà peggiore in cui potesse capitare. 
Shiro era morto, venuto a mancare in chissà quale gelido pianeta, lontano da tutte le persone che lo rispettavano, che lo amavano. Distante da tutto ciò a cui lui più teneva.
Lontano da lui.
Keith aveva solo diciassette anni quando, in quella tiepida notte d’estate, era venuto a conoscenza del disastroso esito della missione Kerberos. Ed ora si trovava lì, sul pavimento del cottage nel deserto che lui e Shiro avevano scoperto in una delle loro fughe notturne dalla Garrison, intento a riparare quella vecchia radio. 
Erano passati pochi mesi da quell’annuncio. Ora di anni ne aveva diciotto, ma sembrava fosse passata un’eternità. Si sentiva infinitamente più vecchio e stanco. E solo, com’era sempre stato. E questo non gli piaceva.
L’apparecchio riprese a funzionare emettendo un fastidioso ronzio, trasmettendo poi una canzone che gli fece gelare il sangue. Quella era stata la sua preferita durante più o meno tutta la sua vita, prima dell’incidente nello spazio. Prima che non potesse essere più in grado di sentirla.
 
“I could stay lost in this moment forever
Every moment spent with you is a moment I treasure”

 
Era una melodia dolce, condita da un testo che poteva suscitare malinconia e tristezza, alcune volte. Parlava di un amante che non voleva perdere nulla dei momenti trascorsi con la sua metà, nemmeno il tempo di un battito di ciglia. Shiro l’aveva sempre punzecchiato, per quella canzone. Non era sicuramente una che si adattava all’idea che gli altri si facevano di lui. Per nessuna persona al mondo Keith Kogane sarebbe mai stato individuo che potesse apprezzare canzoni romantiche. Eppure a lui piaceva. Gli piaceva quella nota di mestizia che dava il testo, e gli piaceva anche la sensazione di benessere e calma che le immagini suscitate dalle parole riuscivano a trasmettergli.
 
“Don't want to close my eyes
I don't want to fall asleep
'Cause I'd miss you baby
And I don't want to miss a thing”


Quando era bambino, aveva sempre attribuito quelle note alla sua famiglia. Se ne avesse avuta una, non avrebbe mai lasciato fuggire alcun attimo per paura di non trascorrere abbastanza tempo con la loro presenza. In seguito, la figura dei suoi genitori si era pian piano sostituta con quella di Shiro. Keith non riusciva ancora a capire cosa ciò volesse significare. Non comprendeva se Takashi fosse diventato quanto più vicino ad una famiglia lui avesse o se rappresentasse qualcosa di più. Ma non gli era mai importato, conscio del fatto che tutto sarebbe sempre andato per il verso giusto e che avrebbe avuto una vita intera per pensarci. 
Ma la musica, quel giorno, si era interrotta, fermatasi per divulgare il resoconto della missione Kerberos. Le dolci parole della canzone avevano ceduto il loro posto a quelle prive di emozioni del commentatore.
“Tutti i componenti dell’equipaggio sono deceduti.”
 
“'Cause even when I dream of you
The sweetest dream will never do
I'd still miss you baby
And I don't want to miss a thing”

 
Il ritornello poi era cominciato nuovamente lasciandolo lì, in piedi al centro della sua stanza, totalmente a pezzi. Si era rifiutato di versare lacrime, quel giorno. Aveva quasi avuto il timore di piangere, non sapendo come reagire di fronte a quei sentimenti. Keith non era abituato alla tristezza.
Si era sempre promesso, sin da bambino, che non avrebbe mai provato affetto per qualcuno. L’avrebbe lasciato privo di forze, distrutto, considerata la sua situazione. Non poteva permettersi di sentirsi legato ad una famiglia adottiva con il rischio incombente di doverla abbandonare qualche tempo dopo. Si sarebbe semplicemente fatto del male. Eppure, Takashi Shirogane era riuscito a rompere quella promessa. Era stata la prima persona, malgrado non lo dimostrasse spesso, per la quale provasse un benevolo senso di affetto. Shiro era stato in grado di farlo sentire accettato e ben voluto. Aveva sempre provato a capirlo e ad andare oltre le etichette che gli venivano affibbiate alla Garrison. Per Shiro, Keith non era il ragazzo scontroso e problematico che tutti avevano paura ad incrociare nei corridoi; era semplicemente un giovane solitario, incapace di affrontare i propri sentimenti perché sempre rimasti in gabbia, e costantemente alla ricerca di un senso di appartenenza in qualcosa. 
Il leggendario pilota era stato per Keith come una famiglia, un qualcuno in grado di buttare giù le sue difese e di accettarlo e comprenderlo nonostante le sue insicurezze e i suoi difetti.
Ma Shiro se n’era andato, lasciandolo solo, incapace di fronteggiare delle emozioni che non conosceva.
Ma era stato solo un attimo. La tristezza iniziale aveva lasciato il posto ad una furia cieca.
Keith si era posto molte domande mentre si dirigeva nell’ufficio del principale, un vortice di parole che minacciavano di rivoltarsi fuori dal suo cervello senza che lui potesse fermarle. E in fondo a quei quesiti vi era una sola e unica certezza. Perché Keith sapeva che Shiro non avrebbe mai fallito la missione per un suo banale errore di giudizio. Ne era certo allora, quando era stato cacciato dall’accademia, così come continuava ad esserlo in quel momento, seduto con la radio in braccio e gli occhi stanchi, i capelli sporchi di terra e sabbia per il suo girovagare continuo nel deserto.
C’erano stati dei giorni, in quei lunghissimi mesi, in cui aveva pensato di cedere. Erano stati piccoli momenti di sconforto, momenti in cui aveva provato una tristezza che a stento poteva continuare a contenere dentro di sé. Aveva avuto degli istanti in cui il suo primo pensiero era stato quello di fermarsi e addormentarsi, e lasciare che fosse il tempo a risolvere ogni cosa. Ma non poteva stare a guardare. Non poteva sperare che tutto sarebbe tornato alla normalità senza che lui facesse nulla. Non poteva. 
Non voleva.
Keith non era fatto per essere un banale spettatore. Doveva agire, o la disperazione l’avrebbe distrutto per sempre. Non poteva rimanere ancorato al passato. 
“Tutti i componenti dell’equipaggio sono deceduti.”
 
“Troverò Shiro e lo riporterò indietro!” Delle enormi braccia l’avevano afferrato per tenerlo fermo. Il ragazzo era furioso, troppo orgoglioso per ritirarsi perfino in quel momento. Nei volti dei suoi superiori poteva scorgervi un misto di delusione e disapprovazione. Ma a lui non importava. Non poteva tollerare quel silenzio, non da quelle stesse persone che avevano scelto di abbandonare vigliaccamente l’equipaggio della missione su Kerberos. 
“Non potete nascondere la verità per sempre! Io lo riporterò indietro! Lo troverò!”
 
Il giovane si alzò in piedi, la radio tenuta saldamente tra le sue mani. Prima che la canzone terminasse, Keith la scagliò in terra, distruggendola.
Quel giorno, la musica si fermò.








 
N.d.A.
Salve a tutti! Vi lascio questo piccolo lavoretto che sono riuscita a scrivere grazie ad un tema preso da un blog su Tumblr, ovvero "Write about the day the music stopped."
Mi piaceva l'idea di provare a capire come si fosse sentito Keith durante l'anno della scomparsa di Shiro, tentando anche di renderlo un po' più vulnerabile. Mi scuso in questo spazio se proprio per questo possa sembrare ooc, ho cercato comunque di non esagerare troppo :') 
Altra piccola nota: non ho messo alcun tag per la coppia perchè la fanfiction in sé non è una vera e propria Sheith. Come scritto anche nella storia, ho voluto rendere Keith abbastanza confuso sul fatto che Shiro fosse la sua famiglia o molto di più.
Ultima cosa: la canzone che ho voluto utilizzare è quella degli  Aerosmith (I don't want to miss a thing).
Spero che la one-shot possa esservi piaciuta! Grazie mille per tutti coloro che leggeranno, le daranno un semplice sguardo o avranno perfino voglia di recensirla^^
Alla prossima
Merty
  
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